La verità

Dopo il bacio sulla ruota panoramica, io e Gabriele abbiamo ufficializzato il nostro rapporto: ora posso dire di avere un ragazzo, un ragazzo che mi tratta bene, che ci tiene a me, che fa di tutto per farmi stare bene e serena. Mi piace la tranquillità che provo con lui eppure, qualcosa, mi riporta spesso a pensare a colui che provoca le emozioni contrarie: Sebastian. Mi domando come stia andando la sua punizione, come stia lui emotivamente e se, come me, ripensa al nostro primo e unico bacio durato una notte. A scuola mi evita e sembra che non abbia intenzione di smettere presto. Il suo aspetto lascia vedere quanto si stia trascurando, quanto si stia facendo del male. Fra quattro giorni ci sarà la festa di Greta e non ho la minima idea di come fare per portare questo ragazzo in quella casa. Non voglio che Gabriele scopra il mio passato, non voglio che, anche lui, mi guardi con occhi pieni di compassione e diventi apprensivo come gli altri. Non voglio che mi veda come la ragazza dal passato difficile, malata e indifesa. Voglio che s'innamori di me per quella che sono adesso: spensierata, felice, un po' chiusa. Quindi dovrò trovare il modo di trascinare il demone alla festa di arpia Greta.

«Buongiorno» mi saluta Gabriele, baciandomi come sempre. Ricambio, mi volto e noto che Claudia, questa mattina, non c'è.

«Mia sorella ha la febbre» dice lui, capendomi. Mi volto verso il guidatore e, con gli occhi sgranati, domando:

«Che cosa? Oddio, ha bisogno di aiuto? Avete chiamato l'ambulanza? Sta morendo?» Gabriele mi guarda, non capendo assolutamente la mia reazione. Da quando ci conosciamo, Claudia ha preso una sola volta la febbre: lei è immune a qualsiasi tipo di malanno e, sapere che ora è a casa, nel letto, e non verrà a scuola, mi crea un certo senso di panico. Ricordo quell'unica volta in cui passai l'intera giornata scolastica da sola: il banco era così grande e vuoto che misi il mio giaccone sulla sedia, come a impersonare Claudia; dei libri aperti e delle penne miste sulla parte sua e, ogni tanto, mi voltavo a chiacchierare con quel manichino improvvisato. Sembravo una pazza.

«Non sei abituata a non averla al tuo fianco, vero?» mi domanda Gabriele, sorridendomi amabilmente.

«Esatto» rispondo, arrossendo visibilmente: 'Sarò sembrata un'isterica ai suoi occhi, ma Claudia è l'unica che mi fa sopravvivere in quella giungla chiamata scuola.'

La canzone 'Tornerai da me' di Irama risuona nelle casse dell'Audi:

'Lo giuro smetto di fumare,

lo giuro sulla mia famiglia ma

è come quella volta che ho promesso

come le altre cento

di scordarti per l'eternità...'

Sebastian. Devo smetterla di pensare a te, soprattutto ora che ho un ragazzo come Gabriele al mio fianco, pronto a rendermi la ragazza più felice del mondo. 'Lui non mi ferisce come fai tu, lui mi cerca a differenza tua, lui ci tiene a me. E forse anche tu. Ma non sai dimostrarmelo, non sai farmi vedere nulla se non quel finto odio dietro cui ti nascondi. Sono dodici anni che mi gridi vendetta eppure, nonostante tutto, sei sempre il primo a farti avanti quando ho bisogno d'aiuto. Il tuo grido somiglia più a qualcosa pronto a coprire un 'ho bisogno di te'. Il tuo grido è uno di quelli che ti logorano dentro, reprimendo ciò che vuoi dire davvero.'

«Piccola, a cosa pensi?» mi domanda il fantastico ragazzo vicino a me. Non dovrei nemmeno pensare a Sebastian, visto chi ho di fianco, eppure non ci riesco. Mi impongo di non farlo entrare nella mia mente, chiudendo le porte del mio cervello, eppure lui entra prepotente come sempre.

«Nulla, pensavo a una tattica per sopravvivere senza tua sorella, oggi» rispondo, mentendo spudoratamente. Mi sento così sporca, così in colpa per le menzogne e il male che sto causando a me stessa: 'Come può una cotta, fare così male? E quando conoscerò l'amore, esso mi distruggerà?'

«Vuoi venire via con me?» mi domanda Gabriele, cogliendomi di sorpresa. Lo guardo e, anche se vorrei davvero scappare, lui non è la risposta a ciò.

«Non posso, mia madre mi ucciderebbe» rispondo, per poi baciarlo.

Arrivata a scuola, lo saluto e mi avvio all'entrata, mettendomi seduta sul muretto vicino l'ingresso: accendo una sigaretta e faccio un tiro profondo; la carta brucia sotto il fuoco e, inaspettatamente, ripenso a come la mia pelle bruciava sotto il tocco di Lucifero. Solo lui sa farmi quell'effetto e questo mi terrorizza. Guardo le mie Vans ciondolare nell'aria finché, una voce familiare, saluta:

«Buongiorno, Iris.» Alzo lo sguardo e noto Matteo, come i suoi soliti capelli alla rinfusa, le occhiaie marcate e gli occhi semi chiusi. La caratteristica giacca di pelle nera è ben chiusa, dato il freddo di questa giornata. Siamo quasi a Novembre e ciò significa che, tra poche settimane, sarà il compleanno di Gabriele: 'E io cosa diamine gli regalo? Lo conosco così poco e poi lui ha tutto.' Poi, come se non bastasse, realizzo che tra un mese esatto, sarà anche la volta della mia migliore amica, che compirà diciotto anni.

«Buongiorno, Matteo. Come stai?» gli domando, mentre mi metto le mani tra i capelli per la disperazione.

«Io bene. Ma, a quanto pare, tu no» dice, per poi lasciarsi scappare una risatina.

«Non prendermi in giro, sono disperata. Tra poco il mio ragazzo compirà gli anni e, tra un mese esatto, li compirà anche la mia migliore amica, nonché tua fidanzata. Non so cosa regalare loro.» Il pallore di Matteo s'accentua, delle goccioline di sudore gli rigano la fronte e il pomo d'Adamo fa su e giù: sembra quasi una crisi di panico.

«Che giorno li compie?» mi domanda, con voce strozzata.

«Il ventotto Novembre» rispondo, finendo l'ultimo tiro di sigaretta.

«E sai se farà una festa?» chiede, con un filo di voce in più. Scuoto il capo a destra e sinistra e dico:

«A lei non è mai piaciuto festeggiare il suo compleanno.» Lui mi guarda confuso ma non gli concedo il tempo di continuare con quell'interrogatorio. Non sarò di certo io a dirgli il motivo per il quale la mia migliore amica ha smesso di festeggiare. Ricordo che mi raccontò che l'ultimo compleanno lo festeggiò a nove anni: erano tutti in giardino a divertirsi. C'erano i suoi compagni di classe, sua madre, suo padre e i suoi fratelli. Gabriele si metteva in mostra con le bambine più piccole che lo guardavano con occhi sognanti, mentre il fratello più piccolo, uscito dall'ospedale in occasione del compleanno della sorella, era sulla sedia a rotelle. Lo vedeva divertirsi: rideva, scherzava, batteva le mani. Nel momento della torta, Claudia espresse il desiderio che il fratello stesse finalmente bene: spense le candeline, scartò i regali e lì, la tragedia: lui crollò a terra, non respirava più, non si muoveva più. Claudia desiderava solo che stesse bene, ma quello non voleva dire che lui se ne andasse. Quello non voleva dire spegnersi a soli sette anni.

Quando me ne parlò, rimasi allibita: capivo che si sentiva in colpa, nonostante di colpe non ne avesse. Piansi assieme a lei, abbracciandola. Non potevo capire di che dolore parlasse, eppure lo sentivo dentro, una morsa al cuore, pronta a farlo a brandelli e a ucciderti.

Arrivo in classe e mi siedo al mio solito posto, fissando il banco vuoto: 'Posso sopravvivere, posso farcela' mi sprono mentalmente. Mi affretto a mandare un messaggio alla mia migliore amica, dandole il buongiorno e dicendo che mi manca, poi prendo il raccoglitore, l'astuccio e aspetto l'inizio delle lezioni. A ricreazione mi affretto a prendere le sigarette, l'accendino e l'euro che serve per prendere il Twix. Mi avvio per il corridoio e, con grande dispiacere, noto la ragazza dell'aula d'informatica, avvinghiata a Sebastian. Mi fermo al centro di quel viale, li guardo come si mangiano con glio cchi, come ridono, come scherzano: una morsa allo stomaco mi crea il senso di nausea, le gambe tremolanti non so quanto ancora possano sorreggere il mio peso e il cuore palpitante non credo riesca ancora a rimanere al suo posto. Il suo sguardo sembra cercare qualcosa e, quando trova me, si ferma: mi guarda, mi osserva dalla testa ai piedi e io mi sento spogliare da quegli occhi glaciali. Sento come se mi stesse facendo una radiografia dei sentimenti, quelle che non vuoi mai far vedere a nessuno. Eppure, con lui, non riesco a nascondermi, non riesco a fingere. La sua espressione pare sorpresa: gli occhi assottigliati, sono in netto contrasto con le labbra leggermente schiuse; lascia la presa attorno le spalle della ragazza al suo fianco e si dirige verso di me. I nostri occhi sono uno sull'altro, non cedono, come se intrappolati in un magnetismo infinito. Più lo vedo avvicinarsi, più il mio battito accelera. Più vedo la sua figura vicina, più il mio corpo trema. Più sento il suo profumo inoltrarsi prepotente tra le mie narici, più crollo. È qui, davanti a me, ma non parla. Non dice nulla, mi scruta e basta. I suoi occhi sono spenti, le occhiaie ancor più nere; lo zigomo ora ha solo un lieve taglio ma, in compenso, il sopracciglio è macchiato di viola, macchiato di lotta. Nessuno dei due parla, o almeno non con la voce: i nostri occhi si stanno maledicendo, si stanno dicendo tutto ciò chenoi, stupidi umani, non riusciamo a dirci. Mi avvicino ancora un po' a lui e ne pare sorpreso: non si scansa, non mi sposta, resta lì fermo, dandomi la possibilità di accorciare le distanze. Sento qualcosa sfiorarmi la mano: sussulto e, senza abbassare lo sguardo, intuisco che sono le sue dita. Siamo come in una bolla, io e lui; il resto del mondo ci scorre di fianco e noi, non curanti dei loro sguardi addosso, continuiamo a parlare con gli occhi. È inutile continuare a negare, è inutile continuare a prendersi in giro. Sono stanca di combattere me stessa, sono stanca di dover fingere davanti a tutti. Voglio parlare con lui, voglio che lui sappia l'effetto che mi fa.

«Sebastian, io...»

«Eccoti! Ti stavo cercando, Iris. Andiamo» m'interrompe Matteo, trascinandomi via per un braccio. Noto subito come Sebastian lo guarda in cagnesco e, con i pugni serrata e la mascella tirata, torna dalla sua amica di giochi. Un nodo mi si forma in gola e maledico Matteo per il suo tempismo. Arrivati in cortile, gli urlo contro:

«Hai rovinato tutto!»

«No, Iris, in realtà ti ho salvata. Tutta la scuola vi stava guardando e Sebastian non ha ancora chiaro quello che prova per te. Secondo lui è semplice attrazione fisica» risponde Matteo: è come se mi avessero appena dato un pugno in pieno petto, togliendomi il respiro. Non riesco a crederci.

«Quindi, vorrebbe solo portarmi a letto?» domando, con voce strozzata, cercando di trattenere le lacrime e sperando in un suo no. Il ragazzo moro si volta e fa un cenno positivo con la testa. Stavolta non riesco a non crollare, stavolta non riesco a essere forte: pensavo di piacergli, pensavo che si preoccupasse per me perché ci tiene. E invece, mi ha presa di mira proprio come tutte le altre. Un po' di divertimento e niente più. È stato un vile, un falso, un attore per riuscire a recitare così bene.

«Non piangere. Non ho detto che lui voglia solo questo, ma pensa di volerlo. Gli ho parlato e molte sono state le volte in cui si è contraddetto» cerca di rassicurarmi Matteo. 'Cosa gli ha raccontato Sebastian? Di cos'hanno parlato? E, ora che ci penso, lui sa del bacio?' Mi volto e gli domando se Sebastian gli abbia detto qualcosa riguardo a noi due e lui, subito, mi toglie ogni dubbio:

«So del bacio. Ma non ha voluto raccontare i particolari come avrebbe fatto con qualsiasi altra ragazza» risponde. Da una parte mi sento sollevata, dall'altra ho il timore che Claudia lo possa scoprire prima che sia io a dirglielo.

«Matteo,Claudia non sa nulla. Per favore, non dirle niente» asserisco, guardandolo con colpevolezza: so bene che sto sbagliando, so bene che non dovrei omettere molte cose alla mia migliore amica, come non dovrei provare certi sentimenti verso un altro ragazzo che non sia il mio. Ma nella vita non faccio altro che sbagliare e deludere tutti coloro che mi stanno vicino, portandoli a fondo con me. Non mi piace veder soffrire le persone a cui tengo, eppure sembra che sia la cosa che mi riesce meglio.

«Tranquilla, non le dirò nulla» promette lui, alzando il mignolo, proprio come fanno i bambini. Rido per quel gesto e lo ricambio, per poi abbracciarlo e scoppiare in un pianto copioso: non ce la faccio più a essere forte da sola. Non ce la faccio più a sopprimere il dolore, la delusione e la frustrazione che queste situazioni mi stanno donando. Situazioni create da me. Nonostante ci conosciamo da poco ,questo ragazzo lascia che mi sfoghi, lascia che liberi il mio dolore, senza scappare, senza lasciarmi a vedermela da sola con me stessa. È davvero un bravo ragazzo e un buon amico, sono felice per Claudia. Il suono della campanella segna la fine della ricreazione e, amareggiata, mi accorgo di non essermi nemmeno goduta la mia solita sigaretta. Poi, guizzando con lo sguardo verso la mano del ragazzo seduto vicino a me, vedo che sta fumando qualcosa:

«Oh, è ciò che non ti piace» dice lui. Facendo un lungo tiro che poi butta via, regalandomi l'odore di quella sostanza.

«Oggi credo mi piacerà» gli dico e, sorridendomi, mi passa la sigaretta speciale: inalo un tiro davvero piccolo, faccio entrare il fumo nei polmoni e lo getto via, delicatamente. Questa volta non tossisco, non mi strozzo e mi piace. Faccio altri tre tiri e mi godo il senso di calma e di pace che mi sta donando quella sostanza.

«Ho la testa leggera» dico, ridendo da sola. Matteo mi guarda e scuote il capo, facendomi scorgere una mezza luna sul suo volto. Poggio la schiena al muretto, allungo le gambe e chiudo gli occhi: mi sento bene e male al tempo stesso. Voglio chiedere dell'acqua ma il mio cervello non riesce a farmi parlare correttamente, ma posso dire di essere la campionessa di biascico.

«Iris, tutto bene?» mi domanda Matteo: non riesco ad aprire gli occhi; le palpebre risultano troppo pesanti e penso a quanto sia stata stupida a chiedere di fumare, a quanto sia ridicola in questo momento.

«Che cazzo le hai fatto?» sento urlare. Riconosco subito la sua voce: Sebastian.

«Non le ho fatto nulla, io. Se sta così è per colpa tua» lo rimprovera Matteo. Un colpo secco, un urlo strozzato e qualcosa di pesante che ricade ai miei piedi: 'Cosa sta succedendo?'

Mi sento sollevare dal suolo; le sue braccia mi stringono, proprio come quella sera in ospedale. Mi stanno trasportando chissà dove. La mia domanda trova presto risposta: sento capovolgermi a testa in giù e, tutto a un tratto, il collo gelare. 'Questa è la doccia dello spogliatoio' penso, riconoscendo il rumore dei palloni che battono sul suolo. Al contatto con l'acqua gelida, apro immediatamente gli occhi: alzo il capo e mi ritrovo dinnanzi a me un Sebastian furioso e al tempo stesso preoccupato.

«Sei un'incosciente!» grida, prima di alzarsi e lasciarmi lì, da sola,ancora una volta.

'Perché scappi sempre da me, Sebastian?'

°Spazio autrice°

Eccoci qui con un nuovo capitolo. Cosa ne pensate di ciò che Matteo ha detto a Iris? Perché la sta proteggendo dal suo migliore amico?

Perché Sebastian l'ha lasciata di nuovo sola? Cosa accadrà tra i due? Tra poco ci sarà la festa di Greta dove vi sarà una svolta.Per anteprime, vi ricordo di seguirmi su instsgram:youaremysmile07

~A presto~

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