La proposta
Sono quattro giorni che non parlo con Sebastian. Dopo quella sera, dove mi ha palesemente provocata, anche se il mio corpo gridava 'sì' in risposta, la mia mente bloccò la parola: corsi via, in camera, evitandolo in tutti i modi possibili. La mattina faccio appositamente tardi per non dover passare nemmeno un istante da sola in sua compagnia. A scuola, se lo incontro in corridoio, mi nascondo subito, entrando in classi che neanche conosco. Sono tre giorni che neanche esco a fumare un sigaretta perché so che lui mi troverebbe. Durante le due ore di punizione, metto le cuffie e alzo il volume al massimo: lui prova di continuo a stuzzicarmi, ad avvicinarsi e prova a parlarmi ma nulla, non cedo, non gli rispondo.
Dopo la punizione vado sempre in palestra e torno a casa per l'ora di cena, mangio qualcosa velocemente e corro in camera mia, dicendo di dover studiare. Oramai, neanche i miei genitori sembrano credermi più.
«Allora, vuoi dirmi che fine hai fatto l'altra sera?» mi domanda Claudia. Ho evitato anche lei in questi giorni: non ho il coraggio di dirle cos'è successo tra me e Gabriele e, soprattutto, cosa ho provato a sentire quelle parole rivolte a me, da parte di Sebastian. 'Perché deve farmi credere di potergli piacere? Perché proprio ora? E perché proprio lui? Lui che mi ha sempre odiata, lui che mi ha sempre derisa, lui che mi ha distrutta più e più volte. Perché proprio tu, Sebastian?'
«Non mi sentivo bene, non ti ho più trovata, non mi rispondevi e sono voluta tornare a casa mia» le rispondo, mentendo. Il vero motivo per cui me ne sono andata è stato lo strano senso di disagio nel sentire le labbra di Gabriele sulla mia pelle. E, ancor più strano, o per meglio dire, doloroso, era il volere altre labbra su quel punto: il desiderio che al posto di Gabriele ci fosse Sebastian, mi aveva del tutto destabilizzata. Io l'avevo sempre ripudiato, immaginato conficcato con tanti aghi, investito, bruciato. Ma, l'unica cosa che bruciava, era la mia pelle sotto il tocco della sua mano, il mio cuore sotto il suono delle sue parole.
«Sicura?» chiede Claudia, inclinando la testa.
«Certo. Piuttosto, tu dov'eri finita?» domando, incuriosita dalla sua improvvisa sparizione. Tutto a un tratto, le sue gote diventano rosse e abbassa lo sguardo sulle sue ginocchia, tirando drasticamente e nervosamente le maniche del maglioncino verde.
«Scusa, ho accompagnato il ragazzo con cui esco a fumare una sigaretta» ammette. La guardo e spalanco la bocca:
«E perché non me lo hai presentato?»
«Eri impegnata a ballare, se così si può dire, con mio fratello» dice, rivolgendomi uno sguardo malizioso.
«Stavamo solo ballando! Solo ballando» dico, sottolineando e scadendo l'ultima parola.
«Se quello lo chiami ballare...» ammicca la mia migliore amica, dandomi una gomitata. Entrambe ridiamo ma, la vergogna, non accenna a passare: in fondo non potevo darle torto. Più che ballare, avevo utilizzato il fratello come un palo da lap dance. Mi vergogno tantissimo per il mio comportamento poco consono e irrispettoso, soprattutto nei confronti di Claudia.
«Hai novità riguardanti Sebastian? Come continua la convivenza?» Un fulmine a ciel sereno: 'Perché ha tirato fuori il suo nome?'
«Ci evitiamo» la congedo velocemente. Lei mi guarda poco convinta della mia risposta ma non indaga oltre: adoro Claudia per questo. Non insiste quasi mai e rispetta i miei tempi; sa che, un giorno, le racconterò tutto.
La campanella suona e segna la fine delle lezioni. Agitata, come sempre, raccolgo le mie cose e mi dirigo nel cortile: appena esco dal portone, noto Sebastian già all'opera; sta sradicando le ultime erbacce presenti nell'aiuola: la fronte è imperlata di sudore e i muscoli delle braccia si contraggono sotto ogni movimento, dando vita a quei tatuaggi marchiati sulla pelle. Le labbra sono leggermente schiuse e gli occhi assottigliati, forse a causa del bagliore che riflette sul pavimento bianco. Noto subito un piccolo particolare: ha sostituito il piercing al naso, mettendo un cerchietto nero al posto del brillantino per il quale lo prendevo in giro, dandogli dell'omosessuale. Ogni volta che glielo dicevo, puntualmente, s'infuriava e se ne andava, per poi sbattermi in faccia la sua conquista del giorno. Lui non è un ragazzo che si lega, non è un ragazzo che dimostra affetto a un'altra persona: lui pensa a se stesso, al suo bene e al suo divertimento.
«Pensi di aiutarmi o vuoi fissarmi ancora a lungo?» domanda lui, facendomi trasalire dai miei pensieri.
«Non ti stavo guardando» mento spudoratamente.
«Non capisco perché ti debba ostinare a resistere a te stessa» asserisce, prima di sparire dietro l'albero di quercia. Decido di tornare a fare la cosa che, negli ultimi giorni, mi viene meglio: evitarlo. 'Cosa ne sa lui di cosa voglio? Non lo so nemmeno io cosa desidero! A parte una fetta di cheescake agli Oreo. Quella la mangerei più che volentieri, ora!' Metto le cuffie, accedo alla play list "Momenti no" e schiaccio play. La prima canzone che sento è 'Sally' di Vasco Rossi.
Prendo la scopa e inizio a spazzare per terra, sovrappensiero. Arrivo alla fine della play list e mi accorgo che è quasi finito il tempo della punizione. Ripongo l'i-pod nella tasca posteriore del jeans chiaro e tiro su le maniche del maglioncino rosa. Con l'elastico mi sbrigo a legare in una coda di cavallo i lunghi capelli rossi e finisco di togliere le ultime foglie dal suolo. Mi guardo attorno e non vedo Sebastian: oggi non ha neanche provato a infastidirmi e questo, in un certo senso, mi crea un po' di dispiacere. Improvvisamente, sento una presenza alle mie spalle, mi volto e, dinnanzi agli occhi, vedo un lombrico lunghissimo oscillare in aria. Divento rossa e caccio un urlo fortissimo; indietreggio velocemente e inciampo nella paletta per i rifiuti. Cado a terra e sento la risata di Sebastian propagarsi nel cortile. Mi alzo, mi pulisco il punto dolorante e inizio a fissare in cagnesco il ragazzo che ho davanti a me.
«Lo trovi divertente?» domando, acida.
«Moltissimo. Avresti dovuto vedere la tua faccia» risponde lui, continuando a ridere. Mi avvio verso la tracolla che avevo lasciato all'ingresso del portone, l'afferro e vado verso l'uscita ma, prima di riuscire ad arrivare al cancello di ferro, la mano di quel ragazzo mi blocca. Guardo prima le sue dita strette attorno al mio braccio e poi i suoi occhi:
«Lasciami» lo intimo.
«No. Voglio sapere perché mi stai evitando» risponde lui, deciso. Una risata isterica esce dalla mia bocca:
«Me lo stai chiedendo veramente?»
«Sì, Iris. Non ti ho fatto nulla, non stavolta» dice lui, quasi triste, pronunciando le ultime parole.
«Sebastian, te l'ho già detto: non voglio avere nulla a che fare con te. E adesso lasciami» dico. Strattono il braccio e mi libero facilmente, troppo facilmente. Lo guardo e noto che il suo sguardo è rivolto alle mie spalle: mi giro e vedo un'Audi A5 bianca parcheggiata fuori la scuola; la riconosco subito: è quella di Gabriele.
«Stai uscendo con quello?» domanda Sebastian, con la mascella contratta.
«E a te che importa?» domando spazientita. I suoi occhi si spalancano e la vena sul collo inizia a pulsare e a ingrandirsi:
«Ti piace quel coso?» chiede, alzando ancor di più la voce e indicandolo. 'Ma che diamine gli prende?'
«Oh, Sebastian. Sei addirittura arrivato al punto di volermi far credere che t'interessa qualcosa di me, pur di rovinarmi la vita? Sei caduto davvero in basso» dico, amareggiata dal suo comportamento contraddittorio e improvviso. Mi volto e corro verso la macchina di Gabriele che, dal finestrino, mi dice:
«Iris, io...» Non gli concedo il tempo di finire che monto nella sua macchina e gli chiedo di partire. Lui non se lo fa ripetere due volte: mette in moto e inizia a guidare. Dallo specchietto retrovisore riesco a vedere Sebastian che ci guarda mentre andiamo via. 'Perché deve comportarsi così? Perché non mi lascia in pace una volta per tutte?'
«Stai bene?» mi domanda Gabriele e, con il semplice gesto del capo, gli accenno un sì.
«Hai fame?» continua.
«Sì, vorrei mangiare una pizza» rispondo, anche se il mio stomaco vorrebbe vomitare tutte le sensazioni che mi scatena Sebastian.
«Ti porto io a mangiare una buonissima pizza napoletana» risponde lui, regalandomi un meraviglioso sorriso. Annuisco e, per la prima volta negli ultimi giorni, un sorriso sincero compare sul mio viso.
Arriviamo al ristorante e ordino subito una margherita con mozzarella di bufala e pachino, una bottiglia d'acqua liscia e un fiore di zucca.
«Devi essere affamata» scherza Gabriele.
«Abbastanza» rispondo io. Nell'ultima settimana avevo mangiato davvero poco e fatto troppo esercizio rispetto alle calorie assunte: sento che il mio corpo sta per cedere e non posso permetterlo. Fisso il ragazzo che ho di fronte e ne colgo ogni particolare: gli occhi hanno una sfumatura verde e i capelli sono ben sistemati con la cera. Il maglioncino a costine bianco mette in risalto i muscoli e, il Rolex, gli dona quella serietà di un ragazzo che frequenta il corso di Medicina e Chirurgia in una delle più prestigiose università italiane. Non riesco a non pensare che sia davvero un bellissimo ragazzo e, al fatto che, in discoteca, abbia ammesso che io gli faccia un buon effetto. Poi però, mi rendo conto che, se è venuto fino a scuola, un motivo dev'esserci.
«Cosa ci facevi davanti a scuola?» domando, senza girarci troppo intorno. Vedo Gabriele irrigidirsi, si schiarisce la gola e, torturandosi le mani, risponde:
«Volevo scusarmi per il mio comportamento di sabato. Complice l'alcool, complice la tua bellezza, mi sono comportato come un animale. Spero che tu voglia scusarmi, Iris, e che voglia darmi un'opportunità per conoscerti meglio.» Questa sua risposta mi spiazza: ho sperato per tanto tempo che queste parole uscissero dalle sue labbra, ma ora mi trovano del tutto impreparata. 'Come potrebbe prenderla Claudia? Ho davvero voglia di iniziare una frequentazione con Gabriele? Cosa si aspetta lui, un ragazzo affascinante di vent'anni, da una ragazza di diciassette?'
«Non lo so, Gabriele. Vorrei prima parlarne con Claudia, vorrei sapere se lei è d'accordo» rispondo. Lo vedo accigliarsi ma, sorprendentemente, lo trovo comprensivo:
«Capisco che sia la tua migliore amica, per questo aspetterò. Ma non farmi attendere troppo, per favore» dice lui. Annuisco e gli regalo un sorriso che lui, prontamente, ricambia. Il resto del pranzo lo passiamo a chiacchierare del più e del meno, di come vanno i suoi studi e di come vanno i miei. Mi dice che da poco ha iniziato a studiare il pianoforte.
«Cosa farai a Natale? Partirete?» mi domanda lui, cambiando completamente argomento.
«No, non credo. Gli unici due nonni che mi sono rimasti, hanno deciso di andare in crociera. Mia zia, invece, non la sentiamo da tempo e poi mia madre non ha mai tempo per partire» rispondo, affranta.
«Non essere triste. Se vuoi, dopo Santo Stefano, puoi venire con me: io e i miei amici andremo a New York. Puoi chiedere a mia sorella di accompagnarti» dice lui. I miei occhi s'illuminano: ho sempre sognato di visitare la grande mela.
«Davvero?» gli domando, alzandomi dalla sedia e guardandolo con occhi sognanti.
«Certo! Altrimenti non te ne avrei parlato» risponde lui, divertito. Lo abbraccio immediatamente e, saldato il conto, usciamo.
«Ora dove vuoi andare?» mi chiede.
«Io dovrei andare in palestra» rispondo, anche se mi dispiace dover finire l'uscita così presto. Mi trovo bene in sua compagnia.
«Allora indicami la strada che ti accompagno» dice lui. Mette in moto, accende la radio sintonizzata su radio Globo e parte. Dopo pochi minuti, ci fermiamo a un semaforo rosso: lui si volta, mi guarda, prende la mia mano e ne bacia il dorso; avvampo e stacco lo sguardo dai suoi magnetici occhi ma non interrompiamo il contatto tra le nostre mani.
Arrivata in palestra, entro, mi cambio e, una volta in sala, prendo la scheda di allenamento: trenta minuti di tapiroulan. Salgo sull'attrezzo, infilo le cuffie e parto. Niente riscaldamento: inizio subito in salita e con velocità massima. Non rispetto neanche i tempi; fermo il tutto dopo quarantasette minuti esatti: i polmoni vanno a fuoco assieme alle narici, il cuore scoppia e la testa gira. Riprendo il foglio e leggo il prossimo esercizio: squat, quattro serie da venti. Non rispetto nemmeno questa regola: sette serie da trenta. Il mio corpo inizia a bruciare, tutto. Il prossimo esercizio: addominali, quattro serie da venticinque. E qui, faccio ciò che non va mai fatto: non mi fermo, non riposo tra una serie e l'altra. Spingo il mio corpo al limite, lo sfianco, lo distruggo. A ogni esercizio fatico sempre più e trovo sempre più difficile controllare il mio involucro. Alla fine di questo allenamento intenso, mi dirigo alle docce e, sotto l'acqua fredda che fa sbollire i muscoli infuocati e doloranti, penso a quanto ho resistito oggi: sorrido anche se so che è il modo più sbagliato per tenermi in forma. Esco dalla doccia, mi asciugo i capelli, mi rivesto e, a piedi, torno a casa. Entro e, stranamente, il silenzio fa da padrone nella mia dimora. Varco la porta della cucina e noto un foglio poggiato sul tavolo: 'Iris, Sebastian, questa sera non ci saremo a cena, in quanto tua madre deve partecipare a un convegno. Prendetevi cura di voi, Massimo'
Sorrido: mio padre non lascia mai biglietti, solitamente. Deve averlo costretto mia madre.
«Dove sei stata?» Una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare: mi volto e noto la figura di Sebastian seminuda: indossa solo un paio di pantaloncini che mettono in risalto la V sottostante gli addominali. Deglutisco alla visione di quel busto tatuato: i suoi occhi glaciali intrappolano i miei; lui avanza e io, bloccata dalla penisola, inizio a tremare. 'Non voglio che si avvicini, non voglio provare ancora quelle cose.'
«Non sono affari tuoi» rispondo, con voce flebile.
«Ti sei divertita?»
«Molto» rispondo, in tono cinico. I pugni delle sue mani, mostrano le nocche bianche.
«Ti trovi bene con lui?» insiste, digrignando i denti e avvicinandosi ancora. Siamo a pochi centimetri l'uno dall'altra.
«Benissimo» rispondo, senza mollare lo sguardo: lo vedo che mi sta sfidando ma no, non getterò la spugna.
«Quindi ora sei sua? » continua, dispregiativo. Stavolta però, noto un certo nervosismo da parte sua e capisco che, ora, posso sfoderare la mossa vincente.
«Sì.» I suoi occhi sono iniettati d'odio: colpito e affondato. La mascella si contrae in una morsa stretta e, dopo alcuni secondi di silenzio, esso viene spezzato dal pugno di Sebastian che incontra il marmo del tavolo alle mie spalle. Sobbalzo: non mi aspettavo una reazione simile da lui. Si volta e corre su per le scale: sento sbattere la porta e, pochi minuti dopo, riscende ed esce, con un borsone in mano. 'Dove starà andando a quest'ora?' mi chiedo. Confusa e stanca, salgo in camera mia e decido di chiamare Claudia che, in un instante, mi risponde.
«Iris! Tutto bene?»
«Sì, tu?» le domando.
«Sì. Come mai mi hai chiamata? Che ha combinato Sebastian?» Questa ragazza mi conosce fin troppo bene.
«In realtà ti ho chiamata per un altro motivo. Oggi tuo fratello è venuto a prendermi a scuola e mi ha portata a pranzo fuori. Mi ha chiesto se dopo Natale vogliamo andare con lui e i suoi amici a New York» le dico, intanto, per spianare la strada alla vero notizia.
«Se per i tuoi va bene e tu vuoi andarci, io non ho problemi» risponde lei.
«Perfetto» le dico, eccitata dalla risposta positiva. Lei ride perché immagina che io ora stia saltando per tutta la camera.
«Mi devi dire qualcos'altro?» domanda, con malizia.
«Beh, tuo fratello mi ha chiesto se... se...» le parole mi muoiono in gola. 'Come posso chiedere alla mia migliore amica se è d'accordo che io esca con il fratello?'
«Iris, se vuoi uscire con lui, non sarò di certo io a impedirtelo. Siete la mia migliore amica e mio fratello; voglio solo la vostra felicità» mi anticipa lei. Resto basita per qualche secondo ma, poi, sorrido:
«Grazie, Cla» mi limito a dire. Non credo ci sia bisogno di altre parole.
«Di nulla, Iris.»
«Ora è meglio se mi metto a dormire. Buona notte, a domani» la saluto.
«Buonanotte» ribatte lei e, così, terminiamo la chiamata. Stanca, per la giornata trascorsa, mi butto sul letto e, in pochi attimi, crollo tra le braccia di Morfeo.
Dei rumori mi svegliano, guardo la sveglia di fianco a me che segna l'una e trentasei di notte. 'Saranno sicuramente i miei genitori.' Esco dalla camera e scendo le scale ma, quello che si presenta davanti a me, è qualcosa di orribile: vedo Sebastian barcollante e, appena accendo la luce, noto subito che ha il viso ricoperto di sangue. Non riesco a soffocare un urlo che, inevitabilmente, cattura la sua attenzione. Mi guarda e noto l'occhio gonfio e il sopracciglio spaccato, proprio come il labbro:
«Cos'hai combinato?» chiedo. Lui sorride di sguincio e tossisce, tenendosi con le mani l'addome; capisco che sta soffrendo, per cui mi avvicino e metto il suo braccio sopra le mie spalle, così da aiutarlo a salire le scale, fino a raggiungere il bagno. Lo faccio sedere sul bordo della vasca, prendo del disinfettante dal mobile sotto il lavandino, assieme a del cotone. Imbevo quest'ultimo del liquido trasparente e, insinuandomi tra le lunghe e tatuate gambe di quel ragazzo, inizio a pulire quel liquido rosso secco presente sul viso. Una smorfia di dolore mi fa destare dal pulirlo ma, il suo sguardo così supplichevole, mi fa riprendere le cure.
«Iris...» sussurra, in un filo di voce. Mi fermo, lo guardo e, senza dire nulla, mi abbraccia, cingendo i miei fianchi con le sue braccia. Passo una mano nei suoi capelli e sorrido al pensiero di non aver mai avuto un momento così intimo con lui: è la prima volta in cui lo vedo fragile, indifeso e bisognoso di aiuto.
«Iris, dormi con me. Ho bisogno di te.» Il cuore palpita, corre come un cavallo impazzito. Deglutisco: so che mi sono ripromessa di non permettergli più di ferirmi, ma non riesco a dirgli di no, non riesco a negarmi a lui nel momento del bisogno.
«Solo per stavolta. E da domani tornerò a ignorarti» gli rispondo. Lui mi sorride, posa la mano martoriata sul mio volto e si solleva verso me: le sue labbra vengono a contatto con la mia pelle, facendo divenire incandescente il punto toccato. Torna al suo posto, continuando ad abbracciarmi e io, ancora incredula dalla dolcezza di quel gesto, torno a prendermi cura di lui. Perché, in fondo, anche se lo odio, Sebastian è un pezzo di me.
°Spazio autrice°
Tatatadaaaaaan eccomi qui con un nuovo aggiornamento! Allora, allora, allora... Vi piace questo capitolo? Iris accetterà la proposta di Gabriele? Uscirà con lui? E vi è piaciuto questo Sebastian in versione cucciolo abbandonato?
Fatemi sapere nei commenti cosa pensate e, se vi va, schiacciate la stellina⭐
~A presto~
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