In punizione

Nessuno mi ha risparmiato un'occhiataccia, vedendomi conciata in quel modo: maglietta bagnata, intimo in vista, pantaloni bagnati, capelli arruffati e trucco colato; se avessi visto una ragazza nelle mie stesse condizioni, avrei pensato davvero molto male.

«Iacoangeli, ma che diamine ha combinato!» tuona la Mastracci, abbassando leggermente gli occhiali sulla punta del naso.

«Ho... Ho... Ho avuto un incidente» rispondo timidamente.

«Questo lo chiama incidente? È completamente zuppa!» urla ancora.

«Mi scusi, professoressa» dico, a testa bassa.

«Mi dica cos'è successo o sarò costretta a sospenderla» mi minaccia.

«Ho incontrato Smith vicino la segreteria e...»

«Non voglio sapere altro, mi basta così. Tu e il signorino Smith siete in punizione. Se non volete essere bocciati quest'anno, dovrete aiutare nella manutenzione del giardino dopo la scuola.»

Ditemi che è solo un incubo, che tutto ciò non è reale. Ditemi che, dopo tutti gli sforzi che ho fatto per stare lontana da Sebastian in questi due anni, non dovrò veramente passare del tempo con lui. Ditemi che tra poco la sveglia suonerà e io mi dovrò alzare per andare a scuola.

«Ma, professoressa, io...» cerco di dire, inutilmente, perché vengo bloccata dallo sguardo gelido della Mastracci. Rassegnata, sotto i bisbigli delle mie compagne di classe che sicuramente vorrebbero trovarsi al mio posto, poso il libro mezzo bagnato e le fotocopie del compito sulla cattedra.

«Mi hai anche bagnato il libro, Iacoangeli» dice, in cagnesco. Abbasso la testa e torno ad occupare il mio posto vicino a Claudia che trovo intenta a mandare un messaggio, di nascosto dalla professoressa e da me.

«Mi dispiace, Iris. Sebastian è proprio uno stronzo» dice lei, posandomi la mano sul ginocchio. La guardo tristemente e annuisco.

«Aprite il libro a pagina centosei» ordina la Mastracci. La lezione non poteva iniziare in modo peggiore.

Alla fine delle lezioni, il preside bussa alla porta e mi ordina di seguirlo. Dietro di lui scorgo la figura della professoressa di latino e, poco più in la, quella dell'idiota di Smith.

Raccolgo velocemente le mie cose, mi alzo, esco dall'aula e li seguo. Il preside e la donna parlano di sottecchi della punizione che dovremmo svolgere io e il ragazzo dalle origini Americane: il padre di Sebastian è nativo di New York e, durante una vacanza a Cuba, conobbe Anna, la madre di Sebastian. Per loro fu subito un colpo di fulmine e, tornati da quella vacanza, lei si trasferì a New York per qualche anno, prima di tornare assieme al futuro marito a Roma. Raccontano spesso del loro incontro ma, non parlano quasi mai della nascita di Seb. Non so nemmeno se sia nato qui in Italia, oppure in America.

«Te la farò pagare, Iris. Perché non hai tenuto quella boccaccia chiusa?» Il tono minaccioso di Smith mi fa trasalire, distogliendomi dai miei pensieri. Mi volto verso lui e lo trovo davvero troppo vicino: le punte dei nostri nasi si sfiorano prima che, entrambi, ci tiriamo all'indietro per distaccarci da quell'eccessiva vicinanza.

«Non mi sarei di certo fatta sospendere solo perché tu sei un cretino» gli sussurro.

«E quindi hai decido di distruggere la mia vita sociale» asserisce lui.

«Ah sì? E in che modo la starei distruggendo?» domando indispettita.

«Sai quanto graverà su di me il fatto che debba passare il mio tempo con una come te? Con una con la tua reputazione?» domanda e colpisce. Lui sa quanto mi faccia male e sa anche che la causa di tutto quel dolore dipende solo ed esclusivamente da lui. Sa che se non fosse per lui, io, ora, sarei considerata una normalissima ragazza come tutte le altre.

«Tu mi hai mandata a fondo e ora vieni con me. Karma bitch!» gli dico, dandogli un pugno in pieno petto, con tutto l'odio e la rabbia che provo nei suoi confronti: eppure non fa un cenno di dolore, non dice nulla, non si piega, resta impassibile.

«Smettila di trovare ogni scusa per toccarmi» mi stuzzica, col suo solito ghigno sulla faccia: 'O mio dio quanto te la vorrei spaccare quella faccia da cavolo che ti ritrovi.'

«Nei tuoi sogni, Smith» dico e mi affretto a entrare nell'ufficio del preside.

«Signorina Iacoangeli, signorino Smith, immagino che sappiate perché vi troviate qui» dice il preside, un uomo alto, dai lineamenti duri, i capelli brizzolati e gli occhi color miele. La sua professionalità vien fuori attraverso il completo verde che indossa e l'eleganza data dal Rolex gli regala un'aria ancor più temibile. Io e Sebastian annuiamo in contemporanea prima ch'esso continui:

«La professoressa Mastracci mi ha raccontato l'accaduto e, di comune accordo, abbiamo deciso che risistemerete il giardino e ve ne occuperete, per due ore al giorno, per il resto dell'anno scolastico, a partire da domani.»

«Cosa?!» urliamo io e Smith in contemporanea. Uno sguardo fulminante da parte del preside ci zittisce ed entrambi, a testa bassa e rassegnati, usciamo da quell'ufficio colmo di foto di famiglia.

Scendo di corsa le scale e, poco prima di riuscire a scendere la seconda gradinata, mi sento afferrare per un braccio, ritrovandomi con la schiena contro il muro: lo sguardo di Sebastian è incendiario, il braccio resta teso vicino il mio viso e il suo respiro scalda la punta del mio naso.

«Questa me la pagherai, Iris, è una promessa.» Mi guarda ancora per qualche secondo: non riesco più a sostenere il suo sguardo ma, per fortuna, si stacca prima che ceda. Sbatte il pugno contro il muro, sobbalzo e se ne va. Torno a respirare regolarmente, inspiro profondamente e mi affretto a uscire. Trovo Claudia che mi aspetta fuori e, appena mi vede, dice:

«Ho appena visto Sebastian passare ed era veramente furioso. Cos'è successo?»

«Dobbiamo risistemare il giardino e prendercene cura, insieme, ogni giorno, per due cavolo di ore al dì, fino alla fine dell'anno. Ti rendi conto? Dovrò passare l'intero anno scolastico insieme a lui, a lui che ha provato a distruggermi la vita e, in un certo senso, ce l'ha fatta» esplodo, arrabbiata più che mai. Le lacrime mi pungono gli occhi ma no, non gliene concederò altre.

«Mi dispiace Iris, quel cretino ti mette sempre in mezzo ai guai» mi dice la mia migliore amica, prima di abbracciarmi e consolarmi.

Ci avviamo per prendere l'autobus e, nel tragitto fino a casa, vediamo come organizzarci per questa sera. Arrivata alla mia fermata, prenoto, saluto Claudia con un cenno della mano e scendo. Prendo le chiavi di casa e, quando arrivo al cancello, seduto sul muretto, trovo proprio lui:

«Che cazzo ci fai qui?» domando, visibilmente irritata.

«Mia madre è incazzata nera per la storia della punizione e mi ha detto di andarmene» risponde, saltando giù dal muretto. 'Anna ha davvero fatto una cosa simile? Non credo sia possibile che una donna di buon animo come lei, abbia cacciato il suo unico figlio fuori di casa. Però allora, perché è qui?'

«La smetti di pensare e apri questo cancello che ho fame?» domanda Sebastian, interrompendo i miei pensieri.

«Smith, hai intenzione di entrare in casa mia?» domando confusa.

«No, sono venuto a vedere se riuscivi a infilare la chiave nella serratura data la tua poca intelligenza» risponde sarcastico lui. Entro e cerco di chiudere il cancello alle mie spalle ma, lui, è troppo veloce e forte e, senza sforzo, tiene il cancello aperto ed entra assieme a me. Sbuffo sonoramente e m'incammino verso il portone, passando attraverso il grande giardino posizionato dinnanzi casa mia.

«Perché non sei andato da Matteo?» gli domando. In fondo lui è il suo migliore amico e lo ha già ospitato un'infinità di volte.

«Perché in questo casino mi ci hai messo tu, quindi sarai tu a sfamare l'immenso vuoto che il mio stomaco sta provando» risponde, massaggiandosi l'addome che, neanche a farlo apposta, brontola in quel preciso istante.

«Io? Ti ricordo che sei stato tu a buttarci sotto la doccia!» puntualizzo, facendo dondolare il mazzo di chiavi dov'è attaccato il portachiavi dei doni della morte di Harry Potter, davanti il suo naso. I suoi occhi s'incrociano per mettere a fuoco quel simbolo e la sua espressione mi fa ridere.

«Questo te l'ho regalato io quando hai compiuto nove anni» dice lui, indicando il portachiavi.

«Non tu, ma Anna. Me lo ha regalato lei visto che tu non ci sei neanche venuto al mio compleanno» ribatto.

«No Iris, questo te l'ho comprato io, non mia madre» dice, sfilandomi le chiavi dalla mano; resto immobile in quella posizione: 'Me l'ha davvero regalato lui? Come faceva a sapere quanto io amassi Harry Potter? E, se è davvero stato lui, perché non si è presentato al mio compleanno?'

«Ti muovi? Ho fame» mi richiama. Mi volto e lo seguo su per le scale, fino alla porta di casa mia. Prende subito la chiave giusta e mi domando come faccia a sapere quali chiavi aprono quali porte ma cerco di tenermelo per me: per oggi abbiamo parlato fin troppo.

I miei sono a lavoro, come sempre e, essere in casa, da sola, con lui, non mi fa sentire per niente a mio agio. Sebastian lancia lo zaino a terra e si leva le scarpe, vicino all'entrata. Io faccio lo stesso e mi indirizzo in cucina, dove trovo lui già seduto sullo sgabello vicino la penisola.

Vado verso il frigo, lo apro e tiro fuori l'insalata e le fettine di carne. Le porto vicino i fornelli e tiro fuori la padella. Mentre inizio a cuocere la carne, sento il suo sguardo su di me che mi mette in estremo disagio: deglutisco, avvampo.

«La smetti di fissarmi?» domando, mordendomi il labbro inferiore poco dopo.

«Ti metto a disagio?» domanda, in modo serio. Con la coda dell'occhio vedo che ha un gomito poggiato sul bancone, la testa sorretta dal braccio e il suo solito e fastidiosissimo ghigno.

«Non mi piace essere guardata, lo sai» dico in modo secco. Lui non risponde ma non distoglie comunque lo sguardo: lo sento seguire attentamente ogni mossa che faccio, come quando un cacciatore osserva la sua preda. Finalmente la carne è cotta, l'insalata è pronta e la tavola apparecchiata. Metto tre fettine di carne nel piatto di quel ragazzo e glielo passo; nel mio ne metto una e mi siedo dalla parte opposta, dinnanzi a lui.

«Hai del ketchup?» mi domanda, interrompendo il silenzio. Annuisco. Si alza, va verso il frigo e lo apre; lo guardo: la sua espressione concentrata fa irrigidire la mascella pronunciata e, i suoi occhi, si assottigliano.

«Eccolo!» esclama, felice come un bambino. Torna a tavola e cosparge la carne con tanto di quel ketchup che mi viene la nausea.

«Ecco fatto. Ne vuoi un po'?» mi domanda, porgendomi il barattolo.

«No, grazie» dico. In poco tempo lui ha già finito tutto ciò che era nel piatto e quasi tutta l'insalata, mentre io ho mangiato circa metà della mia fettina. Decido comunque di alzarmi da tavola e sparecchiare, sotto lo sguardo vigile di lui.

«Iris... Non tornare a fare ciò che facevi fino a due anni fa» dice, lasciandomi a bocca aperta: non ho il tempo di replicare quando mi riprendo, perché lui è già andato via. Ha toccato di nuovo il mio punto debole, ha toccato di nuovo me.

Tre ore dopo, alle sei in punto, sono davanti l'entra del cinema e Claudia mi saluta, sbracciandosi.

«Ciao Cla» le dico, abbracciandola.

«Ciao Iris» ricambia lei.

«Allora, questo famoso ragazzo con cui ti frequenti dov'è?» le domando. Lei s'incupisce e risponde:

«Mi dispiace ma non può venire. Ha avuto un contrattempo oggi» risponde. Mi dispiace vederla abbattuta, non mi piace che la facciano soffrire. Claudia è una ragazza straordinaria, sempre disponibile con tutti e fin troppo buona.

«Beh, ma i popcorn me li compri lo stesso?» le chiedo, cercando di sdrammatizzare e, a quanto pare, ci riesco, perché sul suo volto riappare quel sorriso che tanto mi piace di lei.

«Ovvio. Anzi, sai cosa ti dico? Che oggi faremo entrambe indigestione di popcorn al caramello.» Così entriamo al cinema, sottobraccio, saltellando come due bambine felici.

°Spazio autrice°

Eccomi tesoriiiii

Succederà il finimondo con questi due, delle cesoie, una pala e tanta terra a disposizione ahah Magari uno dei due occulterà il cadavere dell'altro😂 Comunque spero che vi sia piaciuto. Se è così, fatemelo sapere tramite commenti o una stellina ❤️⭐ continuo a 5 voti e 5 commenti❤️

~A presto~

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