Discoteca
Un bagliore mi sveglia: allungo le braccia e le gambe in modo da potermi stirare. Mi volto a pancia in su e allargo le braccia. Mi sento ancora stanca, ma sarebbe inutile tentare di riaddormentarmi: 'La sera devo andare a dormire prima!' penso. Poi, un flash: mi ricordo di averci messo tanto ad addormentarmi perché Sebastian era lì con me. Mi guardo di fianco ma non c'è: 'Che sia stato solo un sogno? Eppure la sua presenza, le sue braccia attorno a me, il suo profumo,le sue parole, sembravano così reali.'
Accarezzo la vita e, un rossore sulle mie guance, fa capolino. Non riesco ancora a realizzare ciò che mi ha sussurrato: 'E se lo avesse fatto di proposito? Se si fosse accorto che ero ancora sveglia? In fondo gli è sempre piaciuto prendersi gioco di me.'
Guardo la sveglia che segna le dieci di sabato mattina: accigliata, decido di alzarmi dal letto e dirigermi verso il bagno. Apro la porta della mia stanza e, nello stesso istante, Sebastian esce dalla sua camera. Appena mi vede, fa una faccia spaventata e dice:
«Mi hai spaventato!»
'Sì, quello di ieri deve essere stato per forza un sogno!' penso e, senza degnarlo di risposta, ma regalandogli uno sguardo assassino, mi appresto a occupare il bagno. Chiude la porta alle mie spalle e inizio a far scorrere l'acqua calda del lavabo: 'Non gli darò soddisfazione, lo ignoreró. Almeno, così, dovrebbe smetterla di fare il cretino.'
Dopo essermi lavata tutta, esco di nuovo dal bagno e trovo Sebastian poggiato al muro. La sua lingua lunga non esita a dar voce ai suoi pensieri:
«Pensavo fossi caduta nel water» dice lui, ridendo. 'Sì, e sono finita al ministero della magia!' penso ma, con sguardo asettico, lo congedo,lasciandolo lì, con in volto un'espressione dispiaciuta. Mi dirigo nella mia camera, indosso l'intimo, un pantalone nero strappato all'altezza del ginocchio e un maglioncino color panna con lo scollo a V. E pensare che fino a due giorni fa indossavo pantaloncini e top: 'Ottobre è proprio un mese strano.'
Pettino i capelli e decido di lasciarli sciolti: mi piace vederli come coprono leggermente i fianchi. Un filo di mascara, balsamo per le labbra e scendo in cucina. Prendo la mia scatola di cereali al frumento, una tazza in cui rovescio dentro del latte e li unisco. Con un grande cucchiaio mi riempio la bocca e, proprio in quel momento,fa il suo ingresso Sebastian. D'istinto, alzo gli occhi al cielo: 'Otto giorni, Iris, otto giorni' mi ripeto.
«Sembri un criceto con le guance così piene» mi fa notare il ragazzo che, seduto dinnanzi a me, si riempie la bocca con un toast alla Nutella. 'Certo, lui può permettersi di mangiare come un porco, tanto non ha problemi di metabolismo con il novantasei percento del resto del mondo.' Nonostante il fastidio, non riesco a evitare una risatina che cerco comunque di soffocare. Inevitabilmente, sputo un po' del contenuto che avevo in bocca, dritto il faccia all'arrogante e fastidioso ragazzo.
Lui, in un primo momento, resta interdetto: ci fissiamo nel silenzio più assordante di sempre. Poi, la sua risata, nonché cosa rara, riecheggia nella cucina. Si alza dallo sgabello e si dirige verso il lavabo; apre l'acqua e, continuando a ridere, di sciacqua la faccia dai pezzettini di frumento che la ricoprivano. Arrossisco pensando al gesto fatto, mi alzo e metto la tazza con ancora il latte al suo interno, dentro il lavabo, dove Sebastian è appoggiato.
Gli lancio un'ultima occhiata prima di salire in camera mia per studiare. Prendo i libri, il diario dove sono annotati i compiti e mi siedo alla scrivania. Accendo il telefono e attivo il wi-fi: immediatamente mi arrivano delle notifiche di Instagram, alcune di facebook e un messaggio di Claudia su whatsapp:
-Oggi sei impegnata?- scrive lei. Mi affretto a rispondere:
-Studio e poi sono libera. Cos'hai in mente?- digito e premo invio.
Apro il diario e noto, con grande dispiacere, la versione di latino. Ho sempre odiato il latino ma, al contempo, è una lingua che mi ha sempre affascinata: trovo che sia elegante e che abbia un non so che di misterioso. Potrebbe essere usata per parlare in codice: 'In fondo, chi è che parla ancora latino?'
Inizio a leggere il testo e il telefono vibra:
-Leviamoci latino. Alle cinque ti passo a prendere, andiamo a fare shopping e stasera ti porto in discoteca. Niente no, niente discussioni, finti mal di pancia o rapimenti alieni. Passo e chiudo-
Odio quando Claudia fa così: non mi da il tempo di ribattere e, anche se le mandassi un messaggio dove le esplicito quanto io mi trovi in disaccordo sull'andare in discoteca con questo umore, lei lo ignorerebbe deliberatamente, più di quanto io stia ignorando Sebastian. 'Perché deve esserci sempre lui di mezzo?!' mi chiedo, mettendomi le mani tra i capelli, prima di esalare un respiro di frustrazione.
Il tempo passa e la versione di latino sembra non riuscire a prendere vita: ho la testa che mi scoppia e, vedere solo due righe scritte dopo due ore di ragionamento, mi deprime.
Sento bussare alla porta di camera mia e, senza neanche aspettare di ricevere risposta, Sebastian apre e dice:
«Il pranzo è pronto»
Mi volto di nuovo sul foglio quasi bianco e, disperata, do una testata al banco.
«Che succede?» sento chiedere e, una mano, la sua mano, si posa dietro la mia schiena. Alzo lo sguardo nella sua direzione, tirando fuori il labbro inferiore, come per fargli pena. Lui fissa me, poi il foglio e aggiunge:
«Problemi con latino?» Quando ha di nuovo gli occhi puntati su me, gli rivolgo un cenno del capo positivo. Lui, in tutta risposta, mi sorride e dice:
«Ora andiamo a mangiare e dopo pranzo ti aiuto» Lo guardo basita: 'Da quando è così gentile? Poi ricordo quella frase che mi disse un paio di giorni prima: ero io a tirar fuori il peggio da lui.' Annuisco, mi alzo e scendo in cucina dove, ad aspettarci, ci sono mia madre e mio padre.
«Allora, Iris, come va a scuola?» domanda mia madre, mentre addenta la pasta al pesto e panna.
«Come sempre, mamma. Latino è una materia che non capirò mai» rispondo, giocando con la pasta che ho nel piatto. È tanta, troppa.
«E tu, Sebastian, come te la cavi con latino?» gli domanda Teresa.
«Me la cavo, signora Iacoangeli» risponde lui, quasi disinteressato.
«Puoi chiamarmi Teresa. Mi conosci da dodici anni, oramai» dice mia madre, rivolgendogli un sorriso dolce. Saranno anni che con me non è più così amorevole: non ha tempo per chiedermi come sto, se va tutto bene o, semplicemente, per chiacchierare come facevamo una volta. Mi mancano le serate in cui, io e lei, ce ne stavamo stese sul divano,con un'enorme ciotola di popcorn, a vederci un film. O le volte in cui, stando male, veniva a dormire con me. Mi manca quella madre sempre preoccupata per l'unica figlia, quella madre che, anche davanti al lavoro, metteva me. Ma, da quando ha avuto una promozione come capo sala dell'ospedale Gemelli di Roma, nel reparto chirurgia, non ha più tempo ne voglia di stare dietro a una figlia come me.
«Potresti aiutare la nostra cara Iris, cortesemente?» domanda la donna che si trova dinnanzi a me. La guardo in malo modo:
«Ora t'interessa della mia carriera scolastica, mamma?» domando in tono aspro. Mio padre e Sebastian mi guardano stupiti da quella richiesta.
«Non dovrebbe, tesoro?» risponde lei, sottolineando l'ultima parola, con un tono a dir poco agghiacciante: no, non era amorevole,assolutamente.
«Non saprei. Da quando ti hanno promossa, sembra che tu non abbia più ne un marito e ne una figlia!» urlo, alzandomi dal tavolo e correndo super le scale.
«Iris Iacoangeli, ti ordino di tornare a tavola!» sento mia madre urlare dalla cucina. Non ho intenzione di assistere ancora a quella farsa,quella farsa che ci accompagna oramai da quattro anni. Mia madre che improvvisamente s'interessa della mia vita, mio padre che finge che vada tutto bene e... Sebastian! La porta si apre e il suo sguardo mi cerca, quasi dispiaciuto. Mi volto verso il foglio su cui stavo scrivendo la traduzione e, con un filo di voce, gli dico:
«Non guardarmi così, non cerco compassione.»
I suoi passi si dirigono verso me; sposta la mia sedia con una disarmante facilità e, accucciandosi, mi prende il mento tra il pollice e l'indice, mi alza il viso finché i suoi occhi non incontrano i miei e chiede:
«Perché sei così arrabbiata con tutti? Perché ti mostri per quella che non sei?»
«E tu cosa ne sai di come sono io?» domando, acida.
«Io ti ho vista crescere, Iris. Nessuno ti conosce meglio di me» risponde prima di andare via, lasciandomi lì, un'altra volta, senza parole. 'Con quale coraggio può dire una cosa simile? Quale ego smisurato gli fa credere che lui conosca la vera me?'
Frustrata, decido di farmi una doccia calda, sperando che il fascio di nervi si distenda. Asciugo velocemente i capelli che lascio liberi, nelle loro onde. Indosso un maglioncino rosso, un jeans nero e le converse di pelle nera. Trucco gli occhi con un filo di mascara e le labbra con un rossetto rosso. Chiamo Claudia e le chiedo di anticipare l'incontro. Lei, preoccupata, si dirige subito da me e, per le tre del pomeriggio, siamo già al centro commerciale.
«Mi sei mancata, Iris» dice lei, cogliendomi di sorpresa, mentre mi stritola in un abbraccio.
«Anche tu, Cla» le rispondo, abbracciandola a mia volta.
«Promettimi che se avrai dei dubbi su di me, in futuro, me ne parlerai subito, senza ignorarmi.» Il suo sguardo è ancora dispiaciuto e io mi sento una stupida per aver dubitato della mia migliore amica. Lei è l'unica che c'è sempre stata per me, l'unica che ha sopportato i miei momenti no, il mio essere lunatica, il mio passare da un 'ti voglio bene' a un 'vai a farti fottere.' L'unica che non mi ha mai abbandonata nel momento del bisogno.
«Promesso» le dico, allungando il mignolo affusolato verso lei che, in men che non si dica, lo attorciglia al suo.
«Hai bisogno di qualche vestito?» le domando, seguendola nel negozio di Tally Weijl. Lei, sorridente come quando ha in mente qualcosa di diabolico, fa cenno di no.
«Siamo qui per te. Stasera devi essere raggiante: il ragazzo con cui mi frequento verrà al Caruso» risponde, iniziando a battere le mani e a saltellare sul posto, come se fosse appena andata in overdose da zuccheri.
«C-cosa?»urlo.
«Iris, non ti sto combinando un appuntamento, ti voglio solo far conoscere quel famoso ragazzo.»
«Lo conosco?» La domanda mi viene spontanea: ho ancora paura che mi stia mentendo ma, perché?
«In un certo senso... sì» dice lei. Sgrano gli occhi: 'Che mi abbiamentito per sbattermi in faccia la verità? No, Iris, smettila!Claudia non ti mentirebbe mai, mai!'
«Per caso è Flavio della quinta A?» le domando. Flavio è da sempre innamorato di Claudia ma lei non ha mai voluto dargli una possibilità: 'Ha troppo l'aria da bravo ragazzo' continuava a ripetere.
«Assolutamente no!» dice lei, con un'espressione quasi disgustata.
«Ludovico?» domando nuovamente. Ludo è il cugino di un'amica di Claudia; anche lui ha sempre avuto una cotta per lei, fin da bambini ma, Claudia, non ne ha mai voluto sapere neanche di lui.
«Non indovinerai mai, Iris» dice, sorridendo e prendendomi sottobraccio. Rassegnata, la seguo per il negozio e, appena vede un vestitino a fiori, afferra la mia taglia e mi trascina in camerino.
«Provalo, provalo, provalo» continua a dire, agitandosi più del dovuto. Rassegnata, mi spoglio e poi indosso il capo scelto dalla mia amica: la gonna a balze arriva sì e no a metà coscia. Lo scollo a V fa risaltare quel poco seno che ho e, la cinta, fascia perfettamente la vita stretta. Apro la tenda del camerino e vedo subito gli occhi di Claudia letteralmente innamorati.
«Iris, sei una bomba sexy!» urla, raccogliendo l'attenzione delle altre ragazze che ridacchiano per il troppo entusiasmo di quella ragazza. Claudia inizia a far ondeggiare a destra e sinistra i lunghi capelli castani: 'Deve essere davvero contenta!' penso.
«E ora tocca alle scarpe» dice, quel vulcano in eruzione, afferrando un paio di tacchi neri vertiginosi.
«No, no, no. Non devo prostituirmi, perciò indosserò i miei amati stivaletti bassi» preciso io, incrociando le braccia.
«Ma Iris...» prova a ribattere e, in un istante, la blocco
«Niente ma. Tu hai scelto il vestito, io scelgo le scarpe» dico e mi dirigo alla cassa per pagare. Uscite dal negozio, andiamo verso la nostra gelateria preferita, ordiniamo e ci sediamo ai tavolini li vicini.
«Tu cosa indosserai stasera?» le domando, mentre mangiamo un frozen yogurt.
«Lo vedrai dopo, curiosona.» Entrambe ridiamo.
«Cla, devo dirti una cosa» le dico. Ancora non le ho raccontato nulla di ciò che mi è successo in questi giorni. Lei mi guarda come a darmi il via libera e le spiego tutto, partendo dal primo giorno della punizione, fino ad arrivare a oggi. Ma, raccontandole, ometto ciò che è successo ieri sera: non sono sicura di poter dirle cosa mi ha detto Sebastian perché, se fosse uno scherzo, mi sentirei così umiliata anche davanti a lei.
«Quindi devi sopportare Sebastian ancora per una settimana?» chiede lei, con la bocca piena di smarties. Annuisco e, complici come sempre, facciamo cenno di no con la testa.
Finito lo yogurt, decidiamo di passare da Kiko per comprare alcuni trucchi e poi, ci facciamo venire a prendere da Mimmo, il padre di Claudia. Mimmo e Gabriele, il fratello di Claudia, sono le uniche persone della famiglia a esserle rimaste. La madre morì tre anni fa, a causa di un incidente sul lavoro e, da quando lei e Mimmo si sono sposati, i familiari di entrambi non vollero più avere contatti con loro. Claudia ci soffre molto, ma non lo da a vedere. Io so quante volte piange la notte, so quanto le manca sua madre e so quanto si senta sola, nonostante Mimmo e Gabriele cercano di non farle mancare nulla. Ma loro, come disse lei, non sono Isabella, non sono la sua mamma.
«Ciao Iris, ciao amore di papà» ci saluta Mimmo.
«Ciao Mimmo» lo saluto, con un bacio sulla guancia. Questo signore lo reputo come un secondo padre: ricordo la volta in cui mi strappai i pantaloni a scuola e, né mia madre, né mio padre, rispondevano al telefono. Allora Claudia lo chiamò e lui corse a portarmi un cambio. Gli voglio davvero tanto bene, anche se non gliel'ho mai detto.
«Allora, com'è andato lo shopping?» domanda il signore dai capelli brizzolati e gli occhi azzurri.
«Bene papà. Stasera, Iris, sarà uno schianto.»
«Claudia!» l'ammonisco, imbarazzata per la risposta data al padre.
«Tesoro, vedete di fare le brave. Vi accompagno io alle dieci e vi riprendo a mezzanotte, va bene?»
«Facciamo l'una?» prova ad allungare i tempi Claudia.
«Mezzanotte e mezza, non di più» asserisce Mimmo, con un'espressione dolce in volto. Si vede quanto ama la figlia.
«Grazie papà, sei il migliore!»
Arriviamo a casa di Claudia e, come sempre, Mimmo chiama mia madre e l'avvisa che dormirò da loro ma, come al solito, omette di dirle che ci porterà in discoteca: mia madre odia la vita mondana e non accetterebbe mai di mandarmi in discoteca, nonostante abbia diciassette anni.
Io e Claudia prepariamo la cena per tutti e, quando chiamiamo gli altri due, finalmente Gabriele fa la sua apparizione: in secondo liceo avevo una cotta per lui ma non ho mai avuto il coraggio di dichiararmi. 'In fondo, cosa ci avrebbe fatto un diciassettenne conuna quindicenne?'
Lovedo in piedi, sul ciglio della porta, che mi fissa come se avessevisto un fantasma:
«Iris,che piacere. È molto tempo che non ci vediamo» domanda lui. In effetti è un anno che non ci vediamo: io non vengo spesso a casa di Claudia e, le poche volte in cui sono venuta, lui era fuori o chiuso in camera a studiare.
«Sì, è vero.» Questo è tutto ciò che riesco a dire: quei capelli castani e gli occhi azzurri, mi fanno arrossire e scollegare il cervello, come sempre.
La cena passa tra una domanda e l'altra e, stranamente, Gabriele non ha mai staccato gli occhi da me. Il suo sguardo intenso mi mette a disagio ma, al tempo stesso, mi piace.
«Noi ci andiamo a preparare» dice Claudia, balzando in piedi.
«Uscite?» domanda Gabriele.
«Sì, andiamo al Caruso, una discoteca dove si balla reggaeton» risponde Claudia.
«Sento un mio amico e andiamo insieme?» domanda il fratello. La mia amica mi guarda e io, in risposta, faccio spallucce.
«Va bene» risponde lei per poi rivolgermi un sorriso maligno.
Saliamo in camera sua a prepararci: indosso il vestito comprato qualche ora prima, prendo in prestito un paio di stivaletti bassi neri e mi dirigo verso lo specchio a muro. Prendo i trucchi che mi sono comprata e inizio a fare il possibile per rendermi più accettabile del solito: un ombretto panna come sfondo e uno color mattone a mettere in risalto il verde dei miei occhi. Una linea nera di eye-liner per allungare l'occhio e tanto mascara per renderli intensi. Un rossetto color nude per non appesantire le labbra e del blush pesca, unito all'illuminante per dare luminosità e colorito alle gote. Mi alzo da terra e, sulla scrivania di Claudia, vedo il profumo Poison: 'È molto tempo con non metto un profumo' penso, prima di afferrare la boccetta rossa e spruzzarmi un po' di quel liquido addosso.
Guardo Claudia e noto quanto sia bella: i capelli mossi, lasciati liberi, le contornano il viso quasi acqua e sapone, se non fosse per quella leggera sfumatura nera agli angoli degli occhi. Il vestito bianco velato le ricade alla perfezione. I tacchi vertiginosi slanciano la snella figura della mia migliore amica.
«Sei uno schianto! Il tuo ragazzo, stasera, ti salterà addosso» le dico, guadagnandomi una sua risata. Anche lei, come me, sta aspettando il ragazzo giusto per andare oltre, per scoprire il piacere carnale.
«Siete pronte?» sentiamo domandare dall'altra parte della porta. Do un'ultima scossa ai capelli mossi che ho lasciato sciolti e apro la porta: Gabriele è splendido. La camicia bianca fascia i bicipiti gonfi e gli skinny neri mettono in risalto la gamba definita. Lo guardo e sembra quasi... 'Incantato?'
«Gabriele! Potresti evitare di sbavare davanti la mia amica?» gli domanda Claudia, superandolo e afferrando la tracolla nera.
«Ma cosa dici!» risponde lui, arrossendo e prendendo le chiavi della macchina. Io resto ferma, al mio posto, ancora incredula.
«Iris, vuoi venire?» mi richiama Claudia. Annuisco e la seguo. Mi avvicino all'auto, faccio per sedermi dietro ma, Gabriele, m'invita a sedermi davanti, dicendo che, se avessi occupato il posto dietro, si sarebbe sentito un tassista.
Durante il viaggio non spiccico una parola e, arrivati dinnanzi la discoteca, non ci vuole molto prima di entrare.
«Il tuo amico?» domanda Claudia, rivolgendosi a Gabriele.
«Ci aspetta dentro» risponde lui.
Entriamo e la serata è già in pieno svolgimento: in sala suona 'Mi gente' di J Balvin e Willy William. La gente è scatenata e vedo anche coppie che si strusciano e che sembra stiano effettuando una strana danza della riproduzione.
«Volete qualcosa da bere?» ci chiede Gabriele.
«Per me una coca cola» rispondo io. Claudia e il fratello mi guardano in malo modo e, non capendo, domando:
«Chec'è?»
«Iris, davvero vuoi una coca cola?» chiede Claudia. Poi, senza darmi il tempo di rispondere, dice al fratello:
«Due tequila, sale e limone.»
«Ci vai giù pesante, sorellina» risponde lui. Lo seguiamo al bancone e aspettiamo le ordinazioni.
«Due negroni, grazie!» sento urlare. Allungo lo sguardo alle spalle di Gabriele e noto, con immenso dispiacere, Sebastian in compagnia di Matteo. Sebastian non stacca un secondo lo sguardo da me e, appena ci viene servita la tequila, i suoi occhi si sgranano: 'So perfettamenteche non vuoi che io la beva.' Guardo Gabriele per capire come berla e seguo ogni passaggio: il sale sulla mano con cui tengo lo shot di tequila e, nell'altra, la fetta di limone. Lecco il sale, mando giù la tequila e mordo il limone. Brucia, brucia come quel tiro che mi fece fare Matteo. Sebastian mi guarda infuriato e, in tutta risposta, chiedo un altro shot. Arrivata al quarto, il figlio di Satana si avvicina e, prendendomi per il polso, mi chiede:
«Non credi di star esagerando?» In risposta, tiro via il braccio dalla sua presa, arriccio il naso, gli sorrido e rispondo di no. Prendo Gabriele per mano e lo porto al centro della pista per ballare: mi metto di schiena e allaccio le braccia al suo collo, facendo aderire il suo petto al mio dorso. Le sue mani sono sui miei fianchi che ondeggiano: ho la testa leggera, troppo leggera per capire che mi sto mettendo in imbarazzoda sola. Le gambe sono molli e le piego leggermente, continuando a ondeggiare con i fianchi poi, velocemente, torno su. Lo sguardo di Sebastian appare sorpreso e carico d'odio ma, al contempo, eccitato.
«Iris, non fare così» sento sussurrare da Gabriele.
«Perché?» domando, senza staccare lo sguardo dal ragazzo che ho difronte.
«Perché sei sexy e io sono un maschio» risponde, lasciandomi un caldo bacio nell'incavo del collo. Rabbrividisco a quel gesto e non ci penso due volte a staccarmi. Cerco Claudia con lo sguardo ma non la vedo da nessuna parte. Esco fuori e provo a chiamarla ma niente. Le mando un messaggio dove l'avviso che me ne sto andando. Decido allora di chiamare un taxi e andare a casa.
Arrivata dinnanzi la mia abitazione, tiro fuori le chiavi e apro il portone, salgo a casa, apro la porta e mi dirigo in cucina: apro il frigo, prendo la bottiglia dell'acqua e ne mando giù una grande quantità. Chiudo lo sportello e, proprio in quell'istante, sento due braccia cingermi la vita da dietro. Chiudo gli occhi, respiro e riconosco subito quel profumo: Sebastian. Sento il suo respiro tra i miei capelli, il calore del suo corpo che trapassa i tessuti dei nostri vestiti, l'odore di fumo che non mi nausea affatto.
«Eri davvero sexy mentre ballavi, Iris. La stoffa del vestito ti accarezzava le gambe in modo sensuale mentre scendevi giù e non sai quanto ho invidiato quel ragazzo. Sarei voluto essere al suo posto, avrei voluto sentire io com'è il tuo corpo che ondeggia sul mio. E tu, Iris, avresti voluto me al suo posto?» dice, con voce sensuale. Sento il cuore in gola, le gambe tremolanti e il caldo sembra sciogliermi.
°Spazio autrice°
Tesori, eccomi qui con un nuovo capitolo!! Allora, cosa ne pensate di Gabriele? (Colton Haynes)
E di questa specie di dichiarazione di Sebastian? E Claudia dov'è finita? Se il capitolo vi è piaciuto, lasciate un commento e una stellina ⭐Vi aspetto al prossimo!❤️
~A presto~
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