Ti amo

Dopo la telefonata ricevuta l'altra sera, sono tornata a casa decisamente scossa: sapevo che questo momento sarebbe arrivato, sapevo di dover partecipare a quest'incontro. Eppure, non so se sono pronta. Pronta a rivedere coloro che mi hanno tenuta lontana da casa per un anno, lontana dai miei genitori, dalla mia migliore amica, da Sebastian.

«Tesoro, mangia» mi incita mia madre, mentre mi guarda giocherellare con la pasta che ho nel piatto.

«Sì» rispondo svogliata, quasi del tutto assente. La sua mano si posa sulla mia, alzo lo sguardo e la trovo lì, con la sua solita espressione da compassione: è proprio questo che non voglio.

«Andrà bene. Quest'anno sei stata bravissima e non c'è motivo di essere preoccupati» prova a consolarmi. So bene che la mia fissa del peso non è per nulla cambiata, che io non sono cambiata e questo sicuramente lo sanno anche i miei genitori, sono che si rifiutano di ammetterlo. Si rifiutano di ammettere che hanno perso. Forse potrei dire che, da quando sono con Sebastian, faccio meno caso a ciò che mangio e a quanto peso prendo o perdo: da quando sto con lui sono così felice che dimentico spesso di contare le calorie e la palestra, ahimè, la salto sempre. In compenso, brucio calorie durante gli allenamenti di pallavolo dopo scuola. Annuisco a mia madre e, anche se controvoglia, porto il cibo alla bocca, mastico lentamente e ingoio.

«Oggi non è il compleanno di Claudia?» mi domanda mio padre, improvvisamente: sgrano gli occhi e salto subito su dalla sedia. Devo ancora avvisare i miei compagni di classe e trovare un regalo decente per la mia migliore amica.

«Tesoro, dove vai?» urla mia madre, mentre io sono già per le scale che portano al piano superiore. Arrivo nella mia camera da letto e afferro il telefono: mando un messaggio a Matteo chiedendogli se è tutto confermato per questa sera e, subito, risponde di sì. Mi affretto a creare un gruppo su Whatsapp contenente tutti i membri della classe meno la festeggiata. Invio velocemente un messaggio:

-Ragazzi, oggi è il compleanno di Claudia e il suo ragazzo le ha organizzato una festa a sorpresa al Goa. Dobbiamo essere li attorno le undici. Dato che so che le ragazze verranno, la minaccia è rivolta solo a voi maschietti: staccherò le palle a chiunque mancherà.-

Chiudo la chat e mi affretto a digitare il numero di Sebastian: uno squillo, due squilli, tre. Nulla. Parte la segreteria e capisco che probabilmente stia ancora dormendo: il sabato non si allena e non mi ha ancora mandato il messaggio del buongiorno. Decido allora di infilarmi dei leggins neri, un maglioncino color panna e gli stivaletti neri. Sistemo i capelli nel miglior modo possibile, afferro la giacca ed esco di casa, dirigendomi verso quella del Pumba in coma. Oggi fa più freddo del solito: sento il naso ghiacciarsi e una nuvola infinita esce dalle mie labbra. Prendo una sigaretta e l'accendo, pensando di riuscire a scaldarmi: mando giù il primo tiro e la testa subito diventa leggera, mentre i polmoni bruciano assieme alla gola. Accelero il passo e, nell'esatto momento in cui raggiungo l'abitazione degli Smith, butto il filtro a terra. Prendo un respiro profondo che mi brucia la gola e il naso a causa del freddo; suono il citofono e poco dopo a rispendermi è Anna:

«Chi è?» domanda dall'altra parte dell'apparecchio.

«Ciao, Anna, sono Iris. Sebastian è il casa?» non finisco di domandare che il cancello è già aperto. Mentre percorro il vialetto, penso che l'ultima volta in cui sono stata qui è stato per qualcosa di molto più interessante e intimo. La porta d'ingresso è già aperta e sulla soglia mi attende lei, la madre del mio ragazzo, in un tailleur color cipria perfettamente indossato: l'eleganza che emana questa donna è qualcosa di unico.

«Iris, prego» dice, facendomi strada verso la cucina. Istintivamente guardo le scale e spero che lui scenda da un momento all'altro: dopo che sono fuggita una settimana prima, non mi sono mai scusata con questa donna.

«Ti preparo il caffè, cara?» domanda. Un profumo mi invade le narici e noto che ci sono delle pentole sul fuoco:

«No, grazie. Dovete ancora pranzare?» domando, guardando l'orologio tondo affisso in alto che segna quasi le due del pomeriggio. Torno a scrutare lei e mi chiedo come mai sia così elegante durante la preparazione di un semplice pranzo.

«Sì. Sebastian e James sono dovuti andare a fare dei documenti e mio figlio ha dimenticato il telefono a casa» risponde lei. Un po' di delusione si fa largo in me: avrei gradito un buongiorno da parte sua.

«Sai tra quanto torneranno?» domando, prendendo posto sulla sedia vicino al tavolo.

«Stanno per arrivare» dice, rivolgendomi un sorriso. Mi guardo le mani e inizio a torturarle: so bene che dovrei dire qualcosa a riguardo dell'altra sera.

«Anna, sai... mi dispiace per come ho reagito alla cena» ammetto, senza guardarla negli occhi.

«Cara, posso immaginare come tu ti sia sentita. Sappi solo che non lo stiamo facendo con cattiveria, non vogliamo ferirvi. Sappiamo bene che anche se starete lontani per qualche anno, alla fine troverete il modo per stare insieme» ammette. La sua affermazione, per un certo senso, mi fa storcere il naso: perché tenerci lontani se è questo ciò che pensa? Perché farci soffrire in questo modo?

«Sicuramente non capirai la mia scelta, adesso. Spero però che lo farai più avanti» dice, passandomi un semplice bicchiere d'acqua. Alzo lo sguardo e la ringrazio per poi fasciare il vetro gelido e trasparente con le mani.

Mi guardo attorno e, solo ora, vicino a me noto un plico di fogli; vi butto l'occhio e leggo che si tratta di documenti inerenti all'adozione.

«Volete adottare un bambino?» domando, cercando di stemperare il clima gelido che si è creato. Anna mi guarda, mi sorride e risponde:

«No, cara, quelli sono i fogli dell'adozione di Sebastian.»

Una cascata di ghiaccio mi inonda il corpo: 'Sebastian è stato adottato?' Noto che Anna trasalisce e deve aver capito che io non ne so nulla di questa storia. Il suo volto diventa cupo e, abbassando lo sguardo, dice:

«Pensavo che te ne avesse parlato.»
In effetti io so davvero poco della sua sfera privata, del suo passato: lui ha imparato a conoscermi, sa quali sono i miei gusti, sa come prendermi. Ma io, di lui, cosa so? Tutto e niente. E poi, perché non me ne ha mai parlato? Si vergogna? Era questo il segreto che Greta voleva confessarmi? E pensava davvero che lo avrei distrutto per una cosa così irrisoria? Ha davvero pensato che per me potesse essere un problema? In fondo è pur sempre la stessa persona che ho imparato a conoscere in questi anni.

«Iris.» Sebastian interrompe i miei pensieri, ponendo fine alla miriade di domande che stavano intasando la mia mente, portandola quasi a scoppiare.

«E... Ehi» dico, abbozzando un sorriso. Noto il suo sguardo altalenare tra me e i fogli al mio fianco: i suoi occhi si spalancano e, in fretta e furia, si sbriga a prenderli e a toglierli di lì. Poso una mano sul suo braccio, gli sorrido e gli sussurro:

«Non c'è niente di male, per me sei sempre Sebastian.» Lui mi guarda in un primo momento sconcertato, poi posa i documenti e mi abbraccia forte, fregandosene degli spettatori lì presenti. Il suo abbraccio sta a dire grazie e io ricambio, stringendolo forte. Non voglio che si senti a disagio a causa di ciò, non voglio che si senta minacciato da ciò che ho appena scoperto. Mi avvicino alla sua guancia e gli schiocco un bacio, mentre la mia mano destra fa su e giù sulla sua schiena, come a calmarlo.

Lui si stacca, mi guarda, mette le mani a coppa sul mio viso e mi bacia.

«Come mai sei qui?» mi domanda, mentre continua a sorridermi: è così dannatamente bello che resto incantata per qualche secondo prima di dargli una risposta.

«Oh, sì. Oggi è il compleanno di Claudia e Matteo le ha organizzato una festa a sorpresa. Ti andrebbe di accompagnarmi a farle il regalo?» domando, saltando giù dalla sedia, con agitazione.

«Solo se andiamo insieme alla festa» ribatte lui, cingendomi la vita con le lunghe e possenti braccia. Alzo gli occhi al cielo mentre un ghigno si affaccia sulle labbra: poso l'indice su di esse e, con tono sarcastico, rispondo:

«Non so, dovrei pensarci.» Entrambi ridiamo e infine ci abbracciamo: le sue labbra si posano al di sopra del mio capo e, approfittandone, inspiro profondamente il suo odore che tanto mi piace e mi fa impazzire.

«Tesoro, scusa se vi disturbo ma il pranzo è pronto» dice Anna, col suo solito modo educato e per nulla fastidioso. Sebastian si volta, guarda la madre e, quasi con dolcezza, le dice:

«Scusa ma non mangio a casa. Io e Iris abbiamo una missione da svolgere.» Posa una mano sul petto che, successivamente, gonfia proprio come fanno i super eroi. Mi viene da ridere e non riesco a trattenermi quando sento la risata di Anna invadere la stanza.

«Vai pure, tesoro» dice la donna, con un sorriso dolce stampato in volto: nonostante non capisco la sua scelta di andare via da Roma, non riesco a essere arrabbiata con lei. Entrambi annuiamo e usciamo di casa, dirigendoci alla fermata del bus. Lui si siede e io prendo posto sulle sue gambe, mentre gli circondo le spalle con il braccio. Ci guardiamo in silenzio e penso a quanto sia fortunata ad aver visto il lato dolce di questo ragazzaccio.

«Sai che sei più bella del solito così? Non coprirti più le lentiggini» dice sorprendendomi, mentre con l'indice affusolato ne segna una a una: il suo tocco mi crea brividi e sento il respiro appesantirsi. Noto una nuvoletta creata dal calore che entra in contatto col freddo e mi rendo conto dell'effetto che questo ragazzo mi fa: ho paura, paura di ammettere i miei sentimenti, ma non sono mai stata così bene in vita mia, non sono mai stata così felice e a mio agio con qualcuno. Lui sa sorprendermi, sa farmi bene e male al tempo stesso, sa farmi sorridere e disperare contemporaneamente. Lui è la parte più bella e brutta della mia vita, è il dolce e l'amaro, la tristezza e la gioia, l'amore e l'odio: lui è vita.

«Cos'hai detto?» mi domanda, con gli occhi spalancati: sembra terrorizzato e sorpreso al tempo stesso e io non ne capisco il motivo. Piego la testa di lato, corrucciando la fronte: 'Cosa mi sarà scappato?'

«Iris... Tu...» dice lui, guardandomi inebetito.

«Io, cosa?» domando, iniziando a innervosirmi. Con la coda dell'occhio vedo passare l'autobus e subito mi alzo da sopra di lui, mi avvicino alla strada e faccio cenno con la mano all' autista di fermarsi.

Esso si ferma, apre le porte del mezzo e io e Sebastian saliamo, prendendo i soliti posti in fondo. Sebastian appare nervoso e voglio capire il perché del suo comportamento.

«Mi dici cosa succede?» gli domando, prendendogli il viso tra le mani per far incrociare i nostri sguardi: non l'ho mai visto così agitato prima d'ora.

«Tu... Tu... Mi hai detto ti amo.»

°Spazio autrice°

Ciao a tutti! Mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto, ma sono stata stramegaimpegnata tra casa e lavoro. Spero che ne sia valsa la pena attendere e che il capitolo vi sia piaciuto. Colgo l'occasione di fare gli auguri a ChiaraCavini per il suo compleanno che spero passerà nel migliore dei modi.

Come al solito, se il capitolo vi è piaciuto commentate e lasciate una stellina⭐

~A presto~

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