Lo spogliatoio

Non posso crederci: nonostante abbia messo cinque sveglie, non ne ho sentita neanche una. E ora mi ritrovo a riempire il borsone della palestra mentre mi sto lavando i denti: pantaloncini, top, elastico, intimo e scarpe da ginnastica. 'Ho tutto!' penso, quasi soddisfatta. Il telefono squilla ma non ho il tempo di rispondere, torno in bagno per sciacquarmi la bocca e corro giù, dove trovo mio padre ancora in pigiama, mentre legge il giornale e sorseggia una tazza di caffè. Chi non trovo è mia madre, sicuramente ancora impegnata col turno di notte.

«Papà, cosa ci fai ancora in pigiama? È tardissimo!» esclamo, frustrata da questa situazione. Non mi capacito di come sia possibile che l'uomo che ha sempre provveduto a farmi arrivare puntuale, oggi sia ancora in pigiama. Alza lo sguardo verso me e, con nonchalance, mi informa:

«Il tuo fidanzato è giù che ti aspetta da ben dieci minuti.» Ragiono per qualche secondo sulla sua frase e, appena capisco a chi si sta riferendo, avvampo e mi volto, correndo giù per le scale e dirigendomi fuori la mia abitazione. Richiudo il cancelletto alle mie spalle e vedo la macchina degli Smith ferma davanti a esso: inspiro profondamente, mi avvicino e apro la portiera posteriore.

«Buongiorno e grazie per il passaggio» dico, prendendo posto vicino a Sebastian: mi sorride e ricambio.

«Buongiorno, Iris» ricambia il signor Smith: noto subito la sua eleganza data dal completo, i capelli perfettamente laccati e la cravatta annodata al collo. 

«Buongiorno» mi sussurra il ragazzo: non mi sono neanche accorta che si è avvicinato, posando un braccio sulle mie spalle. Mi volta verso lui e, cogliendomi di sorpresa, mi stampa un dolce bacio sulle labbra.


«Come mai non hai risposto al telefono?» domanda, stringendomi ancor di più a sé. Prendo il telefono, sblocco lo schermo e controllo: tre chiamate perse da Pumba.

«Scusa ma ero in ritardo» mi giustifico, rivolgendogli degli occhi dolci. Mi bacia il naso e si fa scappare una risata prima di tornare a guardare davanti a se; mi volto anch'io nella stessa direzione e, dallo specchietto retrovisore, scopro un signor Smith a guardarci stranamente felice. 'Che gli faccia piacere vederci insieme?'

Il breve tragitto scorre velocemente e noto la palese differenza tra mio padre e l'uomo alla guida: lui supera, abusa del clacson e impreca verso coloro che gli tagliano la strada. Fortunatamente il tutto non dura molto e, una volta arrivati davanti scuola, scendiamo dall'auto, salutando e congedando James. Raggiro l'auto e vedo che Sebastian ha già raggiunto i suoi amici: si avvicina e li saluta, ridendo e scherzando. Noto subito Greta avvicinarsi a lui e toccargli un braccio: un senso di nausea mi assale quando vedo che lui non si scansa anzi, si volta e ride con lei. 'Mi prendi per il culo, Sebastian?' Stringo le mani in un pugno ben serrato, chiudo gli occhi e inspiro profondamente: decido di dirigermi verso Claudia ma, appena vedo Greta dargli un bacio sulla guancia e aggrapparsi al braccio di colui che presumibilmente è il mio ragazzo, la rabbia mi acceca. Come può permettergli di farlo? Mi avvio verso di loro, pronta a prendere quella stronza per i capelli e lanciarla in aria: quasi vicina, tendo la mano e, a pochi centimetri da quella parrucca bionda, sento un braccio trascinarmi via. Mi volto verso Sebastian e lo vedo nero in volto: 'Ma se non è lui a portarmi via, chi è?' Guardo l'estremità del polso e una mano dal colorito chiaro lo circonda con le dita:

«Matteo? Lasciami» lo intimo, cercando di controbilanciare il peso e liberarmi da lui che, in tutta risposta, mi attira a sé e dice:

«Non è il caso, Iris, non qui, non ora.» Mi guardo attorno e noto che il cortile è gremito di gente e, buona parte, è già intenta a guardare la scena. Matteo ha ragione: non qui, non ora. Do un'ultima occhiata a Sebastian che cerca di venirmi in contro e, invertendo i ruoli, ora sono io a trascinare il ragazzo col giacchetto in pelle nera verso l'entrata della scuola. Corro nel cortile retrostante, mi avvio verso il muretto, lo scavalco e mi siedo dietro di esso prima di accendere una Chesterfield e rilassarmi. Sento il telefono squillare, lo prendo e vedo che c'è un messaggio da parte di Claudia e uno da parte di quello stronzo. Sblocco il telefono e decido di leggere solamente quello della mia migliore amica:

-Dove sei? Perché sei scappata in quel modo con Matteo?- Mi affretto a risponderle:

-Siamo in cortile, raggiungici.-

«Era Sebastian?» chiede il ragazzo seduto di fianco a me, mentre estrae una cartina dal portafogli.

«No, Claudia. Sta venendo» rispondo, prima di fare un altro tiro. Lo guardo e lui si volta di scatto verso di me, lasciando stare ciò che stava facendo poco prima.

«Iris, ti devo parlare. Mancano solo tre giorni al compleanno di Claudia: le sto organizzando una festa a sorpresa e mi dovresti aiutare, dicendo ai tuoi compagni di venire al Goa, sabato alle undici» dice, poi alza gli occhi e mi fa capire che la mia amica sta arrivando. Annuisco impercettibilmente, mi volto e saluto la ragazza che, successivamente, stampa un bacio sulle labbra di Matteo.

«Allora, cos'è successo poco fa?» domanda, prendendo posto tra me e il suo ragazzo.

«Sebastian è un coglione. Ieri mi ha chiesto di diventare la sua ragazza e oggi neanche mi caga di striscio, andando dai suoi amici e facendosi toccare da quella maledetta stronza» dico senza imbarazzo, nonostante la presenza di Matteo che oramai considero un amico, guardando la sigaretta che brucia sotto il vento di Novembre.

«Cosa? Sebastian ti... e... tu? Cioè tu cosa gli hai risposto?» chiede Claudia, stupita quanto me da quella proposta, mentre Matteo se la ride sotto i baffi.

«Beh, non me lo ha proprio chiesto. Diciamo che lo ha attestato direttamente e io, ovviamente, ne ero felice. Questa mattina sono anche venuta a scuola con lui e mi ha baciata davanti il padre, il che è strano: cioè, dovrebbe vergognarsi di fare certe cose davanti i genitori. E invece si vergogna di girare con me a scuola» dico, sconfitta per l'ultima frase. La mano di Claudia si posa sulla mia gamba e mi regala piccole carezze di conforto.

«Iris, lui non si vergogna. Semplicemente, non è abituato. Sai che ha avuto una sola ragazza prima di te e che non sono durati molto, anzi. Parlagli e vedrai che le cose si sistemeranno» mi rassicura Matteo, regalandomi un sorriso.

«Ci proverò. Però non doveva farsi toccare da Greta» dico sbuffando, per poi alzarmi da terra in contemporanea col suono della campanella: 'Forse Matteo ha ragione ma non posso non dar conto al fatto che lui si sia fatto toccare da una ragazza che non sono io. E questo mi irrita parecchio.'

Salgo le scale e mi ritrovo davanti Sebastian, intento a parlare da solo con Greta: 'Oh, mi sta prendendo in giro?' Decido di avvicinarmi ma noto che la sua espressione non appare serena, bensì arrabbiata e infastidita: che si sia data la zappa sui piedi da sola? Faccio retro front ed evito di intervenire: entro in classe e mi ricordo del favore che devo a Matteo. Se solo sapesse quanto questa sia una pessima idea, eviterebbe di organizzare una festa a sorpresa per Claudia: 'Dopo gli parlerò.'

«Oggi che fai?» mi domanda dal nulla la mia amica, cogliendomi di sorpresa.

«Devo allenarmi. Ma dopo non ho nulla da fare, perché?» rispondo, prendendo il raccoglitore dallo zaino nero.

«Ti va di venire a cena da me? È tanto che non passiamo un po' di tempo insieme» afferma, facendomi il classico sguardo da Gatto con gli stivali.

«Certo» le dico, accennando un sorriso: mi manca passare il tempo con la mia migliore amica, mi manca stare da sola con lei a commentare i disagi che accadono a scuola e a programmare la nostra vita insieme. Sì, perché io e Claudia abbiamo in mente di andare a vivere insieme dopo la maturità e spero che, nonostante lei si sia fidanzata, questo piano non cambi: in caso dovrei provvedere a far fuori Matteo, il che mi dispiacerebbe dato che mi sta simpatico.

«Ragazzi, buongiorno» saluta il professore di matematica, mentre entra dalla porta. Tutti ricambiamo in coro e aspettiamo che si segga. Inizia a fare l'appello e intanto i ragazzi della classe si tirano delle palline imbevute di saliva, sparandole con la parte trasparente della bic. Una mi colpisce in piena fronte:

«Samuele, e che cavolo!» esclamo, togliendomi quell'arma dalla fronte con un fazzoletto. Il professore alza lo sguardo e coglie Cristiano sul fatto, arrabbiandosi e affibiandoci un compito a sorpresa.

«Brava, Iris» mi dice Samuele, con tono aspro.

«Se non avessi una mira così di merda, non avrei parlato e ti saresti risparmiato l'ennesimo due» sussurro, stando ben attenta a non farmi sentire. In risposta alza il dito medio, sbuffa e si gira.

Prendiamo tutti un foglio protocollo e iniziamo a scrivere ciò che il professore ha segnato sulla lavagna: le due ore passano in fretta e, tra un suggerimento e l'altro, riesco a consegnare poco prima che suoni la campanella.

«Grazie, Iris. Senza te non so come farei» mi dice Claudia, per poi abbracciarmi.

«Non preoccuparti, sai che per me è sempre un piacere» dico e, ancora unite, prendiamo il borsone e ci avviamo verso la palestra per l'ora di educazione fisica.

Nello spogliatoio purtroppo trovo già Greta e capisco subito che questa settimana ci alleneremo con la quarta B, la classe di Sebastian. Scruto la bionda mentre si atteggia nei suoi micro pantaloncini bianchi, dai quali si vede perfettamente il perizoma rosso, e il crop top dello stesso colore, che evidenzia i capezzoli sporgenti, privi di reggiseno: 'Ma con quale coraggio?' penso, guardandola con disgusto.

«Problemi, Iacoangeli?» domanda, raccogliendo l'attenzione del resto dello spogliatoio. Finisco di infilare la maglia e legarmi i capelli mentre le rispondo:

«Sì, tu.» So bene che questa risposta ha appena innescato un dramma senza fine, ma non la sopporto, non riesco a guardarla senza provare odio e repulsione nei suoi confronti. Lei vuole ciò che è mio ma nessuno può toccare, guardare, immaginare ciò che è mio. La fisso dritta negli occhi con aria di sfida: la tensione di questo momento si potrebbe tagliare con un coltello. Lei si avvicina e io mi alzo dalla panchina: siamo una di fronte all'altra, a pochi centimetri di distanza, a fissarci dritte nei bulbi oculari in segno di sfida; nessuna molla, nessuna e cede e questo non fa altro che peggiorare la situazione.

«Sono sicura che vestita in questo modo piacerò molto a Sebastian» ammicca, prima di voltarsi e dirigersi verso la porta.

«Per tua informazione, non è attratto dalle puttane» dico, senza neanche rendermene conto. Si volta di nuovo verso me con gli occhi iniettati di sangue: 'Sta per uccidermi.'

«Ragazze, venite?» ci chiama il professore, evitando una rissa sicura. Lei mima un 'Sei salva, per ora' ed esce, correndo verso il mio ragazzo, dicendogli qualcosa e mettendo ben in mostra il tutto. Chiudo le mani a pugno e mi avvio verso i miei compagni di classe, cercando di non guardare nella direzione di quei due.

«Iniziate a correre» comanda il professore e, tutti insieme, facciamo come ci dice. Io e Claudia stiamo ben attente a star lontane da Greta; dopo qualche giro, si unisce a noi Matteo, mentre Sebastian se ne resta dietro con i suoi amici.

«Come mai siete così tese?» ci domanda il ragazzo al nostro fianco.

«Iris ha avuto un diverbio con Greta nello spogliatoio» risponde Claudia al posto mio.

«Di che genere?» domanda ancora.

«Le ho semplicemente dato della troia, qual è» rispondo con nonchalance, guadagnandomi una risata da parte del ragazzo che, successivamente, mi abbraccia e mi da un bacio sulla fronte.

«Stop» dice il professore, dopo aver fischiato con l'aggeggio legato al collo. Ci fermiamo e facciamo un po' di stretching: Sebastian si mette dietro di me e, prima di piegarmi, tiro giù i pantaloncini, sperando non si alzino troppo. Scendo e sento la stoffa salire; poso le mani al suolo, tendo bene i muscoli delle gambe e guardo il ragazzo dietro di me: mi fissa e noto con piacere che è diventato rosso e deglutisce. 'Preparati a ricevere una bella lezione, Sebastian.'

Mi rialzo e stendo le braccia verso l'alto, tirando ben in fuori il sedere e scoprendo leggermente la pancia: ancheggio e, con la coda dell'occhio, noto lui e qualche altro ragazzo guardarmi. Quest'ultimi m'imbarazzano ma cerco di andare avanti perché lui deve capire che non deve giocare con me. Decido che sia arrivata l'ora degli squat e, posizionando le braccia davanti a me, divarico le gambe e inizio a scendere: inizio a sentire bisbiglii e fischi provenire alle mie spalle prima di essere afferrata da Sebastian.

«Smettila» mi intima in cagnesco. Lo fisso dritto negli occhi e, facendo la finta tonta, rispondo:

«Di fare cosa?» Gioco con una ciocca di capelli e sbatto le lunghe ciglia colorate di nero per rendere la parte ancora più credibile.

«Non prendermi in giro, lo stai facendo apposta. Questi pantaloncini sono troppo corti e attillati, Iris» attesta lui, levandosi la felpa nera e legandomela in vita.

«E a te che importa? Fatti abbracciare e baciare da Greta» dico con disprezzo, togliendomi il suo indumento di dosso prima di lanciarglielo contro.

«Iacongeli, facci qualche altro squat!» ammicca un ragazzo: mi volto verso Sebastian e noto che è già pronto a partire per picchiarlo. Corro nella sua direzione e riesco a mettermi in mezzo poco prima che il ragazzo venga travolto dalla furia assassina di Pumba.

«Stai attento, Mirko» lo minaccia il ragazzo dagli occhi ghiaccio.

«A Smith, e fattela una risata» risponde l'altro, prima di andarsene. Sento i suoi muscoli rilassarsi e, un attimo dopo, i suoi occhi sono fissi su di me: non parla, non dice nulla; mi guarda e se ne va.

«Bel colpo, Iris» mi sussurra la bionda, prima di andarsene ridendo.

«Ragazze, prendete la palla e fate una partita a pallavolo. Voi ragazzi, invece, calcio» attesta il professore, dividendoci. Forse è meglio così, ma con Sebastian speravo di poter parlare. Facciamo come dice e prendiamo la palla da volley, organizziamo le squadre dividendo le due sezioni e iniziamo a giocare. La prima battuta sta a me e la metto a segno senza problemi, mentre Greta bisbiglia qualcosa di incomprensibile dall'altro campo. Seconda battuta, secondo punto. Greta diventa rossa a causa della rabbia e io non riesco a non ridere. Terza battuta, presa. Ce la giochiamo per qualche minuto e, tra muri, schiacciate e alzate, il punto stavolta è loro. La partita continua con equilibrio e arriva il momento in cui io e la bionda ci troviamo entrambe sotto rete, nel ruolo di alzatrici.

«Non passerai, Iris» dice lei, con sicurezza. Non riesco a trattenere una risata che irrita notevolmente la ragazza che ho di fronte. La mia compagna fa la battuta, loro la prendono, Greta alza e io faccio muro; viene recuperata e capisco che questa volta la bionda tenterà una schiacciata: prendo la rincorsa, faccio muro e segno. Vedo la rabbia negli occhi di lei e poco dopo scarica la sua ira su di me: mi da un calcio sullo stinco per il quale mi piego dal dolore: Claudia oltrepassa la rete e capisco che si sta per scatenare una rissa clamorosa.

«Ma sei stupida?» urla la mia migliore amica, dando una spinta a Greta. Mi alzo in fretta per raggiungerle ma la presa di quest'ultima è già salda ai capelli di colei che mi stava difendendo. Afferro la chioma bruna e il polso dell'altra in modo da staccarli: ci riesco e pensando di aver risolto la situazione, mi volto. Improvvisamente mi sento trascinare verso il basso e capisco che ora la sua furia si sta avventando su di me: afferro nuovamente il polso e, con abile gesto, riesco a girarmi, in modo da averla di fronte. L'atterro e mi aggrappo ai suoi capelli mentre con le gambe e il bacino la tengo ben salta a terra. Uno schiaffo coincide con la ma guancia che viene graffiata dalle sue unghie troppo lunghe: non ci vedo più dalla rabbia e inizio a sferrare colpi su colpi finché qualcuno non mi afferra per la vita e mi scansa da sopra di lei, ridotta oramai uno straccio. Mi guardo attorno e noto che anche i maschi si erano uniti a noi, guastandosi la scena. Appena mi volto, noto che Sebastian sta approfittando di quell'attimo di caos per sfuggire allo sguardo del professore. Entriamo nello spogliatoio maschile, mi trascina con lui verso le docce e chiude la porta dietro di sé:

«Che cazzo fai? Da quando sei diventata violenta?» impreca. I suoi occhi sono iniettati di sangue mista a delusione e io non posso far a meno di abbassare lo sguardo.

«Io... lei mi ha dato un calcio, Claudia ha iniziato a discuterci e quando le ho divise, lei mi ha preso per i capelli. Poi... poi è successo quello che hai visto» ammetto, martoriando lo smalto arancione delle mie unghie.

«Iris, cosa ti succede oggi? Prima te ne vai con Matteo, poi ti metti a fare la stupida davanti ai ragazzi e ora fai addirittura a botte?» chiede, visibilmente frustrato mentre chiude gli occhi e si passa una mano nei capelli.

«Sai, stamattina Matteo mi ha impedito di uccidere Greta. E tu, mio caro Sebastian, se vuoi davvero stare con me, comportati come un fidanzato!» gli sputo in faccia con disapprovazione. Lui mi guarda confuso e storce la testa da un lato:

«Cos'ho fatto?» chiede. Alzo gli occhi al cielo e rispondo:

«Sei sceso dalla macchina e sei filato dritto dai tuoi compagni. Ti sei fatto toccare e baciare da Greta senza neanche provare a spostarla. Ma se vedessi me fare una cosa del genere? Come reagiresti?» urlo. Inaspettatamente mi sorride, mi spinge contro il muro e dice:

«Impazzirei. Scusami» e mi bacia. Non posso far a meno di ricambiare: sembra davvero dispiaciuto e spero che Matteo abbia ragione: tempo. Solo questo. Le sue mani si stringono sui miei glutei mentre la sua lingua cerca la mia: mi alza e allaccio le gambe attorno al suo bacino mentre spinge la mia schiena contro il muro retrostante.

«Mi stavi facendo impazzire, prima» sussurra, stringendo ancor di più la presa. Gemo quando il suo bacino si scontra con la mia intimità, sentendo la protuberanza tra le mie gambe, pronta a uscire fuori. Tremo e bramo quel contatto: vorrei essere sua, completamente sua. La sua mano avanza senza timore sotto la mia maglia fino ad arrivare al seno: lo stringe prima di alzare il reggiseno e giocare con i capezzoli turgidi. Il respiro diviene subito irregolare e ansimo sotto ogni suo tocco: muovo il bacino facendolo scontrare più e più volte col suo, guadagnandomi un grugnito da parte di lui.

«Iris, ferma» dice con tono minaccioso.

«Non ci riesco» ammetto, completamente rapita da quel momento di eros.

«Io così non resisto» dice, facendo scendere la mano sulla coscia per aprirla e fammi staccare da lui: ora sono in piedi, con le gambe che tremano e il corpo schiacciato dal suo. Torna a baciarmi con più foga e a lasciare piccole carezze sul ventre: so perfettamente dove vuole arrivare e sono disposta a lasciarlo fare. Divarico leggermente le gambe, afferro i suoi capelli e lo spingo di più verso di me: il busto indietreggia e il bacino avanza. Lo sento fermarsi e ispirare profondamente: respiri affannati, pelle d'oca, battito accelerato; lo guardo e cerco di capire il perché.

«Non voglio qualcosa che ti possa allontanare da me» dice con tono dolce. Gli sorrido e, maliziosamente quanto imbarazzata, rispondo:

«Sebastian, smettila di avere paura e vivi il momento.» Alle mie parole vedo qualcosa accendersi nei suoi occhi: si avventa sulle mie labbra, quasi per divorarle. Le sue mani viaggiano ancora sul mio addome, mentre le mie sono sul suo: scosta l'elastico dei pantaloncini e, mettendo la mano a coppa, afferra totalmente la mia intimità mentre azzera lo spazio tra i nostri corpi. Le sue dita viaggiano prima incerte sopra la stoffa, poi sicure quando raggiungono il punto caldo. Massaggiano la zona erogena e questo non fa altro che rendere umida la stoffa che separa le sue dita dalla mia intimità. È un piacere nuovo per me e sono felice che sia Sebastian a procurarmelo. Sento scostare le mutandine e finalmente venire a contatto la sua pelle con la mia: ansimo e gemo sulle sue labbra. Dei movimenti circolari non fanno altro che farmi accaldare ancor di più: l'aria diventa quasi inrespirabile e il caldo asfissiante.

«Sebastian» sussurro con la gola ormai secca, mentre un formicolio prende possesso del ventre.

«Iris» risponde lui, con tono eccitato. Le sue dita scivolano verso la mia entrata ma, poco prima di esplorarla, si ferma a causa dello sbattere della porta. Ci stacchiamo e cerco di ricompormi per quanto mi è possibile.

«Smith, sei qui?» domanda il professore. L'ansia mi assale ed entro in modalità panico totale: 'E ora? Come esco di qui senza farmi vedere?'


°Spazio autrice°

Ed eccomi tornata con un nuovo capitolo! Premetto di essermi divertita e anche vergognata a scrivere certe cose, ma alla fine sono davvero soddisfatta del risultato. Finalmente quasi una gioia per questi piccioncini. Ma ora come faranno a scamparla? Cosa s'inventeranno?
Se il capitolo vi è piaciuto, commentate e lasciate una stellina ⭐

~A presto~

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