Capitolo 7

*🦋Sun-terza persona🦋

Sun non era stata neanche in grado di concludere l'insulto che si ritrovò tra le braccia la sua compagna di stanza, aveva perso i sensi. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo, era spaventata a morte vedendo che Ann non muoveva un muscolo e respirava a mala pena.

Subito dopo li raggiunse Pharn che prese in braccio a mo' di sposa l'amica liberando Sun dal peso.

Non dando alcuna spiegazione il ragazzo iniziò ad incamminarsi verso l'infermeria.

«Ehi? EHI?!»

Sun si rifiutava di restarsene semplicemente lì imbambolata cercando di elaborare da sola ciò che era appena successo e seguì Pharn.

«Che è successo. Perché è svenuta?»

«Probabilmente un calo di pressione...» Mormorò Pharn rifiutandosi di dare una risposta vagamente soddisfacente.

Sun non ci credette neanche per un secondo e rispose con una risata di incredulità.

Il ragazzo non riuscì a seminarla nonostante stesse praticamente correndo, con le gambe lunghe che si ritrovava gli sembrava impossibile che Sun riuscisse a stargli dietro.

Alla fine fu costretto ad accettare la sua presenza fino ad arrivare in infermeria.

Chiunque incrociassero per i corridoi li guardavano confusi e preoccupati ma nessuno decise di provare a intervenire per dare una mano.

Una volta arrivati videro subito che l'infermiera non c'era e tutti i lettini erano vuoti, Pharn distese l'amica sul lettino più vicino e si sedette su una sedia lì di fianco sperando che si svegliasse in fretta. 

Sun dal canto suo osservava la scena confusa in piedi all'ingresso della stanza, non sapeva cosa fare ma starsene lì ad aspettare non sembrava l'idea migliore.

«Vado a cercare l'infermiera.» Annunciò per poi uscire dalla stanza di corsa.

Pharn non sapeva come avrebbe dovuto reagire alla cosa, anche lui aveva letto il giornale con quell'orribile notizia in prima pagina ed era rimasto sconvolto. Non tanto quanto Ann chiaramente ma aveva comunque uno sguardo vuoto, non sapeva cosa pensare.

Sentiva come se la sua migliore amica fosse tornata ad essere in pericolo come quando erano piccoli, quando insieme si ritrovavano a giocare in un parco giochi vicino alle loro case accompagnati dai rispettivi babysitter.

A Pharn venne la nausea al ricordo del viso di quella donna che sembrava così buona e gentile ma che si era rivelata un vero e proprio mostro.

Vedendo Ann dormire così pacificamente anche dopo aver affrontato un attacco di panico, gli fece pensare che in fondo la sua migliore amica ancora avesse l'innocenza di quella bambina che, nonostante tutto, credeva che stesse sempre andando tutto bene.

Il ragazzo passò una mano sulla fronte dell'amica per accarezzarla, sperando che quel piccolo gesto potesse regalarle un sonno più tranquillo.

Le sue dita si bagnarono del sudore freddo che aveva imperlato la pelle di Ann, come ulteriore conferma della paura che la ragazza doveva aver provato.

Pharn sospirò profondamente mentre rifletteva su come da lì in poi sarebbero cambiate le cose.

«Cos'è successo a questa ragazza?»

La voce gentile e preoccupata dell'infermiera della scuola fece ridestare Pharn dai suoi pensieri e lo fece voltare.

L'infermiera in fretta raggiunse Ann sdraiata sul letto ancora priva di sensi e iniziò a sentirle il polso, le misurò la pressione e esaminò la reattività delle pupille con una piccola torcia tascabile.

«Non è nulla di grave, ha solo perso i sensi ma si riprenderà presto. Devo andare a terminare delle commissioni, al suo risveglio assicuratevi che assuma degli zuccheri.»

Detto ciò l'infermiera lasciò la stanza, Pharn e Sun rimasero nuovamente soli insieme alla dormiente.

Iniziò un silenzio carico di tensione che dopo qualche minuto venne spezzato dalla ragazza, più confusa che preoccupata  tentò di ricavare qualche informazione in più.

Pharn era troppo scosso per starla a sentire e in ogni caso non avrebbe mai potuto dare a Sun delle informazioni del genere alle spalle della sua migliore amica.

«Io devo tornare in classe, ho un compito importante e devo avvisare i professori dell'assenza di Ann per tutta la giornata.» Mormorò il ragazzo massaggiandosi le tempie come se fosse stato colpito da un improvviso mal di testa.

«Vuoi lasciarmi qui da sola con lei? Anche io ho delle lezioni e...»

«Vuoi che resti completamente da sola?» Chiese Pharn scocciato dal fastidioso comportamento di Sun.

La ragazza si voltò verso la sua compagna di stanza, sembrava star affrontando un sonno più irrequieto rispetto al solito.

Aveva le sopracciglia leggermente corrugate, un piccolo dettaglio quasi impercettibile per chiunque ma non per Sun che più volte l'aveva vista dormire.

«Va bene, resterò con lei.»

Pharn la ringraziò con tono scocciato per poi dileguarsi anche lui lasciando le due compagne di stanza finalmente sole.

Sun si ricordò di aver in borsa una merendina al cioccolato che aveva programmato di sgranocchiare durante la noiosa ora di anatomia.

La tirò fuori e la poggiò sul comodino al lato del lettino dove Ann riposava, l'infermiera aveva detto che al suo risveglio avrebbe dovuto mangiare qualcosa di dolce.

Passarono diversi minuti e Sun stava iniziando a preoccuparsi. Ann aveva iniziato a respirare più lentamente e anche l'espressione corrucciata era sparita, ora sembrava star dormendo a tutti gli effetti nello stesso modo di sempre, però avrebbe già dovuto svegliarsi.

Le afferrò d'istinto una mano, stringendola e pizzicandola leggermente sperando di ottenere una qualsiasi reazione, ma nulla, niente di niente.

Sun si stava seriamente preoccupando e di scatto si alzò con tutte le intenzioni di correre di nuovo a cercare l'infermiera. A fermarla fu la stretta ferrea che Ann finalmente ricambiò.

*🦋Ann-prima persona🦋

Cos'è successo? Dove sono?

Non stavo assolutamente capendo per quale motivo fossi sdraiata su qualcosa di morbido, perché stessi stringendo qualcosa di caldo e liscio e perché i miei occhi stessero facendo così fatica a vedere.

Migliaia di puntini di luce mi appannavano la vista come un televisore senza segnale e in quel momento non riuscivo proprio a ricordare cosa fosse successo solo pochi minuti prima.

Finalmente quei puntini iniziarono a sparire e avendo la testa rivolta verso l'alto la prima cosa che vidi fu il soffitto, bianco con qualche crepa che chissà da quanto tempo ornava quel colore.

Cercai di muovermi ma anche solo girare leggermente la testa mi provocò un fastidioso dolore al collo.

Capii di essere in infermeria e di star stringendo la mano di qualcuno, non appena mi resi conto che quella mano apparteneva a Sun la lasciai di scatto ignorando il freddo vuoto che provai subito dopo.

Sun e io ci guardammo negli occhi per un po', io la fulminavo con gli occhi come facevo sempre ma lei aveva uno sguardo diverso nei suoi. Mi osservava come se fosse preoccupata per me, nonostante sembrasse cercare di nasconderlo, di certo non mi aspettavo di venir guardata così dalla ragazza che solo il giorno prima aveva deciso di molestarmi...

...Molestarmi...

Improvvisamente tutto quello che era successo quella mattina mi tornò alla mente con sufficiente chiarezza da spaventarmi a morte.

Iniziai a respirare affannosamente senza alcun controllo.

«Ehy, Ehy, calmanti, ssssssh... sono qui.»

Sun iniziò ad allungare una mano verso di me per carezzarmi i capelli, ma prima che ci riuscisse gliela scacciai con uno schiaffo.

Mi misi a sedere mentre continuavo a respirare come se non riuscissi in nessun modo ad avere abbastanza ossigeno.

Portai le ginocchia al petto e appoggiai sopra di esse la fronte cercando di concentrarmi per riuscire ad ottenere di nuovo il controllo del mio corpo.

Sentii il materasso del lettino inclinarsi leggermente, segno che qualcun altro oltre a me si era seduto, ovviamente sapevo perfettamente di chi si trattasse.

Una mano calda iniziò ad accarezzarmi la testa e non so per quale motivo, ma più quel tocco leggero continuava più mi rilassavo.

Alla fine riuscii a riprendere il controllo, mi ero evitata un ennesimo attacco di panico grazie a una delle mani che solo il giorno prima mi aveva provocato un dolore molto simile a quello che stavo provando in quel momento.

Riportai il mio sguardo esausto su Sun che mi guardava inespressiva.

«Ti aspetti dei ringraziamenti adesso?» Chiesi con voce molto roca, capii di avere una sete tremenda.

«No, vorrei solo che mi spiegassi per quale cavolo di motivo mi sei svenuta addosso... E non provare a dirmi per un calo di pressione.»

«Per quale motivo dovrei spiegarlo a te?!» Le urlai contro.

Non ottenni nessuna risposta, Sun guardò verso il basso come a riflettere per trovare una buona motivazione.

«So che sei svenuta dopo aver letto il giornale di oggi... Non mi ci vorrà molto a capire da sola il perché ed è quello che cercherò di fare.»

Merda!

Porca puttana!

Cercai di tirarle un pugno ma debole com'ero non le ci volle niente ad intercettarlo. Mi bloccò la mano e restò ferma a guardarmi con determinazione finché non decisi di mollare il colpo.

Mi arresi. Tanto l'avrebbe scoperto comunque no? Esattamente come ormai lo sapevano tutti i miei compagni di classe.

Mi distesi con la schiena contro al muro ancora un po' indecisa, Sun mi sistemò addosso le coperte e iniziò ad accarezzarmi le gambe da sopra il tessuto, come per rassicurarmi, come se volesse dirmi che non mi avrebbe fatto del male.

Feci un respiro profondo.

«In prima pagina sul giornale c'è la foto di una donna, Mongrat Nari. È una criminale che è stata scarcerata oggi... Era dentro da dieci anni per rapimento e per... molestie su minori.» Respirai profondamente di nuovo.

Non avevo il coraggio di guardare la mia compagna distanza negli occhi, sicuramente c'era già arrivata da sola.

«Era la mia babysitter, quando avevo otto anni. I miei genitori non avevano il tempo di starmi dietro e lei veniva a casa nostra due volte a settimana per prendersi cura di me. Aveva vent'anni all'epoca, due anni in più di noi adesso, ci puoi credere?» Una risata nervosa lasciò le mie labbra ma non c'era nulla di divertente.

«La consideravo la mia migliore amica, insieme ci divertivamo un sacco. Veniva sempre con dei giocattoli nuovi e cucinava divinamente. Ma... c'era un gioco che facevamo. Un gioco di cui mi aveva fatto promettere di non parlarne mai con nessuno.»

Sun mi guardava intensamente, potevo percepirlo ma non avevo il coraggio di constatarlo. 

«Mi toccava, Sun, mi toccava ovunque, mi leccava...»

Mi viene da vomitare.

«Ma non mi faceva male, non mi piaceva ma a lei sembrava divertire così la lasciavo fare... non sapevo cosa significassero quei tocchi e come promesso non ne parlavo con nessuno.»

Non posso piangere, sono più forte adesso.

«È stata la mia babysitter per un anno, due volte a settimana e facevamo il gioco tutte le volte.
Un giorno mio padre tornò con una buona notizia, aveva trovato un nuovo impiego che gli permetteva di lavorare da casa, sarebbe quindi stato tutto il tempo con me e non avremmo più avuto bisogno della babysitter. Inutile dire che la cosa a lei non piacque per niente»

«L'ultimo giorno decise che non voleva più lasciarmi andare, poco prima dell'arrivo dei miei genitori mi fece salire in macchina dicendomi che mi avrebbe portato al centro commerciale a comprare dei giocattoli. Salii più che felice ma invece che per negozi mi portò in una casa che non avevo mai visto, non capivo cosa volesse fare ma mi fidavo di lei, perciò feci tutto ciò che mi disse. Mi sedetti su una sedia e lei mi legò. Quella volta... Mi fece davvero male.»

«Non sei obbligata a raccontarm-»

«Prima di toccarmi mi picchiò, pugni, calci... Poi mi strappò i vestiti di dosso ignorando le mie urla...»

Ci provai ma non riuscii a dire tutto ciò che mi fece.

«... Mi fece male, tanto male e... mi sentii così sporca.»

Iniziai a piangere non resistendo al dolore dei ricordi. Sun mi abbracciò ma per qualche motivo non mi faceva per nulla schifo il suo tocco come aveva fatto invece il giorno prima, mi lasciai consolare.

«Alla fine la polizia ci trovò, portarono via Mongrat e io tornai a casa. Non la rividi mai più. Ovviamente non partecipai ai processi e per i due mesi successivi non uscii di casa.»

Sun si allontanò di nuovo senza interrompermi.

«Il vero dolore però arrivò dopo. Il paese dove vivevo era piccolo, si conoscevano tutti e tutti sapevano sempre tutto. Dopo lo scandalo iniziale gli abitanti iniziarono a chiedersi perché non avessi parlato prima degli abusi... 'Perché ha nascosto per un anno una cosa del genere? Probabilmente in realtà le piaceva.'
I genitori hanno iniziato a proibire alle altre bambine del paese di giocare con me, perché temevano che avrei fatto loro qualcosa... Anche a qualche bambino è stato proibito, hanno iniziato a guardarmi come se fossi una depravata.
Sono caduta in depressione alla sola età di nove anni e se sono riuscita ad uscirne è stato solo grazie a Pharn che aveva deciso di non abbandonarmi. Ha passato tutta la sua infanzia con me anche a costo di perdere tutti gli altri suoi amici, mi ha insegnato a giocare a calcio e con i videogiochi, ha fatto veramente tanto per me.»

«Quando ha ottenuto una borsa di studio per questa scuola mi sono disperata, pensavo che sarei stata nuovamente allontanata e sono ricaduta nella depressione che mi aveva colpito da bambina. I miei si sono così tanto spaventati che hanno fatto molti sacrifici per riuscire a guadagnare abbastanza per iscrivermi alla stessa scuola di Pharn. È per questo che ora sono qui.»

Guardai finalmente Sun, mi teneva d'occhio con assoluta concentrazione, senza lasciar trasparire un minimo accenno di pietà che era tutto ciò in cui speravo.

Se c'era una cosa che odiavo era apparire debole agli occhi degl'altri. Per tutta la vita ho lottato per dimostrare che posso essere più forte di chiunque.

«La cosa peggiore è stata affrontare le occhiate di tutti senza sapere che cosa pensassero, senza sapere che cosa bisbigliassero alle mie spalle. È una condizione nella quale ho vissuto per tutta la vita, per questo quando sono arrivata qui non ho raccontato niente a nessuno, nemmeno a te. Non avrei mai voluto che si sapesse e ora...»

Quel giornale sarebbe stato la mia rovina, mi avrebbe rovinato la vita universitaria, vita che con tutto il cuore avrei sperato di passare come un'alunna normale per una volta e non come quella bambina folle che si è lasciata molestare per un anno.

«Quindi è per questo che odi i gay?» Mi chiese Sun seria, io annuii iniziando un po' a sentirmi in imbarazzo.

«Ciò che ti è successo è terrificante e disgustoso. Non ho alcuna intenzione di minimizzarlo. Ma non tutti i gay sono così, né le lesbiche e né nessun altro. Nessuna persona sana di mente farebbe una cosa del genere ed essere gay o meno non fa differenza.»

Sbuffai una risata per niente convinta.

«Sinceramente ieri mi è sembrato il contrario.»

Dopo quell'affermazione Sun sbiancò, per la prima volta si rese conto del perché io entrassi nel panico ogni qual volta che mi si avvicinava troppo. Riuscivo a vedere i sensi di colpa crescergli dentro.

«Ieri è stato uno sbaglio! Me ne pento amaramente, non l'avrei mai fatto se avessi...»

«Saputo che sono stata violentata? Perché? Se non fosse mai successo non te ne saresti pentita?»

Sun abbassò lo sguardo.

«N-no... non era quello...»

«Era perfettamente quello che volevi dire, ora per favore esci.»

Sun mi guardò infinitamente dispiaciuta ma non si mosse, io distolsi l'attenzione da lei non avendo alcuna voglia di mettermi ad urlare ancora per farla allontanare. 

Mi rimisi sotto le coperte intenzionata a  tornare a dormire per smettere di pensare a quella faccenda. Sentii il materasso sollevarsi solo qualche minuto dopo e la porta chiudersi con un leggero tonfo.

Se n'era andata.

***

Spero che la storia vi stia piacendo, fatemi pure sapere cosa ne pensate.😄 Se trovate degli errori per favore segnalatemeli così li correggo subito.🦋❤

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