Capitolo 17 (bonus: la fine di Tina e Sun ha voglia)
*🦋Ann-prima persona🦋
«Tina per caso ti ha fatto capire come sia entrata in contatto con Mongrat?»
Feci spallucce, era come minimo la decima domanda che quei due poliziotti mi rivolgevano senza suscitare in me alcun tipo di reazione.
Per la prima volta avevo deciso di testimoniare dopo gli innumerevoli richiami da parte della polizia, ai quali non avevo dato alcuna risposta per mesi. L'unica cosa che volevo era dimenticarmi il prima possibile di tutta quella faccenda e tornare a vivere la mia vita.
L'agente che mi aveva rivolto quella domanda sbuffò, sembrava starsi sforzando di non prendermi a pugni dalla rabbia.
«Capisco quanto l'argomento sia delicato per te, ma abbiamo bisogno di sapere quale sia la falla nel nostro sistema che ha permesso a quelle due di incontrarsi.»
A dire il vero avevo deciso di farmi sentire solo perché volevo avere la certezza che non avrei mai più avuto l'occasione di incontrare nessuna delle due.
Non volevo rivederle mai più, ma considerando il fatto che per uno stupro e rapimento Mongrat se l'era cavata solo con dieci anni non avevo tante speranze.
Osservai il secondo poliziotto che se ne stava semplicemente appoggiato contro il muro della stanza vuota, osservandomi con un'espressione indecifrabile.
Dev'essere il poliziotto cattivo.
«Allora?» Attirò di nuovo la mia attenzione quello che avrebbe dovuto essere invece quello buono.
«Non so come abbia fatto quella psicopatica a contattare la pedofila malata di mente, l'unico motivo per cui sono qui è sapere quale condanna abbiano ricevuto entrambe.» Dichiarai innervosita dalla sua insistenza.
«Se avessi partecipato al processo lo sapresti.» Commentò con una certa nota di sarcasmo il poliziotto cattivo.
Ricevette un'occhiata di fuoco sia da parte mia che da parte del suo collega.
«Mongrat ha avuto l'ergastolo.» Mi rispose finalmente il mio primo interlocutore.
«L'ha avuto per davvero questa volta?» Chiesi sbuffando una risata sarcastica.
«Porta rispetto ragazzina, non ti ha toccata e tu l'hai ridotta malissimo a forza di percosse.»
Avevo come l'impressione che il poliziotto cattivo parteggiasse per Mongrat, la cosa mi dava ai nervi e dovetti fare appello a tutti i consigli che Sun mi aveva dato allo scopo di mantenere l'autocontrollo per non farlo a pezzi.
Pensi che il manganello mi spaventi bastardo?
«Se non mi ha fatto niente è solo perché la mia ragazza era lì.» Risposi a braccia conserte sforzandomi di non alzare la voce.
«Ha violato la condizionale,» Continuò il poliziotto buono «violato l'ordinanza restrittiva e ti ha aggredita. Stai certa che faremo tutto ciò che è in nostro potere perché nessun avvocato si metta in mezzo questa volta.»
Annuii un po' più rilassata anche se non del tutto sicura delle sue parole.
«E Tina?»
Vidi i due scambiarsi un'occhiata nervosa, sembrava stessero decidendo chi dei due dovesse rispondermi e capii subito che la risposta non mi sarebbe piaciuta.
«La sua famiglia deve un grande risarcimento alla tua ed è stata internata in questo ospedale psichiatrico per recuperare la sua sanità mentale.»
Aspetta cosa?
Li guardai malissimo, Tina si trovava nella stessa struttura dove eravamo noi in quel momento?
Quel colloquio, o meglio interrogatorio, infatti, non era avvenuto all'interno di una caserma ma in un ospedale psichiatrico di un paese vicino all'università che frequentavo.
Ero rimasta stranita da quel luogo d'incontro ma non avevo insistito nel fare domande, volevo solo cavarmela il prima possibile.
«Perché mi avete convocato qui?» Chiesi con rabbia stringendo i pugni sotto il tavolo.
«La sua psicologa dice che Tina ha iniziato a raffigurarti come una specie di demone venuto per distruggere la sua mente» ricevetti come risposta «secondo lei se ti vedesse di persona riuscirebbe a tornare in contatto con la realtà e ad andare avanti.»
Mi porsi in avanti socchiudendo gli occhi per sfoggiare un perfetto sguardo truce rivolto ai due poliziotti.
«Perché dovrei fare un favore a quella bastarda?»
«Perché è un favore che faresti a te stessa» Rispose il poliziotto cattivo staccandosi dal muro e avvicinandosi per restituirmi l'occhiataccia «pensi che Tina resterà chiusa qui dentro per sempre? Prima o poi verrà rilasciata e potrebbe venire a cercarti per ucciderti se non provi a renderti utile adesso.»
Il mio odio per i due agenti aumentava ogni secondo di più, specialmente nei confronti di quello cattivo. Gli sguardi che ci stavamo scambiando sembravano quelli di due leoni che cercavano di stabilire chi dei due si meritasse la supremazia.
Alla fine fui io ad arrendermi e sbuffando distolsi lo sguardo per prima.
Aveva ragione, dovevo riconoscere la sconfitta.
«Solo per questa volta.»
Mi alzai e accompagnata dai due mi feci portare fuori da quella stanza spoglia usata per l'interrogatorio.
Mi lasciai guidare per i corridoi dipinti di bianco con qualche raro fiore scolorito a decorarli, l'ambiente emanava un'aura di tristezza ed abbandono. Quei dettagli che avrebbero dovuto aiutare con l'accoglienza in realtà rendevano il tutto ancora più demoralizzante.
Alla fine arrivammo in una specie di atrio dove delle sedie disordinate occupavano lo spazio, alcuni pazienti vestiti di bianco facevano avanti e indietro senza uno scopo preciso, mi salutavano con un enorme sorriso innocente e perso.
Un ragazzo che sembrava della mia età all'improvviso si mise a urlare e attraversò la stanza di corsa seguito da due dottori che tentarono di recuperarlo.
Questo posto è da brividi.
I due poliziotti che mi camminavano davanti indicarono un punto alla mia destra e seguendo quella direzione mi resi conto all'improvviso che quella stanza era più grande di quanto avessi immaginato.
Molto vicino a me si estendeva un muro di vetro molto spesso il quale divideva a metà la stanza, probabilmente per separare i pazienti più innocui da quelli più pericolosi
Guardai attraverso il vetro e seduta ad un tavolo poco distante finalmente la vidi.
Tina indossava un completo completamente bianco, aveva i capelli disordinati e il colore della sua tinta caratteristica sembrava essersi sbiadito da tempo.
Le guance avevano già cominciato a incavarsi e la pelle aveva preso una tonalità malaticcia che non le donava per niente.
Con espressione annoiata si dondolava sulla sedia guardandosi intorno mentre quella che doveva essere la sua psicologa tentava di farsi ascoltare seduta davanti a lei.
I suoi occhi vaganti e circondati da occhiaie profonde si posarono su di me dopo pochi istanti spingendola a fermare ognuno di quei suoi strani movimenti per concentrarsi su di me.
Si alzò di scatto e corse verso il vetro nella mia direzione con una tale velocità che la sua psicologa non riuscì neanche a provare a fermarla.
Mi ritrovai all'improvviso faccia a faccia con Tina, potei confutare che si fosse anche alzata di qualche centimetro in quei mesi.
La guardai con disprezzo. Non mi faceva nessuna paura, nonostante sembrasse starci provando con tutte le sue forze con quegli occhi spalancati in un'espressione folle.
Appoggiò le mani davanti al vetro proprio di fronte a me, eravamo separate soltanto da quei pochi centimetri di superficie trasparente che mi consentiva di guardarla chiaramente e in tutta sicurezza.
«Tu mi hai rovinato la vita.» Mi accusò in tono roco con un sorriso folle da orecchio a orecchio.
Nei suoi occhi c'era sete di vendetta, mi rifiutavo di avere paura di lei. Sun mi aveva aiutato tantissimo in quei mesi ad affrontare le mie paure ina maniera sana.
«Te la sei rovinata da sola.» Risposi semplicemente, non sentendo il bisogno di aggiungere altro.
Tina sbatté entrambe le mani sul vetro causando un forte rumore all'impatto che spaventò tutti i pazienti presenti che cominciarono a correre all'impazzata urlando, dottori e poliziotti cercarono di recuperarli per farli calmare.
Solo in quel momento le guardie si decisero ad intervenire afferrando Tina per le braccia e allontanandola sotto le sue selvagge proteste.
Quella ragazza era andata completamente fuori di testa.
«Sono stata utile?» Chiesi provocante al poliziotto cattivo.
Finalmente potei uscire da quel posto di merda e una volta fuori all'aria aperta mi venne un forte desiderio di fumare una sigaretta.
Sì, dopo l'aggressione avevo preso a fumare. Il fumo mi aiutava a diminuire lo stress, cosa di cui né Sun né Pharn erano felici, ma per il momento non mi rompevano le scatole sull'argomento.
Controllai di aver almeno un accendino in tasca e sorrisi sentendo l'oggetto metallico a contatto con le dita, non riuscii nemmeno a sfiorare il pacchetto di sigarette che tenevo nella borsa che un clacson mi trapanò i timpani.
Mi voltai spaventata dal forte rumore e nella mia visuale entrò Sun con un sorriso raggiante d'incoraggiamento appoggiata alla sua macchina che sembrava ancora nuova di zecca, tranne che per un piccolo graffio sulla fiancata sinistra.
Sun aveva provato a farmela guidare, esperienza che si ripromise di non ripetere mai più.
«Ciao bellezza!» Mi salutò in modo fin troppo caotico per poi cominciare a fischiare nella mia direzione imitando un maniaco qualunque.
Scossi la testa con un sorriso imbarazzato ma felice, la raggiunsi e una volta che fui abbastanza vicina la baciai a stampo per zittirla.
Lei mi prese per i fianchi e mi avvicinò maggiormente, il contatto fisico con non era più un problema per me e la cosa aveva facilitato di gran lunga la nostra relazione cominciata nel più strano dei modi.
«Andiamo?»
«Sì»
Salimmo entrambe in macchina e iniziammo il nostro viaggio di ritorno a scuola.
Sun volle essere informata su com'era andata il mio poco atteso incontro con la polizia e io le raccontai in breve tutto. Non mi dilungai troppo, non volevo che quella giornata diventasse ancora più stressante di quanto già non fosse.
«Comunque, dato che sono venuta volentieri alla finale di calcio della scuola e sono rimasta fino alla fine nonostante tu mi abbia umiliata perdendo...»
Mi voltai offesa verso di lei.
«Quelli di architettura erano dei mostri! Gli ho permesso un solo goal e se i miei compagni non sono riusciti a recuperare è stato solo perché quegli stronzi sono dei fottuti giganti! O non sono del primo anno o prendono steroidi te lo dico io.» Protestai.
«Stavo dicendo... ti degnerai di venire alla finale della gara tra band questa sera?»
Rimasi stupita. Dopo il primo turno non ero più andata ad assistere alla gara di musica a cui Sun teneva tanto, la cosa mi faceva sentire tremendamente in colpa ogni volta che entravamo nell'argomento.
Feci incrociare le mie dita con le sue, impegnate a stringere il cambio con fermezza.
«Mi dispiace di non essere venuta alla semifinale.» Piagnucolai.
«Non ti preoccupare, ci odiavamo ricordi?»
E come dimenticarlo?
Finalmente arrivammo a scuola e immediatamente ci precipitammo nella nostra stanza.
Le pareti erano ormai spoglie, liberate da tutte le foto che c'eravamo scattate per quella storia del giornalino scolastico e che alla fine avevamo deciso di appendere alle mura.
I letti erano sfatti, coperte e cuscini si trovavano perfettamente sistemati nella parte finale dei materassi e ai piedi si trovavano due grandi valigie colme di tutte le nostre cose.
I bagagli non erano stati preparati in occasione della fine dell'anno scolastico, ma per il fatto che da un po' di tempo io e Sun avevamo deciso di condividere un appartamento fuori dalla scuola e dopo varie ricerche l'avevamo finalmente trovato.
Sun mi prese per mano e mi trascinò verso il suo letto costringendomi a sedermi sulle sue gambe.
«Dimmi quella cosa che mi piace tanto.» Disse con tono romantico, abbracciandomi con quegli occhi da cucciolo che avevo imparato ad odiare.
La guardai con un cipiglio innervosito. Odiavo dire quella cosa.
Sì, il fatto che a lei divertisse tutto ciò che a me infastidiva non era cambiato.
«Andiamo, ho bisogno di ricaricarmi per questa sera!»
Sbuffai alzando gli occhi al cielo.
«..Sono la mogliettina di casa che ti ama tanto.»
Che fastidio.
Sun scoppiò a ridere e prese a baciarmi tutto il viso e il collo per tranquillizzarmi, riuscendo dopo qualche mio lamento nel suo intento.
Arrivò alle mie labbra e ci scambiammo un bacio bagnato colmo d'amore che approfondimmo fino a sdraiarci entrambe sul letto perse l'una negli occhi dell'altra.
«Non vedo l'ora di inaugurare l'appartamento questa sera.» Disse Sun facendomi l'occhiolino.
La guardai stranita non capendo cosa volesse dire con quella frase.
«Che intendi?» Le chiesi ridendo, pensavo fosse uno scherzo che solo lei era in grado di capire.
«Beh... finalmente saremo da sole, senza vicini che si incazzino per ogni singolo rumore, e stavo pensando di farne parecchio questa notte.»
Sesso Ann, è questo che sta dicendo.
«Ah.»
Aiuto.
Sun riprese a baciarmi dolcemente.
«Non vedo l'ora.»
«Mmh... anch'io» Mentii ridendo nervosamente.
Le mie doti attoriali avevano ancora l'effetto che speravo su di lei e non dubitò di quella mia piccola bugia.
Sun si alzò di scatto, prese in mano la chitarra e quasi fuggì fuori dalla stanza.
«Sono in ritardo per le prove devo scappare, questa sera ti vendicherò battendo la band di architettura.» Mi promise.
«Ci conto!» Le urlai anche se lei era già sparita nel corridoio.
Mi sdraiai sul letto privo di coperte più preoccupata che mai e afferrai il telefono per chiamare il mio migliore amico.
«Pharn!»
«Che vuoi?» Chiese dall'altro lato il mio migliore amico con tono malinconico, sembrava sull'orlo del pianto.
«Cristo abbiamo perso la partita, fattene una ragione!»
«Era la nostra prima gara! Doveva essere perfetta!»
Sbuffai.
«Senti, esci fuori dal tuo buco di stanza e vieni al bar della scuola, ho un problema.»
«Che novità.»
Odio quando fa il sarcastico.
Mezz'ora dopo io e Pharn sorseggiavamo un O-Liang al bar con un inquietante cameriere che ci teneva d'occhio come se volesse entrare a tutti i costi nella nostra conversazione.
Inquietante.
«Allora? Qual è questo problema?» Mi chiese Pharn con gli occhi rossi e ancora lucidi da un precedente pianto.
Alzai gli occhi al cielo nel vederlo così, sapeva essere davvero infantile a volte. Potevo sembrare insensibile ma erano già tre giorni di fila che si disperava per lo stesso motivo.
«Si tratta di Sun.»
«Ma non mi dire.»
Gli regali un dito medio che lui apprezzò talmente tanto da restituirmelo con un sorriso.
«Ecco... mi ha... fatto capire una cosa.»
«Smettila di girarci intorno.»
«Okay... sai che questa sera ci trasferiamo nel nuovo appartamento giusto?» Pharn annuì. «Ecco lo vuole inaugurare.»
Pharn sputò parte della bevanda sul tavolino quasi soffocandosi per le risate.
«Questo sarebbe il problema? Ann, è la tua fidanzata!» Quasi urlò senza smettere di ridere.
«Lo so! Ma io non ho mai fatto sesso con una ragazza. Non so cosa fare... fa male?» Chiesi influenzata dalla mia brutta esperienza passata.
«Sicuramente non fa più male del sesso con un ragazzo.» Rispose Pharn pulendosi la bocca con un tovagliolo.
«Hai mai guardato un porno lesbo?» Chiesi in un sussurro, imbarazzata dall'idea che quel cameriere impiccione potesse sentirmi.
«No.»
Lo guardai con un cipiglio che lasciava intendere il fatto che non ci credessi neanche un po'.
«Ti giuro no.»
«Dovevo proprio trovarmi l'unico amico al mondo che non guarda porno tra lesbiche.»
«Hey, scusami se non vi feticizzo stronza.»
Gli feci una linguaccia in tutta risposta.
Non sapevo cosa fare. Non credevo che Sun si aspettasse chissà quale performance da parte mia ma non volevo neanche risultare troppo impacciata e rischiare così di fare una figura di merda.
Non avevo nessun tipo di esperienza e non volevo provare così a cielo aperto a vedere un porno da usare come tutorial, inoltre guardarlo con Pharn sarebbe stato troppo imbarazzante anche per noi.
«Sapete chi vi può aiutare?»
Io e Pharn ci voltammo in contemporanea sicuri di aver fatto entrambi un piccolo infarto.
Ad averci parlato era stato il cameriere.
Lo sapevo che stava ascoltando la nostra conversazione fin dall'inizio.
«La ragazza di medicina che è stata messa in stanza con la studentessa di scienze motorie.»
Il cameriere si era seduto al nostro tavolo recuperando una sedia poco distante.
«Stanno insieme da un po', ma penso che odino te e Sun da quando avete rubato loro il titolo di coppia più bella del campus. Non so quanto sarebbero felici di aiutarvi.»
Io e Pharn ci guardammo sconcertati, confusi da quell'improvvisa intrusione.
«Come fai a sapere tutte queste cose?» Gli chiese il mio migliore amico.
«La gente parla parecchio davanti a una tazza di caffè.»
Detto ciò il cameriere si dileguò con un sorriso da furbetto.
Io e Pharn consumammo le nostre ordinazioni velocemente, inquieti e intimoriti dalle possibili informazioni che quell'uomo potesse avere anche su di noi. Pagammo e ci dirigemmo nel dormitorio di medicina.
Dimenticarsi di quella studentessa alta e muscolosa era praticamente impossibile, così come la sua stanza davanti alla quale ci trovammo guardandola come se fosse un muro insormontabile.
«Bussa tu.»
«Sei matto? Voglio vivere.»
«È a te che serve un consiglio.»
Sbuffando nervosamente mi decisi a fare io un passo avanti, bussando con mano tremante.
Ad aprirci fu sempre la stessa studentessa dell'ultima volta, indossava gli stessi vestiti che ricordavo. Non appena si rese conto di chi fossi iniziò a guardarci minacciosamente.
Stavo per dire qualcosa quando una maglietta sconosciuta apparve dal nulla finendo sulla testa della ragazza troppo cresciuta.
«Non voglio vederti mai più!»
Ad urlare quella frase fu una ragazza dai capelli corti che sembrava un chiwawa incazzato, non ci degnò neanche di uno sguardo e con la forza di un criceto fece spostare la sua compagna di stanza per poi uscire con due valigie.
Ero più che sicura che quel metro e ottanta di ragazza si fosse scostata di proposito, più perché anche lei ci teneva a non rivederla più probabilmente.
Forse è meglio venire più tardi.
«Entrate.» Sbuffò la ragazza togliendosi la maglietta dalla testa.
Io e Pharn entrammo, più perché temevamo di venir mangiati vivi se ci fossimo opposti.
La ragazza si presentò con il nome di Vahan e ci fece sedere sul letto di quella che ormai era la sua ex compagna di stanza.
«Ci siamo lasciate.» Spiegò Vahan sembrando non molto interessata alla cosa.
«Come mai?» Chiesi in un tentativo goffo di iniziare una conversazione.
«L'ho tradita.»
«Ah.»
Esprimere la mia intolleranza verso un comportamento così vergognoso non mi sembrava una buona idea in quel momento.
«Cosa siete venuti a fare?» Ci chiese.
«Ho bisogno di un consiglio.» Risposi io.
«Dimmi.»
«Ecco... questa sera io e la mia fidanzata abbiamo programmato di fare sesso, il fatto è che io non l'ho mai fatto con una ragazza e volevo chiedere a qualcuno con più esperienza... come fare?» Chiesi con tono incerto.
Domandare una cosa del genere ad una sconosciuta suonava ridicolo anche alle mie orecchie, specialmente sentendomelo dire a voce alta.
Vidi sul viso di Vahan distendersi un sorriso divertito che si trasformò velocemente in un ghigno malizioso.
«Vuoi una dimostrazione pratica?»
Pharn tossì per nascondere lo scoppio di risa e io divenni rossa come un peperone a quella proposta indecente.
«Cosa? No! A voce, va bene se me lo spieghi a voce.»
Vahan si mise a ridere vedendo la mia reazione imbarazzata.
Per il resto della conversazione parlò solo lei, dilungandosi in una spiegazione ampia e dettagliata su come fare sesso essendo due donne.
L'imbarazzo in me venne sostituito dalla curiosità mentre ad ogni parola quello di Pharn aumentava. A un tratto si mise pure a guardare il telefono fingendo di non ascoltare.
Vahan era davvero un'esperta sull'argomento, doveva aver fatto sesso con tutte le ragazze della scuola per saperne così tanto.
Mi parlò di tutte le posizioni più piacevoli e cercò anche di farmele vedere utilizzando il suo cuscino.
A raccontarla la situazione doveva essere davvero ridicola, ma io ero così rapita dalle sue spiegazioni che quasi desideravo prendere appunti.
Pharn si sforzava di non scoppiare a ridere nuovamente, più per paura di ritrovarsi la faccia spaccata da quella ragazza insolitamente muscolosa.
Dopo due ore io e il mio migliore amico uscimmo, ma prima di chiuderci la porta alle spalle sentii un forte schiaffo schiantarsi contro il mio culo.
«Vai e conquista tigre.» Mi disse Vahan a mo' di incoraggiamento.
«E comunque sappi che sono bisex.» Concluse facendo un occhiolino verso Pharn e sparì nella sua stanza.
Pharn mi guardò sconvolto, io ricambiai quello sguardo ma il mio mutò velocemente in un'espressione sofferente e iniziai pure a lacrimare. Mi inginocchiai a terra tenendo la natica colpita.
«Ahia.» Sussurrai.
Pharn sentiva il bisogno di fuggire dal dormitorio di scienze motorie il prima possibile, specialmente dopo che altri studenti del corso, alti come giganti, ci passarono di fianco scrutandoci dall'alto.
Mi riaccompagnò in stanza portandomi in spalla.
La sera arrivò e io disfai in parte la mia valigia per recuperare trucchi e vestiti.
Volevo essere la ragazza più bella della scuola per la gara, ma non mi dilungherò troppo a parlarvi del mio vestito. Pensate all'outfit più bello che riuscite ad immaginare, ecco, indossavo quello.
Uscii dalla mia camera con una sicurezza in me stessa che credevo di aver perso insieme alla partita e raggiunsi Pharn al piano terra del dormitorio.
Andammo in mensa insieme e come la prima volta tutti erano vestiti in maniera impeccabile. Raggiungemmo Tul e gli altri membri della squadra i quali si stavano perdendo tra la folla già mezzi ubriachi.
«Ciao Tul!»
«...»
Ah già, non mi parla più da quando ho permesso a quel pallone di entrare in porta.
Offesa presi ad ignorarlo anche io e cominciai già da subito a bere una birra.
La gara iniziò.
Sempre il solito presentatore iniziò a fare il suo discorso costruito presentando i membri della giuria e fomentando il pubblico, quella volta dovetti ammettere che coinvolse anche me.
Una alla volta le band si esibirono e mentre tutti i miei amici attendevano impazienti quella d'ingegneria, io col cuore a mille non vedevo l'ora di vedere Sun salire su quel palco.
Arrivò il turno di medicina e la mia ragazza venne investita dai riflettori.
Il pubblico era in estasi, urlava e applaudiva come se fossero ad un vero concerto e quelle attenzioni da parte di tutte quelle fangirl mi stavano facendo ingelosire.
Dopo pochi secondi, non sentendo la musica partire, il pubblico si ammutolì.
Guardai Sun, era nervosa, lo si poteva capire da quel modo di guardarsi intorno come se cercasse un punto fermo per mantenere la calma.
I suoi compagni cercarono di calmarla con sguardi d'intesa ma lei non rispondeva.
Merda... cosa mi tocca fare.
Fischiai con tutto il fiato che avevo nei polmoni attirando l'attenzione di chiunque su di me, anche quella dell'amore della mia vita.
«LA MOGLIETTINA DI CASA TI AMA TANTO!» Urlai quando fui sicura che i suoi occhi fossero fissi su di me.
Che figura di merda.
Tutti i presenti rimasero confusi da quella mia frase apparentemente senza senso e qualcuno si mise a ridere. Nessuno rise più forte, però, di Sun che si piegò letteralmente in due davanti al microfono per cercare di calmarsi.
«Okay, okay... iniziamo!» Disse divertita.
La musica partì e rimasi un po' delusa dal fatto che non si trattasse della canzone che Sun con tanto impegno stava componendo dall'inizio dell'anno. Pensavo volesse esibirla in tempo per il finale.
La canzone che avevano scelto per quella sera era Teeth dei Five Seconds of Summer, un po' diversa dal loro stile ma mi resi conto che descriveva la nostra relazione alla perfezione.
Cantò per tutto il tempo guardandomi negli occhi, ero diventata il suo punto fermo.
«Call me in the morning to apologize.
Every little lies give me butterflies.
Something in the way you're looking through my eyes.
Don't know if I'm gonna make it out alive.
...
Fight so dirty but your love so sweet.
Talk so pretty but your heart got teeth.
Late night devil put your hand on me.
And never never ever let go.»
Non pensavo mi vedesse come una sorta di bipolare ma potevo accettarlo, il nostro amore non era di certo molto comune.
Ovviamente la gara la vinsero loro e anche se i miei compagni di squadra rimasero delusi ancora una volta, non appena ne ebbi la possibilità saltai tra le braccia di Sun davanti a tutti abbracciandola come se non la vedessi da una vita.
Aveva vinto, ero così fiera di lei. Le diedi un bacio per farle le mie congratulazioni e anche un po' per far capire alle sue fan che era già impegnata.
La serata continuò come una festa in discoteca e ci divertimmo da matti dimenticandoci delle sconfitte subite quell'anno.
Fu tutto perfetto ed io ero così felice, non ricordavo si potesse stare così bene.
Erano ormai le tre di notte quando arrivammo nel nostro appartamento, ancora immacolato come la prima volta che l'avevamo visto ma non sarebbe rimasto così tanto a lungo.
La nostra prima tappa fu il letto matrimoniale al centro della camera da letto.
«La mia mogliettina di casa.» canticchiò Sun prendendomi in giro.
«Smettila.» La minacciai.
«Ti amo.»
«Anch'io.»
Non perdemmo altro tempo e cominciammo a spogliarci rimanendo in intimo, ci stendemmo sul letto e Sun si mise sopra di me come una leonessa che aveva appena atterrato una gazzella alla quale puntava da giorni.
«So che è la tua prima volta quindi non ti preoccupare, questa notte faccio tutto io.»
«Te lo scordi.»
Detto ciò mi feci forza con le braccia e la spinsi a sdraiarsi sotto di me. Anche se ero nervosa la guardai maliziosamente ma la mia autostima stava iniziando a vacillare, non sapevo dove mettere le mani.
«Oh tesoro, tu non hai capito.» Con un colpo di fianchi mi ritrovai di nuovo con la schiena contro il materasso e Sun davanti agli occhi a troneggiare su di me «Sono io quella che sta sopra.»
Alla fine feci come mi aveva chiesto e la lasciai fare. Vahan sarebbe rimasta molto delusa da me una volta saputo, la tigre non aveva funzionato.
Sun mi tolse il reggiseno e iniziò a baciarmi per tutto il corpo.
«Hai paura?»
«Di te? Mai.»
***
...Mi dispiace, è più forte di me non ce la faccio a scrivere smut! Troppo imbarazzo scusate.😂 Il prossimo capitolo bonus non arriverà domani, devo ancora scriverlo e voglio che sia divertente come questo, voi aspettatelo con ansia. Sarà molto interessante.🥰🦋❤
Per questo capitolo ho cercato di riprendere dei dettagli e personaggi che avevo lasciato sparsi per la storia, li avete trovati tutti?❤
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