Capitolo 10
*🦋Ann-prima persona🦋
La mattina dopo il risveglio non fu affatto piacevole. Mi alzai molto prima che la sveglia iniziasse a suonare, anzi a dire la verità non avevo chiuso occhio per tutta la notte.
La litigata che avevo avuto la sera prima con Sun non faceva che ripetersi nella mia mente in continuazione, le sue risposte insieme alla sua espressione convinta e a tratti esasperata. Si vedeva come tentasse disperatamente di farmi cambiare idea riguardo alle persone come lei.
Cambiare idea sui gay per me era assolutamente inconcepibile, come potevo dopo averli odiati per tutta la mia vita trattarli all'improvviso come fossero persone normali, solo perché una di loro mi chiedeva di farlo? Anche dopo avermi pure dimostrato di non sbagliarmi sul suo conto.
Come, in fondo, avevo previsto, Sun non tornò a dormire la notte e nonostante fosse quello che le avevo chiesto di fare, avevo la strana sensazione che potesse esserle successo qualcosa di brutto.
Alla fine, anche se controvoglia, decisi di alzarmi e provare ad andare a cercarla.
Quel giorno era sabato e non ci sarebbero state lezioni, verso sera avrei avuto soltanto gli allenamenti ma per il resto del tempo ero libera.
Mi lavai, vestii e truccai, dopo di che uscii dalla stanza e cominciai ad incamminarmi tra i corridoi guardandomi intorno.
Sapevo che non avrebbe dovuto interessarmi che fine avesse fatto Sun, ma non riuscivo in nessun modo a frenare quella vocina nella mia testa che voleva mi assicurassi stesse bene.
Sperai di trovarla il prima possibile, non avevo nessuna voglia di girare tutta l'università alla ricerca di una lesbica del cazzo affogata nei suoi sensi di colpa e nella sua disperazione.
Troppo brutale? Forse.
Forse avrei dovuto iniziare a fare uno sforzo, provare a considerare lei e tutti i gay come fossero uguali a chiunque altro. Se c'era qualcosa della quale non potevo darle torto era che la società di oggi mi avrebbe mangiata viva se avesse scoperto il mio odio verso i gay.
Forse avrei dovuto iniziare a sopportarli, magari tollerarli... Ma guai a loro se si fossero avvicinati troppo.
A piccoli passi Ann, a piccoli passi.
Il primo posto dove andai a cercare Sun fu l'aula comune degli studenti d'ingegneria, anche se era una studentessa di medicina il fatto che condividessimo la stanza e che vivesse nel nostro dormitorio le aveva permesso anche di frequentare la nostra aula comune, io inizialmente ne fui indignata.
Nella stanza non c'era traccia di lei ma con sorpresa notai alcuni miei compagni di corso.
Di solito nel weekend i ragazzi preferivano tornare dalle loro famiglie e passare il tempo con gli amici che avevano all'infuori della scuola, per questo mi stupii nel vederli.
Sbuffando mi avvicinai, ero felice di vedere che non ero rimasta sola ma comunque non avevo tempo per fermarmi a chiacchierare.
«Ciao ragazzi.» Li salutai svogliatamente senza però ricevere alcuna risposta.
Stranita mi sedetti sul divanetto dove stavano anche loro e potei notare senza problemi che stavano facendo di tutto pur di evitare il mio sguardo confuso.
«Sentite... per caso avete visto Sun da qualche parte? La sto cercando.»
Ancora nessuna risposta, quel silenzio mi tormentava ma forse volevano solo prendermi in giro.
Pensando che stessero scherzando spintonai ridendo quello più vicino a me (credo si chiamasse John) per costringerlo a darmi attenzioni.
«Andiamo, ho bisogno di una manoo...» Tentai perfino di fare la carina.
Non tutti avevano avuto la possibilità di vedermi così, avrebbero dovuto sentirsi onorati.
Tuttavia al contrario delle mie aspettative il mio compagno di corso mi scostò bruscamente come se fosse stato appena toccato da qualcosa di disgustoso.
«Scusa Ann ma non ti consiglio di starmi così vicino, non vorrai infettarti.»
Confusa lo guardai con un cipiglio interrogativo, aspettandomi una spiegazione per una frase del genere.
«Ho un cugino gay che mi è venuto a trovare proprio oggi» mi indicò il ragazzo in piedi di fronte a noi, non aveva per niente l'aria di essere frocio «probabilmente mi ha già infettato con i suoi germi, non vorrei che finissi come me.»
Lui e gli altri tre ragazzi presenti si allontanarono fino ad uscire dalla stanza lasciandomi lì come un'idiota.
Cos'è appena successo?
Non riuscivo davvero a capire per quale motivo quel ragazzo si fosse comportato in quel modo, come aveva fatto a sapere che non mi piacciono i gay?
Ricordai di aver parlato con lui diverse volte durante le lezioni e che fosse venuto anche a vedere qualche mio allenamento tranquillamente.
Qualcuno doveva avergli rivelato il mio odio di recente e non era difficile capire di chi si potesse trattare. Un motivo in più per trovare quella vigliacca di Sun.
Mi alzai dal divano e innervosita uscii dalla stanza anch'io, non potevo davvero credere al fatto che Sun fosse stata così meschina da rivelare quel piccolo segreto a tutti... Voleva che mi odiassero, era l'unica spiegazione plausibile. Voleva farmela pagare per averla abbandonata al ristorante e per averla costretta a dormire fuori.
Man mano che superai corridoi e stanze notai altri studenti rivolgermi occhiatacce di puro odio, molti di loro non erano neanche del corso di ingegneria.
L'ha fatto sapere a tutta la scuola?
Non ebbi il tempo di ragionarci sopra poiché mi ritrovai con la faccia a terra dopo aver subito uno sgambetto da parte di qualcuno che mi fece cadere rovinosamente.
Quando mi rialzai notai di essermi sbucciata un ginocchio dal quale iniziò ad uscire un po' di sangue, ma nulla di grave (per quel sabato avevo deciso di indossare dei pantaloncini).
Mi voltai furiosa e vidi un gruppetto di tre ragazzine ridacchiare tra di loro mentre si allontanavano, dovevano essere state loro a farmi cadere.
«Hey! Non avete intenzione di chiedermi scusa?»
Quella che tra di loro doveva essere il capetto si voltò verso di me ghignando.
«Nessuno pensa che una bigotta come te si meriti delle scuse.» Detto ciò si allontanarono praticamente sculettando.
Puttane... e queste da dove escono?
Decisi di lasciar perdere e continuare le mie ricerche, sarebbe stata Sun a fornirmi delle spiegazioni.
Girai letteralmente tutto l'istituto senza che nessuno si rese disponibile a darmi una mano. Non trovai da nessuna parte nemmeno Pharn e marciando da una zona all'altra ricevetti altri sgambetti e spintoni che a detta della gente furono "involontari".
Finalmente scorsi una chioma di capelli neri con un'unica ciocca bianca, il tratto distintivo della mia compagna di stanza.
Era seduta su una panchina vicino all'entrata della scuola, all'aperto nel giardino. Aveva il viso chino su una rivista che teneva tra le sue mani e concentrata com'era a leggerla non si accorse del mio avvicinarmi.
Per come era conciata Sun sembrava essersi appena alzata dal letto, aveva i capelli in disordine e ancora indosso la divisa scolastica stropicciata con i bottoni allacciati scorrettamente.
Feci un colpo di tosse per attirare la sua attenzione.
«Hai idea...»
«Sh!»
Strabuzzai gli occhi alla sua insolenza.
«Tu che fai "sh" a me?! Hai idea di quanto ci ho messo a trovarti? E non credere che l'abbia fatto perché non vedessi l'ora di rivederti, anzi, preparati a essere presa a pungi perché non la passerai liscia dopo aver raccontato il mio odio per la tua specie a tutti!»
Mi rimboccai le maniche per rendere più chiaro il concetto ma non ebbi il tempo di fare neanche una mossa che Sun mi spiaccicò in faccia la copertina della rivista che stava leggendo.
«Non sono stata io a sputtanarti.»
Infastidita presi in mano la rivista e rimasi sconvolta dalla prima immagine in copertina: ero io, più precisamente era la foto di me che spintonavo brutalmente Tina.
È stato ieri, quando quella viscida mi ha toccato il culo.
Furiosa nel ricordarlo strinsi i pugni stropicciando leggermente le pagine della rivista.
Il titolo riportava la scritta:
"L'omofobia del mondo del calcio non risparmia neanche l'unica ragazza della squadra di ingegneria".
Il resto dell'articolo non faceva che parlare di quanto io, Anna Ribaldi del corso di ingegneria, fossi stata aggressiva e avessi addirittura colpito una povera ragazza solo perché lesbica. Concludendo con un insieme di frasi fatte per tentare di sensibilizzare la gente sull'argomento, facendomi apparire ancora di più come un mostro.
Mi ricordai dei due ragazzini che il giorno prima mi avevano intervistato, Raylai e Virote, probabilmente avevano scritto loro l'articolo. Doveva essere stato tutto un piano di quella Tina per farmi affondare.
«Mi ha toccata! Io l'ho solo spinta via, non l'ho nemmeno picchiata.»
Sun mi guardò corrucciata, non sembrava credermi.
«L'articolo dice che hanno dovuti trattenerti per impedirti di farlo.»
Non ascoltandola iniziai a fare avanti e indietro pensando a come poter uscire da quel guaio, sbuffando e maledicendo in tutte le lingue del mondo quella nana stronza.
«Non capisco per quale motivo tu ce l'abbia così tanto con lei.»
«Non sono io ad avercela con lei! È lei che mi tormenta con la sua gayaggine!»
Sun alzò gli occhi al cielo, si vedeva lontano un miglio che non credeva ad una sola parola.
Dopotutto quella nana era praticamente la sua ragazza, per quale motivo avrebbe dovuto dar retta a una come me invece che a una che forse le piaceva? Al solo pensiero mi vennero i brividi per il disgusto immaginandomele insieme.
All'improvviso vidi il viso di Sun circondarsi di un'aria compiaciuta, un ghigno che non prometteva nulla di buono iniziò a incorniciarle il viso malefico.
«Ho un piano per farti uscire da questa merda, tuttavia non ti piacerà per niente dolcezza.»
A quel nomignolo la guardai storto, facendole capire che se avesse osato dire qualcos'altro di simile si sarebbe ritrovata la testa incastrata nel cestino che stava a pochi passi da noi.
«Di che si tratta?» Chiesi cercando di mantenere la calma.
«Te lo dirò se mi prometti di perdonarmi per ciò che è successo il giorno della gara.»
Ecco, lo sapevo che c'era la fregatura.
La guardai con odio e tra rabbia e frustrazione ci pensai in silenzio per almeno dieci minuti.
«E va bene! Se il piano funzionerà ti perdonerò.»
A piccoli passi giusto?
«Faremo finta di essere fidanzate e diremo a tutti che ti sei comportata così perché ancora non eri in grado di accettarti.»
Nope.
Mi voltai ed iniziai ad incamminarmi dentro l'istituto, forse a Pharn sarebbe venuta in mente un'idea decente, ma dov'era finito?
«Dove stai andando? Guarda che il mio è un piano geniale!» Mi urlò dietro Sun per poi tentare di raggiungermi.
«Non ho intenzione di ascoltarti finché dici cose senza senso.»
«Ascolta!»
Sun mi raggiunse e mi si piazzò davanti a braccia spalancate per non farmi passare.
Pharn aiuto, mi stanno placcando!
Cercai di aggirarla ma senza successo, avevo come l'impressione che se mi fossi avvicinata troppo mi avrebbe abbracciata solo per tenermi ferma e il pensiero mi faceva venire i brividi.
«Questo è l'unico modo per farti uscire dai guai.»
«Perché non andiamo semplicemente dai due mocciosi del giornale e gli facciamo vedere che siamo amiche?» Chiesi incerta.
Amiche? Cos'ho detto?
Anche Sun sembrava essere stata presa alla sprovvista quasi piacevolmente da quella mia ultima affermazione, ma io non persi tempo nel correggermi.
«Finta, facciamo finta di esserlo...»
«Non dimostrerebbe niente! L'amicizia non è un argomento abbastanza "piccante" da scrivere sul giornalino per scagionare qualcuno, e poi non è con me che hai litigato ma con Tina e non credo che lei fingerebbe felicemente di essere tua amica.»
Quella nana la odio.
«Davvero non capisco perché voi due vi odiate tanto... »
«Mi stai chiedendo di far credere a tutta la scuola che noi due stiamo insieme?»
Non posso credere che mi stia davvero chiedendo di fare qualcosa del genere, non mi abbasserò mai a tanto solo per farmi piacere da tutti.
«Essere accusati di omofobia ai giorni nostri è distruttivo. Non puoi sopravvivere in questa scuola né in nessun'altra se la gente crede che tu sia una bigotta di quello stampo e dubito che tu voglia spiegare a tutti perché sei diventata così.»
Con rabbia afferrai Sun per il colletto della divisa come mio solito.
«Stai usando il mio passato per convincermi a prendere parte a questo stupido piano?»
«Non lo farei mai...» Disse in tono tutt'altro che sincero.
Non ci credetti neanche per un secondo, specialmente con quel sorrisino provocatorio che quella stronza si era appiccicato sulla faccia.
Aveva la situazione in pugno, sembrava sapere perfettamente ciò che stava facendo e non so come ma alla fine mi convinse.
«Niente baci, assolutamente, da nessuna parte, se mi abbracci troppo ti uccido.»
Nel ritorno verso la nostra stanza iniziai ad elencare a Sun tutte le cose che non volevo mi facesse durante quella ridicola commedia ma non sembrava starmi ascoltando, annuiva di tanto in tanto alzando gli occhi al cielo.
«Sì, sì... che mi dici di iniziare da subito?»
Detto ciò mi prese per mano facendo incrociare le nostre dita, ebbi un brivido che considerai di disgusto e finsi di star per vomitare. Sun mi pizzicò il fianco per ripicca facendomi fare un urletto imbarazzante.
Stavo per colpirla di rimando quando notai un gruppo di ragazze più grandi osservarci confuse per poi mettersi a parlottare fra di loro.
Mi fermai e con riluttanza decisi di stringermi intorno ad un braccio di Sun con un sorriso forzato da finta innamorata.
La mia coinquilina confusa cercò di capire quella mia improvvisa reazione eccessivamente affettuosa e quando notò le ragazze emise una risatina che mi diede ai nervi.
Ero più che sicura che quelle pettegole stessero parlando di noi e sperai che quella scenetta vagamente romantica potesse convincerle della mia non omofobia.
Avevano tutta l'aria di essere delle amanti del gossip e sperai che avrebbero fatto circolare il più velocemente possibile la notizia sulla nostra "presunta" relazione.
«Hai le mani calde.» Commentò Sun.
«Ce le ho sempre così.» Risposi distrattamente.
«Non me ne sono mai accorta.»
***
Concludiamo il capitolo con il primo dialogo della storia di queste due che non comprende minacce, parolacce o frecciatine. Come al solito fatemi sapere cosa ne pensate con commenti e stelline e fatemi sapere se trovate errori ortografici. 😘 Buona lettura!🦋❤
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