4. Rottura
Il presente.
Maledettissimo,
tossico,
presente.
La vocina dentro la testa.
No, non la coscienza.
La vocina dentro la testa.
La senti dentro come una amica estranea, familiare solo per il tono di voce: il tuo.
Ti ingarbuglia la mente, sibilando parole che non sai fin quanto ti appartengano.
L'unica cosa distinguibile tra tutte quelle parole è il dolore, quando consapevolmente sai che non si ritorna indietro, perché ciò che si rompe può essere soltanto riparato ma non ripristinato, integro.
È così che mi sento.
Rotta.
Con experience che risuona nella stanza e come ruscello scorre in pensieri, ricordi, lacrime.
L'essere umano ama. Ama alla follia. Quando l'amore abbandona il posto che risiedeva dentro di te, lascia un sedile vuoto e ti aleggia intorno ma non come quella stessa follia che prima ti stringeva serena la mano: positiva, benefica che ti regala endorfina.
L'odore del caffè la mattina che risveglia la te dormiente mentre addenti un pezzetto di cioccolato: la sensazione dei tuoi incisivi che frastagliano la durezza di quel rettangolino marrone, che perde la sua solidità sciogliendosi assieme al tuo morso. Senti i denti pulsare all'immagine appena ricreata nel tuo cervello?
Un abbraccio, quell'abbraccio. Sentirsi piccola tra le braccia di un uomo che, premendoti al suo petto, permette al tuo naso di distinguere quell'odore che sai appartenere solo a lui.
Vorrei che l'ipotalamo e l'ipofisi non avessero mai funzionato. Così non avrei mai potuto riconoscere la sensazione di felicità e adesso, quel dolore lì, non sarebbe così tanto forte e la follia iniziale, non avrebbe avuto modo adesso di traformarsi in quella che mi sta facendo invece impazzire. Non avrebbe avuto nessun potere su di me. Sarei integra e non rotta.
Io e le mie ceres.
Ne ho bevute tre di seguito per stonare quel dolore, cosa ho ottenuto? Un grosso mal di stomaco, una sensazione di frastornamento e le emozioni amplificarsi e disinibirsi più libere che mai.
Sentivo le lacrime uscire da me senza il mio consenso, rivelando a chi mi stava accanto, che fossi pateticamente impotente.
Ha vinto lui, mi inchino alla sua forza sr. Dolore.
Vorrei fare amicizia con lei, sr. Dolore.
Stringerle la mano e camminare di fianco e non dietro a lei, nascondendomi per non essere trovata.
Il mio obiettivo sarà questo, saremo amici sr. Dolore, presto o tardi - immagino tardi - non sarà più così imponente. Io sono piccola ora, ma crescerò, sì, avrò bisogno di tempo ma riuscirò a diventare adulta quanto lei e smetterò di temerla.
Resteranno i ricordi.
Piacevoli, bellissimi ricordi, con una persona che hai amato tanto e con la quale avresti voluto condividere tutto. Eri sua, totalmente consegnata e assegnata a lui.
Una bella sensazione sentirsi protetta, affiancata così.
Adesso non c'è più, adesso c'è solo la solitudine. Che brutto, restare soli.
Con chi si condividono le bagattelle?
Gli occhi si posano su tutto ciò su cui vi è passato lui. Ogni angolo della tua casa; ogni luogo ch'eri consono visitare e quelli nuovi che avevate esplorato assieme e quelli che rimanevano da visitare; ogni parte di te.
Perché fa così tanto male?
Chiedo a me stessa mentre accendo la mia solita lucky strike.
Se prendessi un antidolorifico, funzionerebbe?
Il fumo della sigaretta si libera da ciò che brucia, si consuma, finisce. Impalpabile si dissolve e non puoi più prenderlo. È andato. Mischiato con l'aria, c'era... ora non c'è più.
Si può affrontare la morte di tutto, ma quando a morire è una parte di te, lì, come lo si affronta?
"Riparti da te stessa!", suggerisce qualcuno, "prova a vivere per te, a fare quello che ti piace".
Io ho solo mezza me stessa, l'altra è morta.
Una morte traumatica non reversibile.
Seppur questo è la definzione di necrosi, è quello che sento, cosa dovrei fare? Andare incontro a un'amputazione? Non so dove tagliare, non so come lasciar andare.
Il vento che spira all'esterno della finestra, mi rievoca la famosa scena del sacchetto che vola leggero trasportato, non per sua volontà, da un punto all'altro.
Potrei benissimo essere io quel sacchetto.
Dove andare? Cosa fare?
Non ho voglia di nulla.
Lascio fare tutto all'eseguibilità degli eventi.
Come si spegne?
Ditemi come spegnerlo. Abbatterlo. Annientarlo.
Non riesco a non pensare a ciò che c'era e ora non c'è più.
" Non apprezzi mai le cose che hai, finché non le perdi ".
È vero; ma è anche non vero.
Io ho sempre apprezzato ciò che avevo e n'ero davvero felice. Poi, improvviso, l'ho persa anche se era con me.
Tenevo ostentatamente la sua mano perché non sono mai stata tanto forte da lasciarla andare veramente e la tenevo a me, stringendola come una bambina impaurita che non voleva completamente lasciare la presa, perché lo sapevo, se la lasci è persa.
Però era già persa.
Non volevo ammetterlo e stavo lì, piccoletta e aggrappata. Nella speranza che tornasse e non andasse.
Era tutto già rotto.
E io ho finito il nastro adesivo.
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