WHAT A FEELING

Sì, la sera della seconda cena con la famiglia Pessina arrivò, e anche abbastanza in fretta in realtà.

Non ero sicura di essere pronta, ma non avevo alternative. E poi in parte volevo rivedere Matteo, perché chi non vuole passare un'altra serata con un bel ragazzo?

«Dici che se mi metto la maglia della Juve sono fuori luogo?» mi chiese Filippo mentre ci preparavamo.

Io lo guardai male.

«Sì, e in qualsiasi caso non si mette una maglia così per una cena in un ristorante» lo rimproverai io «Non stai andando in birreria con i tuoi amici, Fillo» aggiunsi quando lui provò a protestare.

Sbuffò, ma non ci feci caso, perché lo vidi prendere una camicia dal suo armadio, anche se di contro voglia.

«Filippo, niente battute cattive o domande assillanti, intesi?» disse mio padre poco prima di scendere dalla macchina, guardando mio fratello con fare ammonitore.

Filippo annuì, ma quando raggiungemmo il locale ci accorgemmo tutti e quattro che non c'era stato bisogno di quell'ammonimento. Infatti Matteo non c'era, c'erano solo i suoi genitori e una ragazza che identificai come la sorella di cui mi aveva accennato Matteo alla nostra prima cena.

«Piacere, Carlotta» mi si presentò con un sorriso.

Sembrava più grande di Matteo almeno di un paio di anni.

«Non c'è Matteo?» chiese mio fratello dopo essersi presentato.

Io lo guardai stranita.

Suonava strana quella domanda fatta da lui che non lo aveva nemmeno conosciuto.

Però gliene ero grata, perché volevo sapere come mai non ci fosse. Non vederlo lì mi aveva delusa, lo ammetto, e probabilmente il mio stato d'animo era visibile anche dall'esterno.

«Dovrebbe arrivare» rispose però il padre di Matteo, riaccendendo una piccola speranza in me.

Quel "dovrebbe arrivare" voleva dire che lo avrei visto a momenti.

«Intanto però entriamo a sederci, ci raggiungerà» disse sua madre.

I minuti passavano e di Matteo neanche l'ombra.

Io ero irrequieta.

Perché non arrivava?

Era solo in ritardo o non sarebbe proprio venuto?

Continuavo a guardare il posto vuoto di fronte a me con lo stato d'animo sempre più giù, convinta che quella sera non lo avrei sicuramente visto.

Ma ancora una volta non potevo sbagliarmi di più.

«Scusate, sono in ritardo!» esclamò proprio in quel momento una voce decisamente conosciuta che mi fece sussultare «Gli allenamenti sono durati più del previsto» si giustificò Matteo, prima di lasciare un bacio sulla guancia a sua sorella e sedersi sulla sedia di fronte a me.

«Un campione per diventare tale deve allenarsi» disse mio fratello con fare da sbruffone.

Io lo guardai stranita.

«Lui è mio fratello Filippo, detto anche il saggio» ironizzai poi, prendendolo in giro.

Sentii Matteo fare una risatina, e in quell'istante, alzando lo sguardo su di lui, incontrai i suoi occhi.

Sì, ebbi l'ennesimo sussulto alla vista di quelle due bellissime iridi color cioccolato, e non potei fare a meno di sorridere.

Era bello come sempre!

Anche Matteo mi fece un mezzo sorriso, che non riuscii a interpretare.

«La mamma mi ha detto che fai danza classica» disse in quel momento Carlotta, facendomi un sorriso gentile.

Io mi risvegliai dallo stato di trance che Matteo mi aveva provocato per l'ennesima volta e puntai gli occhi su di lei.

«Sì, da quando ho tre anni» confermai annuendo.

«Anche io faccio danza classica!» esclamò allora Carlotta entusiasta.

Io la guardai sorpresa.

Non ne conoscevo molte di ragazze che facevano la mia stessa disciplina. A parte le mie compagne di corso ovviamente.

«La famiglia Pessina adora la danza classica!» esclamò Matteo con un sorriso.

Gliene feci uno anche io, sorpresa di avere una passione del genere in comune con lui.

E anche con sua sorella ovviamente...

«Sì, beh, non ci interessa di scarpe da punta e cose varie» si intromise mio fratello scocciato «A noi interessa com'è giocare in serie A» aggiunse guardando Matteo con ammirazione.

Io lo guardai male.

Che guasta feste!

Antipatico per di più!

Matteo e Carlotta lo guardarono straniti.

«Di nuovo mio fratello Filippo, detto anche il simpatico» dissi io infastidita, cercando di rimproverare mio fratello e di ironizzare il tutto.

Risultare antipatici era l'ultima cosa che volevamo. Per mio padre e il suo lavoro, ma anche per me.

Insomma, la mia immagine con Matteo ne avrebbe risentito se avesse creduto mio fratello antipatico!

Matteo e Carlotta fecero ancora una risatina, poi abbassarono gli occhi sul loro piatto evidentemente in imbarazzo.

Io allora mi voltai verso Filippo e dopo averlo fulminato con gli occhi lo incitai a dire qualcosa per sistemare le cose.

Lui mi guardò impanicato, poi prese un bel respiro e parlò.

«Lo sai che ti ho al Fantacalcio?» chiese a Matteo.

Lui alzò lo sguardo con un sorrisetto evidentemente forzato.

«Strano che qualcuno mi abbia scelto» disse divertito.

«Beh, in realtà non l'ho fatto» ammise mio fratello «Ho perso una scommessa e sono stato costretto a sceglierne due tra gli sfigati» spiegò.

Io lo guardai con gli occhi spalancati.

Lo aveva detto davvero?!

Aveva appena chiamato Matteo sfigato?!

«Filippo!» lo rimproverai indignata.

«Ehm... sfigati... non nel senso che non siete bravi, nel senso che non vi aveva scelto nessuno» provò a spiegare lui.

Come se la frase appena pronunciata avesse potuto cambiare le cose!

Io sospirai e scossi la testa impercettibilmente, cercando di calmarmi.

Avevo una voglia di saltare addosso a mio fratello e riempirlo di botte in quel momento!

E per fortuna che mio padre non ci sentiva, perché altrimenti lo avrebbe fatto lui!

«No, è chiaro... è chiaro» disse Matteo forzando un sorriso.

Io lo guardai dispiaciuta, ma appena mi accorsi che stava spostando lo sguardo su di me abbassai gli occhi. Non avevo la forza di guardarlo in quel momento così imbarazzante per la mia famiglia.

«Quindi stavi dicendo com'è giocare in seria A!» esclamò per fortuna in quel momento Carlotta, facendo un sorriso e incitando suo fratello a parlare.

Io mi sforzai di alzare gli occhi su Matteo e vidi che mi stava ancora guardando. Così i nostri occhi si incontrarono di nuovo, prima che lui mi facesse un leggero sorriso e poi seguisse il consiglio di sua sorella, per uscire una volta per tutte da quella terribile situazione.

Io non lo ascoltai però più di tanto, ero troppo intenta a pensare a quel mezzo sorriso che mi era stato rivolto e che non riuscivo a decifrare.

Cosa voleva dire?

E perché lo aveva fatto?

~~~

«Beh, cosa vi possiamo dire se non buone vacanze e... ci vediamo in ufficio?» chiese un'oretta dopo mio padre, quando uscimmo tutti dal ristorante per salutarci.

«Questo "Buone vacanze e ci vediamo in ufficio" vuol dire che non ci saranno più cene?» chiese Carlotta confusa.

«Esatto, niente più cene, solo incontri ufficiali» rispose suo padre.

«Per ora» aggiunse mia madre.

«Poi chissà, potrebbe esserci l'occasione di cenare insieme di nuovo tra qualche mese» disse la madre di Matteo alzando le spalle con innocenza.

Io spalancai gli occhi, così come mio fratello e Matteo.

Insomma, qualche mese?!

Quel "qualche mese" poteva variare dai due agli infiniti mesi!

Non potevo aspettare così tanto per rivedere Matteo!

Già non sapevo cosa mi stava succedendo, se poi rischiavo di non vederlo più per così tanto tempo non lo avrei mai capito!

«Ceci, tutto bene?» mi chiese in quel momento mio padre, guardandomi con le sopracciglia aggrottate.

Io mi ripresi con uno scatto e, dopo essermi guardata intorno un attimo spaesata, annuii.

Gli occhi di tutti erano su di me, così forzai un sorriso un po' imbarazzato.

«Beh, è stato bello sapere che ti piace la danza classica. Anche se ne abbiamo parlato per poco» disse Carlotta quando fu il momento di salutarci.

«Sì, è stato bello sapere che abbiamo una passione in comune» confermai io annuendo con un sorriso.

Quando arrivò il momento di salutare Matteo mi bloccai un attimo.

Non volevo farlo, non volevo salutarlo.

Per quanto non avrei rivisto quei bellissimi occhi luminosi e quel sorrisetto tenero?

E per quanto non avrei sentito la sua voce che mi faceva sussultare tutte le volte che parlava?

«Dicevo a tuo fratello che quando giochiamo in casa posso farvi avere dei biglietti per venire allo stadio» mi disse Matteo risvegliandomi dai miei pensieri «Così ci vedremo di nuovo» aggiunse con un sorriso.

Sorrisi anche io, mentre ammiravo per l'ultima volta i suoi bellissimi occhi.

«Sarebbe bello» dissi annuendo.

Poi gli strinsi la mano e gli feci un ultimo sorriso, prima di andarmene con i miei.

Mi voltai un paio di volte a guardare la sua figura allontanarsi, e pensai che quel ragazzo avesse qualcosa di speciale.

Le reazioni che mi provocava alla sua vista e al suo contatto non erano normali, di sicuro non per me. E poi quel sorrisetto che mi aveva rivolto poco prima a tavola, forse aveva acceso una speranza in me, la speranza che quelle sensazioni così speciali non le provassi solo io ma che fossero reciproche.

Ma tanto... chissà quando ci saremmo rivisti.

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