SO YOU REALLY ARE...
«Oh, Cecilia! Proprio di te avevo bisogno!» esclamò quella sera Alessio, avvicinandosi con la sua solita aria da spaccone, con una mano in tasca e passandosi l'altra tra i capelli.
Era una serata come tutte le altre in oratorio. Stavamo preparando una delle solite feste, quindi noi ragazzi eravamo tutti insieme come sempre.
Guardai Alessio aggrottando le sopracciglia confusa.
Da quando mi parlava?
Anzi, da quando sapeva che esisto?
«Dimmi» dissi io stranita, aspettando che mi raggiungesse.
«Ho visto la storia dell'altra sera...» iniziò a dire Alessio «Quindi stai davvero con quel calciatore?» chiese alzando un sopracciglio.
Io lo guardai confusa.
Ma che domanda era?
«Sì, Ale, sto davvero con quel calciatore, che per la cronaca si chiama Matteo» risposi annuendo «Perché lo chiedi?» chiesi poi stranita.
«Ne parlava tuo fratello l'altra sera, ma sai, pensavo fosse una delle stronzate che si inventa» rispose Alessio divertito.
Io feci una risatina forzata.
Non mi quadrava la cosa.
Cosa c'era sotto?
«Alessio, tutto bene?» chiesi infatti con sospetto.
«Sì, è solo che, suona strano che una ragazza di periferia si sia messa con un calciatore» rispose alzando le spalle.
«Ma non è una ragazza qualunque, sono io» feci notare io tirandomela con un sorriso innocente.
Alessio mi guardò poco convinto.
Io allora sbuffai.
Sapevo di non piacergli, perché quando aveva scoperto che gli andavo dietro aveva provveduto a dire a destra e a manca che gli dava fastidio come parlavo, che ero troppo casinista e troppo euforica per i suoi gusti.
«Fisicamente è anche carina, e ha un gran bel seno, ma il resto è difficile da sopportare» aveva detto a Giacomo, che poi aveva provveduto a riportare tutto alle mie orecchie.
Sì, ci ero rimasta molto male, perché era stato davvero cattivo e per di più non aveva avuto il coraggio di dirmi quelle cose in faccia.
Io non mi ero mai dichiarata personalmente a lui, ma tutto l'oratorio sapeva della mia cotta iniziata quando avevo 14 anni e durata fino ai quasi 18, quindi la notizia era arrivata anche alle sue orecchie e lui aveva iniziato a fare lo stronzo. Non mi calcolava molto nemmeno prima di sapere che mi piaceva, ma una volta appresa la notizia aveva iniziato a ignorarmi completamente, non salutava e quando qualcuno parlava di me aveva il coraggio di chiedere «Chi è Cecilia?» come se non mi conoscesse.
Già, uno stronzo patentato.
Però a me piaceva così tanto!
Non era molto più alto di me, e con un tacco dieci lo avrei tranquillamente superato, ma poco mi importava, perché aveva dei bellissimi occhi scuri, un viso tenero ma che lui cercava di atteggiare da duro e un gran bel corpo con un sedere scolpito.
Quando aveva iniziato a piacermi non lo conoscevo personalmente, io ero ancora alle medie e lui era il mio animatore all'oratorio, e si sa che all'oratorio ci si innamora sempre degli animatori. Credo che se lo avessi conosciuto caratterialmente non mi sarei innamorata così tanto, perché per quanto fosse simpatico era anche bello stronzo quando voleva (vedi sopra con i commenti su di me) e se non gli stavi simpatico non gli stavi simpatico punto. Non esistevi per lui.
E così ero io: invisibile. O meglio, per lui ero «Una stupida ragazzina fastidiosa che mi viene dietro» anche in questo caso testuali parole riportate da Giacomo.
«Beh, comunque non è così strano che io stia con Matteo, perché lui è un ragazzo comunissimo come tutti noi» dissi ad Alessio, cercando di non risultare troppo antipatica ma comunque con decisione.
Non era strano che stessi con Matteo!
E il fatto che fossi una ragazza di periferia non escludeva le mie possibilità di stare con qualcuno di famoso!
«Beh, un po' suona strano» si intromise Stefano (un altro della compagnia) avvicinandosi a noi «Però visto che sei tu è più che normale. Sei troppo bella per metterti con uno di noi di periferia come te» aggiunse facendomi un sorriso e l'occhiolino.
Sorrisi anche io.
Che carino che era Stefano!
Lo è sempre stato!
«Non farti prendere dal fascino della ragazza occupata, Ste» disse mio fratello divertito, avvicinandosi anche lui e mettendosi al mio fianco.
«Non lo sto facendo, ho sempre pensato che tua sorella sia molto bella» si difese Stefano «Come te d'altronde» aggiunse ridendo.
Feci una risatina anche io, mentre Filippo faceva finta di tirarsela.
«E comunque, sorellina, ad Alessio suona solo strano che adesso non ha più nessuna che gli va dietro» disse ancora Filippo «Ora non può più fare lo sbruffone vedendo qualcuno sbavare a ogni sua mossa» aggiunse guardando Alessio con le sopracciglia alzate.
Lui invece spalancò gli occhi per un nano secondo, prima di riassumere la sua aria da sbruffone.
«Non è per quello che suona strano» si limitò a dire abbassando lo sguardo.
«E dai, Ale! Lo sanno tutti che le ragazze occupate hanno un fascino innegabile! E quello di Cecilia è evidentissimo!» esclamò Stefano facendomi un altro sorriso e tirando una gomitata ad Alessio.
«Io credo che avesse più fascino prima» si intromise l'ennesima voce maschile, facendoci voltare verso chi aveva parlato.
Era Giacomo, con il suo solito tono da finto disinteressato e la sua aria seria.
Tra di noi calò il silenzio, mentre io incontravo gli occhi azzurri di Giacomo, inespressivi come sempre.
«Ma dai! Non vedi come è luminosa?» chiese Stefano, che in quelle situazioni era sempre un po' sulle nuvole.
Era evidente che Giacomo avesse detto quella frase perché era geloso che stessi con Matteo, e la frase di Stefano non avrebbe aiutato a farlo sciogliere.
«Sì, di una luce destinata a spegnersi presto» rispose Giacomo senza distogliere lo sguardo dal mio.
Io aggrottai leggermente le sopracciglia.
«È un calciatore come tutti gli altri, il tipico figlio di papà viziato che quando farà un po' più di carriera ti scaricherà per una modella famosa con cui farà un paio di figli prima di lasciarla per mettersi con una più giovane e lasciare incinta anche lei» disse ancora Giacomo sempre impassibile.
Io invece ero stata colpita in pieno.
Aveva appena fatto la descrizione del calciatore medio, ma Matteo non era così. Era una persona vera, e non si sarebbe fatto prendere dalla fama e dai soldi, e neanche da una stupida modella con le chiappe sempre al vento.
«Modera il linguaggio, non sai di chi stai parlando» dissi fredda, ma cercando di mantenere la calma.
Non era il caso di litigare lì davanti a tutti.
«Invece sì che lo so» ribatté Giacomo «È un calciatore, Cecilia, chi credi che possa essere? Il principe azzurro che arriva su un cavallo bianco e ti salva dalla vita comune che vivi?» mi chiese iniziando a scaldarsi «Sta con te solo per portarti a letto!» aggiunse con aria ovvia.
Io lo guardai indignata.
Ma come osava dire una cosa del genere?!
«Non è ancora successo se ti interessa, quindi le tue accuse sono infondate!» ribattei con rabbia.
«Meglio per te che non sia successo, perché appena succederà verrai scaricata in tronco» disse Giacomo secco.
Io lo guardai con occhi di fuoco.
«Non hai il diritto di dire tutte queste cattiverie su Matteo» dissi con rabbia.
«Ma ho il diritto di pensare quello che voglio, siamo in un Paese libero» ribatté lui.
Tipica frase da Giacomo!
Che fastidio!
«Ok, siamo in un Paese libero, però tu non hai il diritto di sputare merda su una persona che non conosci nemmeno» ribattei con rimprovero.
«Come se tu non lo avessi mai fatto!» esclamò Giacomo in risposta.
«Ma che cazzo c'entra, Giacomo?!» chiesi sconvolta «Io ne parlavo male solo con te, e non ho mai detto nulla di cattivo su una ragazza che ti piaceva!» gli feci notare in mia difesa.
Voleva ribattere, mi accorsi che voleva ribattere, ma non aveva niente da dire.
Ci furono attimi di silenzio imbarazzante, poi io feci per girare i tacchi e allontanarmi, ma Giacomo parlò di nuovo.
«Non durerà» disse freddo.
«Sono pronta a smentirti» dissi io con il suo stesso tono.
Restammo a guardarci in cagnesco per qualche secondo, fino a che negli occhi di Giacomo notai della tristezza. Mi dispiaceva vederlo così, ma non era solo colpa mia se lo era. Mi veniva dietro più o meno da quando a me piaceva Alessio, e sì, forse avevo sbagliato a confidargli la mia cotta sapendo cosa provava per me, ma mi fidavo di lui. È sempre stato un ragazzo più che affidabile (almeno con me) e pronto ad ascoltarmi, quindi non ci vedevo nulla di male a farmelo amico. Sicuramente non era stato facile vedermi sbavare dietro a un altro mentre lui sbavava dietro a me, ma eravamo talmente in confidenza che poteva dichiararmi i suoi sentimenti. Sì, probabilmente lo avrei rifiutato, ma almeno lui si sarebbe tolto un peso. E in quel momento magari non sarebbe stato così tanto geloso della mia relazione con Matteo, fino a diventare addirittura cattivo, cosa che con me non era mai stato.
«Credo sia ora di andare a casa» disse Stefano dopo attimi di silenzio imbarazzante.
«Già, lo credo anche io» confermai annuendo.
«Giacomo, sei in macchina?» chiese Beatrice al ragazzo che mi stava ancora guardando con tristezza «Mi porti a casa?» chiese con un sorriso angelico, dopo che Giacomo annuì.
Lo vidi fare uno scatto e distogliere lo sguardo dai miei occhi per puntarli su Beatrice.
«No, sono stanco e domani devo svegliarmi presto» rispose freddo, prima di incamminarsi verso la sua macchina con le mani in tasca e lo sguardo spento.
A Beatrice si spense il sorriso, e rimase immobile per qualche secondo, quasi con le lacrime.
«Ti porto a casa io, Bea» si offrì mio fratello.
«Ma... non hai la macchina» riuscì a dire lei.
«Andiamo a piedi» disse Filippo, facendole cenno di incamminarsi.
«E Cecilia? La fai andare a casa da sola?» chiese ancora Beatrice.
«Tranquilli, vado con Ste» dissi facendo un mezzo sorriso e indicando Stefano, che mi stava mostrando le chiavi della macchina come a invitarmi a salire con lui.
Filippo mi fece l'occhiolino e poi si incamminò con Beatrice, mentre io andavo alla macchina insieme a Stefano.
«Non prenderla sul personale, Giacomo è fatto così, lo sai» disse «Quando non è in buona tende a essere cattivo» aggiunse per tranquillizzarmi.
«Con me non lo era mai stato» dissi io con voce spenta.
«Dagli tempo, sta soffrendo» disse Stefano.
«Soffrire non gli dà il diritto di chiamare il mio ragazzo "viziato figlio di papà"» ribattei io.
«Lo so» si limitò a dire Stefano.
Ormai eravamo arrivati sotto casa mia, così aprii la portiera della macchina per scendere.
«Grazie, Ste. Buonanotte» dissi abbozzando un sorriso.
«Buonanotte» disse lui ricambiando il sorriso «Ehi, Ceci!» mi chiamò poi quando raggiunsi il cancello, abbassando il finestrino della macchina e sporgendo fuori la testa «A me piacete come coppia, e lui sembra proprio un bravo ragazzo» disse facendomi l'occhiolino.
Io sorrisi di nuovo.
Quanto era carino Ste!
Era l'amico perfetto!
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