CHILLS
Che emozione vedere una partita contro la squadra più forte di tutto il campionato italiano!
Che emozione vedere il mio Matteo in campo con grandi giocatori come Ronaldo, Chiellini e Bonucci!
Sembrava così piccolino accanto a loro!
«Dai cazzo, Matteo, faccelo fare un tiro!» esclamò a un certo punto mio fratello con rabbia.
Io lo guardai male.
«Non parlare così al mio ragazzo» lo ammonii.
«Così come?» chiese Filippo aggrottando le sopracciglia.
«Così incazzato» risposi io con aria ovvia.
«Ma se non mi sente neanche!» protestò Filippo.
«Ma ti sento io, quindi stai attento» lo rimproverai io puntandogli il dito contro.
Filippo sbuffò e mi mandò affanculo con un gesto, prima di tornare a concentrarsi sulla partita.
Era proprio un tifoso di calcio!
Partita che comunque finì 2-1 per il Verona, e che mi rese molto felice perché avrei potuto rinfacciare la cosa a mio fratello per il resto della nostra vita anche se Matteo non aveva segnato.
«Allora? Bello veder giocare la Juve dal vivo?» ci chiese il mio ragazzo quando uscii dagli spogliatoi e ci raggiunse fuori dallo stadio.
«Una partita più di merda non potevamo guardarla» si lamentò Filippo.
Matteo lo guardò con le sopracciglia aggrottate, poi guardò me che scossi la testa sospirando e mi allungai sulle punte dei piedi per baciarlo.
«Tu sei stato bravissimo» gli dissi con un sorriso.
«Ero a tanto così dal goal» disse mostrandomi indice e pollice a una distanza molto ravvicinata.
«Ci mancava anche che segnassi tu!» esclamò Filippo spalancando gli occhi.
Io sbuffai di nuovo, prima di salire in macchina con Matteo per tornare finalmente a casa sua.
«Ehi, poco casino voi due, dormo proprio qui sotto di voi» ci ammonì Filippo quando ci mettemmo nel letto.
Io e Matteo facemmo una risatina un po' in imbarazzo.
Purtroppo non avremmo potuto fare niente quella notte, perché come ho già detto l'appartamento di Matteo era un monolocale, quindi aveva un divano letto su cui dormivamo io e Matteo, mentre Filippo si era arrangiato con un materassino steso per terra ai nostri piedi. Come ho detto, non potevamo fare nulla, dovevamo accontentarci delle coccole, che comunque non si rifiutano mai.
«Come va a scuola?» mi chiese Matteo in un sussurro, mentre mi stringeva tra le braccia e mi lasciava un bacio in fronte.
Io sospirai.
«Va» risposi «Abbiamo un carico di lavoro esagerato ma ci consoliamo perché è l'ultimo anno» aggiunsi alzando le spalle con innocenza.
Sospirò anche Matteo.
«Mi dispiace che tu sia così piena» disse «Non mi mancano affatto le superiori» aggiunse scuotendo la testa.
«Credimi, non mancheranno neanche a me» dissi io facendo come lui.
Lo sentii fare una risatina, prima di stringermi ancora un po' a sé mentre sbadigliava.
«Dormi se hai sonno, mi piace vederti dormire» gli sussurrai.
Matteo fece un sorrisetto, poi chiuse gli occhi.
Io continuai ad accarezzargli la schiena fino a che non sentii il suo respiro appesantirsi. A quel punto chiusi gli occhi anche io, non prima però di aver lasciato un bacio sulla punta del naso al mio angioletto addormentato.
~~~
I mesi passavano tra partite, studio, altre partite, videochiamate, studio, partite e studio.
L'ho già detto studio?
Comunque, io e Matteo riuscivamo a vederci sì e no una volta ogni due settimane, quando lui giocava a Verona e io e Filippo prendevamo il treno per andare a vedere le sue partite. L'amore non lo facevamo da mesi, perché quando andavamo a Verona c'era sempre Filippo a dormire con noi, quindi era impossibile. Però la cosa non ci pesava, o almeno a me. Amavo comunque il mio Matteo, e lui non sembrava da meno. Ci facevamo coccole su coccole e cercavamo di riempire le giornate in modo da non avere tempo di pensare di poter fare l'amore e in modo da arrivare troppo stanchi la sera per provarci. Era una tattica che funzionava ma che teneva comunque viva la passione, e la cosa ci piaceva.
Quel weekend di inizio aprile io e Filippo eravamo ancora allo stadio di Verona, a vedere Verona-Genoa però questa volta. Era una partita abbastanza piatta per la squadra di Matteo, erano sotto di due e non avevano ancora fatto un goal. Un po' triste come serata sì, ma ci volle poco a far venire i brividi a tutti, a me soprattutto.
Uno scontro violento, un giocatore del Genoa era andato addosso a Matteo con una tale forza da stenderlo in un attimo e non farlo rialzare più. Matteo era a terra dolorante, che si teneva il ginocchio senza smettere di fare smorfie. Provò ad alzarsi ma senza successo, anzi, tornò con il sedere a terra e con ancora più dolore a giudicare dalla sua faccia. Era quasi in lacrime.
Io dal mio posto in tribuna avevo visto male l'azione, era stata troppo veloce per capire cosa fosse successo, però avevo i brividi di paura che mi percorrevano la schiena senza sosta. Vedere Matteo così era devastante.
«Mi sa che si è fatto male davvero» disse Filippo più a sé stesso che a me, mentre allungava una mano per stringere la mia.
Evidentemente si era accorto che ero irrequieta e in panico.
Nel frattempo avevano caricato Matteo su una barella e lo stavano portando fuori dal campo. Lui aveva ancora una mano sul viso e una sul ginocchio.
«Cosa facciamo?» chiesi a Filippo, senza distogliere gli occhi dalla visione del mio ragazzo che veniva trasportato fuori dal campo.
«Andiamo giù» rispose Filippo, e in men che non si dica iniziò a trascinarmi giù dagli spalti chiedendo permesso alla gente.
Uscimmo dallo stadio e arrivammo all'entrata riservata ai giocatori appena in tempo per vedere la barella su cui era Matteo essere caricata sull'ambulanza. Lui sembrava più tranquillo, ma io non lo ero affatto.
«Sto bene, Ceciu, ci sentiamo più tardi» riuscì a dirmi appena in tempo Matteo, prima che chiudessero gli sportelli dell'ambulanza.
Avevo visto i suoi occhi per un attimo, ma mi ero accorta che erano pieni di dolore, in parte fisico ma in parte morale. Sapeva che se l'infortunio fosse stato serio non avrebbe potuto giocare per un po' e la cosa gli faceva più male della botta ricevuta.
~~~
«Mi hanno dato un mese di stop. Dopo dovrei poter tornare a giocare. Per fortuna non ho subito danni gravi ai legamenti quindi dovrei guarire in fretta»
Quelle parole aveva detto Matteo ai miei quando, un paio di giorni dopo l'infortunio, lui e la sua famiglia erano venuti a cena. Matteo era tornato a Monza per un paio di settimane, in modo da poter essere aiutato a muoversi visto che aveva il tutore, e i nostri genitori ne avevano approfittato per organizzare una cena.
«Se ti muovi senti male?» chiese mia madre arricciando un po' il naso.
«Se faccio movimenti troppo bruschi, ma niente di insopportabile» rispose Matteo.
«Ce la siamo vista brutta da lassù. Vero, Ceci?» mi chiese mio fratello.
«Parecchio» risposi io «Credo mi si sia fermato il respiro per qualche minuto. E non mi sono neanche accorta della strada che abbiamo fatto per uscire dallo stadio da quanto ero in ansia» aggiunsi leggermente divertita.
Fecero tutti una risatina.
«Al momento non ci avevo fatto caso, ma se ripenso alla tua espressione mentre mi caricavano in ambulanza riesco a descriverla solo con "panico"» disse Matteo facendo ridere tutti.
Feci una risatina anche io, mentre allungavo una mano per stringere leggermente la sua.
«Non immagini tua madre da casa!» esclamò in quel momento il padre di Matteo spalancando gli occhi «Stava quasi piangendo» aggiunse.
«Ho sempre pensato che il calcio sia uno sport pericoloso. Infatti non volevo che Matteo lo facesse» si difese la madre di Matteo scuotendo la testa.
«Però avresti lasciato fare danza classica a Carlotta, che è pericolosa tanto quanto il calcio» si lamentò Matteo.
«Oh andiamo! Cosa ci sarà di così tanto pericoloso nella danza classica?!» chiese Filippo scettico «Puoi romperti l'unghia di un piede dentro le scarpe da punta» aggiunse.
Io e Carlotta lo guardammo male.
«Stare dentro le scarpe da punta non è facile» dissi io.
«E ogni equilibrio è precario nella danza classica» disse Carlotta.
«Un piede messo male di un millimetro e sei a terra con la carriera finita» aggiunsi io.
«O una pirouette presa con troppa foga e ti giochi le ginocchia per sempre» mi diede man forte Carlotta.
«Ok, ragazze, anche meno tragiche» disse mio padre alzando le mani con gli occhi spalancati.
Io e Carlotta ci guardammo e facemmo una risatina.
Forse eravamo state tragiche, ma non esagerate, e la cosa aveva sicuramente fatto effetto perché Filippo si era ammutolito in un attimo.
Lo avevamo colpito e affondato!
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