SERIOUS CONVERSATIONS PT.2
Sì, ormai quello che avevo cucinato era tutto freddo e quasi immangiabile, ma io e Matteo avevamo una cosa più seria a cui pensare. Anche perché la sua ultima domanda mi aveva davvero confusa.
«Ceciu, viviamo insieme solo da un anno, vuoi davvero buttare tutto all'aria così?» mi chiese Matteo.
«No, certo che no. Sai quanto ci ho pensato prima di decidere definitivamente?» gli chiesi «È almeno un mese che mi chiedo se sia giusto andare o no. È almeno un mese che mi chiedo se sia il caso di vivere distanti di nuovo» continuai.
«E ti sei risposta che è il caso di farlo?» mi chiese Matteo.
Io sospirai.
«Mi sono risposta che so, esattamente come lo sai tu, che siamo in grado di reggere la distanza» risposi «Abbiamo già vissuto lontani, tra l'altro i primi mesi di relazione. Se ce l'abbiamo fatta all'ora perché non dovremmo farcela adesso che stiamo insieme da quattro anni?» chiesi in risposta.
«Quando ero a Verona eravamo lontani solo 140km, ora sono più di tre ore e mezza di macchina» mi fece notare Matteo.
«Vero, ma ora ho la patente anche io» gli feci notare io «E comunque, 332km sono niente in confronto ad altre distanze che abbiamo affrontato» aggiunsi.
«Se parli di Wembley ricordati che siamo stati lontani massimo due mesi» mi fece notare Matteo.
Io sospirai di nuovo.
Era cocciuto!
«Vivere a Firenze non spegnerà il mio amore per te» gli dissi.
Matteo mi guardò con tenerezza.
«Lo so, ma non capisco comunque perché tu abbia fatto questa scelta» ammise scuotendo la testa.
«Ti faccio un esempio che forse puoi capire» dissi con calma «Immaginati che il Chelsea voglia comprarti e ti voglia a giocare con sé» iniziai a dire.
«Non succederà mai» disse Matteo.
«Immaginatelo! Ti prego!» lo implorai io.
Matteo sospirò, poi fece silenzio.
«Saresti chilometri lontano da qui, dalla tua famiglia e dai tuoi amici. Ma rinunceresti? Rinunceresti a giocare in una delle squadre più forti del mondo?» chiesi.
«No, probabilmente no» rispose Matteo sincero «Ma la situazione è diversa dalla tua, perché tu hai scelto di andare a studiare a Firenze, a me invece un posto nel Chelsea verrebbe offerto» continuò.
«Ma lo accetteresti» supposi io con aria ovvia, tornando a scaldarmi.
Perché faceva così il difficile?
«Sì, ma ti chiederei di venire con me» rispose Matteo.
Io mi bloccai un attimo.
«È per questo che sei così contrario? Perché non ti ho chiesto di trasferirti con me?» gli chiesi stranita «Purtroppo non posso farlo, e non perché non voglio, perché il tuo lavoro non me lo permette» gli feci notare con aria ovvia.
«Non sono contrario per quello» disse Matteo «Quello che non mi piace è che hai deciso di fare questa cosa senza pensare minimamente al fatto che saremmo stati lontani perché io non posso spostarmi» spiegò.
Io lo guardai indignata.
Mi stava davvero accusando di una cosa del genere?
«Ma tu che cazzo ne sai di cosa c'è nella mia testa?» gli chiesi con rabbia «Che cazzo ne sai di quanto ho pensato e ripensato alla questione prima di decidermi?» chiesi ancora «E che cazzo ne sai di quanto ho pianto nelle ultime settimane, mentre tu eri in trasferta a giocare spensierato?» aggiunsi.
Matteo mi guardò sorpreso.
«Hai pianto?» mi chiese dispiaciuto.
Io annuii.
«Molto» risposi «Ti ricordi quando sei tornato dalla trasferta a Napoli? Che mi hai vista con gli occhi gonfi e mi hai chiesto cosa avessi?» chiesi «Io ti ho risposto che avevo dormito poco per studiare, ma in realtà stavo già pensando a questo, e non avevo la minima idea di cosa fare» spiegai.
Matteo mi guardò dispiaciuto, ma la cosa durò un attimo, perché poi i suoi occhi tornarono duri come prima.
«E anche dopo aver pianto e sofferto tanto hai deciso di andare lo stesso?» mi chiese alzando le sopracciglia con aria di sfida.
Io rimasi un attimo spiazzata.
«Sì, cosa c'è di sbagliato?» chiesi.
Matteo scosse leggermente la testa, ma era evidente lo avesse fatto per accontentarmi.
«Ho capito cosa non ti va giù» iniziai allora a dire io «Credi che abbia fatto una scelta sbagliata perché non riguarda il tuo futuro e la tua carriera» supposi delusa.
Matteo mi guardò offeso.
«Credi davvero una cosa del genere?! Credi che io sia una persona così?!» mi chiese.
«Fino a oggi no, ma mi stai facendo cambiare idea» risposi secca «Per ora sei stato tu quello ad avere occasioni e vivere la sua vita al massimo, realizzando i suoi più grandi desideri. Io sono sempre e solo stata l'accompagnatrice, il cui unico compito era stare a guardare e sorridere, felice per te» iniziai a dire «Cosa che sono sempre stata davvero, perché vederti raggiante mi rende felice» continuai «Però ora è il mio momento, Matteo. Posso brillare anche io e vivere il mio sogno. E a te invece tocca fare lo spettatore, e accettare le condizioni che ci sono, quindi la cosa non ti va giù» conclusi, ancora più delusa.
Avevo sempre creduto fosse uno di quei ragazzi pronti a supportare le persone a cui vogliono bene e ad aiutarle a seguire i loro sogni, ed ero ancora convinta fosse quel genere di persona. Capivo che le difficoltà evidenti che potevano esserci lo avevano impanicato, era successo anche a me, però, nonostante sapevo non sarebbe stato al settimo cielo, speravo mi avrebbe appoggiata nella mia scelta. L'altra cosa che mi dava davvero fastidio poi, era quella poca convinzione di potercela fare nonostante tutto. Avevamo dimostrato di essere in grado di superare qualsiasi cosa, perché non crederci anche quella volta?
Matteo voleva ribattere, era evidente, ma era anche evidente che non avesse niente da dire. Infatti aprì la bocca e poi la richiuse senza emettere suono. Dopo un attimo si alzò da tavola sparecchiando le sue cose, e poi andò in bagno.
Ne uscì poco dopo con gli occhi evidentemente rossi e lucidi e ancora scuro in volto.
Mi dispiaceva vederlo così, ma quella sera aveva davvero fatto lo stronzo.
Nonostante tutto però provai ad avvicinarmi per cercare di consolarlo.
Capivo come si sentiva, ci ero passata anche io, quindi magari potevo aiutare.
«Dormo sul divano stanotte» mi disse Matteo freddo, deviando per non permettermi di avvicinarmi.
Io rimasi spiazzata da quella affermazione.
Odiava dormire sul divano.
«Lo so, ma stanotte ho bisogno di pensare e di stare da solo» disse quando glielo feci notare.
Lo guardai ferita, mentre la rabbia tornava a prendere possesso di me.
«Se preferisci vado a casa dei miei» dissi con rabbia.
Matteo si voltò a guardarmi impassibile.
«C'è la nebbia, meglio di no» disse.
Quella frase mi offese ancora di più.
L'unico motivo per cui non voleva che andassi a casa dei miei era perché c'era la nebbia?!
«La affronterò» dissi fredda, facendo per infilarmi le scarpe.
«Cecilia, no» disse Matteo secco, mettendomi una mano sul polso «Vai nel letto, ti prego» aggiunse con più calma.
Io alzai lo sguardo nel suo, e vidi i suoi occhi pieni di tristezza implorarmi di fare come aveva detto.
Sospirai, poi imboccai il corridoio per andare in camera da letto. A metà però mi bloccai e tornai sui miei passi.
«Mi dispiace» dissi, fermandomi sulla soglia del salotto.
Matteo mi lanciò uno sguardo veloce, poi lo sentii sospirare, prima di dirigersi verso di me.
Pensavo volesse scusarsi, o anche solo abbracciarmi, avremmo chiarito il giorno dopo. Invece mi superò senza guardarmi, andò in camera da letto, prese il cuscino e tornò in salotto senza dire nulla.
Io rimasi un attimo senza fiato, poi deglutii a fatica e gli diedi le spalle per raggiungere la camera da letto e infilarmi sotto le coperte nel più completo silenzio.
~~~
Erano passate sicuramente più di tre ore da quando mi ero messa a letto, ma non avevo chiuso occhio neanche per mezzo secondo.
Il letto era così vuoto e freddo senza Matteo!
Non era la prima volta che dormivo da sola, tutte le volte che Matteo era in trasferta con la squadra non dormiva con me, ma quella sera tutto sembrava più gelido. Matteo era fisicamente in casa, a pochi passi da me, ma sembrava più lontano di quando era effettivamente via.
Non avevo ricevuto la buonanotte, era ore che non vedevo un suo sorriso e non avevo nemmeno la sua mano da poter accarezzare.
Sembrano cose piccole e stupide, lo so, ma erano importanti per me: ricevere la buonanotte dalla persona che si ama più di tutte al mondo rende più sereni; vedere un sorriso dalla persona che si ama più di tutte al mondo illumina qualsiasi momento, bello o brutto che sia; e per me, che ho sempre avuto paura del buio, avere una mano da accarezzare e stringere nel letto è sempre stato rassicurante. Soprattutto se quella mano era quella di Matteo.
Sì, ero consapevole del fatto che se fossi andata a Firenze non avrei avuto tutte quelle cose, ma cosa dovevo fare? Rinunciare a un'occasione del genere?
Che poi, ormai di rinunciare non se ne parlava proprio, perché ero già iscritta al test d'ingresso dell'università, che quindi dovevo fare. L'unica cosa che mi avrebbe potuta lasciare a studiare a Milano era non passare il test, cosa che speravo vivamente non sarebbe successa, perché ci sarei rimasta davvero male.
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