SERIOUS CONVERSATIONS
«Uuuh! La dottoressa si è messa a cucinare seriamente!» esclamò pochi giorni dopo la mia laurea Matteo, entrando in cucina dopo essersi fatto la doccia.
Aveva addosso solo un asciugamano intorno alla vita, e poi ne aveva uno in mano che si stava passando tra i capelli ancora bagnati.
Lo guardai con un sorrisetto un po' stupido.
Quanto era bello!
«Non ho fatto niente di che» dissi scuotendo la testa.
«Scherzi?! Primo e secondo in questa casa sono moltissimo!» esclamò Matteo prendendomi in giro.
Io gli feci la linguaccia mentre lui ridacchiava. Poi si avvicinò per darmi un bacio, che io ricambiai.
Che bello sentire il profumo della sua pelle nuda!
E che bello che era quando aveva i capelli spettinati!
Sarei rimasta a baciarlo per sempre, ma non potevo, perché la cena era pronta, quindi dovevamo mangiare.
«Mmm..., Teo..., Teo...» provai a dire, cercando di staccarmi dalle sue labbra «Dai, vai a vestirti così mangiamo» riuscii a dire poi.
Matteo però si sporse per un altro bacio.
«Teo» dissi io staccandomi «Dobbiamo parlare» aggiunsi seria.
A quel punto Matteo si bloccò e mi guardò stranito.
«Di cosa?» mi chiese.
«Se vai a vestirti e vieni a sederti a tavola te lo dico» risposi io.
Finalmente Matteo si decise ad andare a vestirsi, e nel giro di pochi minuti era seduto a tavola con i capelli ancora bagnati, ma per lo meno aveva addosso pantaloni della tuta e felpa.
«Di cosa mi devi parlare?» mi chiese dopo la prima forchettata di pasta.
Io alzai per un attimo lo sguardo su di lui, prima di riabbassarlo sul mio piatto, incapace di reggere i suoi occhi.
Stavo per aprire una conversazione non facile e decisamente seria, e per cui ero anche poco pronta. Ma che fossi pronta o no, era ora di affrontarla.
Così presi un bel respiro, prima di parlare.
«Settimana scorsa mi sono laureata...» iniziai a dire.
Matteo annuì.
«Questo significa che ora inizio ufficialmente gli ultimi due anni di università, che mi porteranno alla laurea magistrale» continuai.
Matteo annuì di nuovo.
«Fino a gennaio ho una cosa come tre corsi in totale da seguire, quindi nulla di esageratamente impegnativo» dissi ancora «Ma a gennaio inizia la parte importante, davvero... davvero importante» continuai.
«Ceciu, perché mi stai dicendo tutte queste cose?» mi chiese Matteo «L'ho fatta anche io l'università, so come funziona» mi ricordò poi.
«Lo so, lo so» dissi io annuendo «È che...» iniziai poi.
Ma mi bloccai.
Come facevo a dirglielo?
Presi un altro bel respiro, prima di ricominciare.
«Vado a studiare a Firenze» dissi tutto d'un fiato, prima di trattenerlo del tutto.
Aspettavo una reazione da Matteo, che però non arrivò. Lui si limitò a guardarmi confuso, cosa comprensibile.
"Come pensavi di fargli capire cosa intendi con una semplice frase, Cecilia?" mi rimproverai da sola.
«In che senso?» chiese infatti Matteo, che intanto aveva smesso di mangiare.
«Quanti sensi ha questa frase?» chiesi io in risposta, guardando Matteo con aria ovvia e quasi pietosa.
Era già difficile così, se poi faceva domande stupide non aiutava!
«Tanti, Ceciu!» rispose Matteo con aria ovvia «Può voler dire che devi andare lì a fare lezione una volta al mese, o che ci devi stare per qualche mese, oppure che ti ci devi trasferire per di più...» iniziò a elencare.
Poi però, puntando gli occhi nei miei, si bloccò. In un attimo la confusione che c'era nei suoi bellissimi occhi color cioccolato divenne tristezza, perché evidentemente nei miei ci aveva letto la risposta alla sua domanda.
«Ceciu, cosa vuol dire?» mi chiese però, probabilmente sperando di avere una risposta diversa da quella che pensava.
«Vuol dire che mi devo trasferire a Firenze per due anni» risposi io.
Gli occhi di Matteo si spensero ancora di più, prima che lui distogliesse lo sguardo dal mio.
Ci furono attimi pesanti di silenzio, prima che Matteo parlasse di nuovo.
«E non puoi rifiutare l'offerta?» mi chiese, tornando a guardarmi.
Toccò a me guardarlo confusa.
«Chi ti ha detto che è stata un'offerta?» gli chiesi.
Matteo tornò a guardarmi confuso.
«Non è una di quelle borse di studio che vincono gli studenti meritevoli?» mi chiese.
Io sospirai, poi iniziai a scuotere la testa.
«No... ehm... no» risposi «Ho scelto io di andarci» confessai.
Negli occhi di Matteo si potevano tranquillamente leggere tutti i ragionamenti che stava facendo per cercare di capire la situazione.
«Potevo tranquillamente fare la magistrale qui a Milano, ma il mio sogno è sempre stato di andare a studiare a Firenze, quindi ho colto l'occasione» spiegai, abbassando però poi lo sguardo.
Non sapevo come avrebbe reagito Matteo a quella mia decisione. Probabilmente non bene.
«Stai scherzando spero» disse infatti serio.
Io scossi la testa, sempre senza guardarlo.
«Cecilia, ma sei diventata matta?» mi chiese allora Matteo «Avevi la possibilità di stare qui a Milano e invece hai deciso di andare a Firenze?» chiese ancora stranito «Ti sei resa conto che è... un bel po' di chilometri lontano da Monza?! Dove viviamo ora e da dove io non posso andarmene perché ci gioco?!» chiese.
«332,1» dissi io «Sono 332,1 chilometri da qui a Firenze» precisai quando Matteo aggrottò le sopracciglia.
A quel punto lui fece una risata sarcastica.
«Saranno come minimo tre ore e mezza di macchina!» esclamò.
«Tre ore e trentaquattro minuti» precisai io.
«Brava! Vedo che sai tutto! Eppure non mi sembra tu abbia cambiato idea!» esclamò Matteo con rimprovero.
«No, perché ho la possibilità di realizzare il mio sogno, perché non dovrei coglierla?» chiesi io in risposta.
Matteo mi guardò male.
«Perché viviamo a Monza, Cecilia! E perché hai un ragazzo che gioca nel Monza e non può trasferirsi a Firenze con te!» rispose con aria ovvia.
Toccò a me guardarlo male.
«Mi stai dicendo che devo rinunciare ai miei sogni per te?» gli chiesi indignata.
«Non ho mai detto questo» rispose Matteo scuotendo la testa.
«Lo hai appena fatto invece» lo corressi io.
«Ma non intendevo quello...» provò a dire Matteo per giustificarsi.
«È da quando sono piccola che sogno di vivere a Firenze...» lo interruppi però io «...e ora che ne ho la possibilità, anche se solo per due anni, dovrei lasciarmela scappare perché il mio ragazzo che fa il calciatore non può trasferirsi con me?» chiesi, sempre più indignata.
«Ti ho detto che non ho detto questo» provò ancora Matteo.
«A me sembra di sì, Matteo!» esclamai io, che stavo iniziando a scaldarmi «E mi sembra che in questa coppia l'unico a cui è concesso di vivere i suoi sogni sei tu!» aggiunsi con rabbia.
Matteo mi guardò stranito.
«Ma che cazzo stai dicendo?» mi chiese «Ti ho vietato di studiare quello che volevi? Ti ho vietato di andare in vacanza nei posti che volevi? Ti ho vietato di seguire le tue passioni?» chiese ancora retoricamente «Non mi sembra, quindi non sparare le solite cazzate che dici quando litighiamo» mi rimproverò poi.
Io lo guardai offesa.
Quindi dicevo cazzate quando litigavamo?
A me non sembrava.
«Chi, tutti i santi weekend, è via per inseguire un pallone del cazzo, seguendo quindi la sua passione?» chiesi con rabbia.
«È anche il mio lavoro, non solo una passione!» ribatté Matteo alzando la voce.
«Andare a studiare a Firenze mi servirà per provare ad avere il lavoro che vorrei!» gli feci notare io.
«Anche studiare qui a Milano lo farebbe» disse Matteo secco.
«Ma sarebbe diverso, e, dal mio punto di vista, non soddisfacente» ribattei io.
«Ma cosa cambia?! Si tratta pur sempre di studiare storia dell'arte!» mi chiese Matteo esasperato.
«E a te cosa cambia giocare in una squadra di serie A o in quella dell'oratorio?! Si tratta pur sempre di rincorrere un pallone!» esclamai io con il suo stesso tono «Non mi dire lo stipendio perché ti prendo a sberle» lo ammonii poi.
Matteo scosse la testa.
«Non è la stessa cosa» disse.
Io sospirai.
«Allora puoi capire come per me non sia la stessa cosa studiare a Milano o a Firenze» dissi con calma.
«La sostanza è la stessa» provò ancora Matteo.
«Ma la città no, e io voglio studiare a Firenze» ribattei io secca «Lo sai quanto mi piace come città, e viverci sarebbe davvero un sogno che si avvera» dissi poi «Non posso lasciarmi scappare questa opportunità, Teo. Lo capisci?» gli chiesi.
Lui scosse la testa.
«No, veramente no» rispose sincero «Non stai bene qui? Sei stanca di Milano? Di Monza? Dei tuoi amici e della tua famiglia?» mi chiese «Sei stanca di me?» mi chiese poi.
«No, Teo! Questo mai!» risposi io scuotendo la testa.
Poi allungai la mano sul tavolo per stringere la sua.
«Non sono stanca di te, ti amo come se fosse il primo giorno» dissi «Ma ho l'opportunità di spiccare il volo e studiare quello che mi piace nella città più bella del mondo. Se non lo faccio so che me ne pentirò» spiegai guardandolo negli occhi.
Matteo sospirò.
«E non pensi di poterti pentire di essere andata là invece?» mi chiese serio.
Io aggrottai le sopracciglia confusa.
Cosa voleva dire con quella frase?
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top