REDECORATING
Ora che avevamo deciso anche il nome della piccola bambina che a breve sarebbe entrata nella nostra vita, mancava solo una cosa da fare, oltre a partorire ovviamente...
«Tornando dagli allenamenti passo a prendere la pittura, così domani che sono a casa iniziamo a tinteggiare» mi disse infatti Matteo quella mattina, mentre prendeva il suo zaino e si avviava verso la porta.
Gli feci un sorriso, ricevendone uno in cambio con tanto di occhiolino, e poi lo ammonii di prendere il colore giusto.
«Lo abbiamo ordinato insieme, amore. Sulla latta c'è letteralmente scritto il nostro nome. Non posso sbagliarmi» mi fece notare Matteo con aria ovvia, alzando le sopracciglia.
Io mi lasciai scappare una risatina.
«Meglio sempre mettere le mani avanti» mi giustificai poi, raggiungendolo alla porta.
Fece una risatina anche lui, poi si sporse per lasciarmi un bacio a fior di labbra, prima di abbassarsi al livello delle mia pancia.
«Ciao, princiPessina. Non tirare troppi calci alla mamma mentre sono via» disse, lasciandoci poi un bacio che mi fece sorridere.
Faceva la stessa cosa e ripeteva la stessa esatta frase tutte le volte che usciva per andare agli allenamenti, e mi piaceva talmente tanto che non mi sarei mai potuta stancare. Era diventata la nostra nuova routine insomma.
«Ci vediamo dopo, Ceciu» mi disse poi Matteo «Per qualsiasi cosa chiama» aggiunse.
Anche quello lo diceva sempre, e anche quello mi faceva sorridere tutte le volte, mentre gli chiudevo la porta alle spalle e tornavo alle mie faccende.
Ma da un po' di mattine a quella parte avevo delle cose in più da fare rispetto al solito, che centravano sempre con l'ultima cosa che restava da fare prima di accogliere Ginevra in casa nostra. Come credo si sia capito, quella pittura che Matteo doveva passare a prendere dopo gli allenamenti era la pittura che avevamo scelto insieme per le pareti della cameretta di Ginevra. Infatti, visto che ormai non mancava molto alla sua nascita, era arrivato il momento di trasformare la stanza esattamente di fronte alla nostra nella camera dove avrebbe dormito la nostra bambina, e la prima cosa da fare era sicuramente tinteggiare le pareti, che erano ancora bianche. O meglio, la prima cosa da fare era stato progettare come la volevamo, e di conseguenza scegliere il colore per le pareti, che non era stato proprio così facile come pensavamo...
«Perché il rosa non va bene?» mi aveva chiesto Matteo esasperato, quando avevamo iniziato a progettare la cameretta.
«Perché non voglio una cameretta rosa, nonostante stia per nascere una femmina» risposi io «Magari non le piacerà neanche come colore, e noi la obblighiamo a crescere in una stanza del colore che odia» aggiunsi.
«Se seguissimo questo ragionamento non dovremmo usare nessun colore» mi fece notare Matteo.
Io lo guardai male.
«Non è vero, potremmo usare un colore meno odiabile» dissi.
Matteo alzò un sopracciglio.
«"Odiabile"?» mi chiese «Da quando esistono colori del genere?» chiese ancora.
Io sbuffai.
«Intendo che il rosa è un colore che viene sempre assocciato al genere femminile, ma spesso a noi non piace» iniziai a spiegare «A me per esempio non è mai piaciuto, e avrei odiato avere una cameretta rosa in cui passare le mie giornate» continuai.
«Tu dormivi con Filippo, non avresti mai potuto avere una cameretta rosa» mi fece notare Matteo.
Lo guardai male di nuovo.
«Era per dire» dissi con aria ovvia «Comunque, rosa non va bene» ricominciai poi «Abbiamo solo due camerette, e se avessimo altri figli tutti maschi non possiamo metterne uno nella cameretta rosa» spiegai.
Matteo in quel momento spalancò gli occhi, e mi guardò con aria stranita.
«Scusa, quanti figli vuoi avere?» mi chiese poi, non riuscendo a trattenere un sorrisetto sghembo.
«Beh... io ne vorrei almeno tre, ma mai dire mai» risposi, facendo un sorrisetto a mia volta.
Sì, era da quando ero piccola che avevo sempre pensato di volere tre figli, un maschio e due femmine, però, dato che problemi economici non ne avremmo avuti, e visto quanto piacevano i bambini sia a me che a Matteo, averne qualcuno in più non sarebbe stato un grandissimo problema.
Il sorrisetto di Matteo si allargò, mentre si avvicinava e mi prendeva per la vita, tirandomi delicatamente verso di sé.
«Mai dire mai?» mi chiese divertito e con aria ammiccante.
Poi si sporse verso di me per lasciarmi un bacio a fior di labbra, poi uno sulla guancia, una sulla punta del naso e uno in fronte. In quello stesso esatto punto della fronte poi appoggiò la fronte, puntando i suoi bellissimi occhi color cioccolato nei miei.
«Possiamo stare a guardarci quanto vuoi, amore mio, ma non abbiamo ancora scelto il colore per la cameretta» feci notare a Matteo dopo attimi di silenzio.
Lui si lasciò scappare una risatina.
«Che ne dici se la dipingiamo di verde?» mi chiese poi «È un colore che piace a entrambi, ed è decisamente neutro» disse.
«E sicuramente non rientra nei colori odiabili» dissi io.
Facemmo una risatina all'unisono, e poi io accettai la sua proposta. Il verde mi sembrava il colore giusto, e sarebbe stato perfetto per la cameretta della nostra Ginny.
Tra l'altro avevamo deciso di tinteggiare noi le pareti, e non di chiamare degli imbianchini professionisti, perché volevamo divertirci un po' e metterci del nostro nella realizzazione della cameretta della nostra bambina.
Oltre a fare quello però bisognava anche scegliere l'arredamento, e proprio quello facevo tutte le mattine quando Matteo usciva per andare agli allenamenti. Accendevo il computer e visitato siti su siti in cerca di un bel set da cameretta che si sarebbe abbinato al colore che avevamo scelto per le pareti e che mi sarebbe piaciuto. Ormai in realtà avevo anche trovato le cose per me perfette, ma continuavo comunque a cercare, nel caso avessi trovato qualcosa che mi attirava di più. Non successe però, quindi quella sera, quando Matteo tornò a casa con la vernice, dopo aver controllato che fosse quella giusta, mi sedetti sul divano insieme a lui e ordinammo tutto. Dal lettino, che poi si sarebbe potuto tranquillamente trasformare in un letto più grande, in modo che non avremmo dovuto stravolgere di nuovo la camera una volta che Ginevra sarebbe cresciuta; ai quadretti da appendere alle pareti; alla poltrona da mettere accanto al suo letto; al tappetto; fino ad arrivare all'armadio e alla cassettiera.
«Ora non ci resta che aspettare che arrivino, per poi cimentarci nella loro costruzione» disse Matteo una volta ricevuta la conferma dell'acquisto.
Io annuii, soddisfatta e anche abbastanza emozionata.
Stavamo preparando la cameretta di Ginevra, che poteva solo voler dire che mancava pochissimo al suo arrivo, e io non vedevo l'ora.
«Sei contento, amore?» chiesi a Matteo, voltandomi a guardarlo con un sorrisetto.
Stava sorridendo anche lui, e in risposta alla mia domanda annuì leggermente.
«Soprattutto sono felice che abbiamo deciso di fare tutto noi e di non chiamare esperti o cose del genere» disse poi «È un'altra esperienza da condividere» aggiunse.
Il mio sorriso si allargò.
Era vero, sarebbe stata un'altra occasione da condividere, e non vedevo l'ora di viverla con il mio Teo.
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«Questa è la parete su cui dobbiamo disegnare anche i pois bianchi, quindi direi di farla per prima, così mentre facciamo le altre si asciuga e possiamo proseguire» dissi la mattina dopo, quando, dopo una buona colazione, io e Matteo ci mettemmo all'opera.
Avevamo sparso i fogli del progetto definitivo sul pavimento, ed eravamo pronti a procedere con l'imbiancatura. Se qualcuno ci avesse visti in quel momento ci avrebbe presi per due architetti, cosa che ovviamente non eravamo affatto.
«Signor sì, comandi!» esclamò Matteo facendo il saluto del soldato.
Io non riuscii a trattenermi, e scoppiai a ridere.
Era proprio stupido!
Rise anche Matteo, mentre prendeva uno dei rulli, lo intingeva nella pittura e lo avvicinava alla parete da tinteggiare. Come avevamo deciso, il lato della stanza che avrebbe ospitato il lettino e la poltrona, quindi quello che entrando nella stanza sarebbe stato sulla destra, doveva avere la parete verde con dei pois bianchi, mentre le altre tre, compresa quella quasi interamente occupata dalla finestra, sarebbero state completamente verdi. Inizialmente avevo pensato che su quella parete avremmo messo una carta da parati, ma, non avendone trovata nessuna carina, mi era piaciuta l'idea dei pois e avevo deciso di replicarla. Avevamo anche deciso che lì, sopra il lettino, avremmo messo i tre quadretti che avevamo comprato, che rappresentavano una giraffa, un coniglietto e un leoncino, e poi, ai piedi del letto, ci mettemmo la poltrona.
«Direi che questo sta benissimo qui» disse Matteo quando, neanche due settimane dopo, tutto fu pronto, prendendo l'orsacchiotto che mi aveva regalato qualche San Valentino prima e mettendolo seduto sulla poltrona.
Sorrisi mentre lo faceva.
In effetti ci stava benissimo, ed ero più che felice che la mia bambina avesse il peluche che mi aveva regalato il suo papà.
Ma a dir la verità, guardandomi intorno in quella stanza, non trovai nulla che non mi rendesse felice. Era tutto troppo perfetto, ed era l'ambiente giusto in cui volevo che crescesse la mia bambina.
«A cosa pensi?» mi chiese Matteo, puntando lo sguardo su di me.
Lo feci anche io, incastonando i miei occhi nei suoi.
«Che non vedo l'ora di crescere qui la nostra Ginny» risposi io, facendo un sorrisetto.
Sorrise anche Matteo.
«Anche io non vedo l'ora di crescere qui la nostra bambina» disse, avvicinandosi e prendendomi per la vita, prima di lasciarmi un bacio sulla fronte «La prima di tanti bambini» aggiunse, posando una mano sulla mia pancia.
«La prima di tanti bambini» ripetei io leggermente divertita ma più che convinta di quelle parole.
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