PLANNING PT.2

No che non ho ancora finito di parlare dei preparativi per il matrimonio.

Non vi ho ancora raccontato della scelta del mio vestito!

E mi sembra una cosa più che fondamentale per un matrimonio.

Inizio quindi con il dirvi che ero andata niente meno che da Pronovias a scegliere il mio abito, perché era dove avevo sempre sognato di andare, quindi non sarebbe potuto essere altrimenti.

In realtà io ero anche disposta ad andare in un atelier meno rinomato e di conseguenza meno costoso, ma Matteo mi aveva imposto di non pagare nulla da me, nemmeno il mio vestito, e non aveva battuto ciglio quando gli avevo detto che allora sarei andata da Pronovias.

Lo ammetto, speravo che così cambiasse idea e mi lasciasse pagare qualcosa, perché non trovavo giusto fosse fatto tutto a sue spese, il mio abito compreso. Ma purtroppo non era andata così, e allora avevo deciso di seguire comunque il mio sogno, nonostante stessi usando i soldi di Matteo e non i miei.

Comunque, dicevo che andai da Pronovias a scegliere l'abito, e ad accompagnarmi c'erano ovviamente la mia mamma e Francesca, mia cugina Giulia, Carlotta e Filippo.

Sì, mio fratello era voluto venire a tutti costi a cercare il vestito giusto per me, e quando avevo scoperto che purtroppo né Benni né Thessa sarebbero potute venire per impegni già programmati, si era praticamente autoinvitato.

«Porta male avere un uomo a scegliere l'abito» gli aveva detto mia madre quando aveva appreso la notizia.

«Ma io sono il fratello della sposa, non il futuro marito» le aveva fatto notare Filippo con aria ovvia.

«Sei comunque un uomo» gli aveva fatto notare mia mamma in risposta.

«Lascia stare, mamma. Viene e basta, altrimenti me la mena per tutta la vita» le dissi però io, scuotendo la testa per farle capire che non ne valeva la pena.

Quando Filippo si metteva in testa qualcosa non mollava per niente al mondo, e piuttosto che sentirmi rinfacciare il fatto di non averlo invitato a scegliere il mio vestito da sposa per il resto della nostra vita, accettavo anche tutte le sfighe che dovevano capitarmi per aver portato un uomo nell'atelier.

Che poi, che sfighe potevo avere?

Stavo sposando Matteo Pessina!

Comunque, arrivate nell'atelier di Milano dire che avevamo gli occhi a cuore è dire decisamente poco.

Intorno avevamo vestiti di ogni forma e genere, tra quelli principeschi con strati e strati di tulle a quelli più longilinei decorati con pizzi e brillantini raffinatissimi, fino a quelli più semplici, magari in raso e con qualche spacco particolare.

Insomma, era un posto meraviglioso!

«Sono in paradiso!» esclamò infatti Carlotta guardandosi attorno con aria sognante.

Facemmo tutti una risatina, senza però riuscire a darle torto.

Sembrava davvero il paradiso.

«Sei Cecilia?» mi chiese in quel momento una voce, che mi costrinse a distogliere gli occhi da tutto quel ben di Dio che avevo attorno e puntarli sulla commessa che si era fermata di fronte a me.

«Sì, sono io» risposi con un sorriso.

Sorrise anche lei, prima di passare gli occhi sulla mia troupe di consiglieri e poi assumere un'espressione allarmata.

«Lui è lo sposo?» chiese in panico.

«No, è mio fratello» risposi io per tranquillizzarla.

La commessa tirò un sospiro di sollievo, poi mi fece cenno di seguirla, indicando agli altri dove sedersi.

«Hai già in mente qualcosa che ti piace? Un modello o un tessuto particolare magari» mi chiese quando fummo in camerino.

«In realtà... in realtà io avrei fatto un disegno dell'abito dei miei sogni» risposi, non senza un po' di titubanza.

Avevo paura di sembrare arrogante mostrando il mio disegno, ma era un vestito che avevo in mente da quando ero piccola, e che finalmente ero riuscita a mettere su carta grazie alle mie doti da disegnatrice.

Avrei tanto voluto fosse possibile indossarlo davvero!

«Perfetto!» esclamò la commessa «Fammi vedere» aggiunse poi.

Io estrassi dalla borsa il foglio su cui avevo fatto il mio disegno e lo porsi alla commessa.

«È davvero bello» disse lei osservandolo «E qui vedo il coprispalle che hai in mente per la chiesa» aggiunse, girando il foglio.

Sì, avevo fatto fronte e retro.

«Sì, quello è un po' da rivedere in realtà perché non so bene come funziona» risposi io.

«Hai delle doti da stilista» disse la commessa divertita, mentre osservava ancora il mio vestito.

Feci una risatina anche io, poco convinta delle sue parole.

«È possibile realizzarlo?» le chiesi dopo alcuni momenti di silenzio.

«Credo proprio di sì, ma farlo su misura ti costerà un bel po'» rispose lei.

«Lo so, ma non è un problema» risposi io scuotendo la testa.

«Scusa chi sposi? Un calciatore?» chiese lei, evidentemente come battuta.

Dopo aver visto il mio sorrisetto un po' imbarazzato e il mio leggero cenno della testa però spalancò gli occhi.

«Davvero? E chi?» mi chiese curiosa.

«Pessina» risposi io.

«Quello che ha giocato agli Europei che abbiamo vinto?» chiese lei.

Io annuii di nuovo.

«Wow! Devo dirlo a mio marito!» esclamò la commessa incredula «Scusa, torno in me» si scusò poi «Visto che non abbiamo il tuo abito da farti provare, che ne dici se nel frattempo ne proviamo altri di modello simile per capire se effettivamente ti piace come ti sta?» mi propose.

«Ci sto, così lo vedono anche i miei accompagnatori» risposi io annuendo.

La commessa mi sorrise, poi iniziò a portarmi una sfilza di abiti di modello simile al mio da provare.

«Mamma! Non piangere! È solo il primo abito che provo, e non è neanche il mio perché sai che l'ho disegnato e vorrei farlo fare su misura!» dissi a mia madre con rimprovero quando uscii dal camerino con il primo abito.

«Lo so... ma sei così bella» disse mia madre in risposta, tirando su col naso.

Io la guardai con tenerezza e scossi leggermente la testa, mentre Filippo le lasciava un bacio sulla guancia.

Comunque, non vi interessa sapere di tutte le prove di abito che feci, perché alla fine non scelsi nessuno di quelli. Infatti mi fu confermato che era possibile realizzare quello che volevo io, e così all'appuntamento dopo eravamo solo io e mia madre, pronte a scegliere la stoffa e soprattutto a parlare del copri spalle.

Sì, il pezzo forte era il copri spalle, perché il vestito in sé era davvero molto semplice: era a sirena, non troppo attillato in modo che fosse comodo, con le spalline sottili e il collo all'americana. La particolarità era il dietro, che aveva uno spacco che partiva dai fianchi e lasciava scoperta tutta la parte bassa della schiena.

«Lo adoro, Ceci! È proprio da te!» mi disse Francesca quando tornammo per la prova ufficiale.

«Vero!» confermò Carlotta annuendo.

«Aspettate di vedere il coprispalle» gli disse però la commessa, prima di portarmi di nuovo in camerino e farmi indossare il pezzo forte di tutto l'abito.

«Oh mio Dio!» esclamò Giulia appena mi vide, portandosi le mani alla bocca e guardandomi sorpresa.

«Sei bellissima, Ceci!» esclamò Carlotta, con la stessa reazione di mia cugina.

Io sorrisi, poi arrivò il momento anche per me di girarmi per guardarmi allo specchio.

No, non mi ero ancora vista con quello addosso, e farlo fu un colpo al cuore, ovviamente in positivo.

Quel coprispalle era pazzesco, e stava da Dio con l'abito che avevo fortemente voluto!

Inutile dire che scoppiai a piangere, perché era l'abito giusto.

«Mi sembra di capire che sia lui» disse la commessa divertita, guardandomi attraverso lo specchio.

«È... è come l'ho sempre sognato!» esclamai io quasi senza fiato «Non può che essere lui» aggiunsi annuendo, mentre mi asciugavo alcune lacrime.

Era davvero il vestito perfetto!

Ah! Sì, ora vi dico com'era il copri spalle!

Era semitrasparente, decorato con dei pizzi di fantasie diverse e perline varie che lo facevano brillare. Ma la cosa migliore era che era lungo fino a terra, e aveva uno strascico che faceva un effetto bellissimo!

Esatto, era il vero gioiello di quel look, ed era lui che rendeva l'abito da sposa mozzafiato.

Avevo trovato l'abito dei miei sogni!

Non potevo essere più felice!

Ma, a sostituire la mia felicità con la confusione bastò una semplice domanda della commessa.

«Ma poi per il ricevimento non ti cambi abito?» mi chiese «Stai per sposare un calciatore, di soldi ne avrai» aggiunse come se fosse ovvio.

Io mi voltai a guardarla con gli occhi spalancati, così come mia madre, Filippo, Carlotta, Francesca e Giulia.

Cambiarmi?

Cioè comprare un altro abito per la festa della sera?

Dovevo?

«No che non devi, però non è male come idea» disse Carlotta «Io se stessi sposando mio fratello lo farei» aggiunse.

«Anche io se sposassi un calciatore lo farei» disse Filippo annuendo d'accordo con lei.

Lo guardammo tutte stranite, prima che io tornassi al mio dilemma.

Un vestito o due vestiti?

Non sapevo scegliere!

Da una parte avrei tanto voluto prendere un altro vestito per il ricevimento, di modo da realizzare un altro dei miei sogni, ovvero avere un matrimonio da vera principessa. Dall'altro però pensavo che non fosse giusto far spendere così tanti soldi a Matteo solo per i miei vestiti.

«Partendo dal presupposto che, visto che vi state sposando, i soldi sono di entrambi...» esordì mia madre quando, quella sera, ne avevamo parlato a cena (mi ero presa una notte per pensarci, e visto che a cena mia madre era da sola ero rimasta da lei per ragionare insieme sul da farsi) «...perché non dovresti prendere un altro abito? A Matteo non costerebbe nulla pagartelo, e tu realizzeresti il tuo sogno» continuò.

Io sospirai combattuta.

«Ma non voglio che spenda così tanto per me» dissi «Non mi sembra giusto» aggiunsi scuotendo la testa.

«E allora pagatelo tu» mi suggerì mia madre «Basta non dire a Matteo che stai comprando un altro vestito, o dirglielo dopo che lo hai pagato» spiegò.

Io la guardai incredula.

Era un'idea geniale!

Potevo realizzare il mio sogno e allo stesso tempo non sentirmi in colpa per aver fatto spendere troppo a Matteo!

Adoravo quell'idea!

E così, il giorno dopo tornai all'atelier per cercare un altro vestito, questa volta più da festa.

Infatti ne scelsi uno sempre stretto in vita e con la gonna attillata ma un po' più comodo, pieno di pallet e perline, perfetto per ballare.

«Eventualmente, per renderlo più casual, sopra puoi mettere questa camicia in raso da legare in vita» mi suggerì la commessa «È in omaggio» aggiunse poi facendomi l'occhiolino.

Io le sorrisi.

Ora era davvero tutto pronto per quello che ero sicura sarebbe stato il giorno più bello della mia vita!

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