CRISIS
Silenzio.
Quello ricevetti quella mattina da Matteo, dopo avergli detto un "ciao" mesto mesto.
Lui invece non disse nulla.
Solo silenzio.
«Hai intenzione di non parlarmi mai più?» gli chiesi, mentre inzuppavo un biscotto nel mio té.
«Sto soffrendo, e vorrei farlo in silenzio» rispose Matteo secco.
Io lo guardai dispiaciuta.
Non volevo farlo soffrire, mi dispiaceva tantissimo che stesse male per quello che gli avevo annunciato la sera prima, ma in realtà non sapevo come fare a consolarlo. Anche perché non voleva ascoltarmi.
«Teo, mi...» provai infatti a dire.
«Non ti ho detto che ho bisogno di silenzio?!» mi chiese lui con rabbia, interrompendomi.
A quel punto lo guardai con occhi di fuoco, poi sparecchiai le mie cose e tornai in camera. Lì mi vestii il più in fretta possibile, con tanto di sciarpa e cappotto, e poi feci per uscire di casa.
«Dove vai?» mi chiese Matteo, che era ancora seduto al tavolo della cucina.
«Esco» risposi io semplicemente.
«Perché?» mi chiese ancora Matteo.
Io mi voltai a guardarlo con occhi di fuoco.
Non aveva intenzione di parlarmi e pretendeva che stessi lì a casa in silenzio?!
«Tu hai bisogno di silenzio per soffrire, io di aria fresca» dissi secca.
Poi gli diedi le spalle e aprii la porta per uscire.
«Non aspettarmi per pranzo e nemmeno per cena. Non credo che tornerò» lo informai.
Poi, prima di vedere lo sguardo sicuramente confuso di Matteo, chiusi la porta e scesi le scale.
Avevo davvero bisogno di aria fresca, perché mi serviva riflettere e disintossicarmi da tutta l'aria ricca di delusione e cattiveria che c'era in quella casa.
~~~
Non sapevo esattamente dove andare, non avevo una vera e propria meta. Così rimasi a passeggiare per Monza per almeno un paio di ore, prima di tornare sotto casa, prendere la macchina e dirigermi dai miei.
Mangiai con Filippo, a cui raccontai più o meno cosa era successo la sera prima con Matteo.
«Quando hai il test?» mi chiese Filippo quando finii di raccontare.
«Tra due giorni» risposi.
Sì, la cosa era imminente, molto imminente, quindi dovevo partire per Firenze al più presto. Sinceramente speravo di andarci, se non con Matteo in persona, almeno con il suo consenso, ma la cosa sembrava difficile da realizzarsi.
«Vai da sola?» mi chiese Filippo.
«Sì, devo abituarmi a essere da sola in una città "sconosciuta"» risposi.
Filippo annuì.
«Lo sai che se hai bisogno...» provò a dire poi.
«Lo so, Fillo. Grazie» lo interruppi però io annuendo e abbozzando un sorriso.
Ne fece uno anche lui, prima di lasciarmi un bacio in fronte con tenerezza.
Per fortuna che c'era Filippo!
~~~
Nel pomeriggio feci un giro per il mio paesino, feci merenda con Francesca e poi mi chiusi in camera mia a casa dei miei per leggere un libro.
«Cosa ci fai qui?» mi chiese mia madre quando tornò quella sera, entrando in camera mia e guardandomi sorpresa.
Io abbozzai un sorriso poco convinto.
«È successo qualcosa con Matteo?» mi chiese infatti mia madre con sospetto.
Io sospirai.
La mamma è sempre la mamma, capisce sempre tutto al volo.
«Gli ho detto di Firenze» risposi.
«E l'ha presa male?» mi chiese lei.
«Male è dir poco» risposi io con un goccio di polemica nella voce.
Mia madre sospirò, poi si avvicinò a me, sedendosi a bordo del letto.
«Gli passerà» mi assicurò «Non è una notizia facile da digerire, soprattutto visto che lui non può seguirti a Firenze» aggiunse.
«Lo so, ma un minimo poteva fare finta di essere felice per me» dissi io.
Mia madre sospirò ancora.
«Non è facile nascondere i propri veri sentimenti, Ceci, soprattutto per le persone che amano davvero» lo giustificò lei.
Toccò a me sospirare.
Aveva ragione, come sempre.
«Mangi qui?» mi chiese mia madre dopo attimi di silenzio.
«Credo che dormirò anche qui. Matteo ha bisogno di silenzio ha detto» risposi io.
Mia madre annuì.
«Scrivigli però, altrimenti si preoccupa» mi suggerì poi.
Sospirai di nuovo, poi presi il cellulare per scrivere a Matteo.
Dormo dai miei
Ok
Quanto mi rattristava scriverci così pochi messaggi e con così tanta freddezza.
~~~
La mattina dopo mi svegliai completamente giù di morale, feci una colazione veloce e poi uscii di casa, diretta a casa mia, cioè la stessa in cui viveva Matteo.
Il giorno dopo dovevo andare a Firenze per fare il test, e, anche se avevo deciso di fare tutto in giornata, dovevo un minimo prepararmi.
Arrivata sotto casa però ci misi almeno venti minuti prima di farmi forza e prendere l'ascensore.
Avevo paura di rivedere gli occhi di Matteo, perché se fossero stati tristi e spenti come la sera prima, ero sicura che mi sarebbe crollato di nuovo tutto addosso.
Entrata in casa però Matteo non c'era, e non lo rividi fino a sera, quando tornò dagli allenamenti.
«A, ti sei degnata di tornare» disse più a se stesso che a me quando mi vide, con sarcasmo.
Decisi di ignorare quella sua frecciatina.
«C'è ancora della pasta se vuoi» gli dissi invece.
«Sto uscendo» mi disse però lui.
«Con chi?» chiesi io.
«Ricky» rispose Matteo.
«Quindi non mangi a casa?» gli chiesi.
Matteo scosse la testa.
«E non aspettarmi alzata, torno sicuramente tardi» disse poi.
In tutto questo non mi aveva guardata negli occhi per un singolo secondo, cosa che mi buttò ancora più giù.
«Teo, possiamo parlare un attimo?» gli chiesi con voce implorante.
«Non ho tempo» rispose lui secco.
«Ti prego...» provai io.
Ma lui aveva già imboccato di nuovo la porta e se l'era chiusa alle spalle senza lasciarmi il tempo di finire.
Sospirai, mentre sentivo delle lacrime minacciare di uscire. Però le ricacciai indietro, perché avevo un test per entrare all'università a cui pensare in quel momento, e non potevo lasciarmi distrarre da nulla.
Cosa che mi riuscii abbastanza bene, perché neanche la mattina dopo vidi Matteo, era già uscito per andare agli allenamenti quando io mi svegliai.
Di solito, prima di andare via, mi lasciava un bacio in fronte, che io sentivo nel mio dormiveglia e abbozzavo un sorriso di saluto. Quella mattina invece non successe, rendendo la nebbia di Monza ancora più gelida e densa di quanto già non fosse.
Feci una veloce colazione, misi le ultime cose nello zaino e poi feci per uscire di casa. Non prima però di aver scritto due semplici frasi a Matteo su un fogliettino che lasciai sul mobile accanto all'ingresso.
Sono a Firenze a fare il test. Torno per cena. Ti amo.
Ceciu <3
~~~
No, quando uscii dall'aula universitaria dove feci il test non ero soddisfatta, anzi. Ero sicura di non aver dato il meglio di me, ed ero anche abbastanza sicura che non sarei stata presa. Però, come si dice, la speranza è sempre l'ultima a morire, quindi...
In quel caso in effetti, forse l'unica cosa che ancora c'era di vivo in me era la speranza, perché l'umore era sicuramente morto e stramorto. Non riuscii ad apprezzare nemmeno la bellissima Firenze, anche se, ovviamente, mi soffermai a guardare tutto per almeno cinque minuti buoni, come se fosse la prima volta.
Tra l'altro, sembrava che, insieme alla mia tristezza, mi fossi portata dietro anche la nebbia da Monza, perché Firenze era grigia e cupa, e di conseguenza c'era poca gente in giro.
A Monza poi, la situazione non era cambiata rispetto al mattino, e il buio era già calato sulla città quando uscii dalla stazione e mi incamminai verso casa.
In quel momento mi arrivò un messaggio da Matteo.
Hai bisogno che ti passo a prendere?
Non nascondo che rimasi spiazzata da quel messaggio.
Significava che non era più arrabbiato?
Significava che una volta a casa mi avrebbe rivolto la parola di nuovo?
No, sono già praticamente arrivata
Ero poco lontano da casa, non aveva senso farsi venire a prendere.
Allora aspettami giù, devo portare fuori Simba e Nala
Ok
"Muoviti però, Matteo! Fa freddo!" mi dissi tra me e me mentre aspettavo il mio ragazzo sotto casa.
Neanche a farlo apposta in quel momento si aprì il cancello, e ricevetti un'accoglienza a dir poco felice dai miei cagnolini.
Per fortuna che c'erano loro!
«Ciao» mi disse Matteo abbozzando un sorriso.
«Ciao» dissi io facendo lo stesso.
«Sai già il risultato?» mi chiese Matteo mentre ci incamminavamo verso il parco.
«No, anche se credo sia andata abbastanza male» risposi.
Matteo mi guardò confuso.
«Non è possibile, tu non fai mai niente male» disse.
Io abbozzai un altro sorriso poco convinto.
«Questa volta avevo troppe cose per la testa» dissi scuotendo leggermente il capo.
Sentii Matteo sospirare.
C'era imbarazzo tra noi, era evidente, però lui sembrava più tranquillo e disposto a parlare di quanto lo fosse nei giorni precedenti.
«Senti, Ceciu, mi dispiace» iniziò a dire infatti dopo un po' «Non volevo fare tutto quelle scene e arrabbiarmi così tanto. Sono entrato in panico e non sono più riuscito a ragionare» continuò, cercando di spiegarsi «L'idea di averti di nuovo lontana mi fa impazzire, però, come hai detto tu, so che siamo in grado di superare la distanza e che il nostro amore è più forte di tutto. Non volevo farti stare male e accusarti di cose che non sono vere, e soprattutto non volevo che il test ti andasse male per colpa mia» concluse abbassando poi lo sguardo.
Io sospirai e lo guardai con tenerezza.
«Non è colpa tua se mi è andato male il test» gli assicurai «Non sono mai stata convinta neanche io di andare a vivere a Firenze e stare lontana da te per così tanto» ammisi «Certo, la tua reazione non ha aiutato, ma non sarà di sicuro quella a impedirmi di passare il test. Non ero concentrata per una serie di cose che non dipendono solo da come l'hai presa tu, quindi non fartene una colpa» continuai, allungando una mano per stringere quella di Matteo che non teneva i guinzagli di Simba e Nala.
Matteo puntò gli occhi nei miei.
Era chiaramente dispiaciuto, ma ripeto, la colpa non era del tutto sua, anzi, per la maggior parte era mia.
Dovevo parlare della cosa a Matteo prima, dovevo dargli più tempo per metabolizzare la questione e non accusarlo di tutte quelle cose per cui lo avevo accusato in quelle sere.
Facendo tutto il contrario ero arrivata a quel giorno stanca e demotivata, cosa che non mi aveva permesso di dare il meglio di me.
«Scusa, Ceciu» disse Matteo in un sussurro.
Poi mi strinse a sé, facendomi affondare il viso nell'incavo del suo collo.
Rimanemmo così per qualche secondo, poi io mi staccai dal suo petto per baciarlo con delicatezza.
«Ti amo» gli sussurrai.
«Anche io» disse Matteo «Ed è proprio per quanto ti amo che ti prometto che sarò felice quando arriverà la notizia che hai passato il test» aggiunse, appoggiando la sua fronte alla mia e guardandomi negli occhi.
Io abbozzai un sorriso.
«Tanto non lo passo» dissi scettica, scuotendo leggermente la testa.
«Non dire così, neanche per scherzo, Ceciu» mi rimproverò Matteo «Passerai quel test e vivrai il tuo sogno, per cui io ti sosterrò, più che felice di farlo» mi disse serio.
Io sospirai.
«Ok?» mi chiese Matteo guardandomi negli occhi.
Io titubai un attimo, poi annuii.
«Ok» confermai, anche se ancora poco convinta.
Matteo fece un sorriso, mi lasciò un bacio in fronte e poi mi prese per mano per continuare la nostra passeggiata con Simba e Nala.
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