WONDERFUL NEWS... MAYBE

«Teo!» esclamai una domenica mattina, con il telefono aperto sulla homepage di instagram e gli occhi strabuzzati.

«Cosa ho fatto?» mi chiese Matteo comparendo nel salotto di casa mia con aria allarmata.

Io feci una risatina.

«Nulla, nulla» gli assicurai «È solo che...» continuai tornando a guardare il mio telefono «Loca e Thessa si sposano!» esclamai mostrandogli il post della mia amica, in cui si vedevano lei, la sua mano e un anello alla Kate Middelton con sotto scritto "SI CON TUTTO IL CUORE ❤".

Poteva voler dire solo una cosa giusto?

Anche Matteo spalancò gli occhi.

«Come scusa?» mi chiese, avvicinandosi al divano.

Poi guardò la foto che gli stavo mostrando con le sopracciglia aggrottate.

«Non pensavo le avrebbe fatto la proposta oggi» ammise più tra sé e sé.

Toccò a me aggrottare le sopracciglia.

Come scusa?

«Sapevi che Loca avrebbe fatto la proposta a Thessa?» chiesi stranita.

«Beh, è o non è uno dei miei migliori amici?» mi chiese Matteo in risposta con aria ovvia.

Io spalancai gli occhi.

«E non mi hai detto niente?!» chiesi con tono accusatorio.

Anche Matteo spalancò gli occhi spaventato.

«Non potevo, Loca mi ha fatto promettere di non dirlo a nessuno» si difese.

«Ma io sono la tua ragazza» gli feci notare io con aria ovvia.

«Ma sei anche amica di Thessa» mi fece notare Matteo con il mio stesso tono.

Io lo guardai male.

«Credi che le avrei spifferato la cosa?» gli chiesi indignata.

«No, ma... beh, magari te la saresti fatta scappare, non so...» provò a difendersi Matteo.

Io lo guardai con gli occhi ridotti a fessura, poi commentai il post di Thessa felice più che mai, prima di scriverle un messaggio.

Non vedo l'ora del vostro perfetto matrimonio!

Lei mi rispose dopo qualche ora.

Io non vedo l'ora che tu sia una delle mie perfette damigelle 🥰😘

Sorrisi.

Che carina la mia amica!

E che bello che si sposava!

Avevo sempre pensato che lei e Loca fossero l'esempio perfetto di vero amore, e quell'evento confermava solo la cosa, rendendomi felicissima per i miei amici.

Certo che ero felice anche perché sarei presto andata a un matrimonio!

Perché insomma, a chi non piacciono i matrimoni?!

~~~

Si dice no che i bei momenti non sono destinati a durare a lungo e bisogna goderseli il più possibile?

Beh, è vero, lo dico per esperienza.

Quella settimana era stata la migliore della vita di Matteo a sua detta, e quel weekend aveva portato fantastiche notizie per due dei nostri migliori amici e quindi anche per noi. Ma la nostra gioia si sarebbe spenta nel giro di poche ore.

Quella sera c'era Atalanta-Milan a Bergamo, quindi io e Filippo eravamo allo stadio con uno degli amici di Matteo di nome Riccardo.

Lo avevo conosciuto poco prima dell'estate e lo trovavo molto simpatico, quindi avevamo iniziato ad andare insieme allo stadio quando era possibile.

Quella sera Matteo avrebbe giocato, ma purtroppo non per molto tempo: al minuto 22 fu protagonista di uno scontro con Tomori del Milan, scontro che lo lasciò a terra dolorante.

«Si è fatto male?» chiese Riccardo, mentre Filippo si lamentava dell'arbitro che stava lasciando correre il gioco.

«Sembra di sì» risposi io preoccupata, quando finalmente Matteo venne raggiunto dai medici.

Era ancora a terra con una mano sulla coscia destra.

I medici lo accompagnarono a bordo campo per far continuare il gioco, e dopo un attimo Matteo tornò seduto per terra perché evidentemente non si reggeva in piedi dal dolore.

Non mi piaceva quella situazione.

Per niente!

Tra l'altro la cosa peggiore era essere bloccata lì in tribuna senza la possibilità di capire cosa stesse succedendo veramente.

L'unica cosa che riuscimmo a capire fu che si era fatto davvero male, perché dopo ancora qualche secondo in cui i medici cercarono di capire cosa avesse, Matteo venne portato fuori dal campo in barella, con le mani sugli occhi per la disperazione e il dolore.

Ne avevo già parlato in riferimento al suo infortunio al ginocchio, e anche in questo caso dirò che sicuramente quello che faceva più male a Matteo era il doversi fermare per un po' dal gioco, più che l'essersi stirato o rotto qualcosa.

Tra l'altro quel mercoledì ci sarebbe stata la Nations League contro la Spagna e lui era stato convocato a Coverciano. Dopo quella sera però nulla era più sicuro. Anzi, forse l'unica certezza era che Coverciano non lo avrebbe visto neanche con il binocolo.

~~~

Quella notte Matteo la passò a piangere, ripeto, non per il dolore fisico in sé, ma perché non sarebbe potuto partire con la Nazionale.

«Pensavo di essere arrivato a un momento in cui niente mi avrebbe fermato dal giocare con la Nazionale, e invece guardami! Sono qui a piangermi addosso per un infortunio del cazzo che non si sa neanche cosa sia ancora!» disse tra singhiozzi, evidentemente arrabbiato.

Le visite le avrebbe avute la mattina dopo, quindi effettivamente non sapevamo cosa gli fosse successo, ma la cosa sembrava abbastanza seria.

«Domani sarei dovuto partire per Coverciano, non farmi portare al centro medico!» si lamentò ancora, tirando un pugno al cuscino.

«È vero, ma la tua carriera in Nazionale non è finita, hai ancora anni davanti a te per giocarci» gli dissi cercando di rassicurarlo.

«Se non gioco le prossime due partite il mister si renderà conto che non ha bisogno di me e non mi chiamerà più» mi smentì Matteo scuotendo la testa.

Io lo guardai con pietà.

«Mancini non si dimenticherà di te, non dopo quello che hai fatto agli Europei e il goal che hai appena fatto in Champions» dissi.

«Goal che non potrò più fare» ribatté Matteo secco.

Poi fece un verso rabbioso e tirò un altro pugno al cuscino.

«Teo... amore, calmati» cercai di dirgli io, prendendogli il volto tra le mani e asciugandogli le lacrime.

«Come faccio, Cecilia?! Come faccio?!» mi chiese lui disperato.

Io sospirai.

Era terribile vederlo così.

«Scusa, non volevo essere cattivo» si scusò dopo qualche attimo di silenzio senza smettere di piangere.

«Tranquillo, tranquillo» gli dissi io accarezzandogli una guancia.

Poi gli lasciai un bacio in fronte e lo sentii stringermi a sé.

Lì così, con la testa nell'incavo del mio collo, Matteo ricominciò a singhiozzare disperato.

«Amore, dovresti dormire un po'» gli dissi a un certo punto.

Lui scosse la testa senza staccarsi da me.

«Non ci riesco» disse.

Io sospirai.

«Lo so che non è facile, ma ti fa bene dormire, lo sai» gli dissi.

Matteo scosse ancora la testa e ricominciò a piangere.

Io gli accarezzai i capelli ancora per un po', poi mi staccai leggermente per guardarlo negli occhi.

«Amore, ascoltami» gli dissi per attirare la sua attenzione «Sono qui con te, ok? Sono sdraiata accanto a te, e, anche se non posso permetterti di giocare in Nazionale, sono qui per consolarti e passare queste giornate con te» continuai «Fidati, devi dormire, amore, altrimenti domani, qualsiasi sia la notizia, la prenderai peggio di come dovresti» aggiunsi.

Matteo sospirò cercando di calmarsi.

«Grazie di esistere» mi disse in un sussurro.

Io abbozzai un sorriso e gli lasciai un bacio in fronte, prima di stringermi ancora a lui e cullarlo per cercare di farlo addormentare.

Non dormì molto, anche perché erano già le quattro di mattina quando aveva smesso di singhiozzare ininterrottamente, ma comunque la mattina dopo non fece storie quando fu ora di alzarsi e salire in macchina per andare al centro medico dell'Atalanta.

La visita durò qualche ora, che io passai in macchina con il rumore della pioggia che cercavo di contrastare con il volume della radio.

Quando Matteo tornò in macchina con le sue stampelle e la sua fasciatura era più nero del cielo.

«È una lesione di secondo grado al flessore della coscia destra» disse «Devo stare fermo dalle sei settimane ai due mesi» aggiunse.

Io lo guardai dispiaciuta.

«È relativamente poco però se ci pensi» provai a dire.

Matteo mi guardò con occhi di fuoco, che poi divennero di una tristezza sconfinata. In un attimo si erano riempiti di lacrime, che Matteo non riuscì a trattenere.

«Come faccio a non giocare per due mesi?!» mi chiese disperato, scuotendo la testa.

Io lo guardai con pietà, poi mi sporsi verso di lui e gli feci nascondere la testa sulla mia spalla mentre io lo abbracciavo per consolarlo.

Il suo umore era esattamente come quello del cielo quel giorno, e né l'uno né l'altro cambiarono più di tanto nei giorni successivi.

Però quel mercoledì Matteo riuscii a vedere la partita a casa mia con mio fratello e i miei. Ovviamente non era al massimo dell'umore, ma era pronto a tifare per i suoi compagni, anche se avevo dovuto insistere un po' per convincerlo a vedere la partita.

«Ti sembra che la guardo, Ceciu?! Sarei dovuto essere lì a giocarla, non seduto a guardarla dal divano con una fasciatura intorno alla coscia destra!» esclamò quando gli chiesi se avrebbe guardato la partita.

Io sospirai.

Immaginavo non dovesse essere facile, ma non poteva non guardarla, e sapevo anche che infondo voleva farlo.

«Sono i tuoi amici, Teo. I tuoi compagni di Nazionale. Ed è l'Italia. Non puoi non guardarla» gli feci notare.

Sospirò anche lui, quasi convinto.

«Loca non ti perdonerebbe mai se non la guardassi» gli dissi.

Se alle mie precedenti parole si stava quasi convincendo quelle lo convinsero del tutto.

Sapevo di poter sempre contare su Loca!

«Se ci fossi stato tu quel goal lo avresti fatto» disse a un certo punto mio padre a Matteo per tirarlo su di morale, dopo un'occasione goal persa da Barella.

Lui abbozzò un sorriso, ma era evidente che quella frase non gli avesse fatto bene.

Così io guardai mio padre e scossi leggermente la testa, sentendolo sospirare mentre guardava Matteo dispiaciuto.

Era bello che il mio papà volesse rallegrare un po' Matteo, ma la cosa non era facile, per niente. E guardare quella partita non stava migliorando le cose.

«Ricky è allo stadio» dissi durante la pausa tra primo e secondo tempo.

«Lo so, gli ho detto io che poteva andare» mi disse Matteo «Aveva già preso il biglietto d'altronde» mi fece notare alzando le spalle con innocenza.

Io feci un sorrisetto tenero e pietoso, poi mi sporsi per lasciare un bacio sulla guancia a Matteo.

«Ti amo» gli sussurrai.

«Anche io, amore mio. Tantissimo» disse lui con un mezzo sorriso tenero.

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