20. La casa nel bosco

Kyla era sempre più stanca. Lei e Lailie camminavano da giorni, nascondendosi e scappando dai soldati del re, che le voleva nel suo esercito d'élite composto da tutti i Dominatori dello Stato. Ma loro non volevano combattere, odiavano il fatto di essere così potenti, il dominio dei quattro elementi era più un peso che qualcosa di cui vantarsi. Non sopportavano l'essere la famosissima e unica coppia di Hariiti, i due Dominatori che insieme costituivano la più potente arma mai vista. Perché questo erano: armi. Nessuno le vedeva come esseri umani, erano solo una forza da sfruttare. Inoltre, il re di Vheleeri era il più ambizioso e avido che fosse mai esistito al mondo, voleva il potere, voleva conquistare, voleva governare tutta la terra, e le due Hariiti erano indispensabili per compiere il suo ambizioso sogno di gloria.
Si trovavano ormai ai confini dello stato, una terra selvaggia piena di Shalahabo, le Furie, le bestie feroci da cui tutti gli Stati dovevano difendersi. Kyla però non aveva paura di loro, sapeva che i poteri suoi e quelli di Lailie bastavano per sconfiggerli e confidava nel loro addestramento militare che, malgrado avesse odiato, non poteva negare che le fosse stato utile in molte situazioni.

Il libro che avevo comprato alla libreria di Lumini mi aveva appassionata tantissimo. Da quando avevo cominciato a leggerlo non riuscivo più a staccare gli occhi dalle pagine, sentivo il costante desiderio di conoscere tutta la storia. Inoltre, le Hariiti mi ricordavano i Gemelli descritti da Alex e, per qualche strana ragione, sentivo che questa storia poteva averne dei legami.

La mattina del 24 dicembre, prima di presentarmi alla casa dei Delgei, avevo sentito il bisogno di conoscere meglio l'autrice, Marilyne Lane, della quale nel libro non era scritta nemmeno una riga. Facendo delle ricerche, notai che il nome usciva solo accostato alla saga e nessun sito parlava di lei personalmente.
Finalmente, dopo molto tempo, trovai un'unica frase che mi colpì: Marilyne Lane, nata a Liverpool nel 1975 e vissuta lì per tutta la vita, è scomparsa nell'estate del 2018 in circostanze misteriose, poco tempo dopo aver pubblicato l'ultimo romanzo della saga che l'ha resa famosa.

Aggrottai la fronte. Era sicuramente strana la storia di quella scrittrice, era particolare l'idea che mi dava la saga, mi sembrava che in qualche modo di aver visto o sentito quella storia, anche se in un contesto assolutamente diverso. Mi era... familiare. La scomparsa dell'autrice, inoltre, mi faceva pensare alle leggi di cui mi aveva parlato Alex, e questo mi incuriosiva. Che ci fosse un qualche nesso tra la saga fantasy e il mondo reale?
Il mio cervello fantasioso viaggiava in nuove e strane teorie, all'esistenza di poteri sovrannaturali, segreti sepolti nei secoli, magia... il mio stupido desiderio di vivere un'avventura di quelle trovate solo nei libri mi spingeva a fare le supposizioni più assurde e inverosimili, e quella inutile speranza mi aveva illuminato d'un tratto la vita.

Non c'era tempo però di soffermarsi su quei bei sogni impossibili, avevo una vita reale a cui badare, compiti da svolgere e, soprattutto, onorare l'importante invito che avevo ricevuto per quella giornata.
Pranzai quindi in fretta, avevo svolto le mie ricerche fino all'una e mezza, e cominciai a pensare a come vestirmi.
Aprii l'armadio, piombando nello sconforto: non sapevo assolutamente cosa mettermi. Provai pantaloni, gonne, magliette, vestiti, e nulla di ciò che indossavo mi sembrava consono all'occasione. Avevo per fortuna una indicazione data dalla tradizione, per la quale, nel giorno di Natale, si doveva indossare qualcosa di rosso. Infine optai per un pantalone comodo ed elegante allo stesso tempo e un bel maglione rosso.
Mi sentivo agitata, era la prima volta che andavo a cena a casa di amici da sola, soprattutto a casa di persone che ancora non conoscevo, e volevo fare la migliore figura possibile. Non mi ero mai truccata prima, per lo meno mai da sola, ma volevo risultare un minimo presentabile agli occhi dei genitori di Alice e Alex e quindi decisi di provare. Presi quindi i trucchi di mia zia e, dopo venti minuti passati ad imprecare perché tutti i flaconcini avevano nomi e indicazioni scritte in lingue assurde e non riuscivo quindi a capirne l'uso, cominciai ad applicare ciò che mi sembrava essere fondotinta. L'effetto era favoloso sulla pelle e forse esagerai un po' con le dosi, fatto sta che quando finii avevo tutte le mani imbrattate di trucco. Mi sporcai il naso quando provai a mettere il mascara, sbavai tutto il rossetto, che pulii e rimisi da capo, e rinunciai a mettere l'eyeliner, giudicandolo non alla mia portata. Alla fine il risultato fu decente e mi ritenni soddisfatta, viste le mie capacità discutibili.

Alle quattro ero pronta, e quando suonarono il campanello, fui veloce a scendere e incontrare Alice, che mi avrebbe guidata verso la sua casa. Non appena mi vide, la mia amica mi gettò con gioia le braccia al collo, salutandomi contenta.
«Buon Natale Ilary!» esordì, «Non sai quanto sono contenta di vederti in questo giorno! Sai, per l'occasione verrà a casa anche mio fratello Francesco, che non vedo da giugno, pensa!»
«Davvero? E perché non lo vedi da così tanto?»
«Sai che studia in una strana Accademia dove ormai praticamente vive, quindi ricordatelo bene! Perché dopo Natale riparte e non lo vedremo più per molto tempo!»
«Oh, mi sento onorata allora di fare la sua conoscenza. E dimmi, lui com'è?» chiesi mentre ci avviavamo su una strada in salita fiancheggiata da alberi sempre più folti e che portava pian piano verso la collina. Ricordavo di averla già percorsa tempo prima, durante la sciagurata passeggiata nel bosco in cui avevo per la prima volta rischiato seriamente la vita. Sentivo il mormorio di un ruscello, e mi vennero i brividi.
«Oh, lo adorerai! È simpatico, divertente, intelligente e anche molto carino.»
"È una cosa di famiglia, insomma." Pensai automaticamente, e subito sobbalzai, sbalordita dal mio stesso pensiero. Stavo diventando sempre più patetica. "Dannazione, devo smetterla."
Era una bella giornata, seppur terribilmente fredda, ed un timido sole invernale illuminava le foglie degli alberi, che frusciavano mosse da un vento gelido.
«Odio l'inverno.» borbottai, stringendomi ancor di più nel cappotto e calcandomi il cappello di lana fin sopra gli occhi.
«A chi lo dici!» sospirò Alice, «ma stai tranquilla, siamo quasi arrivate!»

Superammo un ponticello di legno sotto il quale scorreva un piccolo fiume, e io allungai istintivamente il passo, senza osare guardare giù.
«Paura delle altezze?» chiese Alice con tono di scherno.
«Certo che no!» esclamai, «Solo di questo maledetto ruscello. Non so se ti ricordi, ma io ho un bel trauma.»
«Oh giusto! Scusa.»
«Tranquilla.»
«Guarda! Eccoci arrivati.»

Di fronte a noi c'era una casa in legno lucido, costruita tra gli alberi con grande maestria. Sulla destra c'era una grande terrazza che dava sul bosco e grandi finestre che filtravano la luce all'interno, mentre l'ingresso si raggiungeva tramite un'ampia scala in marmo bianchissimo che portava a un'entrata in mogano riccamente decorata di bassorilievi e disegni fatti da una mano esperta. Era totalmente diversa dalla casa che avevo a Roma che era bruciata nell'incendio, eppure me la ricordò.

Salimmo la bella scalinata, Alice prese il suo paio di chiavi ed entrammo in un ampio ingresso in marmo con un parquet le cui tavole formavano un disegno particolare sul pavimento lucido. L'illuminazione era data da lampade al neon situate lungo tutti gli spigoli del tetto e nascoste in una rientranza nel muro. L'arredamento era piuttosto semplice, composto da un tavolino in legno pieno di curve e graziosi ghirigori, con lo stesso disegno del pavimento, posto a sinistra vicino alla porta su cui erano poggiati una ciotolina bianca in ceramica dove la mia amica mise le chiavi e altri piccoli oggetti, mentre a sinistra, opposto al tavolino, c'era un semplice e grande vaso bianco che conteneva gli ombrelli. Posammo cappotti e cappelli sull'appendiabiti in legno scuro e attraversammo l'atrio, passando attraverso un arco che ci portò in un luminoso e ampio soggiorno, con le pareti totalmente coperte da librerie in legno scuro e lucido piene di volumi di ogni tipo, mentre la parete opposta all'entrata era fatta totalmente in vetro e dava sull'ampia balconata che a quanto pare percorreva la casa su due lati. Incastonate nelle librerie, che si trovavano appese anche sopra di esse, vi erano due porte per ogni parete, a parte per quella a vetri, e alla mia destra, centrale, una grande televisione. Il centro della sala era occupato da un tavolino in legno simile a quello dell'ingresso circondato da due divani e due poltrone, a formare un rettangolo. Il tutto era poggiato su un grande e pregiato tappeto circolare. Nell'angolo destro vicino alla vetrata splendeva un grandissimo albero di Natale, che con la sua stella quasi toccava il soffitto. 
Una delle porte sulla parete sinistra portava alla cucina, mentre l'altra alla sala da pranzo. Le due porte sulla parete destra portavano entrambe ad un corridoio, che portava ai bagni e alle stanze da letto. La porta a sinistra dell'arco da cui ero entrata si apriva su una ampia scala a chiocciola, mentre quella a destra su uno studio. Questo è ciò che mi spiegò Alice.
«Avete proprio una bella casa!» commentai, «Dove porta la scala?»
«Al piano di sopra. I miei genitori ci salgono spesso, ma a me è vietato entrare, e così era anche per Alex prima della trasformazione. Ora però lo fanno entrare ogni tanto, ed è lì su che ha passato i quattro giorni del suo cambiamento. Mi sento così esclusa...»
«Non ti è mai venuto in mente di entrare di nascosto?»
«Certo che sì! Però la porta è sempre chiusa a chiave e i miei genitori tengono la chiave sempre nascosta non so dove. Ormai ci ho rinunciato. Immagino che prima o poi diventerò degna anche io di salire al piano di sopra.» sottolineò la parola degna con una smorfia tra il disgustato e l'irritato.
Nello stesso momento, la porta della cucina si aprì e ne uscì Maria Delgei, vestita di un magnifico vestito rosso e un maglione verde scuro, che dava indicazioni a una donna straniera. «Francesco arriverà a momenti, e credo anche la nostra ospite, quindi sbrigati a finire... oh! Ma Ilary è già qui! Benvenuta, benvenuta! Ali, avresti dovuto avvertirmi, ti pare questo il modo di accogliere la nostra ospite?»
«Le stavo mostrando la casa, mamma! Ma dove sono Alex e papà?»
«Sono andati a prendere Francesco alla stazione.»
Alice aggrottò le sopracciglia. «Francesco è capacissimo di tornare a casa da solo.»
«Ma certo che sì! Volevano solo fare una cosa gentile, Ali.»
«Se lo dici tu. Comunque, a che punto siamo con i preparativi? Possiamo aiutare?»
«È tutto pronto, grazie cara, dobbiamo solo aspettare gli altri.»
«Ottimo! Allora continuiamo il giro. Vieni Ila, ti faccio vedere la terrazza.»
Io, che ero rimasta in silenzio, incapace di partecipare alla veloce conversazione, fui presa alla sprovvista e seguii, un po' confusa, la mia amica verso la porta-finestra incastonata nella magnifica vetrata e, rabbrividendo dal freddo, ammirai la bellezza del panorama.
Il pavimento della terrazza era in legno chiaro, mentre la ringhiera, piena di ghirigori e decorazioni sofisticate, era dello stesso legno della porta d'ingresso. Lucine colorate di Natale percorrevano tutta la ringhiera e davano luce assieme alle lampade fissate alla parete della casa. Guardando oltre le luci, vi era il bosco, buio e affascinante, e, in alto su esso, brillava una perfetta mezzaluna. Sulla terrazza, a percorrerne i bordi, c'erano vasi colorati pieni di ogni genere di pianta e sulla parete dietro di me, arrampicata su un apposito sostegno, c'era un intrico di rami di rosa rampicante, ovviamente non ancora fiorita, i cui vasi, tutti uguali, poggiavano sul muro. Chissà quanti anni e pazienza ci erano voluti per avere un risultato così spettacolare, e quanto doveva essere bella la terrazza in primavera.
Mi riscossi al suono del campanello, che annunciava l'arrivo dei fratelli e il padre di Alice. Lei, con un sorriso splendente mi prese per il polso e mi trascinò di nuovo all'interno.
«È arrivato Francesco! Dai, vieni a conoscerlo!»

Spazio autrice
Dopo secoli di inattività, sono tornata! Da quanto è che sto scrivendo questo capitolo, tipo un anno? Perdonatemi davvero per l'attesa.

Però, come promesso, ho finalmente concluso il capitolo. Conoscendomi, credo che il prossimo arriverà dopo Natale, scusate tanto in anticipo😅

Cooomunque, spero che questo capitolo TOTALMENTE di passaggio vi sia piaciuto perché il prossimo, piccolo spoiler, sarà un capitolo super importante (se mai arriverà 🤦🏻‍♀️)

Inoltre, credo che tra qualche mese il mio profilo, e quindi "I Gemelli", compiranno ben due anni!! Come passa il tempo eh?

Sperando che mi abbiate perdonata, vi saluto, sperando di tornare presto!

~Ilydia

P.S. Essendo una casa del tutto inventata, non ho trovato immagini che le assomigliassero, quindi quella che vedete ad inizio capitolo NON la rappresenta.

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