CAPITOLO VENTICINQUE

Lina uscì dalla piccola chiesa della Madonna della Tosse in via Masaccio; aprì l'ombrello e si avviò verso casa, ma prima si sarebbe fermata un attimo all'Esse Lunga per comprare del pane e un po' di frutta. Erano quasi le sette di sera, doveva allungare il passo, tra poco Elia sarebbe tornato a casa rimanendo anche a dormire. La donna osservava le auto sotto la pioggia, notando come fossero aumentate in pochi anni,  rammentando che, quando lei e suo marito si erano trasferiti a Firenze, erano in pochissimi a possedere l'automobile, adesso erano in pochi a non averla. Pensava che ci fosse un desiderio sfrenato per i beni materiali.  La pubblicità in televisione faceva venire voglia di comprare degli oggetti, per  i quali altrimenti, non se ne sarebbe sentita la mancanza. Lina pensava che forse Betti non sbagliava, quando le ricordava che c'era una parte dell'umanità che moriva di fame a causa dell'egoismo  dell'occidente. Rifletteva sul fatto che  i ragazzi come sua figlia contestassero tutto, molti di loro erano soprannominati "capelloni",  perché portavano i capelli lunghi, così vedendoli da dietro secondo lei non si capiva chi fosse l'uomo e chi la donna; si esprimevano con un loro gergo, l'umanità la dividevano in due parti: i beat e i matusa.  Sorridendo tra sè e sè girò l'angolo ed entrò in via Andrea del Castagno, la pioggia si era fatta più insistente. Il padre di Sandra si trovava in piedi all'interno del portone di casa sua e guardava fuori con aria preoccupata.

"Buona sera signora De Michelis! Pare che l'Arno, su nelle campagne, sia andato fuori dagli argini, speriamo bene."

" Auguriamoci che smetta di piovere. Buona serata !"

Lina entrò in casa e si avviò in salotto ad accendere la televisione: padre Mariano stava finendo di rispondere a  una lettera di uno spettatore; sul secondo canale parlavano di sport. Pareva tutto tranquillo, sembrava non ci fosse nessun motivo di preoccupazione.

Andò in cucina a preparare la cena, ma all'improvviso si rammentò la telefonata di Elia anni prima, dopo aveva acceso la radio che  stava trasmettendo una canzone del  trio Lescano. Tutto era come sempre, in Italia nessuno avrebbe fatto del male agli ebrei, invece ...

Sentì l'agitazione aumentare dentro di lei. Era la sera del 3 Novembre 1966.

FLASHBACK

Elia entrò in casa di Flavia, che gli fece cenno di fare piano, perché il bambino  dormiva.

"Come ti sei permessa di andare da mia moglie?"

La donna rispose:

"Per me puoi restare con lei e non venire più qui. Mi tratti come una seconda scelta e questo non lo sopporto più!"

"Non voglio perdere Fernando. "

"E tu chi sei? Per lui sei solo un estraneo. Sarai più genitore di una figlia non tua che di un figlio concepito da te. "

"Estraneo? Il bambino è mio figlio!"

"Lo dici tu! All'anagrafe al posto del tuo nome, è stato scritto N N."

L'uomo prese i polsi di Flavia e li
fortissimo, lei gli tirò un calcio nelle parti intime e si divincolò.

"Vattene da tua moglie!"

Elia si sedette sul divano, era pallidissimo, gli cascavano le lacrime per il dolore, ma si sforzava di non urlare. 

"Ti ho fatto male, ma tu me ne fai di più."lei si giustificò  con voce lamentosa.

Piano piano il male diminuì.

"Io ti amo, ma amo anche Lina. Tu sei la passione, lei fa parte di me. Ci siamo conosciuti a Milano che eravamo giovanissimi. Siete due donne completamente diverse, ma non posso vivere  senza nessuna delle due."

Un pianto di bambino echeggiò nella stanza. Flavia andò a prendere Fernando e lo mise in collo a Elia. Il bambino abbracciò suo padre appoggiando la testina sulla spalla dell'uomo e si riaddormentò.

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