CAPITOLO TRENTANOVE

Nell'ottobre del 1967 venne ucciso Che Guevara.

La cantina fu tappezzata delle foto del comandante,su una parete fu appeso uno striscione con la scritta delle ultime parole del comandante al suo assassino: Lei è venuto a uccidermi. Stia tranquillo, lei sta per uccidere un uomo.

  I ragazzi compravano le magliette bianche per poi farsi stampare su di esse l'immagine del Che.

Maria che si vestiva, pettinava e truccava da hippie sognando di andare a Ibiza, dove dei ragazzi anch'essi ippie, stavano costruendo un villaggio tutto per loro, una volta disse a Betti.

"In fondo te e le altre siete solo delle borghesi che giocate a fare le comuniste, ma non sapete niente di politica. Vivete in case comode, vi fidanzate e un domani vi sposerete con l'abito bianco, così diverrete una copia delle vostre nonne, madri. Manifestate contro il governo americano, ma poi bevete la Coca cola."  

"Maria, io credo in quello che faccio. Voglio una società diversa da questa ipocrita e falsa. Desidero che i miei figli, se un giorno ne avrò, non dovranno nascondere la loro sessualità. Combatto affinchè le donne siano libere di decidere della loro vita e non che i loro uomini lo facciano per loro." rispose la mia amica risentita.

A fine gennaio a Firenze ci fu  una manifestazione, alla quale parteciparono tutti i ragazzi della cantina, contro il governo americano, con partenza da piazza San Marco e destinazione l'ambasciata americana, ma la polizia caricò i manifestanti da subito. Furono occupate le varie facoltà: iniziava il famoso '68, tra notti passate nelle aule a fumare, suonare la chitarra, amarsi e parlare di politica.

Una volta Lina commentò il poster del Che  in camera di Betti:

"Ma in fondo chi è questo Guevara? Un rivoluzionario comunista che ha ucciso un sacco di persone!"

Sua figlia pensò che la distanza culturale tra lei e sua madre fosse incolmabile.

La sera dopo cena Betti con Sandra, Gioia, Adele e Agnese andavano, anche per pochi minuti, dai genitori di Vittorio. La madre preparava loro delle torte fatte in casa o dei biscotti, per ringraziarle della loro compagnia. Anche a me e a Pelè mancava tanto quella ragazza prigioniera in un involucro sbagliato. Noi gatti che non abbiamo la mente oscurata dai pregiudizi,  la vedevamo soffrire, perché doveva restare nascosta in un corpo che non le apparteneva.

Una sera di aprile, quando l'estate è ancora lontana, ma qualcosa nell'aria  tiepida la fa ricordare, Betti mentre stava rincasando, vide una ragazza più grande di lei di qualche anno che le assomigliava tantissimo, scendere da un'auto e venirle incontro.

"Sei Elisabetta De Michelis?"

"Si! Tu chi sei ?"

"Sono tua sorella Giulia Landini e volevo conoscerti, se anche a te fa piacere."

"Scusami, ma io non voglio sapere niente del mio passato. Ho avuto un solo padre che è morto e una sola madre, che è su in casa."

"Se non vuoi sapere niente va bene, rispetto la tua volontà. Sappi solo che domani sera ci riuniremo tutti a casa mia per parlare, confrontarci, conoscerci, poi ognuno di noi deciderà cosa fare. Il mio indirizzo è Via Bellariva diciotto, abitiamo abbastanza vicino."

"Ma quanti siamo?"

"Nostra madre ha avuto cinque figli, io e te abbiamo lo stesso padre, se così si può chiamare, gli altri tre sono maschi e figli di un altro uomo."

Per telefono Betti raccontò tutto a Gioia,  la  quale commentò ridendo:

"Certo che per una nata senza famiglia, hai più fratelli e sorelle di me!"

"Che amica meravigliosa che sei, riesci a sdrammatizzare tutto, riesci a farmi ridere  anche,quando non ne ho voglia."

"Dai retta a me-aggiunse Gioia-vai a conoscere l'altra tua famiglia. Ha detto tre fratelli maschi...ti accompagno. Se sono belli almeno la metà di come lo sei tu, vuoi vedere che trovo il fidanzato! Sto scherzando, però vai a conoscerli."

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