Capitolo Quattro.
Elia scese dall'automobile ed entrò nel portone di casa, prese l'ascensore che lo portava al quinto piano. Era riuscito a comprare una bella casa di quasi 200 metri quadrati, con ampie finestre dalle quali, dalla parte sinistra dell'appartamento, si poteva ammirare la collina di Fiesole.
Aveva lasciato a Lina la massima libertà nell'arredarlo, l'unico mobile che l'uomo aveva scelto per sè era una ribaltina con cassetti laterali, dove, le sere che restava a casa, dopo cena, si metteva a fare i conti, a rispondere alla corrispondenza.
Betti andò in contro a suo padre con me che le camminavo dietro. No, non c'era niente da fare, lui non amava i gatti e io lo ricambiavo manifestando diffidenza e timore.
Lui e la figlia sedettero sul divano: era una specie di rituale, quello di controllarle i compiti, prima di andare a tavola. "Brava, però cerca di scrivere in modo più leggibile, adesso andiamo a mangiare."
Dopo cena Betti andò in salotto, la madre accese la televisione. "Approvata la legge Merlin!" annunciò un giornalista.
"Mamma, cos'è la legge Merlin? "chiese la bambina.
"Questioni di politica, lascia stare!"rispose frettolosamente la donna.
Lina aveva sempre qualcosa da cucire o da imbastire, come i calzini che per rammendarli metteva al loro interno un uovo di legno. Cambiava i colletti e i polsini alle camicie del marito; spesso usava anche la macchina da cucire: una Necchi nera con il pedale.
Mentre guardavano le pubblicità di Carosello, suo padre entrò in salotto, la baciò sulla fronte dicendole:
"Fai la brava, mi raccomando, ubbidisci alla mamma."
Le volte che Elia usciva dopo cena
Betti aspirava il profumo dell'acqua di colonia che emanava l'uomo, provando una fitta dolorosa allo stomaco. Avvertiva che non era il caso di rivolgere domande ai suoi genitori, lei che ne faceva tante e in continuazione, capiva che li avrebbe fatti soffrire, così faceva finta di niente, anzi si mostrava allegra e spesso accompagnava suo padre all'ascensore salutandolo con un: "A domani papà!"
"Mamma stasera posso dormire con te?"
" Va bene!"
Finito Carosello, la mia amica si avviava in camera sua, indossava il pigiama; prendeva un giornalino Topolino o il Corriere dei piccoli e andava a infilarsi nel lettone.
Dopo un po' arrivava sua madre in camicia da notte; apriva il cassetto del comodino dal quale estraeva un rosario con i chicchi di madreperla. Betti si girava su un fianco e alla voce sommessa di sua madre che diceva le orazioni in latino, si addormentava. Il venerdì sera e il sabato sera Betti poteva restare alzata a vedere la televisione fino alle 10.
Lina la svegliò mentre tirava su la tapparella.
"Betti alzati! Forza tesoro, dobbiamo andare a Milano, Margherita si occuperà di Briciola durante la nostra assenza."
"Quanti giorni restiamo a Milano?"
"Un paio di giorni. E' morta mia sorella Vincenza." Lina cercava di non piangere, ma aveva gli occhi rossi e gonfi.
In treno sua madre guardava fuori dal finestrino pensando che in un momento simile, Elia non le stava vicino e lei ne sentiva la mancanza. Ogni tanto si voltava verso Betti: era una bambina bellissima, ma molto magra, poichè per lei mangiare era una perdita di tempo. A Lina le faceva male la schiena a causa del sedile in legno e fece una smorfia di dolore.
"Ci fanno pagare il biglietto di seconda classe, ma i sedili sono quelli vecchi. Guarda Betti, qui sotto c'è il legno, perchè sono quelli di terza classe che non esiste più."
Il portone di via San Gregorio 11 era addobbato a lutto con tendaggi neri e color oro. Lina e Betti attraversarono il cortile in direzione delle ampie scale in pietra. La bambina camminava guardando per terra: sentiva gli sguardi di tutti su di loro. Le arrivavano i vari commenti nei diversi dialetti, qualcuno si avvicinava per fare le condoglianze e Lina ringraziava piangendo. In casa di zia Elisabetta, in grossi tegami di alluminio, sulla cucina a gas, bolliva il brodo fatto con svariati tipi di carne. Molti bevevano il caffè per scaldarsi, aveva iniziato a nevicare e faceva molto freddo; Betti si divertiva a tritare i chicchi nel macinino, poi apriva lo sportellino situato sul davanti e rovesciava la polvere del caffè in un barattolo.
Tutti parlavano sotto voce e la frase ricorrente era "Te ricordet..." E via con i ricordi. Zia Costanza,moglie di un fratello di Lina, prese la bambina sulle proprie ginocchia, dicendole :
"Tesoro, tu sei fortunata! Sei fortunata! Non sai cosa vuol dire la guerra, i bombardamenti. Milano l'hanno bombardata tutti: americani-inglesi-tedeschi. Tesoro, sei fortunata!"
Rimasero poche persone che si misero a dire il rosario; fuori continuava a nevicare, Betti era stanca, aprì con cautela la porta della camera, due
suore stavano dormendo su delle sedie, la stanza era avvolta nel chiaro scuro della luce tremolante dei ceri posti davanti al letto, sul quale si trovava zia Vincenza vestita di scuro, coperta da un velo nero. Betti si sdraiò piano piano accanto alla zia e si addormentò.
Delle grida la svegliarono: fu afferrata, sollevata, spogliata nuda e messa in ammollo in un grande catino di alluminio. Fu lavata con una spazzola come un cavallo, perché tutti temevano che la bambina essendo stata a contatto con una persona morta di cancro, potesse a sua volta contrarre la stessa malattia.
Betti rimase sotto shock per diverso tempo e allora i parenti si preoccuparono. La mia amica stava con lo sguardo fisso nel vuoto in preda ad un violento ansimare. Ognuno diceva la sua su come calmarla, a un tratto si aprì la porta ed apparve Elia. Dopo i saluti fu messo al corrente di ciò che era capitato. L'uomo sollevò Betti e la prese in collo, ma la piccola urlò: aveva la pelle tutta arrossata e dolorante. Nel silenzio generale la portò via, mentre usciva avvertì la moglie:
"Lina, alloggio presso l'albergo all'angolo con Piazza Tadino!"
Zia Vincenza il giorno dopo, fu sepolta nel cimitero del Musocco, per fortuna aveva smesso di nevicare.
"Penso che un sogno così non lo rivivrò mai più! Mi dipingevo la faccia e le mani di blu!"
Elia, con la sua bella voce un po' tenorile, cantava registrando nel registratore "Geloso"
"Dai Betti!Forza, canta anche tu il ritornello, coraggio: Volare ohoh Cantare ohoh nel blu dipinto di blu."
Betti era felicissima e mi esortò:
"Briciola, miagola che ti registro."
"Provo anche io?"
"Certo Lina, ma tanto so già cosa canterai."
"O mia bella Madunina che te brillet de luntan."intonò Lina.
Betti si mise a cantare, un po' sotto voce e le venne in mente Milano, la casa con la ringhiera Via san Gregorio 11. Come ci andava sempre volentieri! La mattina presto faceva colazione con il latte e biscotti, insieme ad altri bambini, ragazzini i cui genitori andavano a lavorare la mattina molto presto. Normalmente Betti andava a Milano per le feste di Natale e un po' di giorni d'estate. La bambina imparava le lingue, come diceva scherzosamente suo zio Pietro, perchè si sentivano lungo i ballatoi parlare vari dialetti, l'italiano era poco usato.
FLASHBACK
Elia era addetto alla vendita rateale delle grandi opere per la casa editrice La Rosa, ciò comportava molti spostamenti lungo la penisola qualche volta Lina lo accompagnava, ma per lo più preferiva restare a Milano. La mattina dopo aver dato la colazione ad una ventina di bambini, se ne andava ad aiutare i rifugiati ebrei che avevano lasciato la Germania e l'Austria, a causa delle leggi anti semitiche. Il centro che li accoglieva si occupava di tutto, dall'istruzione, al cibo, al vestiario. Lina cuciva abiti nuovi e rammendava quelli vecchi. Elia aveva la tessera del partito fascista altrimenti non avrebbe potuto lavorare. Lina gli lasciava la ventiquattrore sempre pronta così, quando rientrava a casa, spesso trovava un biglietto sul tavolo:"Ciao Lina! Parto per Piacenza, ti ho lasciato nel barattolo i soldi per questi giorni. Riguardati."
Allora la donna saliva su al quinto piano dalla cognata Costanza, che aveva aiutato a partorire in casa un bel maschietto qualche anno prima; se il tempo lo permetteva, si mettevano a sedere fuori con altre donne a cucire o a ricamare.
Quel giorno faceva particolarmente caldo, Lina stava bevendo una limonata fresca, come le aveva insegnato a prepararla una donna di Palermo che abitava al terzo piano, quando squillò il telefono.
"Pronto! Chi parla?"
"Sono Elia! E' uscito il manifesto della razza. Lina, sta succedendo quello che avviene in Germania: noi ebrei siamo messi al bando: ci sarà vietato lavorare, entrare da qualsiasi parte; i nostri figli non potranno più frequentare le scuole."
"Ma tu non sei ebreo, sei stato battezzato."
"Elia De Michelis. Così mi chiamo, sono un ebreo battezzato." e riattaccò il ricevitore.
Lina accese la radio per sentire se trasmettevano la notizia della pubblicazione del manifesto, ma udì le voci del Trio Lescano cantare un motivo allegro, spensierato. L'Italia non sarà mai come la Germania pensò la donna, gli ebrei qui da noi vengono accolti e aiutati.
Era arrivata una lettera dal Partito Fascista per suo marito, si era scordata di avvisarlo. La donna mise dell'acqua a bollire in un pentolino. prese la busta e la tenne sopra al vapore. Dopo poco potè aprirla, in quanto la colla si era sciolta. Nella lettera c'era scritto: Comunico che la Commissione Federale di disciplina ha ordinato la sospensione dal Partito Fascista della S.V. per tre mesi con la seguente motivazione:Inadempiente al proprio dovere nei confronti del Gruppo Rionale Fascista.
Lina prese la borsetta e uscì di corsa. La portinaia la fermò avvertendola:
"Signora Lina aspettate, lo hanno preso!"
"Chi?"
"Vostro marito è stato portato via con una camionetta, ma prima quei bastardi di avanguardisti lo hanno colpito con i manganelli."La portinaia aveva parlato sotto voce nell'orecchio di Lina.
Elia stava per varcare il portone di casa, quando sentì una frenata alle sue spalle. L'ultima cosa che vide furono le nappe dei cappelli neri degli avanguardisti, oscillare davanti ai suoi occhi, le ultime cose che senti furono le manganellate sopra il proprio corpo e sulla sua testa. Quando riprese conoscenza si accorse che gli avevano legato strettamente i pantaloni, notò su un tavolo davanti a lui, una caraffa con del liquido scuro ed un imbuto, allora capì.
"Elia De Michelis, voi siete colpevole di disertare le adunate fasciste, a qualcosa da dire in sua difesa?" Il gerarca che aveva parlato, stava in piedi appoggiato al tavolo.
"Sono sempre in viaggio per lavoro, ma sono fascista convinto, ho anche la tessera del partito."
"In oltre siete accusato di aver mancato di rispetto alla figura del cavaliere Benito Mussolini." Nel nominare il duce il gerarca scattò in piedi e facendo il saluto romano esclamò :
"A noi!"
Elia cercò di fare altrettanto, ma non riuscì a smuovere nessuna parte del proprio corpo,se ne stava lì seduto sulla sedia, come un burattino al quale avessero tagliato i fili.
"Non ho mai mancato di rispetto al Duce."
"Qui risulta il contrario. Vede questi fogli dattiloscritti, sono il rapporto della vostra visita dell'altra sera al bordello in via Fiori Chiari 17. Voi avete fatto l'imitazione del nostro duce definendolo: "Stupido contadino romagnolo."
Elia chiuse gli occhi, vide la scena: lui che nell'uscire dalla casa di tolleranza, aveva imitato Mussolini. Le ragazze di madame, con i loro seni in bella mostra, ridevano e lo applaudivano. C'era un cliente che lo osservava con uno sguardo pieno di disprezzo, senza dubbio era stato lui a fare la spia. Mentre gli tenevano ferma la testa, due avanguardisti gli fecero bere mezzo litro di olio di ricino con l'imbuto.
"Presto!-comandò il gerarca-Portatelo via prima che si caghi addosso."
Elia fu scaraventato per la strada, come un sacco della nettezza. I dolori che sentiva erano insopportabili e poi si stava riempendo di escrementi, ma non riusciva a calarsi i pantaloni, perchè erano stati legati stretti con diversi nodi fatti con una corda.
Si lamentava. Piangeva. Avrebbe voluto morire. Due uomini lo sollevarono adagiandolo sul sedile posteriore di un'auto; non riusciva a tenere gli occhi aperti per il piangere e per i dolori.
Fu trasportato all'ospedale.
Stette malissimo un paio di giorni; male una settimana.
Il primario del reparto conosceva Elia ed essendo un carissimo amico del sig.La Rosa, avvertì quest'ultimo dell'accaduto. Il sig.La Rosa telefonò a Lina:
"Cara signora, non andate assolutamente a trovare vostro marito, sarà lui quando potrà a chiamarvi. Scusate la franchezza, ma come state a soldi?"
La donna guardò il barattolo di latta rossa con disegnate ad ogni lato dei fiori, posta sopra la credenza, che le faceva da salvadanaio e siccome era una donna pratica rispose."Ho quanto mi basta per qualche giorno."
La mattina dopo un giovanissimo ragazzo, scortato dalla portinaia,la quale moriva dalla curiosità di sapere di cosa si trattasse, bussò alla porta di Lina per consegnarle una busta gialla.
La donna l'aprì:
all'interno c'erano mille lire accompagnate da un biglietto con scritto:"Alla cara signora De Michelis , che possiate accogliere il ritorno del nostro Elia nei migliore dei modi. Ossequi. Vostro affezionatissimo La Rosa."
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