CAPITOLO QUARANTADUE
Betti arrivò puntuale all'appuntamento, ritirò il suo lasciapassare alla biglietteria e si diresse verso la "Sala bianca".
Giorgia le venne incontro esclamando::
"Ma sei proprio tu? Sei una ragazza perfetta per questa collezione". L'abbracciò calorosamente e aggiunse: "Vieni con me che ti devi preparare." La mia amica si trovò tra indossatrici straniere, bellissime, magrissime, altissime che venivano vestite, spogliate, rivestite dalle sarte, che portavano sul polso un porta spilli fatto a braccialetto. Alcune di loro sedute davanti a dei lunghi tavoli, venivano truccate, pettinate in varie acconciature, con i capelli raccolti in chignon, oppure lasciati sciolti lungo le spalle, qualcuna corti a caschetto.
Giorgia spostò uno stendino con quattro abiti appesi.
"Marta- disse rivolgendosi a una delle sarte-questi vestiti sono per questa modella, iniziamo a provarle il primo. Betti ti lascio, ho tantissime faccende da sbrigare, tra poco comunque,
tornerò per la prova della passerella. La camminata è cambiata da quando sfilavo io, ma non ti preoccupare, adesso è molto più semplice, lo stilista vuole che le modelle camminino il più spontaneamente possibile."
Il sabato sera, nel dietro le quinte della Sala bianca, c'era ancora più confusione, ma a un tratto tutti si fermarono: sarte, parrucchieri,truccatori, indossatrici; a Betti venne in mente il gioco "Un due tre stella": era arrivato lo stilista accompagnato dalla moglie e da Giorgia. Controllarono una per una le ragazze; giunti davanti alla mia amica, l'uomo fece un accenno di assenso con la testa, la moglie disse a Betti: "Ci hanno informato che sei nuova, mi raccomando, quando sfilerai, non guardare nessuno, ma solo davanti a te. Comportati come se tu stessi camminando normalmente per la strada: sii sicura, disinvolta e questo vale anche per tutte voi altre". aggiunse in inglese alzando il tono della voce. Era il turno della mia amica, il parrucchiere le spruzzò ancora un po'di lacca sui capelli cotonati, la osservò soddisfatto ed esclamò:
"Charmant!"
La ragazza indossava un abito in maglia dai colori rosso-arancio , dal quale si intravvedeva la biancheria intima sottostante,come in un gioco di "vedo e non vedo."
Immaginando l'espressione scandalizzata di sua madre, Betti sfilò sorridendo, sembrava divertita e lo era veramente, anche perché pensava che con i soldi guadagnati per quella serata, avrebbe finito di pagare la patente, acquistato un'auto usata, aiutato economicamente Fernando che voleva sposare Agnese il prima possibile.
Quando Betti avanzò sulla pedana, tre signore in mezzo al pubblico, si sentirono particolarmente orgogliose di quella giovane donna: Lina la considerava sua figlia e l'amava come se l'avesse partorita lei. Rammentò la prima volta che insieme a suo marito, l'avevano portata a casa, aveva uno sguardo triste, smarrito; parlava con qualcuno che vedeva solo lei. Non voleva disfare la sua valigia; si rifiutava di indossare i vestiti nuovi comprati da sua madre. Un giorno, dopo qualche mese dal suo arrivo, Lina ed Elia la condussero al giardino di Piazza d'Azeglio, Betti si sedette sulla panchina in mezzo a loro due. Una bambina le si avvicinò chiedendole:
"Come ti chiami?"
Non ricevendo nessuna risposta insistette:
"Hai perso la lingua, perché non rispondi? Chiedi il permesso ai tuoi genitori di venire a giocare con me."
"Nostra figlia si chiama Elisabetta, ma è soprannominata Betti ed è molto timida. Tu invece come ti chiami?" rispose Elia sorridendo tristemente.
"Gioia, perchè sono la felicità del mio papà."
La bambina, sentendosi presentare come "nostra figlia", ebbe la certezza di non essere più rimandata all'orfanotrofio, allora si alzò chiedendo:
"Mamma, posso andare ?" Da quel giorno le due bambine divennero, l'una per l'altra, l'amica del cuore.
(Miriam si allontanò con il suo mondo e l'amico immaginario, portando con sé anche i suoi ricordi dolorosi.)
Per Margherita quella ragazza disinvolta, sorridente che stava sfilando sopra la passerella, era sempre la sua "mimma", la sua "cittina". L'aveva aiutata, insieme a Lina, a crescerla, educarla, consolandola, confortandola, quando non si dava pace per la morte di Briciola. Avevano ballato insieme, al suono del mangiadischi, il twist, l'alligalli, ridendo e scherzando; l'aveva sorretta tra le sue forti braccia di donna di campagna, nel momento che seppero della morte di Elia. Insieme a Lina, avevano vegliato il suo sonno agitato dopo il suicidio di Vittorio e la violenza subita dal suo vicino di casa. Quando la vide distesa per terra in quelle condizioni, avrebbe voluto uccidere l'uomo o meglio la bestia, che aveva osato profanare il corpo della sua "cittina" La donna era sicura che Elia da lassù, al momento giusto, aveva fatto conoscere a sua figlia, un bravissimo ragazzo che l'amava: Andrea. Ci aveva pensato lui a sistemare lo schifoso. Una sera Betti piangendo e farfugliando che non voleva sapere niente, gettò nella nettezza dei fogli. Margherita andò a vedere cosa fossero, li lesse velocemente e li nascose nella sua borsetta. Non disse niente a nessuno, nemmeno a Lina. Se un domani la sua mimma avesse avuto un ripensamento, lei avrebbe potuto aiutarla a sapere.
Per Flavia, Betti era la sorella di Fernando. Lina le telefonò una notte informandola della morte di Elia e volle che fosse presente al suo funerale con il figlio, spiegandole:
"Lui ci ha amato tutte e due, siamo state le compagne della sua vita, lo saremo anche in questo momento di dolore. Mia figlia e tuo figlio li ha considerati una parte di se stesso, senza fare differenze tra i due, perciò hanno lo stesso diritto di piangerlo insieme davanti a tutti."
Lei accettò la proposta di lavoro fattole dalla sua ex rivale; tra una gugliata e l'altra, cominciarono a conoscersi, a confidarsi, questo anche con la fedele Margherita. Betti dapprima non accettava l'amicizia che si era instaurata tra lei e sua madre, ma Flavia si era accorta che ultimamente la ragazza le rivolgeva la parola con gentilezza, non la trattava più con astio: era cambiata in meglio nei suoi confronti e di questo ne era felicissima.
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