9. BENJAMIN
"Dovresti spegnere la musica, Benjamin" ripetevo con rabbia tra me e me.
La musica.
Come se fosse davvero la musica il disturbo in quella fottuta casa!
Afferrai il pacchetto di sigarette dalla scrivania, controllai di avere le chiavi della macchina e mi precipitai per le scale.
Resistere ancora qualche minuto in quella casa, perlopiù a qualche metro di distanza dai miei vecchi, avrebbe significato compromettere irrimediabilmente la mia salute mentale.
Quando mi chiusi la porta alle spalle e lasciai vagare lo sguardo sul vialetto di casa, mi accorsi che la macchina non c'era.
Ma che cazzo!
Condividevo quella macchina solo con Grace, dal momento che Camille era ancora minorenne, e di solito non c'era grandi incomprensioni dal momento che Grace usciva di casa solo quando quella psicopatica se la trascinava dietro con la forza.
Sbuffai e decisi che non avrei comunque rinunciato alla mia tregua da quella casa, da quella famiglia incasinata.
Calciai un sasso mentre attraversavo il vialetto di casa. Il quartiere era buio e silenzioso. Solo qualche cucina era illuminata da dietro la tendina a fiori. Genitori che cenavano dopo essere tornati tardi dal lavoro.
Quello era un quartiere di ricconi, di lavoratori d'ufficio plurilaureati. Di persone che nascondevano il marcio sotto il tappeto e restituivano al mondo quella perfetta immagine di serenità familiare.
Quel mondo mi provocava la nausea la maggior parte del tempo, ma la verità era che di quel circolo vizioso facevo parte anch'io.
Io, dietro i pregiudizi che la gente mi aveva cucito addosso, avevo finito per perdere me stesso.
Una zaffata d'aria mi colpì in pieno volto, distogliendomi dai miei pensieri.
Dove stavo andando?
Non lo sapevo.
Ma ero uscito dal mio quartiere e avevo imboccato una direzione che fece immediatamente comparire nella mia mente un'immagine chiara.
La villa abbandonata.
La villa che abbandonata non lo era più.
Il posto in cui mi rifugiavo per sentirmi me stesso.
Immediatamente comparve nella mia mente anche l'immagine sbiadita di quel ragazzo. Il presunto proprietario.
Sorrisi mentre pensavo alla reazione che avrebbe avuto vedendomi di nuovo circolare da quelle parti.
Cosa avrebbe fatto?
Chiamato la polizia?
Vantava davvero qualche diritto su quella villa più di me che dentro ci avevo passato gli ultimi anni della mia vita?
Doveva essere uno dei lontani nipoti del signor Williams e allora?
Giunsi fuori da quella villa più velocemente di quanto pensassi e fui sorpreso di trovarci qualcosa di diverso.
L'erba era stata tagliata, una macchina era parcheggiata sul vialetto e le luci del piano inferiore erano accese.
Era di nuovo lì.
Indugiai l'attimo che mi fu necessario a raggiungere la finestra. La tenda era scostata il giusto per permettermi di sbirciare all'interno.
La cucina era vuota, qualcosa bolliva sui fornelli e il televisore trasmetteva le immagini del telegiornale.
Un movimento.
Il mio sguardo saettó sull'arco della cucina giusto in tempo per vedere qualcuno varcarlo.
Era di nuovo lui.
L'asciugamano era allacciato in vita e lasciava scoperto il petto pallido, i capelli bagnati cadevano sulla fronte.
Afferró un libro dalla penisola della cucina e si lasció cadere sulla sedia cominciando a leggere.
Poi fu un attimo, sollevó lo sguardo e i suoi occhi furono attratti direttamente dai miei. Dovette scorgere qualcosa da lì perché lo vidi sollevarsi di scatto e raggiungere la finestra a grandi passi.
Mi ritirai l'attimo prima che scostasse la tenda. Aspettai qualche secondo e poi tirai un sospiro di sollievo.
Errore.
L'istante dopo ad essere spalancata fu la porta. Quello mi sorprese così, schiacciato contro la parete tra la porta e la finestra come un ladro.
Potevo benissimo esserlo per quanto lo riguardava. Quella era la seconda volta che mi intrufolavo nella sua proprietà. O meglio quella era la seconda volta che mi aveva sorpreso.
"Chi cazzo sei?" irruppe quello, facendo settare i suoi occhi azzurri sul mio volto.
Rimasi sorpreso per un istante. "Chi cazzo sei tu?" ribattei a mia volta, senza lasciarmi intimorire dalla situazione in cui eravamo. Mi scostai dal muro e battei le mani sui pantaloncini mostrando disinvoltura. "Questa villa è abbandonata da anni."
Sembró per un attimo interdetto dalla mia risposta, poi spalancó le braccia. "Beh, adesso non lo è più" chiarì ovvio.
"Sei un parente del signor James?" indagai.
Lo vidi aggrottare le sopracciglia. "James? Il vecchio proprietario?" intuì.
La situazione cominciava a diventare paradossale.
"Sì, genio."
"Guarda" cominció stizzito. "Non so chi tu sia o chi ci abitava prima, ma ho tutto il diritto di stare qui."
Aggrottai le sopracciglia, guardandolo scettico. "Potrei dire lo stesso di me a questo punto."
"Bene, chiama la vigilanza e vedremo chi ha ragione" concluse. La sicurezza con cui lo disse mi fece intuire che fosse vero.
Indietreggió e si sbattè la porta alle spalle, lasciandomi lì interdetto.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top