7. CAMILLE

"Dov'è il quarto?" sbraitai per l'ennesima volta di fronte allo sguardo allucinato della ragazza.

"I-Io non lo so, signorina."

Ringhiai e mi allontanai in un balzo. "Com'è possibile? Avevo richiesto otto camerieri e non ve ne presentate neanche quattro?"

"Ho già provato a chiamarlo e-"

"Me ne frego!" la interruppi. "Tutto questo stress mi sta facendo arruffare i capelli! Se tra cinque minuti non ci siete tutti consideratevi licenziati" spostai lo sguardo minaccioso tra i tre. "Sono stata chiara?"

Li osservai annuire con aria scossa. Sorrisi soddisfatta e mi congedai.

Arrivata al centro del salotto vidi Grace scendere le scale con un'espressione disperata mentre si reggeva l'ampio vestito tra le mani.
"Non sono più sicura di volerlo fare" disse raggiungendomi.

Non potei fare a meno di alzare gli occhi al cielo. "Che è successo adesso?"

"Millie, io non so" esitó. "Che cosa dirà zia Mary quando saprà che-"

"Okay, ferma, ferma" la bloccai. "Punto primo: smettila di chiamarmi in quel modo. Punto secondo: sai cosa risponderai alla vecchia zia quando oserà aprire bocca sulla cosa?" inarcai un sopracciglio e aspettai un suo cenno d'assenso. "Che almeno tu sei arrivata all'altare. La cara cuginetta non arriverà mai nemmeno al terzo appuntamento con un ragazzo" dissi schiacciandole l'occhiolino. "O una ragazza. O quel che sia."

Grace fece una smorfia e si incamminó accanto a me. "Dovresti smetterla di dire cattiverie" mugugnó, facendomi scoppiare a ridere.

****

"Se anche dovesse arrivare, ormai è troppo tardi! Non vi pagherò, ho deciso!"

"Ma, signorina-"

"Signorina un corno!" lo interruppi, cominciando un andirivieni davanti al tavolo del buffet. "Il vostro servizio fa letteralmente schifo! Come dovrei rimediare a questa situazione? Tra pochi minuti la cerimonia finisce. Lei cosa suggerisce, sentiamo? Dovrei mettermi la divisa e servire anch'io?" sbraitai fino a perdere il fiato.

"Ma tre camerieri ci sono" rispose lui. "Possono cominciare loro. E poi..." esitó.

"E poi cosa?!" scattai. Per un attimo temetti di essere stata sentita anche dai gazebi a una decina di metri di distanza, dove si stava tenendo la cerimonia.

"Il matrimonio è saltato, no?" lo disse così, con tono esitante, poi ridacchió in maniera incerta. Doveva aver già capito di non avere scampo.

"Vogliamo metterla su questo piano, signor Smith?" cominciai, afferrando un rustico dai vassoi e pestandolo sotto il tacco per combattere la frustrazione. "Perché, sa cosa le dico, la sua agenzia è un vero fallimento! I suoi dipendenti arrivano in ritardo o non arrivano affatto e io-"

Il mio flusso di parole fu interrotto da una voce sconosciuta dietro di me. "Aspettavi me?"

Una voce maschile.

L'attimo dopo capii e sorrisi.

Il cameriere ritardatario.

Non l'avrebbe passata liscia.

"Meglio tardi che-" mi bloccai di fronte a quel volto. "Tu?" chiesi sorpresa.

"In persona" ammiccó lui.

"Signorina?" mi richiamó l'uomo dall'altra parte della cornetta, ma la mia attenzione era già tutta irremidiabilmente dirottata sul ragazzo tatuato di fronte a me.

Il cameriere che si era rifiutato di servirmi.

Lo stesso che si era improvvisato spogliarellista.

"Che diavolo ci fai qui?" chiesi, abbassando lo sguardo sulla sua divisa nera.

Non potevo sbagliarmi, era davvero il cameriere ritardatario.

"Lavoro?" ribattè sarcastico.

"Touchè" gli concessi. Gli rivolsi un ultimo sguardo sommario prima di dargli le spalle. "Seguimi allora."

Lo condussi all'interno, fino alla cucina, dove si ammassavano pile e pile di cibo.

"Ecco i tuoi colleghi" dissi, mettendomi di lato e osservando con compiacimento come gli altri tre si fossero irrigiditi alla mia vista.

Era un mio grande pregio quello di mettere timore alle persone.

"La cerimonia finisce a breve. Gli ospiti si intratterranno al buffet mentre mia sorella fa le foto e poi-"

Fui interrotta da un colpo di tosse. Mi voltai verso l'unica ragazza con un sopracciglio inarcato. "Vuole chiedermi qualcosa?"

"N-no, io... Cioè, foto? Ma lo sposo-"

Fui io a interromperla questa volta. "Con chi mia sorella farà le foto non sono affari che la riguardano. Lei si limiti a servire" dissi con aria di sufficienza. "Posso continuare adesso?" chiesi retorica. "Bene. Appena tutti saranno seduti cominciate a servire gli antipasti. Lasciate un po' di pausa tra una portata e l'altra. A tavola non deve mancare niente, né bevande né pane. Potete concedervi una pausa solo quando la situazione è tranquilla. Sono stata chiara?" spostai lo sguardo sui quattro, assicurandomi di avere la loro attenzione. "Bene, penso sia tutto. Ah, e mi aspetto l'assoluta perfezione da voi dopo lo spiacevole imprevisto di questa mattina" conclusi, indugiando con lo sguardo sul moro.

Quello ricambió il mio sguardo e mi schiacció l'occhiolino.

Idiota! Pensai mentre mi allontanavo.

***

"Allora, Benny, sai già cosa fare dopo?" La domanda di zia Mary si sollevó sul vociare del tavolo come una condanna, seguito dalla sua risatina odiosa. Infilzó un rustico con lo stuzzicadente e lo fece sparire nella sua bocca, prima di tornare a guardare Ben.

Vidi perfettamente mio fratello stringere la mascella, diventava particolarmente irritabile quando gli si facevano domande di quel genere, soprattutto quando c'era nostro padre nei paraggi, pronto a registrare ogni sua risposta.

"No" fui io a prendere le redini, osservando la vecchia con uno sguardo di sfida. "Benny è così pieno di interessi che gli risulta difficile scegliere la sua strada. Ma lo farà sicuramente a breve."

"Ah, ma davvero?" chiese la vecchia, inarcando un sopracciglio con aria compiaciuta. Era passata al contrattacco. "E quali sarebbero questi interessi, sentiamo?"

Stava guardando Benjamin adesso, consapevole di metterlo in difficoltà.

Vecchia stronza!

Vidi mio fratello lanciarmi un'occhiata di sottecchi e l'attimo dopo mi pestó il piede da sotto il tavolo. "E adesso vedi di levarmi da questa situazione del cazzo!" borbottó tra i denti.

"Ahia, cazzo! È così che mi ringrazi?" imprecai sottovoce, poi mi rivolsi alla vecchia alzando la voce. "Oh, di interessi Benny ne ha così tanto che è anche difficile ricordarli tutti. Football, nuoto, baseball, la chitarra, la scrittura, il giardinaggio, l'informatica, la cuci-"

Un calcio alla caviglia. Sobbalzai sulla sedia e lanciai un'occhiataccia allo stronzo. "Ma che cazzo!"

"Non credi di star esagerando?" sussurró.

"Informatica?" chiese la vecchia, aggrottando la fronte. "Ma se l'hanno scorso è stato rimandato in informatica!"

Touchè, pensai. Dannata la sua memoria di merda.

Strinsi i pugni e trattenni l'istinto di saltare sul tavolo, afferrarla per la gola e infilare la sua testa nel cesto del vino.

"Ma le passioni nascono all'improvviso! Si sa che l'odio nasconde sempre l'amore!"

Che diavolo stavo dicendo?

"Che diavolo stai dicendo?" sussurró Ben.

"Zitto tu, sto cercando di difenderti da quella racchia se non l'avessi capito!"

"Ah, e, dimmi, dovrei anche ringraziarti in tutto questo?" chiese ironico.

Ci pensai e storsi le labbra. "In effetti no. Non l'ho fatto per te, solo che odio quando la befana cerca di denigrarci."

"Ecco" disse mio fratello sospirando spazientito.

Aprii la bocca per ribattere, ma poi vidi il cameriere ritardatario vernievi incontro e la richiusi di scatto, le mie labbra si piegarono in un sorriso compiaciuto.

Non l'avrei lasciato tranquillo.

Quando si piegó per afferrare il mio piatto, mi spinsi all'indietro sulla sedia facendo in modo che le nostre spalle si scontrassero. Un leggero profumo m'invase le narici.

Mi piace, pensai.

Poi infilai un dito nei passanti dei suoi pantaloni eleganti, trattenendolo a me anche dopo che aveva posato il piatto.

"Ma che cazzo!" borbottó abbassando lo sguardo.

"Questo è per te" sussurrai, soffiando contro il suo viso, attenta affinché solo lui potesse sentire.

Lasciai scivolare il cartoncino dentro la sua tasca e solo allora lo lasciai libero.

"Ma che razza di psicopatica" scosse la testa, indietreggiando, ma sembrava anche segretamente divertito.

Lo seguii con lo sguardo fare il giro del tavolo e poi allontanarsi all'interno.

"Beverly invece ha già scelto cosa fare tra due anni" stava dicendo la vecchia zia. Quelle parole distolsero la mia attenzione dal fondoschiena del cameriere e la riportarono al tavolo, alla conversazione, alla battaglia per decretare quale tra i cugini fosse la gallina dalle uova d'oro.

Beverly era arrostita accanto alla madre ma nulla diceva per smentire o confermare quelle parole, non era neanche in grado di parlare senza il consenso della madre.

"Ah, sì? E cosa ha scelto?" chiesi, simulando interesse. "Il ritiro a vita monastica?" continuai sarcastica.

Sentii perfettamente il verso strozzato di mio fratello che cercó di trattenere le risate e cominció a tossire in maniera convulsa.

Grace spalancó gli occhi, ma si riprese in fretta per soccorrere mio fratello.

La vecchia zia aveva un'aria disorientata.

Questo colpo basso non l'aveva programmato.

Battè le palpebre e afferró il calice di vino per buttarlo giù in un sorso.

"Cazzo, speriamo non gli venga un infarto!" borbottai sottovoce.

"Ma da dove cazzo ti escono certe cose?" ribattè Ben tra i colpi di tosse.

****

"Facci sapere come andrà a finire" disse la vecchia, afferrando la bomboniera, con la figlia stretta al braccio.

Grace piegó le labbra in un mezzo sorriso e annuì.

Chissà cosa nascondeva quel sorriso. Sicuramente non la spensieratezza che cercava di mostrare.

Un fidanzato scappato.

Un neonato da accudire.

Sicuramente una giornata all'insegna del cibo non avrebbe potuto cancellare tutto quello.

Lanciai un'occhiata all'ingresso di casa e sospirai. Era l'ora.

Vagai con lo sguardo alla ricerca di qualcuno a cui poter delegare il mio compito e individuai Josephine.
"Josy!" richiamai la sua attenzione. "Vieni un attimo qui!"

La vidi sospirare, ma poi mi raggiunse. "Cosa c'è?"

"Ho un'urgenza, non è che potresti occuparti tu di distribuire le bomboniere?"

Non aspettai una risposta, le lasciai la busta e mi avviai all'interno.

Mi tolsi le scarpe con i tacchi mentre mi avvicinavo alla cucina.
La stanza era completamente vuota, tranne per colui che stavo cercando. Gli altri erano già all'esterno a ripulire.

Lo trovai appoggiato al piano della cucina mentre masticava un crocchè.

"Pausa?" chiesi apparendo al suo fianco.

Mi lanció un'occhiata distratta e annuì. Infiló il rustico per intero in bocca e cominció ad armeggiare con le stoviglie.

"Non ho detto che non puoi continuare la pausa" specificai, appggiandomi al frigo e osservandolo muoversi con destrezza.

Era chiaro che quello fosse il suo ambiente.

A differenza di quando si era improvvisato spogliarellista.

"Non l'ho pensato" disse di rimando, voltandosi a guardarmi con i suoi occhi neri. Rimasi intrappolata in quello sguardo penetrante finchè fu lui a spezzare il contatto visivo per chiudere l'acqua.

Versó il detersivo e cominció a pulire i piatti. Gesti veloci e precisi. "È finita la festa?"

"Perché me lo chiedi?"

"Perché sei qui a fissarmi come una maniaca forse?" ribattè a metà tra l'affermazione e la domanda.

Storsi le labbra. "Non sono una maniaca" specificai, poi sorrisi compiaciuta mentre cominciavo ad avvicinarmi. "Solo che" cominciai, passando l'unghia sulla sua spalla. "Mi affascina vederti nel tuo ambiente."

I suoi occhi saettarono dalla sua spalla al mio viso."Poi non dovrei chiamarti maniaca?" chiese, con un sopracciglio inarcato. "E poi cosa ti affascina esattamente? Vedermi lavare i piatti?"

"Esattamente" sorrisi, schiacciandogli l'occhiolino.
Se fu imbarazzato dalla mia audacia, non lo diede a vedere. Quel ragazzo sembrava avere sempre il controllo della situazione, non si lasciava mai ammutolire dalle mie battute spinte e quello in qualche modo riusciva ad attirarmi come una falena alla luce.

"Capisco che non devi aver mai nemmeno preso uno straccio in tutta la tua vita, ma ti assicuro che non c'è niente di speciale" ribattè e fu lui a schiacciarmi l'occhiolino questa volta.

"Oh oh" ribattei. "Già passi alle offese?"

"Semplici costatazioni" ribattè lui, scrollando le spalle.

"Mh mh" mugugnai, continuando a fissarlo per un po'. Poi mi allontanai, cominciando a frugare nella pochette. "Sono venuto qui a pagarti comunque. Pagarvi" mi corressi. "Poi ve li dividete voi."

Lo osservai afferrare le banconote e infilarsele in tasca con aria pensierosa.

"Hai qualche rimostranza?" chiesi con un sopracciglio inarcato.

"Il siparietto di ieri non era gratis, lo sai, vero?" ribattè lui.

"Giusto" gli concessi. "Quanto ti aspetti per il tuo spettacolino pietoso?" chiesi con un sorriso arrogante.

"A te la scelta" rispose, allargando le braccia.

"Mh" mugugnai, fingendomi pensierosa. Afferrai una delle banconote dal mio borsello e mi avvicinai, infilandogliela direttamente nella tasca dei pantaloni. "Questa è per l'impegno" sussurrai al suo orecchio, prima di allontanarmi in un balzo.

Dovette rimanere per un attimo destabilizzato dal mio gesto, poi piegó le labbra in un sorriso divertito mentre riprendeva il suo lavoro. "Non mi è permesso flirtare con i clienti" disse scuotendo la testa, poi sollevò lo sguardo abbassando i suoi occhi lungo il mio corpo. "Soprattutto con le minorenni."

"Non sono minorenne" ribattei in fretta.

"Ieri ti ho beccato  con un documento falso o sbaglio?" chiese con le sopracciglia inarcate.

Touchè.

Liquidai la questione con un gesto della mano. "Una sola domanda" dissi, mentre cominciavo a indietreggiare verso la porta. "L'avevi già fatto prima?"

"Cosa? Fare il coglione per un addio al nubilato?" chiese e attese un mio cenno d'assenso. "Qualche volta" scrolló le spalle.

"Va bene, ti lascio in pace adesso" dissi, agitando le dita in segno di saluto.

Ma non per molto. Aggiunsi tra me e me.

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