2. BENJAMIN
"Questo è un posto speciale" l'avvisai, dedicandole la mia occhiata carica di lussuria.
Luana Ross ridacchiò, portandosi una mano alla bocca. "Oh, sono la prima che porti, vero?" chiese, sciommiottando il tono da tredicenne alla prima cotta.
"Ma certo, tesoro! Osi dubitarlo?"
"Neanche per sogno, orsacchiotto!" continuò, scompigliandomi i capelli con una mano. Quel gesto fu sufficiente a distruggere la sceneggiata che stavamo portando avanti, balzai sul sediolino sottraendomi alla sua presa e le puntai un dito contro. "Giù le mani, strega!"
Luana scoppiò a ridere. "Cazzo, sei identico a tua sorella quando fai così!"
Non c'era bisogno di specificare a quale delle cinque sorelle si riferisse dato che Luana sapeva sin troppo bene quanto fosse irritante per me essere paragonato a Camille.
"Non nominarmi quella psicopatica!" brontolai, sbattendomi la portiera alle spalle.
Il tempo di un attimo e mi aveva giá affiancato sul vialetto della villa. Ci avviammo insieme sul retro.
La notte era serena e il quartiere silenzioso. L'unico suono era il fruscio dello strascico di Luana a contatto con l'erba. Il vestito blu notte scivolava languido sulle sue forme perfette. Luana Ross aveva sempre avuto quel fisico atletico che faceva girare i ragazzi quando passava in corridoio.
Arrivati davanti al garage tirai fuori un mazzo di chiavi e sollevai la saracinesca cercando di essere più delicato possibile. In quel silenzio addormentato ogni suono sembrava amplificarsi.
"Et voilá" lasciai scivolare le chiavi in tasca.
"Che galantuomo" ridacchiò divertita.
"Vedrai tra poco che galantuomo sarò" ribattei, trasmettendo con lo sguardo tutte le mie cattive intenzioni.
La precedetti in quell'ambiente buio che oramai conoscevo come le mie tasche. Non avevo bisogno di illuminazione, la memoria mi guidò fino alla porta che si apriva sulla parete opposta del garage. Forzai la serratura e la porta cedette, spalancandosi davanti a noi. Il garage fu risciarato dalla luce azzurrina nella quale era immersa la sala. La piscina occupava il centro della stanza, una piatta distesa d'acqua su cui si riflettavano i bagliori dorati della luna grazie all'enorme finestra sulla parete opposta.
Quel posto mi tranquillizzava. Il silenzio, l'odore del cloro, l'acqua immobile, tutti gli oggetti al proprio posto. Quella villa era abbandonata da anni, da quando i coniugi James si erano trasferiti altrove lasciandola praticamente incustodita ed era da altrettanto tempo che quel posto era diventato per me una sorta di rifugio.
---
Oramai conoscevo a memoria anche il posto di ogni oggetto, per questo rimasi sorpreso quando notai che i tappetini non erano più al loro posto sopra l'armadietto dei costumi ma ai suoi piedi. O quando notai una delle sdraio un po' più lontana dal bordo piscina.
"Lù" la richiamai. Quando non ricevetti risposta e mi voltai, notai che si era giá liberata del vestito e si stava dirigendo verso la scala della piscina.
Il mio sguardo fu attratto dal suo fondoschiena, coperto dalle mutandine di pizzo. Quella di scappare dalla festa per appartarci era stata un'improvvisata di cui continuavo a non pentirmi.
"Allora, mi raggiungi, bel maschione?"
La sua voce catturó la mia attenzione, riportai lo sguardo sul suo viso e sorrisi malizioso. Cominciai ad avvicinarmi, poi ricordai.
"Lù, ho l'impressione sia entrato qualcuno qui dentro."
"Ah sì? E perchè lo pensi?"
Non mi stava ascoltando. Si era seduta sul bordo piscina e continuava a stiracchiarsi come un felino.
"Lù, sono serio" ribadii, guardandomi attorno. "Quei tappetini non erano lì la volta scorsa. E le sdraio sono state spostate."
"Stai cercando di dirmi che ci sono i fantasmi, Ben?" ridacchiò lei.
"Smettila di prendermi per il culo!" sbottai irritato, lanciandole un'occhiataccia. "Pensi mi stia impressionando?"
"Penso che dovresti rilassarti, Ben" ribattè, il tono di voce adesso serio. "Tutto questo stress non ti fa bene."
Strinsi i pugni di fronte a quelle parole, poi fui costretto ad ammettere a me stesso che avesse ragione. Non c'era bisogno che urlassi e scalpitassi con lei, Luana mi avrebbe capito a prescindere e sopratutto non mi avrebbe giudicato.
"Hai ragione" sospirai.
Poi mi liberai della maglietta in un gesto rapido e le andai incontro con uno sguardo eloquente.
"Adesso preparati però, perchè non te la farò pasaare liscia!"
E così fu. La raggiunsi in un baleno e la sollevai tra le braccia, non ebbe neanche il tempo di provare a ribellarsi perchè spiccai il salto e l'attimo dopo eravamo immersi nell'acqua gelida. Fare il bagno a metá gennaio non era il massimo, ma oramai quello era diventato una sorta di rituale per noi.
Quando riemerse i boccoli erano stati completamente schiacciati dall'acqua. "Brutto stronzo!" sbraitò, puntandomi il dito, la sua voce fece eco tra le pareti alte della sala. "Così mi farai prendere una bronchite!"
Mi venne incontró cominciando a schizzarmi acqua, ma in due secondi le avevo giá bloccato i polsi dietro la schiena. "E adesso cosa fai, eh?" chiesi con un sopracciglio inarcato, avvicinandomi al suo volto.
Giá sapevo cos'avrebbe fatto. Infatti l'attimo dopo le bloccai anche le gambe con le mie. "Calcio nelle palle? Ormai stai diventando prevedibile."
Ringhiò di rabbia mentre tentava invano di liberarsi e io scoppiai a ridere di fronte a quella scena.
L'attimo dopo l'avevo sbattuta contro la parete della piscina e le avevo infilato la lingua in bocca. Presa alla sprovvista espirò rumorosamente, ma poi si lasciò andare contro il mio corpo allacciandomi le braccia dietro le spalle.
Le morsi il labbro e un gemito ci travolse entrambi.
Quando i baci cominciarono a diventare troppo caldi, mi allontanai dalla sua bocca e abbandonai la testa contro la sua spalla. "Cazzo" mugugnai con il fiato corto.
"Affamato?" ridacchiò lei, la sua risata cristallina rimbombò nella sala.
Ringhiai in risposta, attaccandomi al suo collo.
Affamato?
Sì, ultimamente lo ero sempre. Ero affamato di sesso, di vita, di qualsiasi cosa mi permettesse di mettere a tacere almeno momentaneamente quell'inquietitudine che sentivo dentro.
Inclinò il collo sotto il mio attacco violento, poi le sentii. Le sue dita sul mio corpo. Percorsero leggere il mio petto fino ad arrivare all'elastico dei boxer. Quando varcò quell'ostacolo, sentii la tensione nello stomaco diventare sempre più forte.
Il suo tocco leggero.
Le sue unghia contro la mia erezione.
I denti che mi marchiavano il corpo.
Niente.
Niente fu sufficiente.
Mi staccai frustrato e mi appoggiai accanto a lei sbuffando rumorosamente.
Che cazzo mi prendeva? Mi rimproverai mentalmente. Non ero neanche più in grado di andare a letto con una fottuta ragazza?
Con Luana Ross?
Con una delle ragazze più sexy della scuola?
Quella che avevo desiserato per tutta l'adolescenza e che non avevo mai toccato in nome della nostra amicizia?
Che diavolo mi prendeva?
Calmati.
Respira.
Mi ripetei mentalmente.
Quello che mi ripetevo ogni volta che sentivo quella frustrazione invadermi.
Affamato.
La mia fame era come un mostro che mi possedeva dall'interno, sul quale non avevo nessuna forma di controllo. Nessuno poteva dirmi quando avrebbe deciso di attacarmi nè per quanto tempo mi avrebbe reso preda di quell'inquietitudine asfissiante.
Luana provò a parlare ma non glielo permisi. In un attimo ero di nuovo su di lei, con la lingua infilata nella sua bocca e le mani che attraversavano bramose il suo corpo.
Una brama diversa da quella puramente sessuale. Una brama che nasceva dalla voglia di sconfiggere la mia inquietitudine.
Baciavo, mordevo e palpavo tutto quello che trovavo sul percorso. "Toccami" ansimai al suo orecchio.
"Aspetta" mugugnò lei contro le mie labbra. Sentii le sue mani sul mio petto provare a spingermi via.
"Toccami" ringhiai questa volta, spingendola ancora di più contro la piscina.
"Smettila" continuò lei. "Smettila!" ripetè, la voce più sicura. Impresse una spinta più forte e quella volta riuscì a stabilire una distanza di sicurezza.
"Che diavolo c'è?" urlai, facendo un passo indietro.
"Non dobbiamo farlo per forza" ribattè lei, guardandomi con i suoi occhi verdi.
Quella voce materna, l'espressione comprensiva. Mi imbestialii ancora di più e assestai un pugno sulla parete della piscina. Le nocche si scorticarono e l'acqua si mescolò con il sangue. "Ma io voglio farlo!" ribattei, mi resi conto solo dopo del tono di voce troppo alto.
Lei assunse un'espressione scettica d io sentii tutte le barriere crollare.
Non hai bisogno di fingere con lei.
Pensai e immediatamente sentii gli occhi farsi lucidi.
Che diavolo mi prendeva ultimamente?
"Ben" cominciò lei, provando ad avvicinarmi ma questa volta fui io a bloccarla.
Aprii la bocca per scusarmi, poi lo sentii. Lo sentì anche lei.
Il motore di un'auto in avvicinamento.
"Che cazzo è?" sbottai, riprendendomi all'istante. Mi issai sul bordo piscina e raggiungi la finestra, osservando all'esterno.
"Oh, cazzo!" fu la mia unica reazione. Rimasi immobile ad osservare l'auto che veniva parcheggiata proprio sul vialetto della villa abbandonata.
Si chiamava così per un motivo, no?
E allora chi diavolo era quel tizio?
Aguzzai la vista e cercai di capire se l'avessi già visto da qualche parte.
La luce del lampione illuminò per un attimo il suo profilo mentre si dirigeva verso l'ingresso.
Capelli chiari. Occhiali squadrati e abiti neri.
La visione fugace del suo viso non riportò alla mente alcun ricordo.
"Che succede?" il sussurro di Luana a pochi passi da me mi fece sobbalzare rispendendomi nella realtà.
"Un tizio" scrollai le spalle, cercando di non allarmarla. "Mi sa che dobbiamo uscire."
Lei sgranó gli occhi. "Un tizio?!"
"Si, però calmati" dissi sbrigativamente, guardandomi intorno.
Quante possibilità c'erano che venisse in piscina a quell'ora della notte? O anche solo in garage, dato che aveva già parcheggiato?
"Passami i vestiti" ordinai, dopo aver notato che lei si fosse già rivestita. Il ragazzo continuava a indugiare sulla porta di casa.
"E se fosse un ladro?" chiese ancora lei.
"O uno stupratore?" ribattei sarcastico, roteando gli occhi al cielo. Mi indirizzó un'occhiataccia, ma non disse altro.
Infilai frettolosamente pantaloni e maglietta, poi le presi la mano guidandola fino all'ingresso della piscina.
La porta produsse un lieve cigolio, poi fummo nuovamente catapultati nel buio del garage. Sentii la sua presa rafforzarsi intorno alle mie dita.
"Al mio via cominciamo a correre" l'avvisai mentre pescavo le chiavi dalla tasca. La sentii mugugnare in assenso mentre mi abbassavo sulle ginocchia stringendo le chiavi tra le dita.
Quella volta sollevai la saracinesca di scatto creando un gran fracasso che per un attimo coprì la mia voce quando diedi il via. Afferrai nuovamente la sua mano e cominciammo a correre.
Tagliammo il giardino obliquamente e l'ingresso della villa fu spalancato quando avevamo oramai superato il perimetro della villa dell'abitazione.
"Ehi!" urlò una voce dal porticato. "Chi diavolo siete voi?"
Quello voce mi spinse a fermarmi. Ripresi fiato mentre mi voltavo indietro.
Il ragazzo sulla soglia di casa era illuminato dalla luce del porticato. Il petto nudo era eccessivamente pallido o forse era solo l'effetto della luce artificiale a farlo sembrare tale.
Restammo a guardarci per qualche secondo di troppo, il suo sguardo trasudava sfida, da quella lontananza non riuscii a distinguere il colore dei suoi occhi.
Quando mosse un passo cominciando a scendere i gradini, sentii Luana imprecare dietro di me. "Che cazzo fai, coglione? Corri!" urlò.
Poi fui trascinato via dalla mia migliore amica.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top