10. CAMILLE

"Grace?" chiese Josephine, voltandosi a guardarmi mentre si versava del succo di frutta.

Scrollai le spalle, buttando giù metà muffin. "Sta ancora dormendo."

Mia sorella mugugnó sorseggiando dal bicchiere. "Ieri la sua auto è sparita" disse, guardandomi in cerca di risposte. "Ben imprecava per i corridoi."

"Ben impreca sempre" precisai, lanciando un'occhiataccia a Ryan che continuava a inseguire Alvis per la cucina. Racchiudere otto persone sotto i vent'anni nella stessa stanza non era mai una buona idea.

"Sai cosa intendo" ribattè Josephine.

"Intendi se Grace non abbia deciso di tirare le cuoia?" roteai gli occhi. "Beh, questo dovresti chiederlo a lei."

Josephine mi guardó con un sopracciglio inarcato, infine sbuffó. "Non ti si può mai chiedere nulla" borbottó irritata mentre si avvicinava al lavello per posare la tazza.

"Ehy, mi abbandoni sola con questo zoo?" le urlai dietro, senza ricevere risposta. "Guarda che io li lascio uccidere, non sono fatta per badare ai mocciosi come te!"

Josephine sollevó il medio prima di abbandonare la stanza.

"Vaffanculo" borbottai mentre il mio sguardo scivolava su Alvis e Ryan che si azzuffavano ai piedi del bancone. I gemelli imperturbabili continuavano a fare colazione, come se accanto a loro non si stesse consumando una faida familiare.

La mia attenzione fu catturata dal mio cellulare che vibró proprio in quel momento.

Un messaggio di Carrie.

Doveva essere fuori.

Mi sollevai dallo sgabello, afferrando lo zaino dal bancone. Uscendo andai a scontrarmi con Benjamin che entrava in cucina proprio in quel momento.
"E fa attenzione, cazzo" borbottó con la voce arrocchita dal sonno.

"E tu metti qualcosa addosso quando scendi a colazione, idiota" ribattei dall'ingresso, prima di chiudermi la porta alle spalle.

Il maggiolino rosso di Carrie era lì e la mia amica scuoteva la testa fuori dal finestrino a ritmo della musica che rischiava di attirare l'attenzione dell'interno vicinato.

Le lanciai un bacio schiacciandole l'occhiolino. Ecco le mie amiche.

Mi infilai sui sedili posteriori. "Buongiorno a tutte!" strepitai, allungandomi per lasciare un bacio sulla guancia a Carrie. "Domani sto io avanti, stronza" puntai il dito a Tamara, che scoppió a ridere. Si allungó in avanti e prima di poterlo capire mi aveva morso la punta del dito.

"Che razza di stronza che sei" dissi ritirando la mano.

"Una stronza che ti frega sempre" ribattè schiacciandomi l'occhiolino.

"Mi sono stancata di sentirvi di prima mattina" urló Carrie, poi giró la manopola delle stereo facendo schizzare il volume al massimo.

"La solita" ridacchiai, lasciandomi cadere sul sediolino. Incontrai lo sguardo divertito di Barbie accanto a me.

Se conoscevo qualcuno di più folle della sottoscritta, quel qualcuno erano le mie amiche.

****

"Quindi, dove andiamo a mangiare?" chiese Carrie, trascinandosi per i corridoi neanche stesse trasportando una zavorra.

Scrollai le spalle mentre controllavo i messaggi, poi un'idea mi balzó alla mente.

Un'idea folle.

"Che ne dite del Black Moon?" proposi, stroncando il tentativo di Tamara di proferir parola.

"Mh, okay" accettó Carrie, poi la vidi aggrottare le sopracciglia. "Aspetta. Ma il Black Moon non si trova dall'altra parte della città?"

"Già" confermó Barbara, scrutandomi con lo sguardo. "Che hai in mente?"

"Io?" chiesi con un'espressione angelica. "Non ho proprio niente in mente! Ho solo pensato di provare qualcosa di nuovo."

"Ma se ci sei stata due giorni fa!" commentó Tamara, lisciandosi le ciocche azzurre.

"Già" confermó ancora Barbara.

"Volete sbrigarvi?" s'intromise Carrie, piagnucolando. "Sto morendo di fame!"

"Comunque venerdì avete deciso voi, quindi oggi tocca a me. E Black Moon sia!" sentenziai, avviandomi in avanti senza attendere protesta.

***

Il campanello in cima alla porta tintinnó quando Carrie spinse l'ingresso per intrufolarsi nel locale.

Anche quel giorno era per lo più vuoto. Un gruppo di muratori chiassosi in uniforme, una ragazza solitaria di cui si scorgeva solo la montatura quadrangolare degli occhiali da dietro lo schermo del computer, un anziano signore stravaccato su uno degli sgabelli vicino al bancone che sorseggiava birra e si guardava intorno nel locale.

Il mio sguardo corse proprio lì, dietro al bancone, dove una cameriera in divisa spazzava a ritmo di musica.

Quel giorno non c'era?

Poi sentii una presa stringersi intorno al braccio.
"Non dirmi che sei venuta qui per lui"
Gli occhi azzurri di Barbara mi fissavano con la solita espressione impassibile, un misto di rimprovero e indifferenza.

Le altre avevano già preso posto e Carrie commentava ad alta voce il menù del giorno.

"Di chi parli?" chiesi, controllando nel riflesso del vetro che la piega fosse a posto.

"Non prendermi per il culo, Millie, so che ti interessa quel tizio" disse, facendo un cenno verso il bancone.

"Quale tizio? A me sembra di vedere una ragazza lì" ribattei. "E poi sai che non mi piace essere chiamata in quel modo."

"E tu sai che a me non piace quando ti comporti in quel modo."

"Quale modo?" chiesi, cominciando a sentire l'irritazione serpeggiare sottopelle. "Perchè non parli chiaro, Barbara?"

"Samuel"

Bastó quel nome.

Bastó quel nome per spiegare tutto.

Bastó quel nome per farmi accendere i nervi.

Intorno a quel nome ruotava gran parte delle cose negative che Barbara Light pensava di me.

"Perché cazzo lo metti sempre in mezzo?" scattai come una molla. Immediatamente lo sguardo di Carrie, Tamara e qualche altro fortunato avventore piovve su di noi. Strinsi i pugni e provai a sfogare in quel gesto tutta la mia frustrazione. Non dovevo perdere il controllo, non era da me farlo. "Samuel è acqua passata" sentenziai, con un tono che non ammetteva repliche.

Ma Barbara aveva sempre amato superare i confini con me. Aveva sempre avuto la capacità di intuire i miei limiti con un solo sguardo e aveva sempre avuto l'ardire di superarli senza troppi scrupoli.

"Se lo fosse davvero, non continueresti a trattare le persone come giocattoli" ribattè, sfidandomi con lo sguardo, con quello sguardo impalpabile che sembrava in grado di sondare anche le acque più profonde. "Giocattoli per testare i tuoi fottuti problemi" aggiunse e lo seppi: il confine era stato varcato.

"I miei fottuti problemi, come li chiami tu, non esistono. Era Samuel il problematico della coppia, è solo causa sua se ha fatto quel che ha fatto" affermai con decisione. "O vuoi incolparmi anche di quello?"

In quel modo conclusi, le voltai le spalle senza darle modo di dire altro.

Raggiunsi il tavolo e presi posto, sfilando il menù dalle mani di Carrie. "C'è qualcosa di buono?" cinguettai con una spensieratezza che non mi apparteneva davvero. Non dal momento che mi era stata strappata da quella conversazione.

Stavo scappando dai problemi o solo dalla parte peggiore di me?

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