La scelta
Quando Yan raccontò dell'accaduto a Xerxes, questi ne rimase molto turbato. Non parlò granché, disse soltanto che il giorno seguente si sarebbe recato all'accampamento degli elfi per tenere sotto controllo il re ed Elijah.
Quella notte Yan era sul punto di addormentarsi, quando avvertì un'orribile sensazione attanagliargli la testa, come se qualcuno stesse cercando di strizzargli il cervello.
Si chiese se non fosse uno scherzo malsano da parte di un poltergeist che occupava il Rifugio.
Eppure di notte rimanevano sempre in salotto, o quantomeno non entravano mai nella camera da letto. Inoltre Yan li aveva conosciuti e, lamentosi e noiosi, educati e rigidi, non erano inclini al divertimento.
D'improvviso udì la voce di Rifel'a: "Yan! Yan, devi uscire subito! Ti aspetto al burrone, presto!"
La sensazione svanì e il ragazzo ansimò a occhi sgranati, sul momento incapace di comprendere quanto successo. Non riusciva neanche a capire se avesse appena sognato.
Un po' di fastidio alla testa era rimasto, non poteva essersi immaginato la voce...
Dunque, dopo essersi accertato che gli altri dormissero – e soprattutto che Owen non fosse nel dormiveglia – Yan uscì di camera e recuperò stivali e mantella.
I poltergeist si erano già girati, curiosi, le voci piagnucolanti e strascicate lo circondavano in un tornado di domande.
Ammiccò loro di far silenzio, ma quelli non vollero ascoltarlo e gli girarono attorno insistentemente, ululando ad alta voce.
«Dove vai?»
«Fuori fa freddo!»
«Lo spirito dell'inverno ti gelerà!»
«Diffida di lui!»
«Diffida!»
«Esco per la caccia!» si affrettò a rispondere Yan. «Soltanto per cacciare, dico davvero.»
Gli spiriti si arrestarono e una donna anziana dell'elegante aspetto si fece avanti.
Nonostante quanto aveva letto, il tocco di un poltergeist non era freddo, dunque il ragazzo non avvertì niente di strano quando la signora Ki – la prima che aveva dato inizio a quell'incantesimo per far da guardia al tesoro – trapassò le sue mani. O forse era perché, in quanto umana che resisteva in quella forma grazie alla magia, Yan non poteva subire niente da parte sua.
«Dove vai?»
«A cacciare.»
«Dove?»
«Parecchio lontano. Molto a nord, vicino ai cespugli di firethorn.»
«Non andare. Fuori è pericoloso, devi diffidare di ciò che si cela nell'oscurità.»
«Starò bene» la rassicurò Yan. Riuscì a sorridere, addolcito dal fatto che i poltergeist si preoccupassero così tanto per lui. «Il burrone è sicuro, non possono entrare intrusi.»
«Ma sarai solo!»
«No, ci sarà il mio amico elfo.»
«Quel Vow'a?»
«No no, si tratta di Rifel'a, suo...»
«Rifel'a?»
«È un elfo o un'elfa?» intervenne un altro poltergeist, seguito subito dagli altri.
«Un'elfa? Si tratta forse di una scappatella amorosa? Bada, giovanotto!»
Le guance di Yan si surriscaldarono. Gli sembrava di avere più di una decina di nonni a fargli la predica...
Gli spettri seguitarono nei loro bubbolii, ma lui si affrettò a uscire, pregando gli dèi che nessuno degli amici si risvegliasse e si accorgesse della sua assenza.
Corse fino al tunnel, e nella valle trovò Rifel'a ad aspettarlo.
«Come diamine hai fatto?» sibilò Yan. «Non sapevo che gli elfi avessero abilità telepatiche.»
«È stato un tesela, il frutto dell'albero rosa.» Rifel'a gli afferrò i polsi, gli occhi trasudavano paura. Tolse la sacca dalla schiena e si accucciò per estrarne lo specchio magico. «Ho preso lo specchio all'insaputa di mio padre, ma era necessario! Il re di Egaelith ha in mente qualcosa di losco, non potevo rimanere a guardare!»
«D-di che cosa parli?»
Rifel'a si rivolse al proprio riflesso: «Mostrami la diga di metver nella Foresta di Hanover».
I loro volti ondularono per lasciar spazio alla Foresta priva di neve, l'oscurità spezzata dai cespugli emananti una propria luce fluorescente. Grazie a essi, Yan riuscì a scorgere bene l'anaconda d'acqua che attraversava gli alberi, oltre alla diga di tronchi che bloccava il circolo del fiume, addirittura a rischio di straripamento.
«Si trova a est della Foresta» spiegò l'elfo. «La linea difensiva di Tirsh ha lasciato scoperta questa zona, poiché inconsapevole della diga, costruita soltanto nelle ultime due settimane. Re Kayne Cavendish invece l'ha scovata e vuole sfruttare il crepaccio privo d'acqua per farlo attraversare ai suoi soldati, cosicché possano girare attorno alla difesa nemica e attaccarla alle spalle. Fatto questo, il re potrà marciare su Newmist...»
Yan deglutì, già immaginando la scia di sangue di innocenti che nei prossimi giorni avrebbe tinto il sud di Egaelith. «Ho capito... P-perché sei venuto a parlarmene stanotte? Potevi aspettare domani.»
«Non mi hai sentito, Yan? Si tratta dei metver.»
«Sì, i castori dalla pelliccia metallica e le zanne aguzze. Ma il re avrà un piano per tenerli alla larga, no?»
«Sì, vuole lasciare un gruppo di dieci uomini a distrarre quegli animali, mentre il resto dei cavalieri avanza.»
«Dieci uomini?» Yan si passò nervoso una mano tra i capelli, più ritti del normale. «È una diga bella grande, ci saranno almeno cinquanta metver all'interno. Dieci uomini non basteranno...»
«Infatti, ma al re non interessa, vuole che il resto dell'esercito sia forte per attaccare i nemici: uno squadrone li assalirà da dietro, mentre un secondo gruppo li attaccherà dal davanti una volta che saranno stati colti di sorpresa. E tutti gli altri servono per le ronde attorno alla Foresta.»
«Non ha affatto senso! A cosa servono le ronde se ci sarà una battaglia? Tutti i soldati devono essere messi a disposizione per la missione d'attacco, la più importante! E se i nemici vincessero e assaltassero l'accampamento fino ad arrivare a quello dei cittadini di Murcuw? Loro saranno indifesi e incapaci a combattere, hanno bisogno di protezione! L'esercito è composto da moltissimi uomini, perché Kayne vuole sacrificare alcuni suoi soldati quando una buona parte di loro sarà impegnata a far niente nelle pattuglie di ronda?» Cominciò a grattarsi forte la nuca. «N-non potrebbero scendere il crepaccio un po' più lontano dalla diga?»
«Dei soldati hanno già constatato che alcuni metver rimangono in giro lungo le pareti rocciose anche di notte. Inoltre, Yan...» Rifel'a sospirò affranto, «io credo che il re abbia scelto appositamente coloro da sacrificare...»
«Che cosa vuoi dire?»
«Dico che gli uomini prescelti sono i combattenti che negli ultimi tempi si sono dimostrati più titubanti, quelli che sono stati colti a guardare al di là dell'accampamento con dubbio e invidia, quelli che sembrano desiderare di abbandonare le file per unirsi alla baronessa Tirsh. Si tratta dei cavalieri che stanno subendo più degli altri insieme alle loro famiglie.» Yan lo fissò con la bocca spalancata per l'orrore, mentre l'elfo diceva: «Tra loro c'è tuo padre».
«No...» Yan prese a marciare avanti e indietro.
Però... dopotutto a lui cosa importava?
Si parlava di Tyler Mowbray, l'uomo che era stato suo padre, colui che aveva disconosciuto il figlio. Aveva lasciato che venisse picchiato, arrestato e poi deportato sull'Isola della Purga. Non aveva fatto niente per lui, non aveva mostrato un minimo di pietà né di disperazione.
Quella sera non era stato lo stesso uomo col quale Yan si era divertito da piccolo, che lo aveva allenato affinché entrasse all'accademia e si addestrasse per poter realizzare il suo sogno. Non era stato lo stesso uomo che prendeva il figlio sulle spalle per lasciargli osservare il mondo che li circondava, millantando su quanto fosse meraviglioso e divertente.
Non era più lo stesso uomo che si era rotolato sul letto insieme a lui, gli aveva raccontato la fiaba della buonanotte e poi si era addormentato stringendolo forte...
Non era più il padre che gli aveva spiegato che non ci fosse nulla di sbagliato nel suo colore di pelle, che lo aveva incalzato a credere in se stesso e a non ascoltare le parole altrui, che gli aveva arruffati i capelli e poi lo aveva spintonato a terra prima di cominciare un'amichevole lotta...
Quello non era più il padre che lo aveva cresciuto.
Però lo era stato...
«No! NO!» Yan tirò un calcio alla neve molliccia, rischiando di scivolare all'indietro. "Papà..."
Si sentì assalire da un sentimento che non aveva mai provato: si sentiva furioso, bruciava d'ira, era come se le fiamme dell'Inferius ardessero nelle sue vene.
Lui voleva giustizia, bramava quasi vendetta...
"Mio padre potrebbe avere il gene del "bestia", che ha trasmesso a me. Come Kayne odia la famiglia di Elijah per il loro sangue "sudicio", allora odierà anche mio padre per il medesimo motivo. E se non è mio padre ad avere il gene, potrebbe comunque averlo mia madre. E se Kayne avesse preso di mira i miei genitori... punisce entrambi per il peccato di uno solo. Ecco perché la mamma è stata abbandonata con solo due guaritrici a disposizione..."
«Non capisco come mai non possano semplicemente attraversare il fiume in volo» sussurrò Rifel'a. «Gli esseri umani possono volare, giusto?»
Yan scosse forte la testa. «Possono, ma la Foresta di Hanover crea alcuni effetti collaterali alla magia umana. Tutti i maghi che hanno tentato il volo lì ricadevano dopo appena un paio di secondi. Dicono che la Foresta abbia come una volontà propria, troppo potente perché la si possa contrastare.»
«Neanche se si facessero crescere le ali potrebbero volare?»
«In quel caso sarebbe possibile, ma modificare una parte del corpo o far crescere qualcosa in più è un tipo di magia complicato per gli umani, non tutti ne sono in grado. Mi risulta che ci siano un paio di cavalieri a Egaelith, ma si tratta di due gemelli del marchesato di Wilson. Dubito che il re voglia aspettare per chiamarli in aiuto.»
«Ma si renderanno invisibili, giusto?»
«Quegli stupidi metver hanno comunque i sensi ipersviluppati!» ringhiò Yan.
Sembrava non esserci soluzione, che suo padre e le altre vittime sacrificali non avessero scampo...
Si fermò, cercando di placare il respiro e pensare lucidamente. Inspirò forte dal naso ed espirò dalla bocca, prima di puntare gli occhi sugli alberi che lui e gli altri ragazzi avevano coltivato.
Adesso sapeva cosa dover fare.
«Quando comincerà l'assalto?» domandò con tono fermo.
«Gli uomini di Kayne partiranno dal campo poco prima che la luna cominci a calare.»
Yan sollevò lo sguardo sull'astro argenteo, sottile quanto un capello. Aveva da poco raggiunto l'apice della sua ascesa, rimaneva un tempo magro per agire.
«Rif, mi servono i portsid.»
«Li ho portati qui.»
«Molto bene. Preparali.»
Yan corse verso gli alberi di camougrape e si arrampicò per cogliere due grappoli neri, due bianchi e due rosa.
Poi si girò verso l'amico elfo e tese la mano. «Mi serve la tua sacca, Rif. Non posso tornare a casa, rischio di farmi vedere dagli altri.»
Rifel'a gli porse la borsa. «Non hai intenzione di affidarti al loro aiuto?»
«No, non credo che sarebbero d'accordo. Nathan è rimasto sconvolto quando gli ho esposto la mia idea, e Xerxes uscirebbe di testa.»
Yan afferrò un seme chiaro e lo rimirò, il cuore impazzito.
Quando alzò lo sguardo, si accorse che Rifel'a aveva teso le dita sottili affinché potesse prenderne uno a sua volta.
Il ragazzo invece glielo negò. «Rif, tu non puoi uscire dai confini del tuo territorio.»
«Se lo faccio col portsid, né re Vurwisch né re Kayne verranno allarmati.»
«Non importa. Ho bisogno che tu rimanga qui a tenermi sotto controllo tramite lo specchio. Se avrò bisogno d'aiuto, interverrai. Ma lo farai solo se pronuncerò il tuo nome, solamente in quel caso, va bene?»
Rifel'a parve esitare, ma alla fine sbatté gli occhi in segno d'affetto. «Siamo d'accordo. Ma come vorresti agire? Immagino tu voglia distruggere la diga dei metver.»
«Esatto.»
«Ma come?»
Yan strinse i denti, maledicendo la sua inettitudine. «L'unica cosa che mi viene in mente è un incantesimo esplosivo, però io non sono un mago. Dunque...»
Ripensò agli studi all'accademia.
I metver erano tra le creature che aveva studiato al primo anno di apprendistato, perché distruggerne le dighe era un compito per i soldati di rango più basso. Aveva persino assistito a un abbattimento, ricordava i terribili stridii di quei roditori metallici...
Si trattava di creature pericolose e per certi versi fastidiose. Come per i castori, a volte gli uomini sfruttavano i metver per lasciarli costruire dighe là dove erano necessari bacini per le foreste o i raccolti. In altri casi invece potevano essere causa di siccità, o al contrario di straripamenti, e dunque della distruzione dei campi.
A differenza dei castori, i metver erano un po' più piccoli, ma avevano il corpo rivestito di metallo, e i loro denti erano appuntiti quanto chiodi giganti. Rendevano cavi i tronchi che tagliavano affinché potessero imbottirli di metallo, che recuperavano grazie alla muta.
I tronchi e le dighe erano così molto più resistenti, buttarle giù era un'impresa parecchio ardua.
"Si potrebbe fare con un incantesimo esplosivo che faccia saltare tutto in aria, ma ovviamente io non ne ho le capacità... Esiste un altro modo?" Si sforzò di ricordare, massaggiandosi così tanto le tempie da procurarsi solo maggior dolore.
Non gli veniva in mente niente, tutto ciò a cui riusciva a pensare era il fuoco.
Riprese a fissare lo specchio su cui veniva mostrata la diga, tornando a sentirsi inerme, inutile...
Il legno attorno alle strisce di metallo era normalissimo, perciò poteva venire bruciato. E i rametti dei tronchi, il modo in cui le cortecce venivano intagliate, era fatto di proposito affinché contribuissero a mantenere saldi gli incastri.
Trasse un respiro profondo nel mettere a fuoco le rive. I raggi della sottilissima luna non filtravano bene attraverso le chiome scure, ma gli alberi venivano illuminati dai cespugli magici.
Gli ricordavano qualcosa...
In passato Yan era stato in quella Foresta, in ritiro con la sua classe.
Il maestro aveva parlato riguardo quei cespugli.
Aveva detto... aveva detto che i cespugli della Foresta di Hanover erano unici al mondo. Il regno ricavava molto nel commercio di quelle foglie, poiché venivano usate per creare pozioni che rafforzassero gli incantesimi del fuoco.
Si chiamavano shixleaves.
Quando uno dei suoi compagni aveva provato a toccarle, il maestro lo aveva sgridato tirandolo via e avvertendolo che bruciavano.
La carne era l'unica cosa su cui potessero appiccare fuoco, di fatto le pozioni delle shixleaves venivano vendute tra le armi e per nessun altro motivo.
E una volta che le shixleaves appiccavano il fuoco sulla carne, quelle fiamme potevano essere passate su qualsiasi altro materiale che non fosse ignifugo...
«Sì, posso farcela!» trillò Yan d'improvviso.
Il suo cervello lavorava frenetico. Il cuore gli batteva forte per il terrore, ma non si sarebbe mai e poi mai tirato indietro.
Era disposto a tutto.
Adesso aveva una possibilità: una possibilità per fare la sua parte e aiutare il suo popolo.
«Posso farcela, Rif! Se... se la diga venisse incendiata e il fiume tornasse a scorrere, Kayne non potrebbe inviare i suoi uomini dall'altra parte per attaccare i nemici, la battaglia verrebbe posticipata e non ci saranno martiri! È perfetto!»
Rifel'a strizzò gli occhi nella confusione iniziale. «È rischioso. Pensi di riuscire a dar fuoco alla diga? Io non ho questa magia, mentre tu...»
«Un modo c'è.» Le labbra di Yan venivano attraversate da spasmi di eccitazione e nervosismo.
Si sentiva euforico, pronto all'azione, e quasi felice.
Era da tanto che aspettava quel momento! Finalmente poteva anche solo provare a proteggere chi amava!
Rifel'a gli afferrò il gomito e si chinò in segno di rispetto. «Che gli dèi vegliono su di te, Yan. Fa' il mio nome se necessiti soccorso.»
Anche Yan gli strizzò il gomito e s'inchinò di poco, prima di raddrizzarsi e fargli l'occhiolino, mentre ficcava il portsid in bocca.
"Alla diga dei metver nella Foresta di Hanover, nel regno di Egaelith. Alla diga dei metver nella Foresta di Hanover, nel regno di Egaelith. Alla diga dei metver nella Foresta di Hanover, nel regno di Egaelith. Alla diga dei..."
Sentì formicolare tutto il corpo, prima di venire avvolto da una luce accecante.
*
E così Yan ha fatto la sua scelta.
Ve lo sareste aspettato?
Che cosa credete che abbia in mente adesso?
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