L'incontro

Yan ricadde sulla neve quando le zanne della volpe schiocchiarono a un soffio dal suo viso.

Rinunciò al sostegno delle mani per poterle stritolare la gola e tenere lontano i denti aguzzi, e l'animale annaspò alla ricerca d'aria, sfregiando con gli artigli la sciarpa del ragazzo.

Lui le tirò un calcio allo stomaco per allontanarla, e con una nuova idea si tolse svelto la sciarpa e la premette sul naso e sulla bocca della volpe.

Sotto al peso del cacciatore, la bestiola non fu capace di contorcersi, i suoi latrati soffocati si affievolirono in mugolii...

Infine roteò gli occhi.

Yan poté tirarsi su non appena la sentì accasciarsi.

Riprese fiato, fissando il cadavere ai suoi piedi, poi si volse e andò a recuperare il pugnale sfuggitogli in seguito all'attacco a sorpresa.

Nel rivoltare la carcassa, scoprì le molte mammelle gonfie e rosee.

Probabilmente scappando la volpe si era resa conto di essere troppo vicina alla sua tana piena di cuccioli, e per proteggerli si era coraggiosamente voltata per affrontare il persecutore.

Quel semplice animaletto della foresta era morto in sacrificio dei suoi piccoli.

Yan ebbe una fitta al cuore al pensiero dei volpini che non avrebbero mai più rivisto la mamma tornare.

Tutto a causa sua, che aveva separato una famiglia.

I piccoli sarebbero stati divorati da altri animali selvatici...

"Dovrei cercarli? Devo portarli da qualche parte?"

No, non poteva.

Immaginava già come avrebbero reagito i suoi amici: avrebbero considerato quei cuccioli delle futili bocche da sfamare, e dopotutto l'inverno era già abbastanza difficile.

Si accucciò per caricare la volpe in spalla. Era piccola e magra, non aveva dovuto sforzarsi troppo per ucciderla.

"Permetterai a noi di vivere."

Tuttavia alla volpe cosa importava?

Era morta, e ovunque fosse adesso il suo spirito, sarebbe sempre stata più interessata ai suoi piccoli piuttosto che a sei ragazzini.

Era una madre, dopotutto, il suo ultimo pensiero era stato quello di difendere la prole.

Tutte le madri agiscono così, o almeno quasi tutte...

"Anche la mia si sarà comportata in questo modo?" si chiese Yan.

L'ultimo ricordo che aveva della mamma risaliva a molto tempo prima: all'incirca all'anno precedente, in primavera, quando lei era andata a trovarlo per regalargli abiti leggeri per la bella stagione.

Da allora lui aveva continuato ad addestrarsi al campus dei cavalieri, lei era tornata a casa e... e in seguito Yan aveva scoperto di essere un "bestia", un umano senza poteri magici, ritenuto da tutti un portatore di sventura, un appestato da gettare alla morte.

Si riscosse quando udì i cespugli frusciare.

Estrasse il pugnale, ma si rilassò non appena scorse dei riccioli biondi far capolino dalle foglie.

«James?»

James si alzò e, toltosi la benda dagli occhi, li sbatté per cercare di metterlo a fuoco. «Uhm, Yan, sei tu. Ho sentito puzza di morte.»

Yan si sentì rabbrividire a quelle parole. James sapeva sempre essere così duro e insensibile.

«Sì, ho appena ucciso questa volpe», e gli mostrò la preda.

Avvicinatosi a tastare il corpo, l'amico si leccò le labbra. «Bene! Ormai a malapena riusciamo a scovare conigli, e sono tutti così ossuti. Ehi, ma sei ferito?»

Yan seguì il suo dito sulla sciarpa strappata. «Non mi ha fatto niente, tranquillo. Si è girata per affrontarmi. È una femmina, credo non volesse condurmi dai suoi cuccioli.»

«Ah, i cuccioli, eh?» borbottò James, cominciando a scuotere il naso e a girare la testa come un segugio.

«Non vorrai andarli a cercare?»

«Perché no? Se non li mangiamo noi, lo farà qualche altro animale.»

«M-ma sono cuccioli...» mormorò Yan scandalizzato.

«E allora? Più o meno lo siamo anche noi, eppure nessuno si è dato troppa pena a spedirci sull'Isola della Purga.»

"Qualcuno se l'è data" pensò Yan, ricordando la madre di Xerxes e i genitori di Skye.

Certo quei volpini non avrebbero resistito al freddo, o sarebbero stati divorati da qualche altro animale.

Eppure non voleva essere lui a uccidere vite tanto innocenti.

Di contro James non volle starlo a sentire. Calò di nuovo la benda sugli occhi e si allontanò con maestria tra gli alberi.

Yan invece, con la volpe ancora caricata sulla spalla, imboccò la direzione opposta.

                                    *

Owen strabuzzò gli occhi di diverso colore non appena li vide arrivare. «Una volpe? Non ho mai mangiato una volpe prima d'ora!»

James non nominò i cuccioli, né Yan volle farne parola. L'amico era tornato affermando di "non essere riuscito a scovarli", ma lui sotto sotto sospettava che James avesse preferito risparmiarli. Dopotutto aveva un cuore, per quanto tendesse a nasconderlo.

«Ehm, io però non ho mai cacciato una volpe» li avvisò Skye. «Non ho davvero idea di quanto dovremo faticare per scuoiarla. A palazzo una volta hanno servito una volpe, però...»

«Ah sì? Forse il principino ne sa qualcosa» sghignazzò James, come sempre quando si accennava alla passata vita da principe di Xerxes.

«Ma l'hanno cucinata i cuochi, Jamie!»

«Beh, intanto direi di spezzarla, che ne dite?» propose Yan.

Collaborarono nello scuoiare la vittima dalla pelliccia rossa, per poi tagliuzzarne la carne dopo che Owen si fu accertato che fosse buona da mangiare.

Una volta terminato il sanguinolento lavoro, James raccolse il pelo e lo portò via, borbottando che avrebbe potuto crearvi guanti e cappelli.

Yan non dubitava che sarebbero venuti fuori accessori eccellenti. Nonostante i due anni in prigione, James non aveva perso il tocco per il cucito, ereditato dai suoi genitori. Era sempre lui a offrirsi d'imbottire mantelli e coperte.

Una volta che si furono lavati e cambiati, alternandosi il lavoro in cucina, cominciarono a imbandire la tavola per la cena.

Si prospettava una mangiata soddisfacente, negli ultimi tempi alquanto rara.

Ogni giorno, mentre Owen proseguiva il suo incarico da guaritore, gli altri, che non dovevano assolutamente farsi vedere dai pazienti, si recavano nella loro ampia valle segreta.

Durante l'estate si erano tenuti impegnati nella raccolta di erbe mediche, ma adesso che era inverno dovevano preoccuparsi anche della caccia, poiché i pazienti di Owen non potevano sfamarlo più di tanto.

Ilashwia era un'isola ricca, ma quell'inverno era più freddo del solito, c'erano già state numerose bufere e i viandanti avevano preferito evitare la villeggiatura in montagna. Perciò il Paese si era ritrovato un po' impoverito nelle finanze, e da lì ne aveva risentito anche il commercio.

I villaggi si stavano dando da fare con i propri raccolti e allevamenti, ma nessuno era abituato a simili situazioni, la goffaggine e gli errori non erano mancati.

Nonostante tutto, Owen aveva affermato di non aver mai avuto la pancia così piena e il laboratorio tanto rifornito nella stagione fredda.

Skye era la più abile nella caccia, e aveva insegnato velocemente a Yan le arti del mestiere; persino James, che peccava nella vista, era diventato capace di sfruttare soltanto olfatto e udito per inseguire le prede. Nathan e Xerxes invece continuavano a occuparsi della raccolta d'erbe e delle loro coltivazioni.

E se anche l'inverno li stava mettendo a dura prova, non potevano lamentarsi troppo: si erano trovati in situazioni molto peggiori.

Yan ricordava il terrore provato allo spegnimento del tester, evento confermante l'assenza di cellule magiche nel suo corpo. Percepiva ancora sulle membra le bastonate da parte di quelli che fino a pochi attimi prima erano stati i suoi mentori, il solo pensiero gli faceva storcere la bocca per le fitte di dolore...

E poi era stato mandato sull'Isola della Purga.

Lo aveva accompagnato Nathan Seller, il suo migliore amico, che aveva scoperto di essere un "bestia" quella stessa sera.

Sulla barca diretta all'Isola c'erano stati anche James Carter, fino alla notte prima il campione tra i gladiatori di re Kayne Cavendish, e il primogenito di quest'ultimo, Xerxes.

I quattro ragazzi erano già stati certi della loro morte per bocca di mostro, invece Skye Gael, sopravvissuta sull'Isola grazie alla sua abilità di relazionarsi con i draghi, li aveva salvati e protetti.

Tutti insieme erano fuggiti, per poi mettersi in viaggio verso l'isola d'Ilashwia, nel reame di Finwzima.

Lì, dopo tante peripezie, avevano conosciuto Owen, un loro coetaneo che da tre anni si camuffava da vecchio "debole" guaritore con l'appellativo di Umhïrtröfa. In realtà anche lui era un "bestia", e aveva imparato a sfruttare le erbe curative senza far uso della magia. Era stato lui a offrire ai nuovi amici la sicurezza della sua casa.

Ormai erano circa otto mesi che vivevano tutti insieme al Rifugio dei Poltergeist, ed era indubbio che fossero felici come non avrebbero mai pensato di poter tornare a essere.

Erano una famiglia.

Quando James li raggiunse, cambiato e profumato, si guardò intorno borbottando: «Dove sono il cerbiattino e il puledrino?»

Gli altri non seppero rispondere.

In effetti, Xerxes e Nathan stavano tardando. Una novità, soprattutto perché fuori era già buio e si gelava.

«Dovremmo andarli a cercare?» propose Skye, non appena Yan ebbe posato tutti e sei i piatti sulla tavola apparecchiata.

Questi stava già annuendo, quando sentirono la porta sul retro aprirsi e richiudersi. «Ragazzi?»

«Sì, siamo noi» rispose la voce infreddolita di Nathan.

Sollevati, gli altri cominciarono a prendere posto a tavola. Yan non ci vedeva più dalla fame, addentò subito un piccolo pezzo di carne e constatò che il sapore della volpe era davvero niente male.

Xerxes e Nathan entrarono in cucina, congelati e piuttosto tesi.

«È successa una cosa» disse infatti il primo. «Io e Nathan abbiamo incontrato alcuni elfi. Erano un gruppetto di cinque, si erano affacciati dal crepaccio sopra il grosso ontano a nord. Sono riusciti a vederci, ci hanno ammiccato e poi sono corsi via. Non sapevamo se seguirli o se lasciar perdere, e ora siamo un po' preoccupati...»

«È normale che gli elfi si spingano così vicino al nostro territorio?» domandò cauto Nathan. «So che non possono entrare senza il tuo permesso, Owen, ma la magia della Fonte non funziona con i suoni. Ricordo che abbiamo nominato la nostra malattia del "bestia" poco prima che apparissero... io stavo facendo una sorta di battuta... N-non sembravano minacciosi, però...»

«Sarebbe divertente se Nathan-Il-Musone ci mettesse nei guai con una battuta, eh?» bofonchiò James.

«È anche vero che, a parte Vow'a, non si sono mai spinti così vicino al nostro territorio» rifletté Owen ad alta voce, fermando sul nascere una discussione tra i due. Cominciò a strusciare le profonde pesche sotto agli occhi, evidentemente incerto quanto tutti loro. «Io... i-io devo andare a cercare Vow'a. Questa storia non mi convince... Andrò domani. Adesso fa troppo freddo ed è buio. Fidiamoci del fatto che riuscirà a prendere tempo, in caso i suoi compagni si dimostrino sospettosi. Lascerò l'annuncio che recupererò il lavoro un altro giorno, e magari scriverò anche delle direttive. Appenderò un rotolo di pergamena fuori dalla porta.»

«Almeno hai idea di dove si trovino gli elfi?» fiottò Skye, che aveva cominciato a farsi i bocconi con nervosa ingordigia.

«Vow'a me ne ha parlato: una volta mi ha detto che se avessi avuto bisogno di lui, avrei dovuto raggiungere l'albero rosa e da lì contattarlo sfruttandone i frutti.»

«Albero rosa? Sfruttare i frutti? Ho sentito bene?» mugugnò James.

Yan scrollò le spalle, guardando gli altri. «Beh, noi veniamo con te, Owen. Ci siamo dentro tutti.»

Owen annuì riconoscente, prima di scambiare con loro un colpetto di nocche. La testa ciondoloni, stava già chiudendo le palpebre per la malattia che lo affliggeva. «Va bene, ma dovremo svegliarci...» sbadigliò, «svegliarci pres...»

Yan gli dette una leggera scrollata e l'amico sussultò raddrizzandosi sulla sedia, prima di tornare a divorare la carne.

                                  *

Un inizio tra il tranquillo e il turbolento.
I ragazzi stanno vivendo in pace, ma questi elfi?
Potrebbero aver sentito troppo?
Si comincia già male?😱

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