Cuore confuso

Yan s'impegnò a fondo pur di mantenere la promessa fatta a Dalila.
Quando riusciva a liberarsi dei suoi amici e a convincerli a lasciarlo cacciare da solo, lui scappava verso l'accampamento elfico, dava una controllata ai genitori e al territorio attorno alla fattoria, poi tornava ad allontanarsi e si trasportava a casa della ragazza.

Dalila sembrava sempre molto felice di vederlo e di lavorare in sua compagnia.

A differenza di Moe.

Ancora il bambino non sembrava disposto a dar fiducia all'estraneo. Le poche volte in cui i due rimanevano soli, prima che Moe si allontanasse mostrava le sue mani infuocate in chiaro segno di minaccia.

Yan faceva di tutto pur di rimanergli alla larga.

Conobbe anche il piccolo Huge, un pupo che, nonostante non avesse ancora compiuto il primo anno di età, non faceva altro che mugolare parole incomprensibili e ridere come un matto quando la cagnetta Odu si rotolava di fronte a lui. Ogni tanto persino Flarì lo intratteneva esibendosi in giravolte che, più che divertirlo, lo ipnotizzavano così da farlo rimanere buono.

«Perché lo avete chiamato Huge?» domandò Yan, a stento reprimendo un sorrisetto.

Dalila si accorse delle sue smorfie e ne approfittò per sferrargli un pugnetto alla spalla. «Perché diventerà grande, grosso e forte. Appena la mamma partorì ci lasciò Huge e se ne andò con papà» raccontò.

«Perciò è cresciuto col latte delle mucche.»

«Scherzi? Questo furbacchione attaccava la bocca direttamente alle mammelle e succhiava come un disperato!»

Yan scoppiò a ridere, certo che Owen ne sarebbe rimasto scandalizzato: i bambini neonati erano molto delicati, dovevano essere tenuti sotto controllo, lontani da qualsiasi forma di sporco e i loro piedini dovevano venire costantemente lavati, dato che avevano la strana abitudine di ficcarseli in bocca.

Huge invece si mangiucchiava il piede sporco, e nonostante tutto sembrava sano come un pesce: evidentemente crescere nella terra doveva averlo già reso resistente, se non addirittura immune agli effetti di alcuni batteri.

Yan sperava solo che Dalila non se ne approfittasse e che lo lavasse almeno prima di metterlo a letto.

La giovane accolse il fratellino che gli gattonò tra le ginocchia e si lasciò cadere sulla schiena per poterlo sollevare. Forse credendo di star volando, Huge rise agitando braccia e gambe.

«Tu non hai fratelli, Joshua?»

«Ho un amico col quale sono cresciuto e che considero come un fratello. Però noi due», sghignazzò indicando fratello e sorella, «non abbiamo mai fatto questo

«Certo che no, tontolone!» Dalila fece saltellare Huge sulle ginocchia, per infine riacciuffarlo e passarlo a Yan.

Il ragazzo lo raccolse e lo voltò così da poterlo guardare negli occhi. Huge tese le manine ad afferrargli le guance, che strapazzò nel volerle modellare a suo piacimento.

Alla fine, per evitare che la sua faccia subisse altre moine strane, Yan lo posò accanto a Odu, la quale si affrettò a rotolarsi sulla schiena per farlo ridere ancora.

«Come si chiama il tuo amico?» domandò Dalila.

«Steve. E invece tu? Hai qualche amico in città?»

Dalila andò a sederglisi accanto, la spalla che premeva contro la sua. «Sì, ho un paio di amiche. Purtroppo ultimamente non sono più riuscita a incontrarle. È raro che vengano a farmi visita, considerando che da quando il re ha attaccato Bellspring, molti cittadini di Hanover stanno discutendo su una fuga verso nord.»

«Fuggire a nord?»

«Tutti temono un prossimo assalto, che sia da parte del re o della baronessa Tirsh. Alcuni abitanti di Bellspring hanno ricevuto asilo in città, sai? I bambini soprattutto e le mamme degli infanti. Ma Hanover è una città molto piccola, non c'è abbastanza spazio per tutti, per non parlare del fatto che sono costretti a cedere armi e pozioni all'esercito del re! Le risorse mediche e militari si stanno prosciugando. Perciò la gente sta riflettendo se fuggire verso i territori del marchesato di Wilson.»

Yan si strinse nelle spalle.

Sua madre non era una delle donne a essere stata ospitata nella città di Hanover, ma lui la immaginò venire alzata da Shirley Lucas e la guaritrice più anziana, pronte a trasferirla in un luogo dove sarebbe stata curata meglio, mentre lei invece si rifiutava per lasciare il suo posto a uno dei bambini o a una mamma con ancora del latte da donare.

Sarebbe stato proprio da lei, e Yan volle credere che fosse andata così, che l'esercito avesse concesso una possibilità a una povera donna malata come era lei, e che fosse stata lei stessa a rifiutarlo, per il bene altrui...

Chissà se c'erano altre persone nelle sue condizioni?

Come avrebbero potuto venire curate, data la scarsità di medicinali, sicuramente tenuti da parte per i soldati che avrebbero dovuto mantenersi freschi e preparati per la battaglia, che in seguito avrebbe sicuramente richiesto medicamenti più seri.

Forse fuggire a nord era davvero l'unica possibilità che gli abitanti di Hanover avevano di salvarsi.

Yan immaginò con sforzo di avere davanti la cartina del reame di Egaelith. «Andare a nord potrebbe essere una buona soluzione. Se decidessero di fuggire, dovranno dirigersi a nord-est, così potranno allontanarsi sia dal baronato di Tirsh sia dall'esercito reale qui vicino. Potrebbero addirittura passare inosservati. La marchesa Edith Wilson è un po' capricciosa, ma non ha mai abbandonato un bisognoso. Sono certo che aiuterà dei fuggitivi.»

«Tu dici?» Dalila non parve affatto convinta. «E se il re le ordinasse di restarne fuori? A chi credi che darà retta la marchesa? Rischierà sfidandolo, o preserverà la gente del marchesato e abbandonerà gli innocenti degli altri territori?»

Yan non seppe rispondere. Tra tutti i signori di Egaelith, colui che era ben conosciuto per il suo cuore puro era il duca Robert Bellspring, cugino di re Kayne Cavendish. Tuttavia persino il buon duca era stato costretto a sottostare ai comandi del suo monarca, e adesso si trovava con lui nella Foresta di Hanover, a pianificare un attacco contro la baronessa Holly Tirsh. Costei non solo era l'altra cugina di Kayne, ma anche la sorella del duca Bellspring.

Il re stava costringendo due fratelli a farsi guerra...

Perché il duca non si ribellava e non passava alla fazione avversaria?

"Perché metterebbe in pericolo la propria gente..."

Essere un signore responsabile di un popolo non era facile: se lo si prendeva come un compito semplice, si arrivava ad agire con sconsideratezza, proprio come re Kayne, che nei soli sei anni e mezzo da che era salito al trono non aveva fatto altro che trascurare i sudditi e mandare in malora le città.

Era Kayne stesso a star disgregando il regno, oltre alla propria famiglia.

                                  *

Yan non si separava mai da Dalila, la seguiva sempre e lavoravano insieme nello spostare i barili di sidro, nutrire gli animali, raccogliere le uova dal pollaio, mungere le mucche e le capre, farle pascolare, pulire il manto dei cavalli e occuparsi dell'orto delle carote, delle rape, dell'insalata e delle patate.

«In autunno coltiviamo anche le zucche» gli raccontò. «L'anno scorso ne crebbe una enorme, più grossa delle nostre teste di legno messe insieme!»

«Ve la siete mangiata tutta?»

«No, perché Flarì le ha dato fuoco per sbaglio. Era così curiosa di toccarla.»

Yan si sganasciò ricadendo all'indietro, ma cercò di calmarsi in fretta nell'accorgersi che la fiamma-fluttuante, in ascolto, stava assumendo una tonalità scarlatta che portava a temere un prossimo scatto d'ira.

Il ragazzo tentò di acquietarsi con un tale sforzo che quasi si fece scoppiare la milza. «S-sto scherzando, Flarì. Io combino guai proprio come te.»

«È vero» confermò Dalila, sicura come se avesse assistito a ogni sua sbadataggine. «È un tontolone.»

Yan arrossì sotto il suo sguardo canzonatorio ma affettuoso.

Fortunatamente Flarì parve placarsi, dato che tornò a fluttuare e a far giravolte attorno a loro, scoppiettando vivacemente.

«Sai, una volta Steve e io abbiamo dato fuoco a un campo di granoturco» raccontò il ragazzo, nella speranza di consolarla. Sotto lo sguardo sbalordito di Dalila, proseguì la storia: «Volevamo rubacchiare qualche pannocchia e ci eravamo portati appresso una fiamma-fluttuante per far luce. Beh, potete immaginare il risultato».

Dalila portò la mano alle labbra. «Che idioti! Avete rischiato grosso!»

«Ce la siamo squagliata prima che il fattore potesse pizzicarci, e per fortuna è riuscito a domare le fiamme creando una nuvola di pioggia. Steve e io ci siamo rifugiati in casa... n-nella mia casa» si affrettò a correggersi Yan, troppo preso dal ricordo. «Non avevo mai riso tanto in tutta la mia vita! E la cosa migliore erano le pannocchie cotte al punto giusto!»

Dalila gli tirò una spintarella scherzosa. «Una coppia d'imbecilli, insomma!»

Yan rise con lei, anche lieto di vedere Flarì colorarsi di una buffa tonalità di giallo chiazzata di rosa.

«Le fiamme-fluttuanti possono causare parecchi problemi» ribadì la ragazza, pur sorridendo quando lo spiritello le si avvicinò, di nuovo tutto rosso. «Però sono contenta di averla intorno. Mi sono affezionata, le voglio un gran bene.»

La fiammella passò allora a un rosa acceso. Se avesse potuto, si sarebbe sicuramente strusciata contro la guancia della padroncina.

                                   *

Durante i primi giorni, Yan trovò parecchio difficile bilanciare il tempo da passare con Dalila con quello da trascorrere con gli amici, ma alla fine riuscì ad abituarsi, cacciando di mattina e al tramonto nel bosco presso l'albero rosa e spendendo il resto della giornata con la bella contadina.

Almeno gli altri ragazzi non parvero accorgersi di niente, anche se Nathan una volta se ne uscì dicendo: «Sembri piuttosto allegro negli ultimi tempi. È successo qualcosa?»

Yan aveva scrollato le spalle e risposto evasivo: «È la bella stagione».

Certo non voleva far credere che sua madre stesse meglio, anche perché non era affatto così. Non aveva idea di quanto tempo le rimanesse, ma era straziante assistere alla sua vita che si prosciugava lentamente, facendola soffrire così tanto...

Erano poche le occasioni in cui Dalila gli domandava della malattia, probabilmente perché preferiva distrarlo anziché ricordargli la difficile situazione.

Lui avrebbe tanto desiderato raccontarle di più: confessarle cos'era, spiegarle quanto fosse orribile che non potesse parlare con la mamma perché altrimenti rischiava di venire catturato e ucciso...

Struggeva dal desiderio di rivelarle il suo vero nome, cosicché potesse ascoltare la sua voce mentre lo chiamava Yan, e non Joshua...

Poiché ogni volta che appariva nella stalla Moe lo assaltava, Yan aveva sfruttato lo specchio per setacciare la zona e cercare un buon punto di trasporto.

Era riuscito a trovare un tunnel scavato al limitare est della Foresta di Hanover, che sembrava essere stato prodotto artificialmente in epoche molto antiche, date le rune arcane e intraducibili impresse sulle pareti di pietra. Aveva tenuto d'occhio la zona per giorni, in diversi momenti della giornata, potendo così constatare che nessuno s'inoltrasse in quella galleria segreta.
Perciò aveva cominciato a trasportarsi lì, dove la luce azzurra dei porstid rimaneva invisibile all'esterno. In questo modo, anche per il ritorno, nessuno si sarebbe incuriosito dei piccoli lampi di luce nella fattoria di Dalila.

Durante quelle fughe proibite, il timore principale del ragazzo era che Yeru'a si accorgesse che ogni tanto il suo specchio spariva.

Invece non fu il capo elfo a rendersi conto che qualcosa non andava, bensì, e per fortuna, suo figlio minore, che scoprì Yan proprio mentre rientrava nelle gallerie.

Giunta la primavera, gli elfi erano stati costretti a ritirarsi nelle loro caverne, mantenute fredde grazie alle lanterne gelide da loro stessi create. I tunnel si trovavano poco distanti dal Rifugio dei Poltergeist, i ragazzi potevano raggiungerle attraversando un boschetto frondoso.

Yan rimase immobile dinnanzi al giovane elfo, come nella speranza che, non muovendosi, lui non l'avrebbe visto.

Al contrario Rifel'a, quasi a leggergli nel pensiero, sospirò dicendo: «Riesco a vedere ogni singolo acaro tra i tuoi capelli, Yan».

Compunto come un bambino, il ragazzo gli passò lo specchio magico.

L'elfo lo mise sottobraccio come a non darvi importanza e continuò a fissarlo, tra il curioso e lo scettico. «Si tratta di quella ragazza? O erro?»

«È proprio lei!» sbottò allora Yan, finalmente libero di sfogarsi con qualcuno. «Oh, Rif, lei è stupenda! È forte, sa farsi rispettare, mi prende sempre in giro, ma adoro quando lo fa! Il suo sguardo è deciso e saldo come un macigno, e la sua risata è così profonda e divertente! E ha sempre la risposta pronta, sempre la battuta sulla punta della lingua, che è tagliente come il filo di una spada! E... e...»

Rifel'a sorrise intenerito. Fosse stato un altro qualsiasi dei suoi amici, lo avrebbe di sicuro preso in giro, ma gli elfi non conoscevano un tale senso dell'umorismo riguardo ai sentimenti. «Dunque ti sei innamorato.»

«Sì, è così... Oh  ma come ho potuto, Rif?» Yan ficcò le dita tra i capelli. «Io sono un "bestia", lei non mi accetterà mai per la mia natura! Continuerà a conoscermi come Joshua Fisher, e non come Yan... E se riuscissi a farla innamorare di me? C-come potrei farle questo? La renderei solo infelice... Oh, però l'idea di starle lontano è inconcepibile, angosciante...»

«Se lei un giorno arriverà ad amarti, Yan, ti amerà per ciò che sei davvero.»

Yan stava già scuotendo la testa. «Tra gli umani non funziona così...»

Ormai era passato più di un mese da quando aveva dato inizio agli incontri con Dalila. Era diventata un'abitudine, si era affezionato al piccolo Huge, a Flarì e alla cagnetta Odu.

"No, non posso continuare... Che diavolo mi è saltato in mente? Pur di non far soffrire me stesso, farei soffrire lei. Come posso ritenermi innamorato? Devo mettere la sua felicità al primo posto. Merita qualcun altro."

Ciononostante, non poteva abbandonare tutto così.

"Devo andarla a salutare, un'ultima volta..."

                                   *

Il giorno seguente aveva il cuore straziato ancor prima di fare quel che andava fatto.

Gli sembrava quasi di star sanguinando dall'interno. Le ossa gli facevano male, la testa pareva sul punto di spaccarsi a metà, i piedi si trascinavano in disaccordo con i suoi intenti...

Quando si allontanò con lo specchio e richiese di osservare la fattoria, venne abbagliato dalle luci rosse e arancioni del fuoco. L'istinto lo portò a ritirarsi, in seguito agli eventi dell'ultimo mese, ma poi si riscosse dicendosi che quelle fiamme non avrebbero potuto attraversare la lastra per ferirlo.

Tuttavia si rese presto conto che stavano bruciando proprio nella fattoria di Dalila, nella zona dei campi.

«Oh merda!»

Si affrettò a mangiare i chicchi di camougrape e poi il portsid e si trasportò non troppo distante dalle fiamme.

Il fumo e la cenere investirono le sue narici, ma per qualche ragione non lo infastidirono né sentì il bisogno di tossire.

Strizzò soltanto gli occhi per cercare i fratelli Auber nell'aria impura.

La bassa figura di Dalila gli apparve dinnanzi, come una visione celestiale nell'Inferius. Stava trasportando un secchio d'acqua per lanciare il contenuto a spegnere il fuoco.

«Dalila!»

Lei si fermò a guardarlo, gli occhi lacrimanti. «Joshua!» lo salutò però tranquillamente, quasi non stesse accadendo nulla di difficilmente rimediabile. «È bello rivederti! Ci serve proprio il tuo aiuto!»

«Dove sono Moe e Huge?»

«Nella stalla, là le fiamme non dovrebbero arrivare, ma dobbiamo sbrigarci!»

"Perché Moe non è qui ad aiutare? Potrebbe usare i suoi poteri per estinguere l'incendio..."

Ma non c'era tempo per le domande.

Yan seguì Dalila fino al pozzo e riempirono ciascuno un secchio d'acqua, accorrendo poi a gettarlo sul fuoco che insisteva a divorare il campo.

Il ragazzo si rese conto che un lapillo aveva raggiunto il capanno degli attrezzi, una striscia di fuoco aveva cominciato a percorrere il tetto in legno. «Dalila!»

«Occupatene tu, Josh! Fa' presto!»

Yan abbandonò il campo per tornare al pozzo, e stavolta corse verso il capanno. Il fuoco aveva già avvolto buona parte del tetto, il legno si stava sgretolando.

Un solo secchio non bastò a risolvere la situazione.

Quando Yan andò a rifornirsi di altra acqua, trovò Moe accucciato sul pozzo, in preda ad ansimi tremendi e col naso che riversava sangue.

Lo afferrò prima che scivolasse all'interno. «Che cosa ti è successo? Stai affogando, devi tornare nella stalla!»

Il bambino tremava come se avesse le convulsioni, le palpebre riuscivano a malapena a mantenersi sollevate. «Devo salvare il campo... sono l'unico che può farlo...»

«Stai cercando di evocare dell'acqua?»

«Non ci riesco... P-però posso controllare quella del pozzo...»

Moe si accucciò sulle pietre e allungò le braccia verso il fondo.

Poiché non si presentavano risultati, Yan si affrettò a tirar su un ennesimo secchio e mandò avanti il suo disperato tentativo di salvare il capanno.

Era tuttavia impossibile. Non potevano nulla senza poteri magici. Le fiamme avanzavano troppo in fretta, se avessero continuato così avrebbero avvolto l'intera fattoria.

Dovevano andarsene, prima di finirne tutti vittime...

Yan si stava già guardando intorno alla ricerca di Dalila, quando assistette a una visione che lo pietrificò per l'entusiasmo: sulla sua testa stava volteggiando una scia d'acqua. Si muoveva molto lentamente, ma proseguiva verso l'incendio, biforcandosi affinché una lingua raggiungesse il campo e un'altra il capanno.

Allora, quando entrambi i tentacoli furono sopra le fiamme, si scomposero a lasciar cadere una pioggia sull'incendio, estinguendolo in pochi minuti.

Yan tornò a respirare, il cuore che lentamente placava i battiti.

Quando il fumo si fu un po' più dissipato, riuscì a ritrovare Dalila, già accorsa a recuperare Huge.

Il fratellino caracollò verso Moe, il quale lo sollevò senza neanche guardarlo, troppo concentrato sul disastro che le fiamme avevano provocato.

Odu trotterellò ad annusare qua e là tra le ceneri del raccolto, mentre Flarì fluttuava da una parte, blu di paura.

Yan sentì il cuore strizzarsi dinnanzi agli occhi sconvolti di Dalila.

Il campo di carote e di rape era stato bruciato, così come parte del capanno degli attrezzi. La terra era completamente ricoperta di cenere bianca, nera e grigia, oramai non più fertile...

«Lila, cos'è successo?» ansimò Yan, avvicinandosi per stringere le mani dell'amica.

«È stata tutta colpa mia...» mugolò Moe, i cui occhi si stringevano per il pianto. Almeno il naso non espelleva più sangue. «Ho avuto un sovraccarico d'energia...»

«Oh, capisco...»

Quando la magia si attivava in un bambino, il non utilizzarla spesso perché inesperti poteva sovraccaricarlo fino a non riuscire a controllare i propri incantesimi. Più si cresceva e si imparava, meno gli attacchi erano frequenti, e tra i dodici e i quattordici anni la magia riusciva a stabilizzarsi. A un'età come quella di Moe si era capaci di praticare bene poche branche, e il bambino aveva un'evidente predisposizione agli incanti del fuoco.

«M-mi dispiace... Mi stavo esercitando a far crescere le piante, m-ma hanno cominciato a sortire tralci lunghissimi che stavano distruggendo il raccolto. Volevo usare un incantesimo per tagliarli, m-ma non so come, sono uscite le fiamme e n-non sono più riuscito a fermarmi...»

«È il tuo primo anno di magia» gli sussurrò Dalila, con una dolcezza che Yan non le aveva mai sentito prima.

«A-adesso non avremo ca-carote né rape...»

«Ci faremo bastare l'insalata, le patate, il latte e il formaggio, e ne venderemo un po' in città per procurarci il pane. Le galline stanno covando molto, e avremo la carne di coniglio. Non rimarremo a pancia vuota.»

Dalila era così sicura di sé. Se Yan non l'avesse conosciuta bene, avrebbe detto che non si preoccupava affatto per quel piccolo incendio che aveva comunque procurato parecchi danni.

Passò la mano tra i capelli del fratellino. «Va' a riposare, pulisciti il naso e mangia qualcosa. E bevi tanta acqua, mi raccomando.»

Ancora senza guardare in faccia nessuno, Moe si allontanò, portando Huge con sé.

Ignaro dei problemi, il piccolino fece un sorriso sdentato a Yan.

Lui non poté fare a meno di ricambiare, prima di tornare serio per rivolgersi a Dalila.

Non si sarebbe mai aspettato un capovolgimento del genere.

I suoi piani erano andati in fumo, proprio come il raccolto dell'amica...

«Mi spiace non essere arrivato in tempo...»

«Tranquillo, ce la siamo cavata bene. Sai, Flarì era la più spaventata fra tutti.»

Yan guardò la fiamma-fluttuante che scoppiettava piano alle loro spalle, gli occhietti splendenti tra le sfumature blu della sua essenza.

«È abituata a sentirsi dire di non dar fuoco a niente. Probabilmente crede di essere lei stessa sbagliata. Non avrei voluto che si traumatizzasse così.»

«C'è qualcosa che posso fare?»

«Se tu potessi aiutarmi a sciacquare il campo. Anche se temo che il terreno qui sia oramai sterile...»

Riempirono dei secchi e si occuparono di versare l'acqua per far scorrere via la cenere.

«Cosa mi dici del capanno degli attrezzi?»

«Dovrò ricostruirlo, ma per fortuna gli attrezzi sono salvi. Joshua, perché non hai usato i tuoi poteri?»

Lui arrossì, colto dai sensi di colpa per essersi dimenticato dei portsid. «Mi dispiace... Ho ancora dei problemi a trasportarmi quando sono spaventato...»

«La magia è proprio strana, eh?»

Quand'ebbero terminato, la ragazza sfilò stivali e calze e affondò i piedi nel terreno ormai fangoso, mugolando tra sé e sé per il piacere.

Yan la osservò in silenzio. Gliel'aveva già visto fare, diceva che il contatto con la terra l'appagava. Comprensibile, dato che era l'unico elemento che riuscisse a padroneggiare.

Stavolta lei si volse a guardarlo e gli tese la mano. «Coraggio, prova anche tu. È davvero piacevole.»

Yan fece una smorfia divertita. Non che non si fosse mai rotolato nel fango, ma una piccola parte di sé voleva farsi desiderare. «Nah! Passo, grazie.»

Dalila però lo stava già fissando in tono di sfida. «Schizzinoso.»

Il giovane ricambiò debolmente l'occhiatina. Non riusciva a resistere quando lo provocava, e lei era consapevole che fosse l'unica maniera per indurlo a farsi seguire.

Perciò tolse le calzature e immerse i piedi nel fango, le piante schioccarono a ogni passo.

«Bravo, Joshua!» lo derise lei. «Vedi? Non sono mica sabbie mobili. Non ti mangiano! A meno che non lo decida io, certo!»

«Sai, in fondo non è così male.»

«Lo dici solo per non fare brutta figura!»

Dalila si accucciò per conficcare le dita nel terreno, allora Yan sentì il fango cominciare a risalirgli le caviglie, tenendolo fermò quando provò a fuggire.

«Lila, lasciami andare!»

«Perché non ti trasporti via?»

«Ti ho appena detto che non ci riesco quando sono nervoso!»

«Nervoso? Per un po' di fango?»

La melma lo schizzò sul viso, e quando lui si coprì gli occhi per proteggersi, Dalila ne approfittò per spingerlo a terra e far sì che il fango gli avvinghiasse braccia e gambe.

«Va bene, hai vinto! Adesso basta però, ho il fango là dove non batte il sole!»

«Io ci sono nata col fango in quei punti!»

Tutto rosso, Yan si ritrovò a ridere insieme a lei, coi capelli immersi nella terra bagnata.

Il ragazzo stava ancora ridendo quando Dalila si sporse sul suo viso. «Ti lascio andare, ma a una condizione.»

«Qualsiasi cosa. Non ne posso più...»

«Devi promettermi che in questi giorni sarai disponibile per aiutarmi.»

Yan non rispose subito. Si era recato lì esattamente per il motivo opposto, per dirle che non potevano più vedersi, per parlarle della sua falsa partenza.

Era venuto per chiudere definitivamente i rapporti con lei...

Ma come poteva abbandonarla adesso che aveva più che mai bisogno di aiuto? E se a Moe fosse capitato un nuovo sovraccarico di energia? E se non fossero riusciti a mettere da parte abbastanza cibo per l'inverno?

Dalila doveva preparare due nuovi campi per il raccolto, come poteva riuscirci da sola se nei prossimi giorni Moe avrebbe dovuto riposare e le mucche e le capre andavano munte?

Guardò gli occhi dell'amica, forti ma tristi, perciò annuì. «Ci sarò. Sai che non potrò venire tutti i giorni, ma tornerò.»

Dalila sorrise con più tenerezza, prima di spiaccicargli un grumo di fango sulla guancia.

Yan scosse la testa per liberarsene e sentì i tentacoli di melma scivolare via per liberargli gli arti.

Tirò un sospiro di sollievo nel levarsi a sedere. «Beh, la prossima volta non mi farò convincere facilmente.»

«Troverò il modo di trascinarti, sai che ci riuscirò.»

«Sì, lo so.»

Dalila posò la mano sulla sua. «Grazie, sono davvero felice di averti incontrato. Sei un amico prezioso.»

Yan lottò contro le dita che tremolavano nel desiderio di stringere quelle della ragazza.

Lei gli s'inginocchiò accanto e si fece molto vicina...

«O-ora devo andare, Lila.» Yan si alzò in fretta. «Ehm, i miei...»

«Sì, certo» rispose lei semplicemente. «Ci vediamo presto, Joshua. Grazie per essere passato.»

Il ragazzo le fece un ultimo sorriso, prima d'infilare di nuovo gli stivali, con i piedi tutti sporchi e appiccicosi.

Le fece vedere che si stava dirigendo verso il fienile per superarlo e allontanarsi a est, ma quando fu fuori dal suo campo visivo, fece il giro della struttura e virò a ovest, attento a rimanere nascosto al suo sguardo.

Molto in fretta, raggiunse il tunnel nascosto nella prateria, che da fuori sembrava una semplicissima tana di volpe.

Ficcatosi all'interno, cominciò ad armeggiare con la tasca per recuperare il sacchetto di portsid.

Eppure, prima ancora di riuscire a infilarvi le dita, avvertì qualcosa di anomalo: un respiro, proprio nel buio di fronte a lui.

Scattò in piedi, ma venne subito spinto all'indietro e atterrato.

                                     *

Eccoci qua!
Mettendo un attimo da parte quel "venne subito spinto all'indietro e atterrato", cosa ne pensate della decisione di Yan?
Siete contenti che continuerà a incontrare Dalila, o avreste preferito che si fermasse?

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