Nessun rifugio
James sapeva perfettamente cosa fosse la paura. La conosceva così bene che oramai, ogni volta che la provava, quasi non ci faceva più caso.
Aveva paura di qualcosa?
Allora l'istinto prendeva il sopravvento e lo muoveva come richiesto dalla situazione affinché lui si salvasse la vita.
Molte persone, non appena colte dallo spavento, si bloccano, tremano e non sono più capaci di fare alcunché.
James non era questo tipo di persona: se provava paura, i suoi muscoli si attivavano per sfuggire al pericolo, o quantomeno combatterlo.
In quel momento però gli aveva ancorato i piedi a terra. Il cuore gli si era bloccato in gola, gli sembrava che non battesse più, non gli permetteva di respirare...
Forse perché la maggior parte delle volte in cui aveva avvertito quel gelido sentimento dentro di sé, James era stato pronto: nei due anni trascorsi in prigione, aveva sempre saputo che prima o poi, almeno un paio di volte a settimana, avrebbe dovuto affrontare un mostro assetato di sangue.
La prima volta che non era stato pronto al pericolo, era accaduto allo spegnimento del suo tester. Almeno però in quel momento c'erano stati i genitori insieme a lui... prima che gli chiedessero di ucciderli, s'intende...
Dopo tanto tempo, l'inaspettato si era rifatto vivo quando re Kayne lo aveva fatto imbarcare spedendolo sull'Isola della Purga, e soprattutto quando la barca si era ribaltata e lui era naufragato. Roteando senza controllo sott'acqua, con i polmoni pieni di sale, aveva davvero avuto il terrore di morire.
Poi aveva affrontato quei delinquenti nella contea di Skauter, eppure lo aveva trovato più familiare. Aveva odiato dover scappare, ma alla fine aveva potuto fare la sua parte.
Paura peggiore l'aveva provata nel vedere Nathan e Xerxes precipitare nel fiume Siltzo, e poi quando Nathan e Skye erano stati rapiti dagli elfi. Per non parlare del periodo in cui avevano avuto il morbillo e lei aveva passato quella nottataccia in cui farfugliava come se fosse stata sul punto di morte...
Certo, l'incontro con le sirene aveva provocato in James una paura quasi equivalente, o almeno lo aveva scioccato il fatto che Skye avesse scoperto il suo segreto.
Ciononostante non si era mai tirato indietro di fronte al pericolo, in quei casi aveva sempre trovato la forza di lottare.
Adesso invece non sapeva come reagire. Non era preparato, né sapeva se dover combattere o meno.
Avvertiva i tremiti di Skye, accucciata al suo fianco, ma anche quelli dei ragazzi alle loro spalle. Fissava il volto terrificato di Yan, rendendosi conto, con pochi secondi di ritardo, quanto venisse ben rispecchiato dall'espressione degli altri.
In salotto Owen, ancora travestito da Umhïrtröfa, stava confrontandosi con Fema.
La ragazzina era entrata all'improvviso, affermando praticamente di conoscere il suo segreto: lui non era un mago abile nella cura, ma un "bestia", un essere umano senza poteri magici, considerato un cataclisma per il mondo.
E James, Skye, Yan, Nathan e Xerxes erano proprio come lui.
Erano rimasti nascosti nella periferia del villaggio di Shiwh per più di un anno e mezzo, mentre Owen lavorava già come guaritore fingendosi un vecchio "debole". Da quando gli altri si erano trasferiti da lui erano rimasti nascosti durante le visite dei pazienti, oppure avevano trascorso il tempo nel loro territorio per cacciare, occuparsi della coltivazione della verdura e delle erbe mediche, raccogliere la frutta, tagliare la legna...
Avevano vissuto davvero bene per tutto, James non avrebbe mai sperato in niente di meglio, aveva già prospettato una vita di pace.
Avevano avuto non pochi problemi con gli elfi, ma dopo la loro disfatta, i ragazzi erano potuti tornare a vivere serenamente.
E adesso invece ecco che Fema, una ragazzina di Shiwh, arrivava all'improvviso e asseriva di conoscere la verità sull'Umhïrtröfa.
La vita idilliaca a cui si erano abituati aveva appena cominciato a sgretolarsi...
Gli altri cercavano di trattenere gli ansimi, ma i loro cuori battevano tanto potenti da rimbombare contro la nuca di James. Nessuno di loro osava parlare, attesero che Fema proseguisse il suo discorso, preparandosi a correre in intervento di Owen.
Tuttavia, qualunque cosa la giovane maga avesse tentato sfruttando i suoi incantesimi non avrebbe potuto nulla contro di loro: la magia umana non aveva effetto sui "bestia".
Fema tornò a parlare, ancora col tono di voce incerto.
Stavolta Yan era troppo scandalizzato per riuscire a tradurre, così come non giunse risposta da Owen, che James immaginò impegnato a tremare come una foglia.
Poi udirono uno svolazzo, come se il giovane guaritore si fosse tolto il travestimento, o gli fosse stato tolto.
James riuscì a sbloccarsi per sbirciare un poco oltre il corridoio. Come sospettato, Fema aveva usato la levitazione per togliere il cappuccio e strappare la barba finta di Owen, il quale rimase ancora in silenzio di fronte a lei: un ragazzo rachitico, dalla pelle pallida, l'occhio destro marrone e quello sinistro azzurro, entrambi gonfi come se non avesse mai dormito in tutta la sua vita e i capelli scuri che ricadevano a incorniciargli l'espressione inorridita.
Fema indietreggiò un poco, gli occhi chiari sgranati per la sorpresa, troppo sconvolta per riuscire anche solo a urlare.
Owen sembrava sul punto di collassare: le ginocchia si stavano piegando, presto sarebbe di certo svenuto.
Finalmente James riuscì a muovere le gambe e scattò allo scoperto per affrontare quella ragazzina che a lui appariva così piccola e fragile, ma che avrebbe potuto costituire il loro pericolo più grande. Doveva ricordarsi che Fema si stava addestrando come cavaliere, non doveva sottovalutarla.
Lei squittì dalla sorpresa, ulteriormente perplessa appena vide avvicinarsi anche gli altri ragazzi a frapporsi in protezione di Owen.
James era pronto a minacciarla, a ordinarle di andarsene, così loro avrebbero avuto il tempo di raggiungere la valle, dove la magia della Fonte magica avrebbe impedito agli abitanti del villaggio di seguirli.
Invece lei mormorò qualcosa di concitante.
I balbettii di Yan sorpresero James: «D-dice che dobbiamo scappare e-e che t-tratterrà la gente di Shiwh...»
James non capiva.
Quella bimbetta stava cercando di aiutarli?
Aveva già incontrato qualcuno che aveva affermato di accettarli nonostante la loro malattia, e si erano rivelati soltanto degli infami traditori.
Come poteva adesso credere a Fema?
Lei però insistette nella sua lingua spigolosa, con più decisione.
«Non sprechiamo l'occasione» li richiamò Xerxes. «Prendiamo le nostre cose e fuggiamo. Veloci!»
Fema farfugliò qualcos'altro, prima di girarsi e uscire di corsa.
James si affrettò a richiudere la porta, osservandola dalla finestra mentre si allontanava tra gli abeti.
Stava andando a guadagnare tempo o a cercare aiuto?
Gli altri si erano già messi al lavoro per raccogliere i propri effetti e infilarli nelle sacche che non usavano da tanto tempo. Owen era sparito, probabilmente corso in laboratorio per recuperare tutti i medicinali e i libri.
Con la gola ancora bloccata, James si precipitò in camera per imitare gli altri.
Erano tutti silenziosi, gli unici suoni che rimbombavano per la casa solitamente allegra erano ora quelli dei boccheggi, dei mugolii e dei vestiti gettati alla belle e meglio nelle sacche.
James sentì avvolgersi le spalle e osservò i lacci del mantello intrecciarsi sul suo petto. I poltergeist stavano dando loro una mano, come sempre.
Owen li raggiunse in soggiorno con la schiena carica di roba. Ciononostante, si catapultò subito ad arraffare tutti i suoi soprammobili, oggetti che sicuramente non gli sarebbero serviti ma che, attaccatovi com'era, avrebbero potuto donargli un minimo di conforto.
Loro però non potevano permettersi di perdere tempo, perciò James e Yan gli alleggerimento un po' il peso prendendo qualcosa.
Fu in quello stesso momento che Xerxes li incalzò a uscire dalla porta sul retro, e tutti gli arrancarono appresso.
James si accorse che Owen si era fermato di nuovo, stavolta a fissare il proprio salotto, con la lastra-della-visione ancora accesa a voce bassa, le pantofole sparse a casaccio sul tappeto di lana, l'odore dello stufato che aleggiava per le stanze...
«Andiamo, Owen!»
James dubitava che i poltergeist avrebbero permesso a chiunque altro di varcare la soglia da ora in avanti, nessuno avrebbe visto le sei paia di pantofole, non c'era il rischio che capissero che lì non viveva solo una persona.
Dunque afferrò l'amico e lo scrollò per indurlo a muoversi. «Non c'è più tempo, Owen!»
Tutti insieme si diressero al tunnel che li condusse nella loro valle, dove James lasciò subito ricadere le sacche sulla neve.
Poggiò le mani sui fianchi e alzò lo sguardo al cielo, senza far caso ai raggi del tramonto che gli battevano sulle palpebre.
Per un po' nessuno disse niente. Tutti ansimavano come se avessero corso per lunghe leghe...
Alla fine, Nathan esalò un mugolio e sbottò con voce stridula: «Ma cosa diavolo sta succedendo?»
«Non lo so...» Xerxes scosse la testa. Stavolta neanche lui riusciva a ricacciare la paura che gli brillava negli occhi grigi. «Non ho idea di come sia potuto accadere...»
Skye stringeva braccia e gambe attorno alla sacca del cibo, quasi fosse la sua ancora di salvezza. In qualche modo anche Niawn si era azzittita: forse nella sua stupidità riusciva comunque ad avvertire la tensione.
«E adesso che cosa facciamo?» mormorò la ragazza.
«B-beh, qui siamo al sicuro, giusto?» mugugnò Yan. «Questo territorio è nostro. È di Owen, e finché lui non accetterà qualcun altro, nessuno potrà entrare.»
«Ma non possiamo rimanere qui per sempre...» sussurrò Xerxes, confermando i peggiori timori di James. «Siamo troppo vicini a dove si aspettano che Owen si nasconda e io... non mi sentirei sicuro a rimanere qui.»
«E allora cosa facciamo?» ringhiò James.
Sapeva che non era il momento adatto per mettersi a litigare, né ce l'aveva con Xerxes. Dopotutto, nessuno tra loro aveva colpa di quanto stava accadendo.
Però non riusciva a mantenere il controllo della propria rabbia e dello sconforto che gli attanagliavano le viscere. E ogni volta che provava sentimenti tali da rischiare di indebolirsi, preferiva assimilarli tutti nella furia o nella strafottenza, per poi sfogarle tramite grugniti, sbuffi, bubbolii, battute sarcastiche fuori luogo e offese di diverso genere.
E adesso era arrabbiato, molto arrabbiato.
«Non abbiamo dove andare» reiterò. «Questo era l'unico posto che potessimo considerare sicuro. Dove abbiamo intenzione di vivere adesso? Pensate che potremo trasferirci su un'isola deserta, dove troveremo una selvaggia che ci insegni come vivere nella giungla? O volete risalire un'altra delle tre montagne? Magari ci sono altri piccoletti travestiti da vecchi che potranno offrirci una casa.»
«James, questo non è affatto il momento» lo redarguì Xerxes.
James lo sapeva, ma non gli interessava.
Oramai era tutto distrutto...
Cos'era? Il destino che si prendeva gioco di lui? Che lo puniva per quanto aveva compiuto in passato?
Non aveva mai creduto in queste cose, ma dopotutto aveva visto uno Spirito, considerato da tutti divino, in carne e ossa... o in qualunque cosa fosse fatto uno spirito.
Il Dekig, lo Spirito di Egaelith.
Da quando lo aveva ammirato con i propri occhi, il suo rapporto con la religione si era messo in moto. Non credeva ancora agli dèi, o almeno non del tutto, però stava cominciando a pensare che forse qualcuno di superiore c'era... forse.
E forse quel qualcuno stava davvero cercando di punirlo.
Davvero crudele: dargli la speranza di una vita futura, e dopo solo poco più di un anno sbarbargliela dalle mani.
E gli altri?
A parte essere nati "bestia", non avevano mica commesso i crimini di cui era macchiato James.
Perché punire tutti allo stesso modo?
«Dobbiamo solo ragionare bene» aveva ripreso a dire Xerxes, con più fermezza. «Muoverci non sarà un problema, abbiamo i portsid con noi.»
«E se qualcuno li trovasse e riuscisse a entrare qui?» rispose Nathan. «Dopotutto superano qualsiasi barriera, senza scatenare allarmi...»
«È proprio ciò che temo. So che è una magra possibilità, ma non voglio ignorarla. Dobbiamo pensare. È ovvio che Egaelith sia fuori discussione.»
Tutti annuirono, e James si morse la lingua per trattenere una battutaccia.
Skye si strinse nelle spalle. «E se... se tornassimo sull'Isola della Purga?»
«Che cosa?! Tornare laggiù?!» esclamò Yan, e James non poté biasimare il suo disaccordo.
Lui non era pretenzioso, né prospettava di trovare un'abitazione lussuosa, ma l'Isola della Purga era il suo secondo posto sfavorito, dopo le celle reali di Egaelith: durante il loro soggiorno tra le creature magiche, Skye li aveva aiutati molto a tener testa ai pericoli della natura, ma James, Xerxes, Yan e Nathan non avevano potuto contrastare gli attacchi delle vespe-paralizzanti, delle formiche rosse e delle sanguisughe.
Nathan batté sulla spalla di Yan. «Però devo ammettere che forse è la soluzione migliore. Almeno momentaneamente» si affrettò a dire di fronte agli sguardi sgomenti degli altri.
Anche Xerxes mormorò: «Sì, forse è vero. Almeno finché non decidiamo cosa altro fare».
Yan si ritrovò alla fine ad annuire, allora si girarono a guardare James, in attesa del suo parere.
Questi sospirò irritato. «Dopotutto non conosciamo altri nascondigli...»
«Owen, tu che cosa ne pensi?» domandò Xerxes.
Per tutto il tempo Owen era rimasto immobile sulla soglia della galleria, a fissare l'uscita opposta, con la bocca dischiusa e gli occhi pesti e gonfi anche dal pianto. La sua pelle era più pallida che mai e, nonostante non fosse ancora svenuto, tremava incontrollato, appoggiato alla roccia.
Nathan gli mise un braccio attorno alle spalle. «Owen, vedrai che troveremo una soluzione.»
«Ma quella...» pigolò l'altro, tirando su col naso mentre indicava la bocca del tunnel, «là c'è casa nostra... n-non possono portarcela via...»
Di nuovo nessuna risposta, soltanto occhiate di tristezza.
Dei ragazzini "bestia" avevano trovato una casa, un posto dove stare e dove nessuno sarebbe mai potuto venire a disturbarli.
Invece adesso dovevano fuggire, abbandonare tutto...
«Forse possiamo concederci un attimo di calma» propose Xerxes, vedendo che Owen tremava sempre più forte e le ginocchia gli si piegavano inesorabilmente.
Mentre gli altri accettavano a malincuore l'idea, udirono un forte rumore echeggiante alle loro spalle, là dove si trovava la discesa presso cui erano soliti scivolare sulla neve.
Si tesero come corde di liuto, ma non videro nulla di strano, e il rimbombo s'interruppero all'improvviso.
Fin quando, oltre il precipizio, non sbucò una grossissima testa triangolare e squamosa.
*
Eccoci!
Stavolta il protagonista è il caro James!
Le cose si sono messe parecchio male per i sei...
Credete che riusciranno a trovare una soluzione anche stavolta?
Fema li difenderà davvero?
Stanno per tornare sull'Isola della Purga?
E di chi è la grossa testa squamosa apparsa all'improvviso?
Intanto, voglio lasciarvi con una piccola curiosità.
Oggi è il 5 maggio, compleanno del mio gattino James!
Anche se non è il vero compleanno di James Carter, perché lui è nato il 3 agosto.
Oggi, 5 maggio, è il compleanno di Nathan.
Lo so, è un po' ingarbugliata come cosa 🤣
Mi piace che i protagonisti abbiano dei legami tra loro, ecco, anche se esterni alla storia 😅
Credo che metterò una curiosità nuova ogni capitolo, per farvi immergere meglio nella trame di questo mondo!
Ovviamente se voi avete domande o curiosità da suggerirmi potete scriverlo nei commenti e risponderò nei capitoli a seguire!
Anche cose tipo quale sarebbe il loro gusto di gelato preferito vanno benissimo 😆
Allora ci vediamo mercoledì, con il prossimo aggiornamento! 😘
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