Una meta

Riaffiorò avvolto da due braccia forzute. Riconobbe la stretta poderosa di James, che lo spinse per issarlo sulla scialuppa.

Lì Nathan portò le mani alle orecchie per assicurarsi che il muschio non rischiasse di scivolare via.

«Skye?» tossì, sputacchiando acqua salata. «James?»

Di nuovo il tocco gentile e forte dell'amica.

Nathan si rialzò e si allungò oltre Xerxes, a toccare le spalle di James per assicurarsi che stesse bene. L'amico si girò per afferrargli il gomito e arruffargli i capelli.

Era finita.

James era salvo.

Nathan tornò seduto al suo posto, e lì rimase con la testa tra le ginocchia, coperto dal cappuccio di foglie, cercando di riprendersi dallo shock improvviso...

Il cuore batteva talmente forte da fargli mancare l'aria...

Eppure non poteva respirare troppo, o avrebbe inalato il profumo delle sirene.

Portò dunque l'incavo del gomito su bocca e naso, ma urtroppo a furia di trattenere il respiro si causò il giramento di testa, col rischio di perdere i sensi.

Resistette più che poté, accogliendo il fiato molto lentamente, e attendendo...

Il vento aumentò l'intensità, trasportando altre gocce a impregnargli le vesti già zuppe. Quando il naso cominciò a colare, pregò gli dèi che non contraesse un raffreddore.

L'ultima volta era stato Xerxes ad ammalarsi: un calo di zuccheri fortunatamente leggero, e allora era potuto rimanere a riposo a ingozzarsi di cocoaroot.

Ma una febbre era diversa e parecchio più pericolosa, soprattutto senza pozioni mediche a disposizione...

Nathan non faceva altro che tirare su col naso e strusciarsi le narici frizzanti.

Tenere la testa china gli faceva venire la nausea, ma aveva come l'utopia che se rimaneva accucciato poteva nascondersi dalle sirene.

Non seppe quanto tempo era passato quando finalmente qualcuno lo fece raddrizzare e gli slegò la benda dal viso.
Strizzò appena le palpebre, ma la luce non gli punzecchiò gli occhi troppo violentemente: il sole calante poteva poco contro i nuvoloni scuri della tempesta.

Gli Scogli delle Sirene erano alle loro spalle, delle creature acquatiche non v'era traccia. Una roccia triangolare segnava il confine con la zona pericolosa, che i giovani avevano superato da poco.

E adesso si stavano dirigendo verso la costa frastagliata della contea di Skauter, là dove due ampie grotte si spalancavano sotto di una rupe grigia.

Nathan si guardava attorno, intontito.

Erano tutti vivi, all'appello non mancava nessuno!

«Ce l'abbiamo fatta, ragazzi» sussurrò Yan, euforico.

Skye era fradicia dalla testa ai piedi, proprio come James, il quale dava loro le spalle.

«Che cos'è successo?» mugolò Nathan, stringendola a sé e ringraziando gli dèi che stessero tutti bene.

«Sei stato proprio uno stupido!» lo rimproverò l'amica, battendogli di nuovo la mano sulla fronte. «Mi hai reso le cose ancor più difficili!»

«M-mi dispiace, i-io credevo che James fosse in pericolo e... C-cos'è successo?»

«Ehm, n-non gli avevo applicato bene il muschio a un orecchio, ed è stato ipnotizzato» rispose sbrigativa Skye. «È-è stata colpa mia.»

James si girò appena, gli occhi blu brillavano in maniera strana. «Non è stata colpa tua. Scusate se ho dato grane.»

Nathan lo fissò, perplesso.

James era ancora sotto l'effetto dell'incanto sirenesco? Perché non era da lui chiedere scusa...

«Grane? Ci hai fatto prendere un colpo, leoncino!» ribatté Yan. «Ho davvero avuto paura che saremmo rimasti in quattro...»

James lo guardò, un poco stranito. «Uhm, mi dispiace. Sto bene, davvero.»

«Almeno non siete feriti» mormorò Xerxes. «Tranquillo, siamo quasi arrivati. Presto potremo riposare.»

Skye trasse un lungo sospiro, prima di chinarsi ad abbracciare James. «Sì, ora va tutto bene. Va assolutamente tutto bene.»

Lui parve preso alla sprovvista da quel gesto, ma sollevò cauto la mano per posarla sulla sua. «Sì, credo... Sì, va tutto bene...»

"Deve essersi preso un brutto spavento" pensò Nathan. Non aveva mai visto l'amico tanto turbato e taciturno.

Fece anche molto caso al fatto che Skye cercasse di cambiare argomento un po' troppo in fretta, quasi nascondesse qualcosa.

Avrebbe voluto fare altre domande o rifletterci su, ma gli altri gli ricordarono che doveva remare, dunque tornò concentrato sulla costa da raggiungere.

Skye aveva dovuto muovere la barca da sola per tutto il tempo, e ora le braccia le ricadevano ciondoloni, le dita a pelo d'acqua.

Portarono la scialuppa fino alle grotte. Xerxes scelse quella a destra, che si allargava in un ampio atrio roccioso colmo di stalagmiti.

Il corso d'acqua s'interrompeva bruscamente. Fermarono la barca presso un insieme di scogli su cui poterono risalire, dunque il principe si accertò di legarla a una roccia tramite una liana.

Nathan si trascinò sulla terraferma. Le pareti erano fredde, ma almeno loro cinque si trovavano all'asciutto e al riparo dalla tempesta che si apprestava a scatenarsi.

Impiegarono gli ultimi sforzi per scaricare le sacche del cibo, le coperte e le armi, così ammucchiarono tutto quanto a un lato della grotta.

Nathan girò su se stesso per ammirare le rocce che spuntavano dal pavimento.
Alcune erano grosse quanto lui, altre lo superavano sia in altezza che in larghezza; poche erano più basse, dunque più pericolose – si accertarono di rimanere alla larga da queste ultime.

«Fortuna che nessuna spunta dall'alto!»

«Beh, questa è la Grotta delle Stalagmiti» spiegò Xerxes. «Le stalattiti si trovano nella caverna accanto.»

«Dici... la Grotta delle Stalattiti? Quale tuo antenato ha scelto questi nomi? Proprio un tipo originale!»

«Non è il momento, Nathan.»

In mezzo alla foresta di alte stalagmiti, chiunque avesse fatto capolino all'altro lato della caverna non avrebbe comunque potuto accorgersi della presenza dei cinque.

A meno che una magia di rintraccio...

"Nessuno la userà" si ricordò Nathan. "Non ne hanno motivo. Ci credono morti. Non ci stanno cercando, per loro noi non esistiamo più, non siamo più un problema. E gli incantesimi di protezione attorno al regno non funzionano con noi: Xerxes ha detto che fungono solo contro i forestieri, noi invece siamo natii di Egaelith. L'esilio non conta, perché l'Isola della Purga fa parte del regno. E poi, abbiamo i talismani..." si ripeté per confortarsi.

Certo Xerxes aveva anche detto che le sirene non li avrebbero attaccati...

Si girò a cercare l'amico, il quale lo stava fissando a propria volta, quasi avesse recepito i suoi pensieri.

Nathan mormorò: «Le sirene...»

«Non so perché» lo interruppe subito lui, altrettanto teso. «Ma forse i talismani di ossa hanno indebolito l'incantesimo di mia madre. In ogni caso... Yan,» chiamò, «che tu sappia, gli incantesimi intorno a un Paese sono rumorosi?»

«Certo, rilasciano un segnale che avverta chiunque dell'arrivo degli stranieri» rispose lui. «Un suono che rimbomba su ogni territorio. Persino gli invasori lo sentirebbero. Usare una particolarità per celarlo anche a loro sarebbe inutile, considerato che gli scudi attorno a un Paese vengono usati da chiunque.»

Nathan e Xerxes si scambiarono un cenno più tranquillo.

Tutti li credevano morti, e la cosa non era affatto triste. Anzi era perfetto, proprio ciò di cui avevano bisogno. La consapevolezza di non essere inseguito, di essere morto per il mondo, gli fece tirare un lungo sospiro di sollievo.

Nathan non aveva idea di quanto avrebbero resistito come esuli comunque sia disprezzati dal resto della popolazione, ma non poteva certo negare di aver compiuto qualcosa di cui, soltanto pochi giorni prima, non avrebbe mai immaginato di essere capace.

E loro cinque erano i primi a vincere un'impresa del genere!

«Ce l'abbiamo fatta veramente... Siamo davvero qui...»

Yan, che accanto a lui sorrideva gioioso, doveva star pensando le stesse cose.

Incrociarono gli sguardi e l'amico disse: «Ehi, Nate, siamo tornati».

Nathan rise mentre battevano il pugno. «Chi l'avrebbe mai detto?»

«Sì, ma come facciamo senza fuoco?» li richiamò James.

«Niente calore, senza Flame né magia» rispose Xerxes. «Almeno siamo al riparo, e ci stringeremo un po' sotto le coperte. Il pesce lo si può mangiare anche crudo, come fanno gli Orientali. È rimasto raffreddato grazie a Snow, sarà buono.»

«Ottimo! Quindi andiamo avanti a mangiare frutta e pesce crudo per chissà quanto tempo?»

«Non mi sentirei sicuro ad accendere un fuoco in mezzo alle foreste che attraverseremo» ribatté Xerxes. «Rischiamo di farci identificare.»

«A proposito, domani cos'abbiamo intenzione di fare, principino?» continuò l'altro, nel tono di sfida che era solito rivolgergli. «Vuoi vivere qui per sempre?»

Nathan capì di dover intervenire prima che scoppiasse un litigio. «Jamie, sapevamo che non avremo avuto alcun piano una volta arrivati qui».

«Semplicemente perché non credevamo davvero di arrivare.»

«Infatti. E invece guardaci: siamo qui, siamo vivi. Io direi di riposarci. Domani potremo pensare bene a cosa fare.»

«Adesso mangiamo!» Skye si lanciò su una sacca e cominciò a tirar fuori il cibo. «Ho così fame che potrei divorarvi uno a uno!»

Cenarono in silenzio. Nathan e Yan erano dell'umore di festeggiare, ma gli altri non sembravano troppo in vena. Skye era più concentrata ad abbuffarsi con gola; Xerxes stava zitto e masticava piano; James invece aveva il broncio, ma sarebbe parso più strano se si fosse messo a saltare di gioia per la riuscita della missione, perciò gli badarono poco.

A fine cena fu il primo ad accoccolarsi sotto la coperta, cominciando a russare come un orso in letargo.

Yan sbadigliò a bocca larga. «Anche io non riesco più a tenere gli occhi aperti. Buonanotte.»

Skye fu la terza ad accoccolarsi, alla ricerca di calore accanto a James.

Ingelosito, Nathan le si adagiò accanto. «Skye, ehm... prima qu-qualcosa mi ha afferrato il polso, come una zampa di rapace.»

«Mmm, sì...» biascicò lei, assonnata, «era una sirena.»

«Con... le zampe? M-ma le sirene non sono per metà pesci?»

«Sì, ma sai, quando si arrabbiano, si trasformano in mezzi-uccelli.»

«M-mia madre non mi ha mai raccontato una cosa del genere.»

«È stata premurosa, perché quando... quando le sirene sono mezze-uccello, fanno davvero orrore. È bene che tu non le abbia viste. Il mio papà mi raccontò della loro seconda forma, mi mostrò, sai, il dipinto... in un libro, e per mesi non riuscii ad avvicinarmi a una singola pozza d'acqua...»

«Beh, allora sei stata molto coraggiosa a volerle affrontare da sola.»

«Chi altri avrebbe potuto? Cosa fareste voi senza di me?»

"Moriremmo..." pensò Nathan, sorridendole nell'osservarla addormentarsi.

Dipoi si girò a cercare Xerxes, rimasto seduto come intenzionato a fare la guardia.

«Ehi, vieni a dormire» lo chiamò. «Qui non siamo in pericolo, no?»

«Tu credi di no?»

Nathan capì che l'amico aveva bisogno di conforto, di un appiglio. Xerxes non mostrava mai le sue indecisioni di fronte agli altri, salvo che a lui. Sembrava che gli piacesse confidarsi con Nathan e prendeva molto in considerazione i suoi consigli.

Era onorato che il principe riponesse tanta fiducia in lui e che lo rispettasse per il suo modo di pensare.

Doveva farlo sentire meglio, a tutti i costi. «Ho pensato a un posto, Xer» confessò. «Mi è venuto in mente ricordando mio padre. Mi raccontava sempre dell'Isola d'Ilashwia, nel regno di Finwzima.»

Xerxes sbatté le palpebre, pensieroso.

«Però forse è un'idea stupida...»

«Nate...»

«No, in realtà sarebbe grandiosa, ma... ci manca il denaro...»

Non occorse molto prima che Xerxes facesse un piccolo sorriso. «Non esattamente.»

«Eh?» Nathan lo guardò stralunato. «Xer, sono più che certo che tu non sia capace di far apparire monete da dietro l'orecchio. Perché sorridi così? Il mio piano era quello d'infilarci in una miniera per rubare qualche gioiello. Ho pensato a quella confinante con il marchesato di Wilson. So che è pericolosissimo, ma...»

«Certo, non ci sarebbe altra soluzione, anche se la tua mente può fare di meglio.» Xerxes gli picchiettò le nocche sul capo. «Fidati di me, ho un'idea migliore.»

«Ah, e quale?»

«Te lo dico domani.»

Nathan provò a controbattere, ma non appena anche Xerxes si accoccolò sotto la coperta, cominciò a respirare piano.

Così l'altro, con i pensieri rivolti al vento della libertà, cadde in un mondo di sogni adrenalinici e appaganti, mentre nella realtà imperversava la tempesta.

                                   *

«L'isola d'Ilashwia?»

Xerxes annuì. «Nel regno di Finwzima.»

Yan si sporse in avanti. «Beh, non sarebbe male. È il Governo più pacifico di Pure. Ha partecipato alle guerre soltanto per sostenere coloro che, a parere del re di turno, erano più meritevoli di ricevere appoggio. Vurwisch è il sovrano attuale, ed è praticamente l'opposto di Kayne: buono, generoso e caritatevole.»

«Mio padre lo disprezza proprio per questo» confidò Xerxes. «Immagino sia soltanto invidioso che Vurwisch riesca a farsi amare dai sudditi. Non dico che nel regno di Finwzima siano clementi con i "bestia", ma effettivamente laggiù potremo avere molte più possibilità di passare inosservati. Una volta sono stato a palazzo, gli abitanti erano un po' con la testa tra le nuvole. Pretendono che la legge venga rispettata, ma sono tutti così abituati ad avere pochi criminali che oramai quasi non si accorgono se un ladro passa sotto al loro naso. Effettivamente è raro che accada una tragedia, Finwzima è un regno sicurissimo. Tuttavia, in quelle poche volte in cui qualcuno viene derubato o assassinato, è difficile che chi di dovere riesca ad acciuffare il colpevole. Diciamo che non sono molto abituati a indagare, perciò anche noi "criminali" potremmo cavarcela.» Xerxes assunse un tono più concitato: «In ogni caso, l'isola di Ilashwia è un territorio vasto, ma sfruttato più che altro dai visitatori: le scogliere laggiù sono meravigliose, il mare è limpido e ci sono numerosi reperti archeologici da esplorare. Mio padre invidia risorse del genere, perché ogni mese i maghi del posto guadagnano un sacco di denaro. Là si ergono anche le montagne, perciò i viandanti si divertono sia che faccia caldo sia che faccia freddo: d'estate sulla costa, d'inverno in montagna».

«E cosa vorremmo fare?» brontolò James, scettico. «Nasconderci nei sotterranei di un tempio per il resto della nostra vita?»

Nathan prese allora la parola: «Mio padre mi raccontava di essere stato a Ilashwia, da giovane. Ci sono numerose valli molto larghe e ricoperte di tantissima vegetazione, dove si possono trovare frutta in abbondanza e animali da cacciare. In alcuni crepacci c'è il rischio di venire seppelliti dalle valanghe, ma ce ne sono altri dove non esiste questo pericolo. Papà diceva che si possono ottenere dei territori tra quelle valli: a quanto pare basta trovare una Fonte magica da cui richiedere il territorio desiderato offrendole una quantità di denaro, allora...» la voce andò ad affievolirglisi come vide gli amici scambiarsi occhiate dubbiose.

«Sei sicuro, Nate?» domandò Yan, cauto. « Nei libri che ho letto non ho mai trovato capitoli o paragrafi riguardanti questa Fonte...»

«Me ne ha parlato mio padre.»

«Sì, però... il signor Seller era bravo a raccontare storie per farci divertire. E se fosse qualcosa che si è inventato?»

Nathan scosse la testa con enfasi. «No, Yan, sono sicuro che sia reale! Mio padre e mia nonna erano esploratori, hanno visitato così tanti posti!»

«Neanche io ho mai sentito parlare di questa Fonte, Nathan» disse Xerxes. «E mio nonno conosceva tantissime leggende.»

«Beh, c'è La Fonte Cremisi» ricordò Skye.

«Ah, sì, è piuttosto popolare» rincarò James. «Però parla di una fonte che esaudisce un desiderio a chiunque vi lasci cadere una goccia del proprio sangue.»

Nathan si sentiva sempre più infervorato. «Conosco quella fiaba, e non c'entra niente col racconto di mio padre!»

I suoi genitori amavano intrattenerlo con storielle bellissime, ma se la mamma le inventava o modificava, allora il papà raccontava di posti e storie che aveva scoperto nei suoi viaggi, cose reali.

E ricordava che era stato suo padre a raccontargli di quella Fonte, perciò doveva esistere!

«Io sono sicurissimo che papà stesse dicendo la verità» ripeté ostinato. «Lui non inventava storie, Yan, era mia madre a farlo. E forse tu non c'eri quando mi è stato raccontato della Fonte. Inoltre papà aveva ragione sulla Spada Rocciosa, o sbaglio?»

Pur non troppo entusiasta, l'amico annuì. «Sì, l'ho vista coi miei stessi occhi, però...»

«Ma quello è un reperto che conosce chiunque!» lo interruppe James.

Allora Nathan sollevò le mani e parlò con più calma: «Va bene. Va bene, se non volete credere alla Fonte, non posso obbligarvi. Aspetterò che vi venga in mente qualche brillante piano su come e dove poterci stabilire».

Con tutta la sua soddisfazione, gli altri tacquero e si scambiarono occhiate imbarazzate.

Infine Xerxes sospirò, vinto. «È vero, a me non viene in mente proprio niente. Beh, potremmo tentare di raggiungere l'impero dell'Est, ma è dall'altra parte del mondo. In confronto, Ilashwia è praticamente dietro l'angolo. Inoltre la gente lì è più pacata, e il regno di Finwzima potrebbe essere un nascondiglio perfetto. E...» passò lo sguardo su Nathan, «ecco, io voglio crederti, Nate. Mi rendo conto che sei sicuro di ciò che dici. E voglio credere a tuo padre.»

«Anch'io» disse Yan. «È vero, tuo papà raccontava cose reali. Quella Fonte magica esiste, dobbiamo solo trovarla.»

Skye batté le mani. «Anch'io preferisco di gran lunga Ilashwia prima di tentare l'impero dello Yushei. Troppo lontano! Però, Nate, tuo padre ha forse acquistato un territorio a Ilashwia?»

Nathan scosse la testa. «No. Io... ricordo di averglielo chiesto, sì.» Sbatté le palpebre e sorrise, lieto di ricordare molto di più a riguardo. Era sempre più sicuro di avere ragione. «Ricordo che disse che lui e la nonna non avevano avuto abbastanza denaro, perché ce ne vuole parecchio per comprare dalla Fonte.»

James ribaltò gli occhi. «Va bene, puledrino, ammetto che tu sia l'unico ad avere un piano. C'è però un enorme buco nell'acqua che tu stesso hai appena sottolineato: perché, se l'avete dimenticato, siamo senza soldi! Ammesso che quella Fonte esista davvero, che denaro offriamo?»

A questo punto Xerxes fece un sorrisino. «Se non sarete felici adesso...»

Così, per chissà quale ragione, si alzò per andare a recuperare gli stivali lasciati insieme a quelli degli altri ad asciugare.

Li portò dagli amici e tornò seduto, allora rovesciò le calzature e le scosse finché non ne cadde qualcosa.

Erano due piccoli sacchetti tutti schiacciati e sporchi. Come ne aprì uno e vi infilò la mano, ne estrasse una serie di piccole gemme colorate.

Allorché gli altri si avvicinarono meravigliati.

Gli occhi altrettanto splendenti, Yan allungò le dita per sfiorare le pietre preziose. «Porca vacca! Uno smeraldo, un topazio... uno zaffiro!»

«Xerxes,» balbettò Nathan, «d-dove diamine hai trovato questi tesori?»

Il principe scrollò le spalle. «Ho sempre vissuto con questi sacchetti nelle punte degli stivali. Mio padre non mi dava mai soldi e non mi comprava mai niente. Così a sette anni ho cominciato a sgraffignare piccole gemme come queste dal suo baule, e le tengo sempre nei miei stivali. Sono di misura più grande rispetto ai miei piedi, così posso tenere i sacchetti sulle punte.»

Skye sembrava l'unica a non essere sorpresa: evidentemente conosceva da sempre quel segreto – Nathan ricordò quello strano scambio di battute sugli stivali.

James fissò Xerxes a bocca aperta, come se gli fosse spuntato un corno in mezzo si ciuffi rossi. «Il principino che fa una marachella simile? Ah!» e scoppiò a ridere. «Chi se l'aspettava!»

«Allora, sei contento?»

Lui tentò di assumere un'espressione offesa, che però non gli sortì bene. «Hai semplicemente dimostrato di non avere fiducia in noi, nascondendoci il tesoro per tutte queste settimane.»

Xerxes alzò gli occhi. «È ovvio che all'inizio non mi fidassi di voi. Però poi mi sono detto di aspettare a darvi così tanta speranza. Insomma, non sapevamo neanche se saremmo arrivati fin qui.»

James non riuscì a trattenersi oltre e si lasciò andare alle risate. «E va bene! Sì, principino, ti concedo questa vittoria.»

Altrettanto sorridente, Yan si rigirò un rubino tra le dita. «Con queste potremo anche comprarci tantissime cose utili per il viaggio!»

«Ah! E io che ero già pronto a rubare!»

Nathan però non era entusiasta quanto loro. Non faceva altro che ferirsi la punta della lingua strusciandola nello spazietto tra i denti. «Cosa penseranno i mercanti non appena vedranno un ragazzino in possesso di tali tesori?»

Yan, fortunatamente, aveva già la risposta preparata: «Ai mercanti non interessa troppo chi li paga, purché vengano pagati. E quando vedranno gioielli come questi, non faranno domande. Sono subdoli, e li sopporto poco per questo, ma per una volta la loro avidità servirà a qualcosa di buono».

Xerxes picchiettava le dita sui gomiti. «La traversata dalla costa nord di Egaelith sino a Ilashwia sarà molto più lunga di quella che abbiamo percorso noi. Una barchetta come la nostra non servirà a niente.»

«Dobbiamo anche tener conto che la magia d'Ilashwia potrebbe attivarsi contro di noi se entriamo senza permesso» ricordò Nathan. «Vogliamo rischiare e testare i talismani?»

«Non così. Infatti non abbiamo altra scelta che prendere la nave che salpa dal porto di Loks, la città più a nord della contea di Skauter e di tutto il regno di Egaelith.»

James rimase intontito. «Ma sei scemo? Saremo in mezzo a tutta quella gente! Come diavolo pensi che riusciremo a passare inosservati?»

Nonostante l'offesa, Xerxes rispose tranquillo: «In questo caso sì che dovremo contare sui talismani. E come per la magia attorno a Egaelith e all'Isola della Purga, neanche Finwzima avrà incantesimi anti"bestia": nessuno si aspetterebbe che dei "bestia" fuggano dalla loro tomba. In qualche modo riusciremo a travestirci. Il viaggio è lungo, qualcosa ci verrà in mente».
«Credo di avere un'idea» li confortò Yan. «Riguarda i pellegrini della dea Oceris: potremmo fingere di voler raggiungere il tempio a Ilashwia.»

«Lo studieremo meglio, ma potrebbe funzionare.» Xerxes si morsicò il labbro, in uno dei suoi tic. «Se attraversiamo il tunnel di questa caverna, sboccheremo nella Fruigorp Forest. Alle volte vi si accampano gruppi di soldatesse, quando devono conferire con le sirene. Il tunnel che sfruttano è quello collegato alla Grotta delle Stalattiti: più rischioso, ma più vicino all'accampamento, costruito sul perimetro della Foresta così da evitare le creature feroci. La nostra galleria invece sbuca proprio al centro.»

Nathan rabbrividì dalla paura. «Le soldatesse non fanno ronde per la Foresta?»

«Solo nella zona ovest, noi invece ci manterremo più a est.»

«E se ci attaccassero gli animali feroci?»

Xerxes fece un cenno verso James. «Noi abbiamo la nostra belva.»

Questi sogghignò, stranamente rassicurante.

Sebbene apparisse spaventata, Skye strinse i pugni con determinazione. «Anch'io farò del mio meglio. Se percepisco qualcosa avvicinarsi, vi avviso.»

Le sue braccia si contrassero nella pelle d'oca. Non si trovava più sull'Isola che aveva conosciuto per tre anni, sarebbe stato tutto differente.

Anche Nathan si sforzava di non tremare. Stavolta non ci sarebbe stato nessuno a proteggerli dai pericoli, non avrebbero avuto alcun alleato là dove si sarebbero diretti...

Più rassicurato, Xerxes continuò a parlare: «Una volta superata la Foresta, dovremmo giungere in prossimità della cittadina di Rickwild. Laggiù James potrà far compere. Acquistati dei travestimenti, avremo modo di muoverci più liberamente. Comunque non mi piace stare troppo in campagna o in prateria: se passassero dei soldati di ronda, ci fermerebbero per sapere cosa ci fanno cinque ragazzi da soli. Dovremo sempre sfruttare i boschi, dove potremo nasconderci meglio anche in caso di incontri indesiderati. Ci occorreranno almeno due settimane prima di raggiungere Loks, allora troveremo il modo di imbarcarci».

«Certo che la fai così facile, Altezza» bubbolò James.

Anche Nathan trovò che il tono di Xerxes fosse alquanto leggero, che parlasse come se stessero organizzando una semplice e piacevole scampagnata.

Forse cercava solo di essere rassicurante, per dar forza a tutti loro, e lo apprezzò tanto per questo.

Almeno Yan e Skye parevano più speranzosi, sebbene James non ci cascasse.

Infatti tirò a Nathan un colpo un po' troppo forte alla spalla. «Tu credi possa funzionare, puledrino?»

«I-io?»

Fu sorpreso dal fatto che gli altri lo fissassero in attesa di un suo giudizio.

Incrociato lo sguardo di Xerxes, gli venne da rispondere con sicurezza: «Sì. Sì, il piano di Xer mi sembra davvero buono».

James raccolse allora un lungo sospiro. «E va bene. Quindi? Partiamo domani, o rimaniamo qui qualche altro giorno aspettando che la principessa selvaggia finisca tutti i viveri?»

«Non lo farei mai!» s'indignò Skye, sventolando il torsolo del suo frutto, di cui non voleva sprecare neanche un granulo di polpa. «So benissimo come regolarmi! Io sono la prima ad aver paura di morire di fame!»

Xerxes fece un cenno. «Possiamo partire domani, se non ci sono obiezioni.»

Non ve ne furono.

Nathan si sentì formicolare sotto pelle: l'indomani sarebbe cominciata la ricerca della loro nuova casa.

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