Il Rifugio

Dopo aver consumato un generoso pranzo di pollame e polenta, Owen preparò imbottiture e coperte che trasportò fino alla sua camera. Era l'unica a disposizione, e Skye aveva richiesto di non venire lasciata sola a dormire.

«Non mi sentirei a mio agio...» aveva detto. «Lo sapete da quant'è che non vivo in una casa?»

«Non avrai paura dei poltergeist, vero?» li aveva poi tranquillizzati Owen. «A meno che non vi attacchi la fame della mezzanotte e dobbiate andare in cucina, non vi accorgerete neanche della loro presenza. Non sono soliti sbattere le porte o fare chissà cos'altro.»

Nathan non aveva dubbi, la sua fiducia in quegli spiriti era cresciuta in pochissime ore.

Sebbene un attimo prima avessero minacciato lui e gli altri, avevano subito cercato di farsi perdonare preparando il bagno a ciascuno dei nuovi arrivati, e lasciandoli anche scegliere il tipo di sapone da aggiungere nell'acqua – selezione di cui Xerxes era stato assolutamente grato.

La camera da letto non era molto grande, ma era ottima per tutti e sei. Il proprietario del Rifugio non sembrava affatto dispiaciuto di condividerla.

Il giorno successivo preparò una colazione a base di porridge, poi, quando bussarono alla porta, fece filare gli altri in camera come il giorno precedente e richiuse raccomandando loro di far silenzio e di non uscire.

Fu così ogni volta che giungeva un cliente.

Fortunatamente in estate le richieste erano poche; Owen alternava i momenti di pausa a quelli di studio nel laboratorio.

Ogni dì applicava liquidi e pastine sulle ferite dei ragazzi.

Quando sentì che la fronte di Xerxes era troppo calda e diagnosticò la febbre, gli fece ingerire una piccola quantità d'acqua contenente una medicina creata da lui. Il principe la bevve e dopo pochi minuti cominciò a sudare, tanto che dovette spogliarsi, ma si scoprì stare meglio. La febbre gli stava calando.

«Vi rendete conto?» disse a bassa voce, mentre nelle altre stanze Owen si occupava di una paziente. «Quel ragazzo è stato capace di trovare delle cure che non dipendano da formule magiche. Ha scoperto che la medicina può essere applicata senza incantesimi! È come se fosse capace di un tipo di magia totalmente diversa da quella conosciuta da tutti e che persino lui, che è un "bestia", può usare.»

Nathan annuì, altrettanto affascinato. «Impressionante, non è vero? A quanto pare anche noi "bestia" possiamo cavarcela nel mondo.»

James sbarrò gli occhi. «Sul serio, Nathan? Sul serio?»

Gli altri scoppiarono a ridere, pur cercando di non fare troppo rumore.

Invece Xerxes sussurrò: «È proprio così. Guardate cosa abbiamo fatto noi! Avete sentito cosa ha detto Owen: il nostro corpo tiene alla larga la magia umana, abbiamo come un'armatura naturale. Inoltre abbiamo le nostre abilità. Differenti, ma essenziali. Non vedete che anche noi "bestia" siamo capaci di tanto?»

«Certo che lo siamo!» Yan esibì un sorrisone. «Perché non dovremmo?»

Dopo un po' che attendevano, James sbuffò e si avvicinò alla porta per sbirciare dalla serratura. «Quanto tempo ci vuole stavolta?»

«Riesci a vedere?»

«Velato. Come sempre, dopotutto. C'è Owen con quella ragazza. Ah, mi sembra che si stiano salutando, bene. Sì, eccola che esce... Ottimo, via libera. Oh, un momento...»

«Che succede?»

«Owen si è affacciato alla finestra... si è tolto il cappuccio... Cribbio, ha degli occhi enormi! Riesco a vederlo persino io!»

Skye lo spostò per poter spiare. «Uh uh, significa che... Ehi, un momento, qualcuno sta entrando.»

«Oh no... Un altro noioso paziente...»

Skye trattenne rumorosamente il respiro portando la mano alla bocca.

«Skye, tutto bene?»

«Ecco, io... credo di aver visto... un signore dalle orecchie a punta.»

Yan scattò in piedi. «Un elfo?»

Non riuscirono a reprimere la curiosità e dischiusero la porta per sbirciare insieme, i rimproveri di Xerxes vennero totalmente ignorati.

Al turno di Nathan, riuscì a scorgere un uomo alto stante di fronte a Owen, il quale si stava spogliando della mantella e del pelo finto.

"Cosa diavolo fa? È impazzito!"

Il sussurrio dell'uomo pareva quasi una nenia ancestrale: «Non appena avrai recuperato i campioni di sangue, li analizzeremo».

Owen annuì. «Grazie, Vow'a. Ora te li presento.» Si avvicinò ad aprire la porta da cui stavano sbirciando i ragazzi.

Non appena la spalancò, Nathan lo afferrò per il colletto. «Vuoi forse farci ammazzare?»

Lui gli batté tranquillamente sulle dita. «Non temere, Nathan. Vow'a è mio amico, conosce il mio segreto. Potete uscire allo scoperto, non è pericoloso. Dovete fidarvi di me.»

Yan uscì per primo, seguito a ruota da Nathan, Skye, Xerxes e James.

Lo sconosciuto aveva un viso affilato e triangolare, dal naso schiacciato ma sottile. I suoi capelli ricadevano in una lunga treccia corvina la cui punta sfiorava le caviglie. La carnagione era verde come l'erba della montagna, un colore contrastante con l'azzurro limpido degli occhi. Le orecchie, invece, erano lunghe e appuntite.

«Un elfo...» sussurrò Yan, estasiato, prima di piegarsi in un inchino rispettoso.

Gli altri lo imitarono, dunque l'elfo Vow'a fece loro un cenno del capo. «Cari giovani che siete privi di poteri magici, non dovete aver tema della mia presenza. Io sono amico di Owen. E se voi siete suoi amici, allora siete anche i miei.»

Skye inclinò il capo. «Signor Vow'a, non ci odiate per quel che siamo?»

Vow'a scosse la testa in un gesto raffinato, gli obliqui occhi a mandorla la ispezionavano con un interesse che accese i nervi di Nathan. Forse l'elfo non aveva mai visto una femmina umana da così vicino.

«No, fanciulla, non dovete temere. Io credo che voi siate creature da preservare, gli esseri umani sbagliano a perseguitarvi. Trovo che in voi non ci sia nulla di cui aver paura, al contrario. Conoscendo Owen ho capito di quanto anche voi possiate essere capaci. Da anni mi reco qui a portargli materiale medico: le sue scoperte sono a dir poco affascinanti.»

«Di cosa stavate parlando riguardo ad analizzare del sangue?» indagò Xerxes, ancora diffidente.

«Vow'a applica un incantesimo per aumentare la mia vista, così io posso analizzare i campioni di tessuti organici» spiegò Owen. «In questo modo riesco a capire a quali malattie sia più sensibile una persona e se al contrario ha delle invulnerabilità. Ecco perché vorrei studiare il vostro sangue, così sarà molto più semplice per me prendermi cura di voi. Dopotutto diventerete miei pazienti.»

«Ci darebbe più sicurezza» ringraziò Yan, prima di sferrare una gomitata a Xerxes.

Sì, più sicurezza, ma al momento a Nathan bastava che Vow'a la piantasse di fissare Skye.

«Ehm, siete un elfo solitario, Vow'a?» gli chiese, non mancando di calare la mano per stringere quella dell'innamorata.

L'elfo lo guardò senza scomporsi. «No, appartengo a una tribù. Noi elfi del Nord amiamo le basse temperature, perciò in inverno rimaniamo all'aperto, dove fa più freddo. In estate invece ci rifugiamo tra le fresche pareti delle grotte. Personalmente non disprezzo l'ambiente montano nella sua apparizione estiva, lo trovo molto più colorato e meno monotono che quando è ricoperto dalla neve.»

«Questi non sono territori elfici» sottolineò Xerxes, deciso a ignorare l'occhiata obliqua di Owen. «Il re ti ha permesso di vagare oltre i tuoi confini?»

Di nuovo, Vow'a non si offese. «Me lo ha concesso Vyra, purché io non mi allontani troppo. Ho il permesso cosicché io possa sostenere l'Umhïrtröfa portandogli alcune erbe mediche, e ovviamente per mantenere un minimo rapporto tra le nostre due razze. È un tipo di concessione che mi auguro si sviluppi nel resto del mondo.»

«Inoltre, il mio territorio confina con quello degli elfi, e se voglio far entrare qualcuno di loro, posso. Dopotutto la magia della Fonte proviene da Vyra, e a lei va bene così» chiarì Owen. «Vow'a è l'unico a conoscere il mio segreto. E non c'è pericolo che gli altri elfi lo scoprano, si fidano l'uno dell'altro e non ficcano mai il naso negli affari altrui.»

«In ogni caso, non sento di star tradendo la fiducia del mio popolo: ho la ferma convinzione che in voi non ci siano difetti.»

James sogghignò. «Oh, i miei amici hanno davvero un sacco di difetti.»

Nathan gli tirò una leggera spallata, prima di rispondere a Vow'a: «Questo è molto bello da parte vostra. Grazie».

Finalmente c'era una persona magica che li trattava come gente normale.

                                     *

Owen si rivelò un ospite alquanto intransigente, cosa che gli procurò non poche uscite di testa e arrabbiature nei confronti dei cinque viaggiatori.

Odiava lo sporco, era fissato con la pulizia della casa e per preservarne la limpidezza richiedeva che chiunque usasse le pantofole. Ne aveva a disposizione persino per i pazienti! Se non le aveva fatte usare ai ragazzi al loro arrivo, era stato perché li aveva visti conciati molto male.

«Ho come il sospetto che i paesani volessero regalarmi un animaletto domestico per il Solstizio d'Inverno» raccontò una volta a Nathan, mentre gli medicava la coscia in laboratorio. «Una signora cominciò a farmi domande strane, voleva sapere se mi piacessero gli animali...»

«Ah, gentile da parte loro. Un animaletto avrebbe potuto farti compagnia.»

«Avrebbe solo potuto sporcare! I cani e i gatti non fanno altro che perdere pelo. Le ho fatto capire che non ero interessato. Credimi, la collezione di libri sui dinosauri è stata un regalo assai migliore.»

Nathan alzò gli occhi al cielo, ma si ritrovò a sorridere al pensiero di come avrebbe reagito Owen se avesse saputo che lui aveva vissuto con un ratto.

Si distrasse a una risatina soddisfatta di Yan, tutto intento a spulciare nella libreria. Scelse almeno una decina di volumi, che impilò con ordine prima di tentare di sollevarli. La torretta oscillò pericolosamente, ma lui riuscì a mantenere l'equilibrio.

«Ehi, non erano questi i patti!» lo sgridò Owen dalla sua postazione. «Avevo detto un paio di libri! "Un paio" significa "due"!»

«Mica te li rovino!» protestò Yan, uscendo dal laboratorio in una buffa camminata a ginocchia piegate.

Nathan scoppiò a ridere, ma si azzittì non appena Owen gli tastò troppo forte la coscia.

Il giovane guaritore sogghignò. «Cominci a stare meglio.»

«Sì, grazie...» bofonchiò l'altro, posando il piede sul pavimento. «A proposito, qui si festeggia il Solstizio d'Estate?»

«Sì, ma io non scendo mai al villaggio per la celebrazione. Mi fa piacere avervi qui, almeno quest'anno non sarò solo. Potrei preparare una cena più sostanziosa del solito. Con l'aiuto dei poltergeist, ovviamente. A loro voi piacete, comunque. Davvero tanto.»

Owen si alzò e andò a segnare qualcosa tra le pagine chiare di un grosso libro.

Nathan allungò il collo per sbirciare. «Sono i tuoi appunti?»

«Qui ci sono tutte le mie ricerche.»

«Beh, è un tomo bello grosso.»

«E non è il primo che ho usato.»

Tiratosi su i pantaloni, Nathan si sporse in avanti per arruffargli i capelli. «Suppongo che un po' di solitudine faccia bene ai geni. Continua così, Owen, stai facendo un ottimo lavoro.»

Il rossore sfavillò sulle guance pallide del ragazzino. Lanciò uno sguardo a Nathan, il quale gli fece una strizzatina d'occhio.

«Grazie, Nate... ma a essere onesto, io non ho inventato molto. Ho semplicemente ripreso le erbe sfruttate per alcuni malanni magici, e da lì sono arrivato a capire come poterle usare contro malattie che vi somigliano, ma prive di batteri magici. Per esempio il raffreddore assomiglia al frozeneeze, mentre l'orecchioni alle ballcheeks. E c'è l'influenza magica e quella non-magica. Non ho ancora inventato nulla di totalmente nuovo, ho sempre avuto delle basi da cui cominciare... Persino la pertosse somiglia all'ashcough. Guarda», Owen indicò una pagina, dove le scritte apparivano come una lista. «L'incantesimo contro l'ashcough comprende zenzero, miele di barebumble, limone e liquirizia. Dunque per la pertosse raccomando un tè con tutti questi ingredienti. Beh, il miele va bene quello di api non-magiche. Aggiungo solo di riscaldare una pentola d'acqua e di inserire uno spicchio di aglio o cipolla, poi di inalare i vapori. O ancora, di succhiare una foglia di origano, come limone o liquirizia. Si può anche aggiungere mandorle ai piatti. L'ho scoperto perché amo le mandorle e ne mangio un sacco. Quando avevo mal di gola e mi ci ingozzavo, mi sentivo un po' meglio. Fu solo una coincidenza.»

«Owen, non credo che la tua carriera vada avanti soltanto grazie a coincidenze.»

«No, ma... non sono così straordinario come pensate. Oh, e prima di gioire, ho bisogno di sincerarmi dell'efficacia delle cure per la pertosse, servono ancora due settimane di studio.» Stanco, Owen si passò la mano sulla fronte. «Invece il morbillo non ha niente in comune con alcuna malattia magica, anzi somiglia alla varicella e alla rosolia, figurati. È da quando ho cominciato questa carriera che ci studio sopra, ma ancora non ne vengo a capo...»

Nathan si avvicinò per strizzargli la spalla. «Su, vedrai che ci riuscirai. Anche se col raffreddore avevi già una base, hai comunque fatto una scoperta eccezionale. Sai quanti bambini hai salvato? Fino a pochi anni fa, i più piccoli ne morivano.»

Owen non lo stava quasi ascoltando, aveva spostato gli occhi sulla mano che premeva contro la sua spalla.

Nathan credette di capire.

Da chi poteva mai essere stato consolato Owen prima d'ora? Che problemi doveva aver avuto durante la tenera età prima che il tester si spegnesse, se aveva viaggiato soltanto con i genitori?

Dopo, a parte i poltergeist, non aveva avuto nessun altro.

«Posso tirarti su il morale ogni volta che ne hai bisogno, piccoletto» gli disse, riuscendo ad ammorbidirlo. «Ma dimmi, non hai mai stretto amicizia con i paesani?»

«So che mi vogliono un gran bene, e anch'io ne voglio a loro, ma diciamo che ho sempre preferito evitare di farli rimanere per un tè. Figurarsi se offro loro la possibilità d'interrogarmi sulla mia vita!»

«Ah, strano che tu dica questo, perché ieri ci è parso di notare che... sai quella paziente venuta qui prima di Vow'a?» cantilenò a fare il finto vago. «Ecco, ti abbiamo pizzicato a guardarla allontanarsi, e sembravi parecchio concentrato.»

Owen era diventato ancor più scarlatto, Nathan poteva sentire la sua temperatura corporea alzarsi gradualmente. Il ragazzino evitò il suo sguardo e scrisse assiduo sul diario. «Parli di Fema? È solo una piacevole amica, conversiamo affabilmente, ma nulla di più.»

«Ah ah, stai mentendo! Io usavo la stessa scusa!»

Owen sussultò per l'imbarazzo. Tuttavia il suo sguardo assunse la sua familiare aria da pallone gonfiato, sventolò una mano e ignorò le risate di Nathan.

Quando tornò serio, si sporse in avanti per sbirciare il diario. Era così tanto intinto di parole che, seppur nella sua lingua, Nathan non riusciva a comprendere. Si chiese addirittura se il suo nuovo amico non si fosse inventato qualche termine. Ogni pagina era ricca di dettagli, scarabocchi, linee che indicavano correzioni, schemi...

Non c'era nient'altro da dire: Owen era un vero genio. Solo lui al mondo poteva comprendere quelle scritte e l'essenza di tali ricerche – anche considerando il fatto, comunque, che la sua grafia era veramente da spavento.

Poi Nathan azzardò a porre la domanda che lo tartassava ormai da giorni: «Owen, tu credi che... potresti trovare una cura alla malattia del "bestia"».

«Mi sorprende che non me lo abbiate chiesto subito.» Quello fece spallucce. «Non ne ho idea. Credimi, sto facendo tantissime ricerche in merito, ma è più dura del previsto. Il nostro corpo ripudia qualsiasi elemento proveniente dalla magia umana. Tuttavia noi "bestia" possiamo riscontrare effetti da qualsiasi altra magia: quella della frutta, quella animale, quella elfica... non quella batterica, ma ti ho già spiegato che i batteri magici attecchiscono solo sulle cellule magiche. Non so cosa risponderti, Nathan.»

«E riguardo al padre di Yan?»

«È davvero qualcosa di inusuale. Non so proprio perché lui sia diverso...»

Nathan cercò di reprimere la pelle d'oca. "Non lo rivedremo mai più, non ha importanza..." «Forse succede con un caso su mille. Oh, a proposito, questo potrebbe tornarti utile: sai che la malattia del "bestia" si diffonde con l'eredità genetica?»

Owen lo guardò con supponenza. «Beh, certo che lo so.»

«L-lo sai? Credevo che re Kayne e i suoi studiosi lo volessero tenere nascosto, e che fosse così per tutti gli altri Governatori.»

«Non mi dire. Cos'è che credono nel regno di Egaelith?»

«Che i "bestia" infettino i maghi tramite l'aura maligna.»

Owen sbuffò acido. « Che stronzata abnorme! Il gene ereditario del "bestia" non è un segreto nel resto di Pure, te lo assicuro. Re Kayne ha chiuso da parecchio le frontiere con gli altri Paesi, non permette che i suoi sudditi ricevano notizie dal resto del mondo. Gli unici spostamenti che permette sono quelli dal suo regno a quello di Finwzima.»

«Come mai?»

«Re Vurwisch è un sovrano magnanimo e generoso. Kayne si starà forse preparando a chiedergli un prestito di qualche tipo. Non credo proprio che Vurwisch sappia riguardo le sue bugie. È un bravo sovrano, ma tende a fidarsi troppo degli altri.»

«Ma chi scopre cose nuove a Finwzima, non le divulga una volta tornato a Egaelith?»

«Ottima domanda. Tu cosa pensi?»

«Penso...» Nathan rabbrividì. «Che la mente dei sudditi di Egaelith sia in qualche modo manipolata... Forse rientrando dall'estero vengono fatte dimenticare determinate nozioni, e se si esce dal regno se le ricordano. Ma è spaventoso...»

«Probabilmente Kayne è riuscito a far dimenticare ai suoi sudditi ciò che una volta era conosciuto.»

«Ma siede sul trono da soltanto cinque anni...»

E dopotutto, anche se Nathan e i suoi amici erano immuni alla magia umana, da piccoli non avevano mai pensato ai "bestia" e a come si potesse contrarre la malattia. Venivano nominati pochissimo nella quotidianità, erano così rari che la gente non aveva motivo di citarli, soprattutto se si rischiava di spaventare i bambini. Nathan aveva imparato tutto a riguardo soltanto una volta raggiunti i dieci anni.

«Kayne ha cambiato così tante cose in così poco tempo...»

«Cinque anni sono abbastanza per un mago subdolo come lui. Qualsiasi piano abbia in mente, non mi piace. E mi spaventa il suo livello di potere magico...»

                                     *

La mattina del Solstizio d'Estate, James raccontò a Owen la sua storia e la sua vita da combattente.

L'altro ne rimase parecchio impressionato, ma paradossalmente si concentrò più sul fatto che la vista dell'amico fosse distorta.

Gli fece un sacco di domande e gli chiese di fissare determinati punti a distanze differenti, chiedendogli ogni volta quanto male ci vedesse.

Alla fine James lo mandò a quel paese e si alzò per fuggire dalla cucina – ma dovette prima scoccare un'occhiata d'avvertimento a Nathan e Yan per fermare sul nascere le loro risatine.

Xerxes uscì di camera mentre quello gli passava accanto e borbottava: «Felice Solstizio. E buon compleanno».

Anche gli altri gli fecero gli auguri.

Dopo aver risposto con un sorriso, il principe si concentrò su James. «Come fai a sapere che è il mio compleanno?»

«Beh, è il 31 del Gemini.»

«Sì, ma come fai a sapere che è proprio questo giorno? Beh, certo, non è che sia un segreto.»

«Stai scherzando?» James si schiarì la gola, mise il petto in fuori e fece una smorfia da puzza sotto il naso. «"Carissimi spettatori e sanguinosi combattenti!"» cominciò a urlare, imitando il tono e i gesti pomposi di re Kayne. «"Oggi è un giorno mooolto speciale! Sì, perché oggi non è soltanto il Solstizio d'Estate! Oggi, il 31 del Gemini, compie gli anni il mio amatissimo primogenito! Perciò richiedo lotte all'ultimo sangue per festeggiare questo lieto evento e ricordare a tutti il giorno più felice della mia vita!"»

Xerxes si grattò la nuca. «Oh, giusto... L'annuncio di mio padre ai giochi per la mia festa... Davvero diceva così?»

«Diceva che cosa?»

«Che la mia nascita è stato il giorno più felice della sua vita.»

James sembrò quasi farsi comprensivo nei suoi confronti. «Sì, lo ricordo benissimo. A dire la verità, per il tuo compleanno non m'impegnavo così tanto nelle lotte. Sapevo benissimo che il re non avrebbe permesso che il suo campione morisse, e io non volevo dare un grande spettacolo, proprio per non accontentarti.»

«Beh, al contrario, mi stavi facendo un enorme regalo.»

«Sì, ora lo so bene.» James gli porse la mano destra. «Tu non sei come tuo padre. Sei molto migliore di lui, amico.»

Xerxes fissò esterrefatto le dita graffiate, prima di stringerle con un grande sorriso. «E tu non sei crudele. Sei uno dei compagni migliori che si possano avere, amico.»

                                      *

«Ricapitolando: questo Cacciatore sfregiato cercava dei "bestia", che si presume foste voi, e forse anche io, nonostante non avesse idea che fossimo già nati?»

«Proprio così» confermò Nathan. «Però è tutto confuso... Ho provato a farlo parlare ancora di più, ma ha continuato a rimanere sul vago.»

Owen cercò spiegazioni negli sguardi degli altri, che tuttavia erano altrettanto ignoranti a riguardo.

«Quell'uomo era capace di individuare i "bestia"» spiegò Xerxes. «Tuttavia è un controsenso, se proprio la magia umana non ha effetto su di noi. Secondo me aveva solo l'abilità di carpire la quantità magica in una persona, e il solo fatto di non riuscire a cogliere qualcosa dentro di noi gli ha fatto intendere che siamo "bestia". Ciò significa però che conosceva la nostra immunità.»

«Però è morto, no?» asserì James, intento a grattarsi l'orecchio.

«Ma ci sarà qualcun altro con questa abilità?» mugolò Skye.

«Beh, se quel tizio è sempre stato qui e non ha mai scovato Owen, non vedo come altri potrebbero trovare noi. Siamo solo stati sfortunati a Pirka, ecco tutto» replicò Yan.

«Ragazzi.» Owen agitò le mani per richiamare la loro attenzione, e sorrise rasserenatore. «Qui siamo al sicuro, ci sono incantesimi di protezione. Nessuno ci troverà, e potrete venire a trovarmi ogni volta che vorrete o in caso accada qualcosa.»

Xerxes parve tranquillizzarsi, e anche Nathan si sentì più sollevato all'idea di aver trovato un amico con una casa ben protetta.

«Grazie, Owen.»

«Ehi, noi "bestia" dobbiamo aiutarci a vicenda, no?»

Owen sollevò la mano mostrando il dorso. Gli altri fecero lo stesso, si riunirono in cerchio e si scambiarono un colpetto di nocche.

Dopodiché Nathan calò sulle proprie lenzuola, pur senza avere sonno. I discorsi sul misterioso Cacciatore Oscuro lo avevano turbato...

Si riscosse non appena Skye gli cadde vicino all'inguine. James l'aveva spinta giù dal letto.

Ciononostante lei non si ribellò. «Fa' pure. Preferisco non dormire. Non faccio altro che avere brutti sogni.»

«Su cosa? Uomini cattivi e lupi giganti?»

«No. Più su sorelle pessime...»

James roteò gli occhi. «Che palle! Perché pensi così tanto a lei se non ti vuole bene?» Gli altri ragazzi lo guardarono in avvertimento, ma lui seguitò a dire: «Credo che vivrai assolutamente bene rispetto a lei. Essere libera e lontana dal resto del mondo è molto meglio che stare sotto un regime tirannico».

«Beh, non sono contenta se lei sta male...»

«Senti, non puoi sentirti ferita a causa di una cattiva sorella. Lei non merita il tuo dolore, chiaro? Puoi amarla, ma non soffrire per colpa sua. I fratelli possono fare di meglio, assolutamente.»

Proprio mentre lo diceva, Nathan guardò Skye alzare le dita per sfiorare quelle di James. Allora comprese che non aveva niente da temere, perché James e Skye si amavano a vicenda come fratello e sorella, tutto qui.

«A proposito, perché non mi parlate della vostra vita passata?» li chiamò Owen.

Nathan fece una smorfia. Non gli andava di raccontare il suo passato di nuovo, ma era anche ovvio che Owen desiderasse sapere. E glielo dovevano, dopo quanto stava facendo per loro.

Yan parlò per primo: «Io ero un apprendista cavaliere all'Accademia di Murcuw, nel ducato di Bellspring. Dopo aver scoperto di essere un "bestia", mio padre mi ha rinnegato. Non ho...» la gola oscillò mentre inghiottiva saliva, «non ho neanche visto un'ultima volta mia madre, non so cosa pensi lei di me...»

Lo aveva nominato. Era stato spiccio, ma c'era riuscito.

Nathan prese parola: «Anch'io sono cresciuto a Murcuw, ma in un allevamento di cavalli appena distante dalla città. I miei genitori sono morti quando avevo nove anni, assassinati...»

Owen deglutì forte. «C-che cosa è accaduto?»

«È stato mio padre» mormorò Xerxes, atono, nonostante le unghie ghermissero la stoffa dei pantaloni. «A suo dire, i signori Seller gli avevano venduto un cavallo malato, perciò lui si è voluto vendicare...»

Owen chinò il capo, come in lutto per i signori Seller che non aveva mai conosciuto.

Poi Skye disse: «Io invece sono cresciuta in un allevamento per animali magici, insieme ai miei genitori e alle mie tre gemelle. Quando il mio tester si è spento, mamma e papà hanno tentato di proteggermi, dunque il re li ha condannati a morte...»

Xerxes le sfiorò il braccio. «Inoltre mio padre mi ha disconosciuto. Non ho avuto modo di salutare mia madre, né i miei fratellini. Soltanto mio cugino Elijah è riuscito a scendere nelle segrete per parlarmi un'ultima volta.»

«Merda...» Gli occhi di Owen si erano inumiditi per la tristezza.

Si voltò cauto verso James, il quale teneva lo sguardo fisso sul soffitto.

Doveva essere ben consapevole di avere l'attenzione di tutti addosso, ma sembrava preferire far finta di niente, ignorarli completamente, in un silenzio di mille parole.

Tuttavia, proprio mentre gli altri cominciavano a chinare il capo, lui prese a raccontare: «Ero figlio di due tessitori. I miei erano molto conosciuti per i loro tappeti raffinati e per gli abiti che confezionavano. Avevano venduto anche qualcosa alla famiglia reale». Giocherellò con la benda al collo. «Avevo una sorella maggiore. Questa benda è sua, la usava per coprirsi gli occhi. Quando ero piccolo ci avventurammo insieme nel bosco vicino casa e incontrammo un malvivente. Tentò di rapirci, e mia sorella... mia sorella lottò, ma quell'uomo ribatté con un incantesimo d'acido. I nostri genitori sono arrivati in tempo per salvarci, ma lei era oramai stata accecata e aveva parte del volto sfregiata. Qualche anno dopo morì di malattia. Quanto ai miei...» tentennò, la gola ondeggiava come era successo a Yan poc'anzi.

Nathan aveva imparato che a quest'ultimo accadeva quando sentiva salire il pianto...

«Quando il mio tester si è spento,» proseguì James, «mio padre mi ha afferrato per le spalle, mi ha guardato e mi ha ordinato di ucciderlo.»

Skye sussultò, ma come gli altri tacque nello sgomento.

James invece soffiò come una bestia feroce. «"Uccidici, James, perché il re è folle e adora gli assassini. Adora tenere in vita gli assassini per i suoi giochi di morte. Non gli importerà se sei un "bestia", anzi lo attirerà di più. Uccidici e sopravvivi alla sua perversione, figliolo. Ricorda l'addestramento con la mamma, e lotta. Uccidici e vivi al posto nostro." E io lo fissavo senza capire...» raccontò disgustato. «Ha posato un coltello sul mio palmo e ha guidato lui stesso la mia mano affinché gli trapassassi il torace... E vedendolo morire... mia madre si è inginocchiata e ha allargato le braccia. Io ho cercato di scappare, ma lei... lei mi ha implorato... E alla fine l'ho ammazzata... Poi il re mi ha trovato, sui cadaveri dei miei genitori, ricoperto del loro sangue...»

James abbassò lo sguardo. Respirava affannosamente, quasi avesse appena combattuto. Sembrava anzi più stanco rispetto a quando terminava una delle sue lotte.

«Non volevo ucciderli...» mormorò fiacco. «Non capivo più cosa volessero... mi sembra quasi di aver avuto un incubo. Li odio per quel che mi hanno fatto fare...»

Tutto ciò che Nathan aveva pensato su James si era completamente ribaltato.

Non avrebbe mai immaginato una storia del genere. Un padre e una madre che chiedevano al proprio figlio di ucciderli...

Erano stati loro ad averlo fatto diventare così, e per fortuna che James aveva preservato comunque più di una goccia del suo lato umano e morale.

Adesso lui diceva di odiare i suoi genitori, ma non era del tutto vero, Nathan lo aveva percepito dal suo tono di voce: non avrebbe mai potuto odiarli veramente.

Skye si sporse per appoggiarsi sull'amico e Yan fece lo stesso, sdraiandoglisi di fronte e stringendolo con un braccio. Anche Owen andò a stendersi accanto a loro, poggiando la mano sulla spalla di James. Nathan si avvicinò e si sistemò contro quest'ultimo, mentre Xerxes gli si sdraiava dietro.

James aprì appena gli occhi. Nonostante la tristezza, non stava piangendo. Al contrario, sorrise: un sorriso vero, tenero, trasudante pura felicità. Un sorriso che gli rimase anche quando chiuse gli occhi.

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