Il Cimitero dei "Bestia"

Ci tengo ad avvisare che questo capitolo potrebbe disturbare i lettori più sensibili. La tematica è forte, non vi sono scene troppo scioccanti, ma si parla di ossa, bambini e scelte difficili, mi sembra giusto darvi almeno un'idea e prepararvi.

Anziché dividersi come di consueto in due gruppi, il mattino seguente i cinque rimasero insieme e seguirono Skye verso l'estremo est dell'Isola, dove non erano ancora stati.

Non esploravano mai posti nuovi senza di lei. Quando James aveva minacciato di farlo, la ragazza aveva avuto una specie di attacco isterico, talmente inquietante da costringere persino lui a darle retta.

«Hai costruito tu il Cimitero dei "Bestia"?» le domandò Xerxes.

James sbuffò sprezzante. «No, lo hanno costruito i draghi. Spolpavano tutti i "bestia" prima di noi, ma lasciavano le ossa intatte per poterle seppellire e rendere così omaggio alle loro prede succulente.»

«Taci» gli sibilarono contro tutti.
Sorpreso di averli scossi, lui si zittì, incupito.

Nathan camminava vicino a Skye, anche perché lei stringeva tanto forte la sua mano da rischiare di bloccargli la circolazione sanguigna.

«Cosa ti turba, Skye?» le chiese a bassa voce.

L'amica non era pimpante come al solito, anzi appariva pensierosa, triste, e ogni tanto gli riservava occhiate strane, come la sera precedente.
Rilasciò un sospiro e rispose: «In seguito alle nostre confidenze di ieri, trovo che sia crudele portarti in un cimitero...»

«I cimiteri non sono certo i miei luoghi preferiti, ma ammetto che hanno un loro lato tenero. È lì che si possono piangere i cari perduti, portando loro doni cosicché il posto appaia meno triste.»

Skye però saldò la stretta attorno alle sue dita. «Nathan, questo cimitero è diverso...»

Lui non fece domande, né lei spiegò oltre.

Infine gli alberi si spalancarono e il terreno cominciò a farsi grigio, più instabile, Nathan lo sentiva cedere sotto i piedi in scricchiolii sinistri.

Di fronte a loro, là dove la terra si opacizzava sempre più, si estendeva un campo ricoperto di mucchietti d'ossa sparsi ordinatamente. Erano insiemi magri, ciascuno non sarebbe bastato per ricostruire uno scheletro intero, alcuni neanche presentavano teschi. Al centro del campo, invece, si ergeva una collinetta di reliquie, abbastanza alta perché si potesse osservare l'intero cimitero dalla cima.

Rendendosi conto che quelli erano resti di persone, esseri umani, bambini o ragazzini come lui che oramai non c'erano più, Nathan fu colto dal batticuore e una sensazione di gelo lo pietrificò fin sotto la carne...

La mano di Skye si fece ancor più stretta mentre lui distoglieva lo sguardo, strizzando le palpebre.
«Mi dispiace...» sussurrò l'amica con voce rotta. «È orribile...»

Nathan scosse però la testa e si trattenne dal prendere un respiro profondo. C'era puzza di morte...

«Io... starò bene, dico sul serio» mormorò svelto, per far capire a Skye che non le portava rancore. «Allora, cosa volevi mostrarci di preciso?»

«Un momento.» James aveva sollevato la testa, chiuso gli occhi, e stava tirando forte su col naso. «C'è un animale quaggiù. Sembra quasi un grifone, ma ha qualcosa di diverso.»

Skye si guardò intorno. «Non è proprio un grifone. Fate attenzione, potrebbe...»

Mentre parlava, un'alta creatura atterrò loro dinnanzi, spalancò il becco e rilasciò uno strillo raccapricciante.

Per un attimo Nathan credette si trattasse davvero di un grifone, ma poi si rese conto che era più alto, oltre al fatto che gli arti posteriori non erano da leone, bensì da cavallo.

«Un ippogrifo!» urlò Xerxes.

L'ippogrifo s'impennò sugli zoccoli per scuotere i micidiali artigli su di loro.

I ragazzi si ritrassero, tranne James che gli sgusciò di lato e lo aggredì al fianco, gettandolo per terra a premergli le mani sul collo.

Quando l'ippogrifo sollevò una grinfia nella minaccia di graffiarlo, Yan accorse e gli afferrò entrambe le zampe. Così rischiò tuttavia la propria caviglia, allorché Xerxes dovette occuparsi del becco.

«Non fategli male!» gridò invece Skye. Intanto che accennava a James e a Xerxes di lasciare la presa, teneva ferma la testa dell'ippogrifo.

Loro titubarono, ma alla fine la ascoltarono e si spostarono sopra le ali.
L'ippogrifo però si liberò di Skye e fece schioccare il becco vicino alla sua spalla. Lei riuscì fortunatamente a sbatterlo di nuovo a terra, mentre l'animale lanciava ora un mugolio simile a un nitrito.

Fu allora che Nathan si scosse dallo sgomento e tornò ad avvicinarsi. «Buono! Non c'è bisogno di avere paura! Buono! Sssh...» Si allungò per afferrargli le piume del collo, poi cercò di calmare la voce e abbassarla gradualmente di tono: «Va tutto bene. Nessuno vuole farti del male. Buono. Sssh... Buono...»

L'ippogrifo sbuffò forte, ma stavolta si limitò a raspare gli artigli per terra e a lanciare brevi mugolii striduli. Almeno lasciò che Nathan posasse l'altra mano sulla sua nuca. A quel tocco sbuffò di nuovo, prima di aprire il becco come intenzionato a farlo scattare... invece lo richiuse e ansimò. I muscoli del corpo mal nutrito si tesero, ma infine si rilassarono.

Gli altri ragazzi gli si tolsero di dosso, dunque Nathan lo aiutò a rialzarsi.

Si trovava viso a becco con l'ibrido.

Questi chinò il capo per incrociare i suoi occhi, e il giovane gli accarezzò la guancia, fino alla testa, poi giù lungo il collo. «Bravo. Bravo così. Sei al sicuro.»

Certo che l'ippogrifo si fosse placato, Nathan, seguitando a mantenere una mano sul muso, si volse a guardare gli altri.

I compagni lo fissavano di rimando, impressionati.

Yan era l'unico a non essere sorpreso, al contrario appariva molto soddisfatto. «Cosa dicevo? Ha un'eccellente sinergia con gli equini. Anche coi mezzi-equini

Skye guardò l'ippogrifo. «Non devi attaccarli, Reaper. Sono miei amici. Amici» ripeté decisa, allargando le braccia verso di loro come a volerli abbracciare.

«Reaper?!» starnazzò Yan. «Come Il Mietitore?!»

Dal piumaggio castano e il becco bronzeo, Reaper non appariva fiero come Nathan si sarebbe aspettato da una simile creatura.

Non aveva mai incontrato un ippogrifo prima, ciononostante li aveva ascoltati descrivere come creature nobili, orgogliose e vanitose, spesso famigli dei sovrani. Non per altro re Kayne ne possedeva uno.

Non poteva tuttavia essere paragonato all'esemplare che adesso grattava il terreno di fronte a Nathan, con le sue piume tutte arruffate e sciupate; sopra lo zoccolo sinistro l'assenza di peluria lasciava scoperta la pelle rosea, e gli mancava un dito della zampa anteriore destra.

Skye fece loro un cenno, prima d'incamminarsi lungo il cimitero.

Al suo seguito, Nathan teneva il mento sollevato per non dover guardare le ossa accanto a cui passava, sebbene cercasse allo stesso tempo di roteare gli occhi verso l'alto pur di non fissare troppo la macabra collina...

Purtroppo era proprio quella la loro destinazione, sulla cui cima Reaper andò ad appollaiarsi, controllandoli dall'alto al basso come un terrificante tiranno... quasi lui avesse ucciso tutti questi "bestia"...

Come se non bastasse, il cielo grigio inviava una sfumatura di luce che rendeva l'ambiente più inquietante di quanto già non fosse.

Skye indicò in un breve e lento gesto le ossa che li circondavano. «Questi resti riescono ad annullare la magia.»

I ragazzi fissarono le reliquie dei "bestia" morti e purificati, senza riuscire a intendere.

Lei sembrò spazientirsi. «Le ossa dei "bestia" annullano la magia. Sono come dei talismani contro gli incantesimi.»

Xerxes si accucciò su un ginocchio per guardare meglio le spoglie alla base della collinetta. «Vuoi dire che noi "bestia" siamo immuni alla magia?»

«Questo è impossibile» ribatté Nathan. «I nostri genitori hanno sempre usato la magia su me e su Yan. L'ultima volta il signor Mowbray ci ha resi invisibili. Ricordi, amico?»

Questi si era incupito a sentir nominare il padre, ma si riscosse e rispose: «Ehm, sì, hai ragione... Però può darsi che soltanto le ossa dei "bestia" abbiano peculiarità che rendono nulla la magia. Dicci di più, Skye».

«Un giorno Tree doveva morire perché il suo tempo sull'Isola era scaduto, ma sapete cos'ha fatto? È venuto qui, si è ricoperto con queste ossa, e gli incantesimi non hanno avuto effetto su di lui! Gli altri animali usciti di testa per ucciderlo non sono riusciti a scovarlo! Infine la magia ha perduto potenza e Tree è stato sano e salvo. Ho assistito a tutto quanto.»

Nathan trattenne il respiro. «Sul serio? Dunque i genitori di Cloud potrebbero sfruttare lo stesso metodo.»

Lei alzò il mento. «I genitori di Cloud preferiscono lasciare spazio alla figlia e alla famiglia che avrà. Hanno già accettato il loro destino.»

James sbuffò e sembrò sul punto di commentare, ma Yan gli tirò un pizzicotto al gomito per frenarlo.

Non accortasi di niente, Skye indicò Reaper. «Ecco perché lui vive qui. Teme la morte, non è intenzionato ad abbandonare la vita, e ha posto qui il suo nido. Non se ne allontana mai, si ciba con i pochi topi che si aggirano nei dintorni. È sopravvissuto all'incantesimo mortale, ma ha paura possa ripetersi.»

«Ma così stai malissimo, amico mio» sussurrò Nathan all'ippogrifo.

Gli animali magici erano più intelligenti di quanto immaginassero, ma forse non abbastanza quanto i draghi per riflettere sul senso della vita e della morte, come ne erano invece capaci i genitori di Cloud.

Probabilmente il segreto delle ossa dei "bestia" era conosciuto da pochi sull'Isola, tra cui Reaper e la famiglia dell'azzurra dragonessa, e di certo non desideravano condividerlo con le altre creature del posto.

Lo scuro ippogrifo seguitava a fissarli, e Nathan incrociò il suo sguardo.

Quanti "bestia" avevano mangiato i suoi antenati?

Eppure non riusciva a essere troppo arrabbiato con gli abitanti dell'isola. Pur vantando un'intelligenza superiore, non erano esseri umani. Mangiavano, tutto qui...

Tuttavia proprio gli umani avevano fatto deportare quei giovani sull'Isola della Purga, cosicché venissero sbranati indecentemente.

Adesso il loro spirito era in Paradisus, ma quanto avevano sofferto?

"È veramente giusto? Come può esserlo? Quei piccoli non avevano scelto di nascere "bestia"..."

Alla fine, Xerxes ruppe il silenzio: «Perciò una parte del corpo dei "bestia" potrebbe essere immune alla magia? Per questo non la possediamo? A causa delle ossa?» Ora i suoi occhi grigi scintillavano eccitati. «È eccezionale! È una scoperta straordinaria! Un'arma che ci farà sicuramente comodo.»

«A‐arma?»

«Può rivelarsi una protezione, ma anche un'arma. Se riuscissimo a costruire strumenti con queste ossa, potremmo...»

«Ti rendi conto di cosa stai dicendo?!» sbraitò Nathan, fracassando del tutto il silenzio immobile che permeava il cimitero. Sopra di loro Reaper si agitò, ma il ragazzo continuò adirato: «Si tratta di resti di persone! Esseri umani! Gente come noi

«Io invece sono d'accordo con il principino.»

La dichiarazione di James li lasciò tutti di stucco.

E lui, come se niente fosse, s'infilò il mignolo a pulirsi un orecchio. «Siamo i primi a scoprire una cosa del genere, possiamo sfruttarla per difenderci. Pensate ai "bestia" che sono stati portati qui prima di noi e che sono morti in maniera così violenta. Se fuggiamo da quest'Isola e riusciamo a nasconderci da qualche parte, passando inosservati sotto il naso di tutti, sarebbe un bell'omaggio ai "bestia" ai quali non è stata data possibilità. Ritienila come una vendetta per loro, Nathan».

Nathan smise di tremare e alzò cauto lo sguardo sulla collinetta di ossa.

Tutti quei bambini come loro, mandati a morire senza che i responsabili ne provassero rimorso...

«Se non fosse stato per Skye, saremmo morti anche noi» aggiunse James. «Invece siamo vivi. Facciamo qualcosa per vendicare tutti i "bestia". E se proprio non possiamo uccidere i responsabili, prendiamoli per il culo.»

Nathan lo guardò sempre più perplesso. Era la prima volta che il compagno ammetteva una sua debolezza e attribuiva la propria salvezza a qualcun altro.

Xerxes raccolse lentamente un osso, probabilmente un femore, che carezzò con triste premura. «Sarebbe come se loro combattessero al nostro fianco.»

Nathan guardò Yan, il quale ricambiò col medesimo sguardo: non provava così tanto disgusto per l'idea, anzi sembrava appoggiare le parole degli amici.

E lui sentiva lo stesso, nonostante lo raccapricciasse il pensiero di tenere con sé ossa umane e sfruttarle addirittura come armi...

Non disse niente, fece semplicemente un cenno del capo, invece Yan annuì apertamente. Anche Skye sembrava d'accordo.

«È un vantaggio enorme per noi» mormorò allora il principe. «Non avrei sperato in niente del genere.»

«Dunque dovremo rifornirci di ossa» reitterò Yan, in tono pratico. Sul volto molto serio, gli occhi verdi fremevano solo per la determinazione. «E dovranno venire lavorate affinché possiamo usarle come armi. Anche come accessori: collane o bracciali.»

«Alle armi penso io» si offrì Skye. «Ho affilato molte ossa di drago, che sono più dure delle nostre. Non so quanto mi verranno bene degli accessori, ma farò del mio meglio.»

«Posso aiutarti» l'appoggiò James, con tono burbero per non lasciar intendere che voleva sentirsi parte delle operazioni. «Possiamo farlo mentre guardiamo Nathan cadere da Cloud.»

«Sì, ma dovremo scegliere le ossa giuste. Torniamo al mattino e selezioniamo le migliori. In ogni caso, alcune dovremo lasciarle a Reaper.» Finalmente Xerxes posò il femore e poterono tornare sui loro passi.

Nathan rimase indietro per accennare un saluto verso Reaper, ma così facendo inciampò su una delle pile di ossa.

Il cuore gli balzò fino all'ugola non appena vide cadere qualcosa di rotondo.

Quando si sporse ad afferrarlo, realizzò troppo tardi che cosa stava toccando. Sbatté le palpebre e guardò solo attraverso le ciglia, mentre lentamente voltava il piccolo teschio tra le dita...

Il giovane diede in un mugolio angosciato e premette la fronte contro quella una volta appartenuta a un bambino o a una bambina di non più di sei anni...

'Non può essere giusto...'

Nathan abbracciò il teschio, la minuscola testa feriva il suo petto tremolante.

«Nathan.»

Non si voltò, ma la mano di Yan sulla spalla lo confortò un poco.

«N-non può essere g-giusto...» singhiozzò ad alta voce, tenendo il piccolo teschio vicino al cuore. «N-non può, v-vero?»

Yan gli strusciò la schiena. «No... Non può... Avanti, Nate. Torniamo alla tana.»

Nathan posò il teschio sulla cima della pila d'ossa, poi si alzò lentamente e lasciò che Yan gli mettesse un braccio attorno alle spalle. «Q-q-queste avrebbero p-potuto e-essere le nostre o-ossa...»

«Va tutto bene, fratello.» L'amico lo guidò dai loro compagni. «Porteremo onore a tutti loro.»

«Piangi?»

Nathan sbatté le palpebre mentre guardava James.

Scandalizzato dalla sua insensibilità, era già pronto a rispondergli in malo modo, invece il giovane lottatore andò avanti a parlare: «Bravo. Piangi adesso e sii forte quando arriva il momento. Le lacrime non vendicano nessuno».

Ammutolito, Nathan guardò James marciare via, poi si voltò per lanciare un'occhiata al Cimitero, prima di caracollare dietro agli altri.

                                   *

Nonostante il lungo cammino, la prima cosa che Skye fece una volta raggiunta la tana fu togliersi gli stivali e allontanarsi al seguito di un fruscio provocato dallo zampettare di una preda.

James decise di seguirla, sforzandosi di imitare i suoi passi silenziosi.

Xerxes rimase fuori dal tronco, mentre Nathan e Yan si sistemavano tra i propri giacigli.

Quest'ultimo fece un largo sorriso. «A cosa starà pensando adesso Shirley Lucas?»

L'altro lo fissò esasperato. Oramai era abituato al fatto che Yan sembrasse leggergli nel pensiero: essere stretti amici da tanto tempo implicava il fatto che se uno pensava a qualcosa, l'altro poteva pensarla in contemporanea o comunque con poco periodo di distacco. E questo frangente ne era la prova.

Yan capì di averci azzeccato e sghignazzò gongolante. «Ci hai pensato? O i tuoi dolci pensieri sono rivolti stavolta verso qualcun'altra?»

Nathan arrossì profondamente, senza rispondere. "Ti ringrazio che vuoi distrarmi dal Cimitero, ma trova qualcosa di meglio!"

«Coraggio!» insistette l'amico, pizzicandogli le orecchie. «Sono assolutamente certo che non sei veramente arrabbiato con me. L'unico motivo per cui ti ho proposto nell'impresa col kelpie, è perché conosco bene le tue abilità!»

Nathan si girò viso a viso a parlargli a bassa voce: «Lo hai proposto apertamente davanti a tutti, senza prima consultarmi in separata sede».

«Ma sono nostri amici.»

«Beh, all'epoca non lo erano.»

Yan strabuzzò gli occhi, e il sorriso gli si spense all'improvviso. «Uhm, hai ragione. Mi dispiace, Nate. Sono stato pessimo...»

Nathan gli batté piano il pugno sulla fronte. «Su, non esagerare. È vero, non l'ho così tanto a male. In realtà, apprezzo il fatto che credi in me.»

Allora Yan tornò sciolto. «Ma certo. E poi, chi ti conosce meglio del sottoscritto?»

«Neanche io!»

Tornato allegro, il cadetto riacquistò il tono furbesco. «Dunque, stavamo parlando dei tuoi pensieri al rosa. Non fare quella faccia! I tuoi occhi non hanno mai brillato per Shirley come brillano per Skye. Suvvia, a me puoi parlarne! E comunque, ce ne siamo accorti tutti!»

Nathan era ormai paonazzo, avrebbe desiderato scavare una fossa dove sotterrarsi. «C-come mai t'interessa così tanto?»

Yan smise di ridere e si fece più gentile: «Su, parlami. Skye non è come Shirley, eh?»

Guardandolo negli occhi, Nathan sentì di potersi confidare con lui, e che anzi lo desiderava da molto. «Shirley era adorabile, educata, gentile, e mi piaceva parlare con lei. Skye...» il cuore batté forte a pronunciare il suo nome. «Skye possiede una bellezza e una grazia differenti. Non cammina con la schiena rigida, i suoi movimenti sono molto più veloci e il suo modo di parlare è schietto, a tono molto alto. Non rispetta il limite del tocco nonostante siamo di sesso opposto. I suoi vestiti sono strappati, eppure trovo che le stiano d'incanto. Si muove agilmente, sinuosa. I suoi capelli sono sempre nodosi, ma mi piace come le ricadono sul viso. E i suoi occhi sono così luminosi, così dolci. Ha un profumo buonissimo! Ed è tanto spontanea...» sussurrò con tenerezza. «Non si trattiene dal dire ciò che pensa, nei gesti, nelle risate e nei pianti. Le voglio bene come se la conoscessi da sempre, sento che con lei posso essere me stesso senza vergognarmi.»

Yan rimase in silenzio per tutto il tempo, con le braccia incrociate e gli occhi fissi sull'amico. Quando quello s'interruppe, lui annuì. «Dunque avevo ragione...» Si strinse nelle spalle e scosse piano la testa, con sguardo ambiguo.

«Tutto bene?»

«Oh, sì sì.» Yan si riscosse nel raddrizzare la testa, e scrollò le spalle in un gesto un po' troppo forzato. «Ehm, peccato che forse lei sia l'unica a non essersene accorta.»

«A-ah no?»

«Credo di no... Non lo so... Le donne sono strane, amico, non ci capisco granché. Bisogna fare attenzione con loro: scoppiano quando meno te lo aspetti. Forse dovresti chiedere a chi la conosce meglio», Yan accennò a Xerxes.

Nathan fece in tempo a cogliere la testa arruffata inclinata, prima che si raddrizzasse. Segno che il principe aveva origliato per tutto il tempo.

Gli si avvicinò e disse asciutto: «Xer, che mi dici di Skye?»

Quello rispose come se avesse sempre fatto parte della conversazione: «Skye è sempre stata una bambina ingenua, non comprende subito le ovvietà. Da piccola era romantica, e le volte in cui millantava di un principe azzurro, sognava che l'avrebbe viziata. Insomma, credo che preferirebbe che lui si facesse avanti. Perciò supera la tua timidezza, Nathan. In ogni caso, non credo tu debba cambiare il tuo modo di comportarti con lei».

«Sì, d-d'accordo...»

Il discorso cadde, dunque Yan cambiò argomento: «Ehi, Nate, fra due giorni è il tuo compleanno. Ne ho parlato già con gli altri. Sarebbe bello svagarci un po', eh?»

Nathan sbatté le palpebre. «Compleanno?»

«Sì, Nate. Tra due giorni è il 15 Taurus. Di solito hai una buona memoria.»

«Sai com'è, ultimamente non tengo conto dei giorni precisi. E comunque, cosa c'è da festeggiare? Si parla dei tredici anni! Il numero maledetto! Se lo celebriamo, avremo sfortuna per sempre! Io avrò sfortuna per sempre!»

Yan alzò gli occhi al cielo. «Tu e le tue credenze superstiziose! È un'idiozia, Nate. Il numero tredici non è maledetto.»

«Io so che è considerato il numero sfortunato» disse Xerxes. «Ma credo che nessuno si sia mai esentato dal celebrare il tredicesimo compleanno. Non ti facevo così chiuso di mente, Nathan. Deve essere una cosa da pastori.»

«Non sono chiuso di mente, Vostra Scemenza! Mia madre mi ha insegnato a ignorare i gatti neri, a non passare sotto alle scale, a non rovesciare il sale...»

«La signora Seller credeva a tutte le leggende, anche a quelle più assurde» ricordò Yan, in un sorriso malinconico. «Ma la sfortuna è una stupidaggine. Il signor Seller lo diceva sempre.»

«Mio padre era così terra-terra...» borbottò Nathan, bonario.

«Però ha visitato il mondo, perciò ne sapeva di più, no?»

Nathan fu sul punto di ricordare all'amico di come anche il signor Mowbray fosse parecchio superstizioso, ma riuscì a mordersi la lingua in tempo. Nominarlo era vietato di fronte a Yan: non voleva sentir parlare del padre, ogni volta si adombrava o si arrabbiava come non mai, prima di allontanarsi in tutta fretta.

D'altronde non poteva biasimarlo. Nathan stesso era rimasto deluso dal comportamento del padrino, per non dire scioccato...

Gli alberi frusciarono, e Skye ne uscì a mani vuote. Alle sue spalle invece, James trascinava per le orecchie una lepre morta, i denti seghettati del ragazzo erano messi in bella mostra da un sorriso radioso.

«Ci sono riuscito!» ruggì trionfante. «Finalmente una preda! Tutto da solo!»

«Non ha avuto bisogno del mio supporto» confermò Skye. «È stato bravissimo!»

Yan ricambiò i sorrisi. «Cerca di mantenere il buon umore anche per stasera. Non ho affatto voglia di sentirti lamentare.»

James non la prese a male, anzi rise più forte. Poi, sorprendendoli per la terza volta soltanto questa mattina, lanciò la lepre a Xerxes. «La lascio al principino. Proprio perché oggi mi sento buono.»

L'altro roteò gli occhi. «Ho capito: la lepre è malata, dunque mi avvelenerà.»
James rise ancor di più, per la prima volta a una battuta del compagno. «A tuo rischio e pericolo!»

«Ehi, ragazzi.» li chiamò Yan. «Nathan non vuole festeggiare i suoi tredici anni. Ha paura del numero tredici.»

«Oh no!» esclamò Skye. «E-e se Nathan avesse ragione? Il tredici è un numero sfortunato...»

«Skye, non lo appoggiare!»

«Il tester di Nathan si è spento prima dei tredici anni, giusto?» osservò Xerxes.

«Mi sento fortunato a essere ancora vivo» replicò il diretto interessato. «Non vorrei...»

«Ma va'!» James gli tirò i capelli. «Se non festeggi con noi, ti lego a testa in giù in cima alle cascate e ti sculaccio con un bastone! E sai che ne sono capace.»

In qualche modo confortato, Nathan riuscì a lasciarsi andare alle risate insieme agli amici.

                                   *

Alla sera scoppiò il temporale.

I naufraghi erano già rintanati sotto il tronco, a stringersi attorno al fuoco.

Erano stati scettici sulla decisione di Skye di accendere il falò nella tana, ma lei aveva spiegato che il legno magico che li copriva era ignifugo.

Stavano per addormentarsi, quando la tana venne scossa da un tremendo fragore proveniente dal cielo.

Tutti s'immobilizzarono, terrificati.
"Non può essere stato un tuono" pensò Nathan, tremante. "Era troppo strano per essere un tuono. Qualcosa non va..."

L'aria sembrò poi crepitare, e fuori dalla tana scorsero un sinistro baluginio di colori.

«No...» ansimò Skye, scattando in piedi. I riccioli già di per sé pregni di umidità si drizzarono ancor di più. «È stanotte...»

«D-di cosa parli?» la chiamò Yan. «Cosa succede stanotte?»

Lei non fece in tempo a rispondere, poiché da fuori udirono i rimbombi delle zampe di Cloud che calpestavano il fango. La dragonessa ansimava talmente forte che l'avvertirono anche sotto il rumore della pioggia battente.

«Cloud...» mormorò Skye, prima di strillare: «CLOUD FERMATI!» Si precipitò fuori, subito seguita dagli amici. La videro aggrapparsi al fianco della dragonessa e tentare invano di strattonarla.

Cloud sollevò il ventre come se non la sentisse. Gli occhi grigio-azzurri erano più spaventosi che mai, selvaggi come se avesse perduto il controllo.

Stavolta Nathan ebbe davvero l'impressione che volesse ammazzare qualcuno...

«CLOUD! NON ANDARE! RESTA FERMA QUI!» urlò ancora Skye, coi piedi penzoloni.

Invece la dragonessa alzò le ali per sollevarsi in volo.

Nathan non sapeva cosa stesse accadendo, però scattò in avanti e afferrò la punta della coda di Cloud, nel disperato tentativo di far peso per impedirle di volare via. Anche gli altri accorsero a fare lo stesso.

Purtroppo la dragonessa rimaneva molto più forte di loro. Riuscì a scrollarseli di dosso, così spiccò il volo investendoli con una folata di vento, tanto gelida da brinare le loro sopracciglia.

«NO!» gridò Skye tra i singhiozzi. «NON LO FARE! SONO I TUOI GENITORI! CLOUD! CLOUD!»

Poi la foresta parve come urlare, e i ragazzi fuggirono sotto al tronco.

«Skye...» ansimò Nathan, impaurito e infreddolito. «C-c-cosa sta succedendo?»

Lei si portò le mani alle orecchie. «L'incantesimo... ha colpito tutti gli animali, persino Cloud, e-e ora... ora andranno a uccidere uno dei suoi genitori... Ci andrà anche lei!»

Nathan rimase ammutolito, turbato.

L'evento che Skye aveva accennato quando si erano risvegliati sull'Isola, e che avevano rievocato proprio al mattino, stava avendo luogo.
Il padre o la madre di Cloud, colui o colei che aveva preso Skye sotto la propria protezione, stava per morire, e la figlia stessa avrebbe contribuito all'uccisione...

«Non lo sapevate?» James incrociò gli sguardi degli altri. Anche lui tremava. «Credevo fosse scontato che anche Cloud...»

«IO NON CI HO MAI PENSATO!» urlò Skye. «Non mi sono mai resa conto... Sono una stupida... Non so chi dei due morirà, ma riaccadrà presto con l'altro... Che stupida che sono... un'idiota... Non li ho neanche salutati per bene...»

Xerxes la scosse piano. «Cloud non lo sta facendo apposta. Tu lo sai che non è in sé in questo momento.»

«Ma non è giusto...»

«È vero, non è giusto» sussurrò Yan, scandalizzato. «Che razza di posto è questo? La gente crede che noi "bestia" siamo demoni, ma riguardo gli animali? Non saranno persone, ma ciò non dà il diritto ai maghi di trattarli in questo modo...»

«E io come posso andarmene?»

Sconvolto, Nathan abbassò lo sguardo su Skye.

«Come posso lasciare Cloud? Lei soffrirà per sempre per quanto farà stanotte... e poi un giorno toccherà a lei... Devo...»

«Skye.» James l'afferrò bruscamente per costringerla a sedersi. «Stai scherzando, vero? Ti rendi conto di cosa blateri? Rimanere sull'Isola della Purga...»

«Skye, lo sappiamo che vuoi bene a Cloud» disse cauto Yan. «Ma rimanere o no non farà differenza.»

«Qualsiasi posto sarà migliore in confronto a questo!»

«Skye, parli perché sei scioccata, mi auguro» brontolò Xerxes, all'apice della preoccupazione. «Sei intelligente, non puoi pensarla davvero così.»

Skye non rispose, rimase col viso nascosto tra i riccioli.

Col cuore che batteva sempre più forte, Nathan le afferrò la mano quasi a stritolarla. «E pensi che noi ce ne andremmo lasciandoti qui da sola? Il tuo posto non è qui, Skye.»

«Io non ho un posto dove stare!» strillò lei. «Io sono una "bestia", non c'è niente che mi aspetti là fuori, a parte la morte!»

«Un posto c'è!» si ostinò Yan. «C'è per forza! Me lo sento!»

«Possiamo crearcelo da soli» rincarò Nathan. «P-possiamo, Skye. Troveremo il nostro posto, e nessuno ce lo porterà mai più via.»

Skye sollevò gli occhi lacrimanti su di lui, e rimasero a lungo a fissarsi.

«Ti prego...» Nathan si sentiva a sua volta sul punto di piangere per la disperazione, «ti prego, di' che vuoi lasciare l'Isola...» "Se lei non se ne va, io non posso abbandonarla..."

La giovane si passò una mano sugli occhi. «E C-Cloud?»

«Cloud è un animale.» James la scrollò ancora. «Lo so che tieni a lei, ma è un animale. Tu invece sei umana, e meriti di più. Questa è una prigione, Skye, e io voglio trovare la mia libertà ora che so di avere una possibilità. E devi trovarla anche tu. Qui non sarai mai libera.»

Skye tornò in posizione fetale, tirò su col naso... infine mormorò: «Avete ragione.»

I ragazzi rilasciarono sospiri lieti, Nathan quasi si sentì svenire per il sollievo.

«Non posso rimanere qui» proseguì lei. «Non posso. Anch'io voglio essere libera. In questi tre anni non ho mai sperato in niente. Adesso invece ci riesco... e non voglio rinunciare.»

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