Gli Scogli delle Sirene

«Non ci credo...» Yan parlò per primo, dopo tanto di quel tempo che Nathan quasi si era dimenticato della sua presenza.

Si girò a guardarlo. L'Isola della Purga era ormai lontana, ma riusciva ancora a scorgere il verde degli alberi.

«Siamo davvero...» tornò a sussurrare Yan,  «fuggiti dall'Isola della Purga.»

«Aspetta a gioire» lo redarguì Xerxes, dalla prua della scialuppa. «Ancora non sappiamo se riusciremo a raggiungere il regno.»

James alzò gli occhi al cielo. «Principino, ci farebbe davvero bene un po' di ottimismo, non trovi?»

«Non sono il capo della squadra con il dovere di mantenere alto il morale» ribatté Xerxes. Al silenzio che lo seguì, si volse e tentò un sorrisetto. «O forse lo sono?»

Nathan e Yan sghignazzarono, soprattutto quando James aprì e chiuse la bocca svariate volte senza riuscire a trovare la battuta giusta.

«Piantatela!» ringhiò loro contro. «Piuttosto, stiamo andando nella direzione giusta?»

Nathan annuì. «Controlla il sole.»

«Il sole è proprio sopra la mia testa, non riesco più a capire come orientarmi.»

«Non ti preoccupare, stiamo andando verso nord-est. Ho verificato prima.»

Si alzò per sistemare la vela, di cui si stava occupando da quando erano partiti. L'idea iniziale era stata che se ne preoccupasse Skye, ma lei rimaneva ancora a fissare l'Isola sempre più distante.

La sentì tirare su col naso...

«Skye...»

La giovane sollevò la mano per strusciarsi il viso... e lanciò una risata. «Non mi sembra possibile... Sono davvero fuori dall'Isola della Purga...» Si girò a guardarli e, seppur piangendo, sorrise con tantissimo affetto.

Nathan ricambiò il sorriso, così come gli altri.

                                    *

Il cielo era limpido, la brezza soffiava piacevole e i gabbiani si tuffavano in picchiata per arraffare il pesce.

L'Isola della Purga era oramai un puntino in lontananza.

Nonostante tutto, Nathan non poteva negare di sentirsi sotto pressione. Continuava a chiedersi come loro cinque, ragazzini oltretutto privi di poteri magici, potessero sfidare il volere degli dèi sperando addirittura di vincere...

«Skye, sei sicura che queste foglie terranno lontani gli animali marini?» mugghiò Yan, alquanto teso.

«Non temere. Hai visto come i serpenti marini e i draghi acquatici storcevano il naso?»

«Sì, ma non ci stavano alla larga...»

«Te l'ho già spiegato: alcune creature sono più resistenti in quanto a olfatto. Ma la maggior parte degli animali del mare detesta queste foglie, te lo assicuro. Oh, non fare quella faccia! Non dico che i mostri non si avvicineranno, ma riusciremo a distrarli grazie a queste mantelle! Fidati di me!»

Yan non era ancora convinto.

Nathan aveva invece imparato a fidarsi dell'amica, perciò gli fece cenno di placarsi.

Gli squali rappresentavano il minore dei problemi, Yan disse che sarebbe bastato un colpo sul naso per scacciarli.

E così fu: quando vennero circondati da tre esemplari, il ragazzo sollevò il remo e lo mosse abilmente, riuscendo a colpirli tutti. Quei temibili predatori batterono in ritirata molto presto.

Una volta videro però spuntare la grossa pinna di un mostro marino. Prima che Nathan potesse anche solo pensare a come agire, Skye afferrò il telo di foglie gialle e lo immerse in acqua. Allora lo sollevò e cominciò a scuoterlo in direzione della creatura. Le gocce volanti sembravano aver assorbito il colore delle foglie e ricaddero proprio presso il mostro, che da sotto la superficie emise un mugolio strano e s'inabissò finché la sua minaccia non scomparve.

«Visto?» cinguettò Skye. «Da bagnate, queste foglie devono essere ancor più puzzolenti. È quasi un peccato non sentirne la puzza, vero?»

Nathan non seppe come rispondere, era soltanto felice di essere riuscito a scamparla.

Persino Yan si acquietò, adesso più fiducioso riguardo le strane foglie inodori e addirittura incuriosito dal tipo di pesce gigante che erano stati vicini a incontrare.

La serenità scemò nuovamente quando vennero intercettati da un banco di cinque maledetti serpenti marini. Stavolta dovettero sacrificare la carne che avevano a disposizione.

«Non avremmo comunque potuto mangiarla senza poter accendere un fuoco» disse Xerxes, remando più in fretta mentre le belve si accontentavano dei brandelli sanguinolenti.

«Allora perché ce l'hai fatta portare?» ringhiò James, che al contrario si era imbufalito per la perdita.

«In caso si presentasse un inconveniente come questo, no? Non avrai il coraggio di brontolare anche adesso, mi auguro.»

James tremolò, pur senza smettere di remare. «Un pesce gigante se la svigna di fronte a quelle foglie, mentre degli stupidi serpentelli resistono bellamente.»

«Credo c'entri il fatto che sono imparentati coi draghi, dunque condividono l'olfatto resistente a...»

«Yan, non m'interessa! Chiudi il becco!»

Quando la notte calò e cominciò a far più freddo, si strinsero l'uno all'altro per scaldarsi.

L'Isola della Purga era quasi invisibile alle loro spalle, e nel buio a malapena riuscivano a scorgere le coste del regno.

Erano soli, in mezzo al mare, in mezzo al nulla...

Come aveva previsto Cloud, il vento spirava zelante, facendo scivolare l'imbarcazione nella direzione giusta.

Si accoccolarono sotto le pellicce, che procurarono tanto sollievo quanto la vicinanza dei corpi.

Seppur a piedi nudi e con solo la stramba mantella addosso, James era l'unico a non essersi unito all'assembramento. Aveva preso il posto di Xerxes in cima alla barca, e continuava a remare sulla sinistra; il principe invece, trasferitosi a poppa, sulla destra.

Le sue caviglie erano bloccate dai compagni che vi si erano sistemati contro.

Skye e Yan stavano già dormendo, avrebbero remato più tardi.

Nathan, al contrario, non riusciva ancora a prendere sonno, per questo si tirò a sedere e per tenersi impegnato sistemò la vela gonfia, prima di guardarsi intorno.

Il mare scintillava argenteo sotto la luce della luna e delle stelle, più luminose che mai. La melodia delle onde cullava la barca e ricordava una ninnananna, su cui però Nathan non riusciva a concentrarsi.

Sperduto in mezzo al mare, in un elemento a cui non aveva mai sentito di appartenere, si sentì incredibilmente insignificante, un minuscolo puntino invisibile non soltanto al regno di Egaelith, ma a tutta Pure...

Quelle poche persone che lo avevano conosciuto credevano adesso che fosse morto...

Alzò lo sguardo alle stelle, per sincerarsi che stessero ancora viaggiando un poco a destra rispetto alla Gemma del Nord.

Una volta suo padre gli aveva detto che le stelle erano in realtà gli spiriti delle persone buone decedute, ecco perché si posizionavano in modo tale da guidare i vivi. Nathan era certo, dunque, che i suoi genitori fossero lassù, a guardarlo.

Potevano vegliare su di lui anche se gli dèi non volevano?

«Secondo te gli dèi ci stanno proteggendo?» sussurrò a Xerxes.

Il principe alzò a sua volta lo sguardo. «Perché dovrebbero? Ci hanno creati affinché avessimo il libero arbitrio: dobbiamo agire come riteniamo opportuno, a modo nostro. Se gli dèi ci proteggessero, che libertà avremmo noi? Perché alcune persone devono essere benedette e altre no? Persino i sacerdoti non sono protetti, parlano soltanto a nome delle divinità.»

Nathan si sentì rabbrividire. «La pensi in questo modo? Ricordo che... quando parlavi a tuo padre, gli hai nominato la volontà degli dèi e...»

Xerxes fece un tetro sorriso. «Già, stavo tentando di manipolarlo. Un po' meschino da parte mia, giocare sulla religione...»

«E il fatto che noi siamo "bestia"? Non lo abbiamo scelto.»

«Ma è la conseguenza di un'azione dei nostri antenati, che si sono uniti ai "bestia". Sono i mortali a influenzarsi a vicenda, gli dèi non intervengono. La vita è questa: si fa un'azione e se ne paga le conseguenze, e le pagano pure gli altri, anche a distanza di anni. Mia madre mi ripeteva che gli intrecci del tempo sono molto complicati, ma che passato, presente e futuro sono sempre legati.»

«Anche mia madre diceva una cosa simile.»

Abbassarono lo sguardo su James, sorpresi nel sentirlo nominare uno dei genitori.

Non si voltò a guardarli mentre parlava in tono strascicato: «Mia madre diceva che il battito d'ali di una farfalla può provocare un uragano al lato opposto del mondo. Non so se sia vero, però mio padre mi spiegò che era una metafora: cioè a ogni azione corrisponde una conseguenza verso se stessi e verso gli altri, anche se così distanti nello spazio».

Nathan e Xerxes si scambiarono uno sguardo.

«Dunque anche tu credi che gli dèi non abbiano bisogno di proteggerci?» chiese il primo.

Allora James sbuffò forte. «Se gli dèi esistessero, non si preoccuperebbero di lasciarci la libertà, ma ci comanderebbero a loro piacimento.»

«Quindi tu non credi agli dèi?» si stupì Nathan. «E come credi che siamo venuti al mondo?»

«Veniamo generati tramite il coito, ecco quanto. Se invece intendi tutte le creature viventi, che ne so. Chissà, forse una volta i draghi erano minuscole lucertole con le ali, poi un bel giorno sono state ingigantite da un qualche incantesimo.»

«Ma tu credi che noi siamo demoni...»

«Io credo che siamo contro natura, per questo la gente ha paura di noi e ci vorrebbe morti. Ma non è certo una scusa valida per dar loro retta. Non rinuncerò mai alla mia vita. Mai.»

Nathan non rispose, e tornò a fissare le stelle.

Lui credeva agli dèi, e doveva ammettere che il pensiero di Xerxes aveva un suo lato confortante: secondo l'amico, le divinità non potevano far loro del male, anche se erano "bestia".

Però allo stesso tempo Nathan si sentì rabbrividire all'idea che le creature mortali fossero lasciate a loro stesse, senza la guida dei potenti Creatori che tutto sapevano...

Non riteneva possibile che le Entità Divine li abbandonassero, senza mai rispondere alle preghiere...

No, in qualche modo intervenivano a influenzare il mondo, non voleva perdere questa convinzione.

Se proprio crederlo significava rinunciare a parte della propria libertà, allora gli stava bene, purché il mondo non venisse abbandonato alla crudeltà.

"Io sono crudele a lottare per rimanere in vita?" pensò poi.

Più che a se stesso, pensava ai compagni. Non voleva che gli dèi li punissero...

"Potreste prendere solo me, in caso vorreste intervenire..." pensò. "Sì, prendete me, vi prego. Prendetemi in sacrificio e purificate loro senza ucciderli."

Nathan quasi aspettò che una luce celestiale calasse dal cielo per portare via il suo spirito...

Ma ciò non accadde.

Lui era ancora vivo, su quella barca in mezzo al mare notturno, con i suoi amici.

"Se siamo uno sbaglio, perché gli dèi ci hanno permesso di rimanere in vita? C'è qualcosa di più? O forse Xerxes ha ragione e loro non intervengono mai? Ma come può il mondo avere una minima speranza senza le Entità Superiori? I mortali sono perduti senza una guida divina, persino i sacerdoti possono rivelarsi subdoli... Abbiamo bisogno di qualcuno che ci indichi sempre la retta via."

Pensò ai suoi genitori, a tutti gli insegnamenti che gli avevano lasciato.
La dolce voce di sua madre gli accarezzò le orecchie, la morbida nenia gli fece calare le palpebre. E sentì anche stringersi dalle braccia muscolose del papà, dure ma delicate. Il suo vocione sovrastava il canto della moglie mentre raccontava a Nathan le storie dei suoi vagabondaggi.

Aveva viaggiato a Sud, a Est, a Nord.
Aveva visitato deserti, praterie sconfinate, foreste spettrali e montagne innevate. Aveva esplorato rovine e ammirato idoli spettacolari, aveva scoperto tante località magiche, i cui nomi risuonarono nella mente del figlio...

"Un Labirinto per incontrare gli spiriti, una Grotta di Diamante, un Ponte di Farfalle, una Fonte per acquistare dei territori, un Albero..." Sbatté le palpebre a ripensare a una di quelle storie. "Una Fonte..."

Una Fonte per chi cercava un luogo dove abitare, una Fonte magica che permettesse di acquistare dei territori per il resto della propria vita...

"Papà..." Nathan sentì sprizzare la gioia da tutti i pori. "Grazie, papà!" e sorrise, fissando le stelle.

Non disse niente ai compagni, doveva prima riflettere bene.

Con il cuore speranzoso ma con la stanchezza che si faceva sentire, riuscì a concentrarsi sul canto delle onde e sul ricordo della voce della madre. Si sdraiò tra Yan e Skye e, confortato dalla loro vicinanza, si addormentò.

                                    *

Avevano terminato da poco il pranzo quando avvistarono le prime avvisaglie di un temporale: nuvole scure quanto quelle che li avevano accompagnati alla prima attraversata in mare si dirigevano verso ovest, incontro alla piccola ciurma.

«Sono ancora lontane» assicurò Skye. «Non saranno qui prima del tardo pomeriggio, e la costa non è più molto distante.»

Purtroppo quel giorno il vento soffiava contro di loro, avevano dovuto abbassare la vela per impedire di venir rispediti indietro, e tutti e quattro i ragazzi si erano impegnati a remare. A Nathan facevano un male cane le braccia, considerando anche tutti gli sforzi del giorno precedente.

Non faceva altro che tenere d'occhio i quattro alti scogli che si protendevano dal mare come corna di drago. Erano quelli, gli Scogli delle Sirene, ed erano vicini.

«Quando dovremo cominciare a tapparci occhi e orecchie?» balbettò, spaventato all'idea di veder spuntare all'improvviso una sirena.

Xerxes si sporse per controllare gli scogli e la costa ancora oltre, così indicò un punto nel mare dove spuntava una roccia sottile e triangolare. «Vedete quello scoglio somigliante alla pinna di uno squalo? Non appena lo superiamo, dovremo iniziare a proteggerci. Gli Scogli delle Sirene sono circondati da quattro rocce triangolari come quella, me ne parlò mia madre.»

Skye recuperò il muschio e le bende di foglie per passarle ai quattro amici.

Una volta superata la roccia a forma di pinna di squalo, il cuore di Nathan prese a tamburellare. Con impeto legò la benda sugli occhi, prima di ficcare malamente il muschio nelle orecchie.

Imprecò e fece per liberarsi la vista, quando percepì un dolce tocco sulle dita.

«Nathan» gli sussurrò Skye.

Il suo profumo di pioggia gli sfiorò le guance, si sentì rabbrividire per il piacere mentre lei gli aggiustava la benda.

«Quante dita sono queste?»

«Ehm, non riesco a vedere...»

«Tu tenta.»

«Mmm, tre?»

«No, ti stavo solo facendo la linguaccia. Bene, la benda funziona.»

«Io non ti dico quante dita ti stavo facendo vedere, Nate. Né quale» lo prese in giro James. «Ehi, le sirene non si avvicinano a toccare, vero?»

«Ci sono state soltanto due testimonianze di rapimento» rispose Yan. «Le due donne alle quali sono stati sottratti i mariti non hanno parlato di tocchi, anzi hanno dichiarato che sono stati proprio gli uomini a tuffarsi per raggiungere le sirene.»

«Beh, non preoccupatevi. In caso si azzardino a sfiorarvi, calo i remi sui loro nasi. Oh, ma mettete caso il canto dovesse funzionare, i-io che faccio?» mugolò Skye. «Come vi... ehm... disipnotizzo?»

«Pizzicaci o prendici a ceffoni.»

«Ehi, avvisami se Xerxes viene incantato» fece James. «Lo picchierò volentieri.»

Skye tornò da Nathan per applicargli il muschio nelle orecchie e il ragazzo alzò le mani per cercare le sue.

James aveva ragione, a occhi chiusi tutti gli altri sensi aumentavano di potenza: riusciva a percepire meglio il profumo dell'amica, e le sue mani sembravano più lisce e morbide, nonostante i calli.

«Prometti che se farò il tuo nome, tu ti farai sentire?» sussurrò.

La mano di Skye andò a solleticargli il collo. «Io sono qui, Nathan. Non vado da nessuna parte senza voi quattro.»

"Già... Senza noi quattro..." pensò lui, deluso.

Comunque sia più tranquillo, lasciò che gli sistemasse il muschio. Fu una sensazione alquanto spiacevole, avere l'udito bloccato da una cosa così appiccicaticcia. Era sicuro che gli ci sarebbero volute settimane prima di riavere le orecchie del tutto pulite.

In ogni caso non si lamentò, perché non appena Skye ebbe terminato il lavoro, i suoni si fecero tanto ovattati da essere quasi inudibili.

Era dunque così che si sentivano i ciechi e i sordi, se non peggio...

Skye gli sollevò il cappuccio di foglie sulla testa, e Nathan se lo sistemò affinché il viso fosse ben coperto.

Non aveva idea di quanto si fossero avvicinati agli Scogli delle Sirene, né se le donne-pesce fossero uscite allo scoperto per cominciare la loro canzone...

Improvvisamente avvertì un odore molto particolare: ricordava il salmastro, ma con una nota molto più delicata e dolce...

Era tanto inebriante che avrebbe voluto seguirne la scia per cercare colei che emanava un profumo così superlativo...

Qualcosa borbottava al di là del muschio, ma era il borbottio più grazioso che lui avesse mai udito...

Piegò un poco le ginocchia per alzarsi, quando sentì stringersi la spalla.

Era la mano di Skye, il suo aroma gli inondò l'anima quasi inibendo l'altro più misterioso.

Nathan tornò seduto, percependo l'amica allungarsi alle sue spalle. Forse anche Yan aveva tentato di alzarsi.

Senza vista e con l'udito minimizzato, il potere ipnotico non era abbastanza forte da ottenebrare la razionalità dei ragazzi.

O almeno quella di Nathan.

I suoi amici erano altrettanto resistenti?

Si sporse alla loro ricerca. Avvertì Yan sussultare, ma un attimo dopo ricambiare la presa. Xerxes posò invece le dita sul suo polso.

Nathan riusciva a malapena a udire il suono del proprio respiro, e cercava di inspirare il meno possibile, per paura di venire ipnotizzato dal profumo.

Percepiva il dondolio della barca, gli sembrava che stesse continuando a muoversi in avanti.

Però non sapeva dove fosse James...

«Skye...» sussurrò.

Percepì di nuovo la stretta dell'amica e si rilassò.

Avrebbe voluto chiederle come stavano andando le cose, addirittura era tentato di domandare come fossero le sirene. Sapeva tuttavia che non sarebbe servito a niente, dato che non poteva ascoltare le risposte.

Improvvisamente sentì la barca scuotersi e le braccia vennero colpite dagli schizzi d'acqua.

"Qualcuno si è tuffato!" «Skye!» gridò.

Sollevò la mani per togliere la benda, ma qualcuno gli tirò uno schiaffo proprio sulla fronte, allora capì che doveva rimanere fermo.

Skye avrebbe risolto la situazione. Presto avrebbero sentito la barca dondolare di nuovo mentre lei riportava a bordo lo sperduto.

Yan era ancora stretto a Nathan e Xerxes si era voltato per cercarli, perciò era James a essere in pericolo...

«Skye?» chiamò, ma stavolta non sentì il suo tocco.

Tremò forte.

James era nei guai...

E se le sirene avessero attaccato Skye? Lei sarebbe stata in grado di difendersi contro tutte loro?

Qualcuno strillò oltre il muschio.

"Devo aiutarli!"

Nathan si mosse per alzarsi e si protese di lato agitando le braccia, nel tentativo di cercare qualcuno, che fosse James, Skye o una sirena da scacciare.

Il suo polso venne afferrato.

Non da una mano, ma da una zampa!

Nathan percepì la bizzarra ruvidità e le sottili dita da rapace.

Tentò di ritrarsi, ma la zampa artigliata lo strattonò e lui perse l'equilibrio.

Neanche il tempo di rendersene conto, che venne sbalzato in acqua.

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