17) Re'ema - 2 -

9 mo'hg Ahkoth 1842 – luogo imprecisato

Aprì gli occhi ancora stordita mentre il cielo e le nuvole correvano veloci sopra di lei. Un leggero dondolio la scuoteva e un rimbombo continuo, simile al ronzio di un alveare in un cunicolo, le fece riprendere coscienza. Tirò su il suo busto prosperoso per avere un po' di chiarezza, ma si ritrovò a essere ancora più confusa: sorretta da un ammasso caotico e familiare di pellicce brune dall'odore muschiato, navigava su una strana presenza meccanica negli avvallamenti della prateria.

Riconobbe le paratie laterali del carro che la stava trasportando, ma non riconobbe il materiale; era quasi sicura si trattasse di ferro, anche se risultava più lucido e dal rumore, provocato dai pochi urti, più squillante.

Re'ema si accorse di indossare dei bracciali e dei gambali insoliti e venne ipnotizzata dalla loro estetica conturbante, che fondeva elementi curvilinei con zone squadrate.

Il vello che le solleticava le zampe attivò delle immagini intermittenti di bisonti a terra, intontiti da un boato, e di figure aliene rovistare tra gli animali svenuti.

Sentì delle voci dal suono sconosciuto e una resh be'th si palesò da un pannello a scorrimento. Il sorriso con cui la donna leopardo davanti a lei si presentò la irritò molto più della mancata comprensione. Le braccia conserte e la coda arrotolata in vita enfatizzarono il contrasto della tuta bicolore che indossava; i drappi leggeri e i capelli corvini si agitavano al vento della corsa e la sua espressione sembrava curiosa di conoscere la storia di Re'ema.

Di getto, la bisonte si scagliò contro la resh be'th estranea, sicura che fosse responsabile del suo rapimento e della tosatura delle sue affinità. Appena mosse il primo passo incerto, scivolò sulle pellicce e una strana forza proveniente dalle braccia la trattenne e la raggomitolò. Il magnetismo degli accessori era stato attivato e lei non poté che soccombere a quell'attrazione che la lasciò a terra incapace di muoversi.

Mentre opponeva un'inutile resistenza, la leopardo le si avvicinò e tirò fuori da una tasca una pietra nera perfettamente levigata, fece uno scatto con le dita e la aprì a metà estraendo una piccola gemma ovoidale.

Emetteva una luce intermittente e Re'ema sgranò gli occhi terrorizzata e affascinata al tempo stesso; la donna la inserì nel proprio orecchio e tentò di ripetere l'operazione applicando una seconda gemma alla bisonte. L'istinto le urlò di dimenare la testa e sfruttare le corna per allontanare quella mano sconosciuta. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, la leopardo superò le sue difese bloccandole la faccia tra i numerosi manti bovini e, accompagnata da grida disperate che volevano fuggire da una probabile tortura, inserì il dispositivo nell'orecchio di Re'ema.

L'ansia che all'interno di quella pietruzza ci fosse un liquido, o peggio, un insetto si acquietò per far posto all'attesa di sapere cosa le avesse applicato.

Un fischio lontano sembrò accordarsi nel suo timpano e poi il silenzio. La resh be'th leopardo sorrise gentile, allentò la pressione sul suo viso e avvicinò il cofanetto delle finte pietre a Re'ema; la paura rimase vigile nell'ombra.

"Dyrsp" le disse, ma la bisonte cercò di ritrarsi.

Aveva chiaramente udito la voce della sconosciuta nel suo orecchio e una parte di lei fu meravigliata per quella che considerò una magia incredibile.

La donna ripeté quella parola e la sua mano svolse una coreografia universale invitando Re'ema a parlare.

"Chi sei?" domandò l'hakshiana accomodandosi su una paratia.

La leopardo mantenne gli occhi fissi sul cofanetto e degnò Re'ema solo dell'attenzione necessaria a comunicarle con i gesti di proseguire.

"Ho chiesto chi sei." Sentì il fischio nella gemma schizzare per poi svanire.

"Perfetto, dovremmo esserci. Vieni da Haksh, esatto? Come ti chiami?"

Re'ema rimase bloccata nella sua incredulità: quella leopardo stava parlando una lingua a lei ignota, ma nella sua mente suonava familiare e rassicurante. Nella dissonanza tra ciò che reputava possibile e ciò che andava oltre ogni comprensione logica riuscì solo a pronunciare il suo nome strascicato.

"Ciao, Re'ema. Io sono Rasne e scusa per i modi con cui..."

"Cosa avete fatto ai bisonti?" chiese atona mentre le vallate della prateria venivano mangiate tra i sobbalzi delle ruote.

Con un verso d'assenso la leopardo mostrò d'aver compreso la situazione e allentò due bottoni che chiudevano il suo vestito sul dorso della spalla. Espose il lembo interno del tessuto e Re'ema notò come fosse rivestito di un'imbottitura di peli lavorati.

"Io e il mio collega siamo dei semplici allevatori e..."

"A Haksh gli allevatori trattano il bestiame in maniera differente" ribatté la ragazza indispettita come se fosse stata offesa personalmente.

Nel ge'th erano stati addomesticati molti animali, ma non si era mai interessata al disagio che avrebbe potuto provare un resh be'th con quelle affinità. Aveva sempre reputato la faccenda nel normale ordine delle cose, ma l'immagine del suo stesso tipo di pelo sparso sul carro, come il grano o la lana, e la sua applicazione su un vestiario straniero l'aveva scossa nella sua identità di resh be'th. Si disse che avrebbe tollerato un uso così eccentrico del proprio vello ancestrale, se solo i metodi di ottenimento fossero stati più delicati e rispettosi.

Ripensò a me e al modo in cui la torturai, si sentì invadere da un moto d'ira e di riscossa, voleva intervenire e liberarsi di quel vecchio peso salvando dei nuovi animali.

Iniziò a strofinare tra loro i bracciali magnetici e tentò di separarli. Odiava la resh be'th davanti a lei e odiava me; ci fuse in un solo essere e si diede lo sprone per oltrepassare i suoi limiti.

La muscolatura dovuta alla costituzione bovina si contrasse per convogliare il massimo delle energie, la rivalsa divenne orgoglio e, con un ultimo sforzo, riuscì a far vacillare il legame magnetico.

"Opham, si sta liberando!" gridò preoccupata Rasne dietro di sé, in direzione di una cabina rimasta nascosta. "Aumenta l'attrazione di 0,1."

Il misero incremento spazzò via ogni convinzione di Re'ema e, più del desiderio di slegarsi, spezzò la sua dignità. Sfogò la sua rabbia battendo la testa sul bordo del carro, incidendo delle lievi bozze sul metallo con le corna. Ancora e ancora.

"Non abbiamo fatto alcun male ai bisonti, quando torneremo dalla mandria capirai."

Re'ema non ascoltò nemmeno, sentirla parlare la irritò al punto da tentare delle scosse improvvise con il capo per far cadere la gemma; scivolò anche lei vinta dalla congiunzione della spinta e di un avvallamento nel percorso.

Si lasciò andare a un pianto nervoso e i pensieri sul suo destino di probabile prigioniera e sulle condizioni delle affinità la travolsero come una valanga. Aveva assaporato la gioia della libertà ed era stata scaraventata nell'abisso dell'impotenza; si chiese se avesse mai rivisto i suoi amici. La resh be'th leopardo cercò più volte di calmarla, ma si rivelò inutile; Re'ema si era isolata da tutto.

Il carro si fermò e riuscì a metterla in allerta.

Delle sbuffate indistinte su un terreno polveroso le indicarono la presenza di una grande mandria; si tirò su e sporse il viso fuori dal rimorchio. Riconobbe l'immagine che aveva avuto prima di svenire: la vallata, i bisonti al pascolo, il suo piccolo rifugio lontano ma intatto.

Fu sorpresa nel constatare come la spregevolezza gettata su quella resh be'th fosse scivolata via, smentita dalla docilità con cui quegli esemplari sostavano e interagivano tra loro. Vagavano all'interno di una grande conchiglia trasparente e non tutti erano stati tosati.

Si sentì leggera nel vedere che stessero bene.

Rasne le sorrise in cerca di fiducia e con la minuscola pietra in mano; la stretta intorno alle braccia e alle caviglie si allentò fino a svanire e la gemma tornò al suo posto.

"Una di loro ci ha sorpresi, dovevamo prendere necessariamente alcuni strumenti."

In silenzio, scettica e felice Re'ema seguì la leopardo e l'altro resh be'th, appena sbucato fuori dalla cabina, che dava l'idea di sapere il fatto suo.

Svolazzava con le sue ali da allodola, ma il corto piumaggio dei capelli restava ritto e teso come la sua espressione. Rasne le spiegò tutto e del miracolo a cui avrebbero assistito.

Un sottile velo si adagiò sul volto di Re'ema e si sfaldò al suo passaggio; si pulì le guance e le corna convinta di aver distrutto una ragnatela, ma venne interrotta dalle risate dell'allevatrice.

La bisonte non avvertì più il fresco ostile e naturale, fu accolta da un lieve tepore pervasivo: le sembrò di essere entrata in una casa.

"Questa è una piccola Bozanj, vero?" chiese pur conoscendo la risposta.

Thoeri si era sentito costretto a dover spiegare alla sua classe il funzionamento di quella tecnologia, ma aveva un rifiuto mal celato per le sue conseguenze. Re'ema ricordò che fu un lungo sproloquio sull'onnipotenza rubata dei resh be'th, ma lei non ci aveva visto nulla di negativo e confermò la sua idea.

Rasne fu entusiasta per quella conoscenza, si mise a camminare all'indietro e mostrò all'hakshiana tutta la sua passione per la pastorizia e l'amore verso i capi che gestiva. Parlò dell'allevamento naturale, di mandrie fluide, di lavoro adattivo e di molti altri termini scientifici che disorientarono la giovane bisonte.

"Questo è un ricostituente pilifero, vedi? Serve a favorire la ricreazione del vello" disse passando una mano su un bisonte tosato.

Indicò un punto dietro la nuca dell'animale:

"Qui è dove applichiamo un sigillo che comunica con le nostre apparecchiature e ci dice quando questo bel fusto è stato tosato e se gode di ottima salute."

Re'ema rimase sbalordita non solo da tutte quelle informazioni ma anche dalla confidenza con cui quella leopardo si approcciava alle sue affinità, si sentì gelosa e invidiosa di quel rapporto. Si limitò a sorridere e a carezzare la base delle corna dell'animale, che muggì felice.

"Perché quell'esplosione per tosarli?" Si lasciò trasportare dall'ingenuità.

"Paradossalmente è il metodo meno invasivo per loro. Una ventina d'anni fa si utilizzava ancora il sonnifero, ma lasciava gli animali strani e diventava più complicato badare alle mandrie al loro risveglio. A proposito, come ti senti?"

Re'ema, a quella semplice domanda, vorticò su sé stessa. Si chiese se fosse stata disinteressata o se avesse voluto avere altre informazioni vista la propria radice animale. Si limitò a sorridere e a fare un cenno.

Raggiunsero l'allodola che era accovacciata davanti a una bisonte sdraiata e con la pancia gonfia. Le stava massaggiando il fianco e tastava delle zone specifiche per avere delle risposte invisibili.

"Rasne, bisogna farla alzare. Così non riuscirebbe a spingere."

"È in grado di alzarsi da sola o bisogna stimolarla?"

Re'ema rimase distante a osservare quei pastori tanto diversi e competenti rispetto a quelli che aveva conosciuto di sfuggita a Haksh. Si domandò che livello avessero avuto le cure verso i resh be'th se quelle prestate agli animali erano così elevate. Spiò le loro mosse e gli strumenti che erano riposti in una valigetta accanto all'allodola. Credette di averne visto qualcuno tra i rotoli che aveva studiato, ma la forma meno rigida e il materiale differente la confusero: solo l'utilizzo non era cambiato. Il morso aiutò Rasne a far rizzare l'animale mentre l'altro cercò di spingere da dietro.

"Re'ema, daresti una mano a Opham?"

Quando la madre fu in piedi, Rasne cominciò a carezzarle il manto e a sussurrarle degli incoraggiamenti; Opham la ispezionò sincerandosi che l'anomalia non registrata dai sensori fosse rientrata.

Re'ema vide la dilatazione e fece un passo indietro inorridito e spaventato, ripensò allo sforzo provato nell'incontro con me e comprese il dolore di quella fatica. Affiancò Rasne e, con le lacrime a gonfiarle gli occhi, confortò la madre silenziosa e riappacificò sé stessa.

Un tonfo e un suono di rilassamento segnalarono la nascita del piccolo che rimase intrappolato nella placenta. I tre resh be'th diedero un po' di intimità alla nuova famiglia e gli permisero di terminare quel rituale di vita.

I capelli di Opham si rilassarono e cambiarono la connotazione del suo viso addolcendolo, indicò a Rasne la zona pelvica dell'animale e l'assenza di emorragie impreviste; furono molto soddisfatti.

Re'ema si sporse, aveva intravisto qualcosa ma non disse nulla: era atterrita dalla sua improvvisa e incommensurabile conoscenza che avrebbe fatto invidia a Saho're. Anche Opham notò la stessa cosa e corse subito dal piccolo.

"Dobbiamo abbatterlo" sentenziò dopo averlo osservato per pochi secondi. L'incredulità fece sopraggiungere le due.

"Ha una malformazione alla zampa, il nodello non regge."

Quel piccolo, così pieno di vita e di energia, non riusciva a stare in equilibrio sulle zampe. Continuava a provare. I resh be'th assistettero ai tentativi materni di aiuto e, alla fine, anche a una prima corsa zoppa seguita da muggiti striduli e felici. Il cucciolo era in piedi e camminava sbilenco ma orgoglioso.

L'allodola sorrise a malincuore, in quel presente claudicante stava vedendo il futuro del bisonte che sarebbe diventato. Le lotte dopo la maturità sessuale sarebbero state fatali e confermò la sua decisione a Rasne, che andò abbattuta verso il carro trasportata da un automatismo che non riusciva ad accettare fino in fondo.

A Re'ema sembrò di aver già vissuto quella sensazione di impotenza atavica e non poteva non partecipare agli incitamenti di quella madre tanto fiera del suo piccolo ma consapevole del suo destino.

Ero nei suoi pensieri e volle sfidare una natura che portava il mio nome; riorganizzò i suoi studi e le sue competenze, guardò quegli strumenti estranei e si convinse di essere in grado di migliorare. Improvvisamente trovò il suo posto nel mondo e i rovi che l'avevano attanagliata nella prova si ritirarono.

Rasne era tornata con una piccola canna mozza, sembrava pesante dal modo in cui penzolava dalla sua mano, sull'impugnatura aveva una piccola leva pronta a scattare; puntò l'arma sulla piccola fronte e chiuse gli occhi pentita.

"Ferma. Io posso aiutarlo" urlò Re'ema esibendo la sua pietra smeraldo ai due. Le parole uscirono da sole:

"Portatemi con voi e insegnatemi la vostra tecnologia".

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