16) Bhasra
10 mo'hg Ahkoth 1842; Haksh
Se ho commesso delle parzialità come narratore sono state proprio verso di lei, non le ho reso giustizia. Potrei dirvi che la motivazione sul mio essere evasivo era per farvi provare la stessa sorpresa che ho avuto nel capire la sua importanza in questa storia; in realtà non volevo distrarmi e pensare a [§§§].
Bhasra ha sempre cercato di nascondersi, molto più di Ak'uira, ed era arrivato per lei il momento di comprendere che il suo otzi fosse l'esternazione.
Si trovava in un rigoglioso acquitrino e in lontananza le sembrò di vedere dei mulini; aveva osservato, mimetizzata tra alcuni fitti cespugli, dei resh be'th andare e venire, e dai loro brevi richiami ed esclamazioni aveva capito di essere a Haksh.
La possibilità di poter trovare la strada di casa l'aveva rincuorata; aveva riposto questa sicurezza nella sua sacca, in attesa che si rivelasse utile e nella speranza che non si trasformasse in tentazione, ma l'essersi tagliata sul filo di una lunga foglia leggermente appesantita alla punta era riuscita a rattristarla e incupirla.
Non erano passati due giorni da quando era stata spedita lì e le domande, timide e potenti come quella linea di sangue sul palmo ormai richiusa, avevano fatto breccia in lei. Il rifugio, il violino, un braciere e un docile anfibio che le somigliava si erano rivelati delle distrazioni capaci di darle la tregua di cui necessitava.
Quella mattina, ancora sdraiata sul suo letto di terra e affascinata dal gioco di luci e di foglie, carezzò il corpo della piccola salamandra rossa che di tanto in tanto la veniva a trovare. Si rizzò su e si diede una sciacquata al viso su una polla poco distante; specchiò il verde dei suoi occhi tra le onde e si vide diversa, come se il riflesso fosse reale e lei la versione annacquata di sé. Provò a percepire ciò che quello sguardo voleva comunicarle, ma un tonfo e uno schizzo la fecero sobbalzare: l'animale scarlatto era scivolato in quello stagno dalla sua testa. Sebbene l'ambiente la stesse accogliendo nel tepore della notte, nell'aria del mattino, nei primi frutti e nei colori sempre vivi, Bhasra non smetteva di chiedersi cosa avesse fatto per finire lì.
Se l'ultimo sorriso di Re'ema era l'erba su cui si adagiava, l'addio di Go'se erano le radici esposte su cui inciampava.
Giudicava ogni cosa più grande di lei e aver assistito al silenzio dell'amica per quella coppia così diversa l'aveva fatta desistere dal dire la sua; rimase nel dubbio se avesse potuto cambiare le cose.
Raccolse la salamandra che si destreggiava in quell'acqua limpida e si decise ad affrontare le domande su di sé. Si lasciò trasportare dalle sensazioni del violino nella sua sacca e provò ad ascoltarsi.
Una nota uscì dal nulla, lunga e in cerca di sicurezza. Venne seguita dalla sua sesta e i suoni si fecero più rapidi e decisi; ancora dolci. Si aggiunsero altre voci, lente, veloci, rimbalzanti, scivolose, calme. La musica che produceva risuonò su ogni foglia e su ogni sasso. Guardò in alto e vide le fronde vibrare a quelle note.
Rilesse le lune nel monte e notò come solo pochi resh be'th avessero varcato un limite invisibile in cui lei stessa si era barricata. Trovò l'unico momento di connessione quando era riuscita a suonare per il gruppo. Lei, Ak'uira, Hatsei e gli altri si erano sentiti come specchiati con i loro segreti e i loro dubbi, aveva compreso come tutti avessero avuto qualcosa da nascondere; con la classe non era mai successo.
Le note così armoniose e sincere, suonate nella natura variegata della palude, furono composte dopo quel momento di unione e le aveva lasciate in disparte nella sua mente come un sogno pericoloso. Solo Re'ema e Go'se l'avevano ascoltata, come se sapessero in cuor loro che avrebbe dovuto tirare fuori sé stessa e non lasciarsi divorare dalla timidezza.
Il sole le carezzò una zampa e in quel tepore visse il rimpianto di aver perso numerose occasioni. Per la prima volta si rimproverò senza commiserarsi, per la prima volta avvertì di aver sprecato le sue lune e il suo otzi, per la prima volta desiderò poter rimediare. Essere vicina a casa venne letto come punizione e seconda opportunità e si meravigliò della saggezza che il suo stesso cuore possedeva a propria insaputa. Strinse con più energia il corpo del violino che irradiò suoni e luci in un flusso continuo con l'esterno.
Bhasra era nel terreno, in bilico su una roccia, in punta di piedi sull'acqua. Era sdraiata su una foglia e arrampicata su un ramo. Era sugli occhi della salamandra, sulle zampe di un gatto, sulle ali di un passero e sul cappuccio insanguinato di un cobra.
La giovane fece un balzo indietro e perse l'equilibrio. Il resh be'th davanti a lei, apparso dal nulla, avanzò spossato e la fissò vacuo. Aveva delle ferite recenti dal sangue rappreso e cicatrizzate e dei colpi di tosse catapultarono fuori più saliva e sangue del dovuto.
Si appoggiò al tronco rugoso di un albero storto per non cadere e tese una mano verso Bhasra che cercò di allontanarsi strisciando all'indietro con i gomiti. Collegò istintivamente quel resh be'th a Zahirile e intravide una storia parimenti oscura sul suo corpo.
Delle piccole scintille sprizzarono dalle dita nere e ossute, ma si spensero come i suoi occhi agitati e rancorosi. Scivolò a terra senza forze, in completa balia degli eventi e della salamandra impietrita dalla paura.
Il cobra aprì gli occhi con fatica, aveva dolore dappertutto e la schiena gli prudeva. Provò ad alzarsi, ma dei leggerissimi nodi di budello tenevano le sue mani legate dietro lo stesso tronco che l'aveva sorretto.
"Fermo! Non muoverti."
Una giovane resh be'th agitata era davanti a lui, brandiva un sasso.
Vide a terra alcuni panni bagnati e sporchi di sangue, il suo corpo era stato pulito e parzialmente medicato con alcune erbe.
"Sei la ragazza di prima... Quella con la musica."
Bhasra perse tutto il suo coraggio, le labbra tremarono e aggiustò più volte la posizione.
"Ho un sasso!" Lo sollevò più in alto.
Theha'l sorrise per quell'ingenuità, ma si lasciò convincere dal rossore dell'ansia.
"Tranquilla, non farò nulla. Giuro sull'Occhio, va bene?"
La giovane salamandra abbassò titubante la mano e pose una domanda che stupì Theha'l:
"Sei uno Zale'dh?"
Il cobra restò immobile, scrutò Bhasra e mosse la testa affermativamente.
"Per caso conosci Go'se e Hatsei?"
Continuò a leggerle dentro; a terra, il violino aveva due corte in meno e pensò che un po' di musica avrebbe potuto fargli compagnia, dato che aveva perso tutto.
"Sì, li ho conosciuti."
Il viso della ragazza fu attraversato da una serenità colpevole, una magra consolazione che la convinse che stessero bene e che non fossero soli; Theha'l attaccò in quel punto.
"Mi hanno parlato di te... e non sono arrabbiati."
Il piccolo anfibio si arrampicò sulla resh be'th e bussò ripetutamente con la lingua sul suo corpo per avvertirla del pericolo che quel cobra emanava. Lei lo carezzò prendendolo tra le mani.
"Ho bisogno del tuo aiuto. Mi sono ferito attraversando la Bozanj e sto cercando mio nipote."
Il violino tornò ad avere tutte le corde, ma il suono non fu più quello di prima. Continuò a vibrare in quella palude in attesa che la luna compisse lentamente il suo ciclo; per fortuna, una lama gemella portò in salvo la salamandra, che venne segnata da una maturità più cruda e risoluta di quella che cercava.
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