Karak il muto, realizzatore dell'Areale esterno

Introduzione

La completa incompiutezza è stato quel binomio intrinseco, o quella dualità, con cui si è configurata ciò che poteva essere definita – in maniera molto cauta – la natura di un resh be'th. Sebbene avessero avuto continui rimandi sensoriali al loro lato bestiale, queste creature hanno resistito continuando a concepirsi come un unicum. La maggior parte di essi ha infatti trascorso la propria vita senza interrogarsi sull'"essenza" che li contraddistingueva; i più temerari erano riusciti invece a scalfire a malapena la superficie e compresero, abbandonandola, la complessità fuori misura della domanda.

Eppure, a chi possedeva un otzi, venne chiesto forzatamente di riflettere su questo lato, tanto presente quanto celato; l'areale esterno costituì un vero e proprio rito di passaggio per le nuove generazioni di resh be'th. Dovendosi confrontare con un mondo altro, rispetto a quello conosciuto, hanno potuto portare alla luce questioni nascoste, rinnegate, dimenticate. Avendo visto con i propri occhi il riflesso dello sguardo animale dal quale (non) derivavano, poterono reinterpretare sé stessi e la vita di chi li circondava. I resh be'th, le società e la Terra furono cambiati grazie alla portata rivoluzionaria di questo momento così gravido di significato e di dubbio esistenziale, dove domande sulla propria natura e sul senso delle cose hanno scardinato valori a volte inossidabili.

Sarà risultato evidente quanto questo rito abbia acquisito un'importanza tale da aver permesso la continuità e la prosperità di ogni ge'th. Questi territori hanno sempre considerato la riscoperta di questa dimensione un proprio appannaggio, ma, come molti altri aspetti, hanno dimenticato l'importazione di questa pratica. Essa è stata infatti rimodulata dall'antica fuga matrimoniale (epoca precedente al grande esodo) e reintrodotta dall'Eternità grazie a un resh be'th sfortunato: furono la nascita di Karak il muto, indesiderata e predestinata, e la sua triste sorte a contribuire all'inizio della rivoluzione.

Schiavitù e rinascita di Karak

La madre di Karak era una tasso prostituta del ge'th di Prazoor e lo dette alla luce in segreto, nei meandri della foresta di pietra. Allevato nella durezza di quel terreno roccioso, il piccolo resh be'th dovette abituarsi fin da subito alla presenza di vari animali, ladri di cibo, nella sua vita; erano l'unica compagnia momentanea assieme alla madre. Sebbene l'adorasse, lei era molto distaccata e fredda nei suoi confronti, tanto da lasciarlo da solo nella loro casa per tornare, un mese dopo, con un resh be'th fenicottero sfregiato. Senza troppe esitazioni, vendette suo figlio di otto anni così che potesse iniziare una nuova vita con il denaro ottenuto.

Divenuto schiavo di quel padrone alato, gli fu mozzata la lingua e venne percosso e abusato dai successivi compratori che ebbe durante la giovinezza. A nessuno importò della presenza dei suoi verdi cerchi concentrici sul petto, fasciati e coperti da una benda, e lui non ne conosceva il significato. A trent'anni, fu ceduto al re Zamag l'airone in cerca di braccia per la costruzione di un sito monumentale e religioso dedicato a un'antica quanto terribile reliquia: una pinna blu a macchie nere.

Karak, mentre trascinava a fatica dei blocchi di pietra, fu investito dalla biga che trasportava il frammento del Samath; nell'impatto, venne a contatto con quel progenitore sconosciuto.

I suoi schiavisti, convinti fosse diventato il portatore di una maledizione, lo rinchiusero in una gabbia e il resh be'th evocò inconsapevolmente un tasso con il quale confortarsi. Un carceriere avvoltoio, che lo vide in compagnia dell'animale, pensò di sequestrarglielo, ma, sottrattolo alle grida mute di Karak, il tasso tornò magicamente tra le sue braccia. A quel punto, il trafficante pensò di uccidere l'animale davanti al resh be'th. Frustrato e disperato, riuscì a evocarne un altro.

La voce sulla sua magia iniziò a diffondersi tra i carcerieri, che non riuscirono a vederla come il dono di un otzi, e, a turno, si divertirono a trucidare e picchiare i tassi innocenti che venivano chiamati nella gabbia di Karak senza sosta e senza controllo.

La notizia dello schiavo muto e maledetto giunse alle orecchie di Pava, alce consigliere di Zamag, che lo fece subito chiamare alla presenza degli unici quattro otzici del ge'th. Durante quell'incontro, la sua vita cambiò radicalmente. Riconosciuto il suo talento, fu subito insignito di una carica ufficiale e reso partecipe del progetto del tempio. Gli fu concessa anche la vendetta sui suoi aguzzini: decise, senza alcuna esitazione, di farli sbranare dagli avvoltoi, dai coccodrilli e dagli orsi; pestare dai rinoceronti e avvelenare dalle vipere e dagli elodermi.

La perspicacia di Zamag nei confronti di Karak fece sì che l'airone convogliasse tutti i suoi sforzi nel far emergere e istruire il resh be'th muto. Insegnatogli a leggere e a padroneggiare il proprio otzi, gli mostrò un papiro antico consegnatogli dal precedente re.

Le parole "Non dimenticare la tua natura animale, è il suo abbandono che porterà lo striato alla morte" si stamparono nella mente del tasso che credette di essere stato prescelto dal destino. Persuaso che fosse parte di un disegno più grande, si recò dopo dieci anni assieme a Pava, succeduto a Zamag, al cospetto dell'Eternità per mostrare la sua importanza.

Il rapporto con gli Eterni

L'alce e il tasso portarono con sé il papiro contenente la dicitura. Alan, I eterno del presente, riconobbe quei caratteri sconosciuti e ascoltò le parole di Pava, re e interprete di Karak. Venne così accolto il collegamento tra l'otzi dell'ex schiavo e il messaggio del profeta dei resh be'th, ma fu chiesta una dimostrazione che confermasse le parole dei due visitatori. Il tasso decise di evocare per l'occasione l'animale dell'eterno: un pavone; anche Qabl e Thuma, le altre due eminenze, assistettero alla manifestazione dell'otzi.

I tre saggi capirono la reale capacità di Karak: il resh be'th non era in grado di evocare gli animali, ossia di creare materia organica, ma poteva attrarre le creature verso la sua posizione alterando lo spazio. Furono molto entusiasti del suo dono tanto da promettergli una gloria che avrebbe riecheggiato anche negli altri ge'th. Era però un frutto ancora acerbo che doveva essere perfezionato e andarono subito al punto: Karak avrebbe dovuto lavorare per invertire la sua capacità. Non doveva attrarre, ma essere attirato.

All'epoca dell'incontro, il tasso aveva quarant'anni, ma possedeva l'entusiasmo e le energie di un giovane resh be'th per la vita meravigliosa che si era dispiegata dalla sua profonda tristezza. Dedicò quindi tutto sé stesso, isolandosi e vivendo come un eremita, a un lavoro costante sull'otzi, alla ricerca quasi morbosa dei segreti celati all'interno del dono che aveva ricevuto alla nascita. Nella sua mente urlava, come un mantra, l'unica frase degna di essere pensata: "Non dimenticare la tua natura animale".

Vecchio e decrepito, tornò dagli Eterni, rimasti misteriosamente giovani e in forze, e mostrò loro i suoi progressi. Non solo era in grado di fare ciò che gli era stato chiesto, ma poteva persino attivare la sua attrazione con gli altri. Nella sua semplicità aveva intuito come l'essenza di un resh be'th fosse legata al cuore degli animali; immaginando di sincronizzare il battito tra due creature, poteva dirigere l'una verso l'altra e viceversa. I tre saggi si congratularono per i risultati raggiunti, fingendo di essere molto sorpresi, e lo convinsero a fare un passo ulteriore: rendere la sua magia permanente, ossia innestarla all'interno di un oggetto.

A quella richiesta, Karak rimase deluso: gli era stata promessa una gloria in tutti i ge'th. Da schiavo insignificante, avrebbe dovuto ergersi a re dell'intero genere resh be'th e invece gli fu chiesto di continuare a scavare in sé stesso. Non nascose la paura di non farcela. I tre però gli concessero un dono magico ed esotico: dell'acqua. Essa lo avrebbe fatto tornare vigoroso come quando era giovane.

La nuova vita

Karak non credette ai suoi occhi; dopo aver bevuto quell'elisir, non solo tornò giovane e sentì le energie scorrergli dentro, ma poté anche tornare a parlare. La coda, da tempo dimenticata, tornò a muoversi dietro di lui. Pianse nel salone dell'Eternità e benedì Qabl, Alan e Thuma; con quel dono poteva avere una seconda chance, avrebbe vissuto un'altra vita con la saggezza dei suoi ottant'anni. Si recò senza perdere tempo nel suo ge'th e si rimise al lavoro, forte della speranza di un nuovo inizio.

Dopo due anni di intense ricerche solitarie, riuscì a capire come creare un incantesimo che potesse innestare perennemente la sua capacità all'interno di un oggetto. Scelse un vecchio collare appartenuto a Laxar, il primo tasso che ebbe dopo essere stato riconosciuto come otzico, e si diresse dall'Eternità.

Mostrò il suo ultimo progresso a quelle autorità inarrivabili che lo ringraziarono, festeggiando con lui l'evento. Gli dissero che, in quel modo, il suo spirito sarebbe stato veramente eterno e presente in ogni ge'th. Tutti avrebbero innalzato statue in suo onore per il magnifico e nuovo mondo che aveva contribuito a indicare loro.

Morì alla vigilia del settimo Ouabak per un attacco cardiaco mentre organizzava le nozze con la giovane resh be'th Mexar.

Architettura della pratica

In occasione dell'ottava assemblea, tenutasi nel 128, il II eterno Qabl, il II eterno Alan e il III eterno Thuma presentarono ai ge'th riuniti la prima tecnologia a stampo internazionale. Forti del collare consegnatogli da Karak, riuscirono a realizzare un portale che potesse proiettare qualsiasi resh be'th a contatto con il proprio animale.

I rappresentanti delle dodici regioni rimasero strabiliati da tale prospettiva e vollero provarla in quell'assemblea. Tutti tornarono con in braccio o appresso a un esemplare della loro specie e lo donarono agli Eterni. Sebbene l'idea di passare un periodo in mezzo alla natura fosse romantica e divertente, alcuni governatori non ne capirono l'utilità.

Il III eterno del futuro Thuma spiegò che avrebbe giovato nella formazione delle nuove generazioni. Per evitare l'ammorbidimento all'interno delle società, far assaporare del tempo in mezzo alle difficoltà naturali ai giovani otzici avrebbe garantito degli uomini e delle donne migliori. Per questa motivazione, sull'architrave del portale, venne riportata con i caratteri di Prazoor la frase ripetuta da Karak: "Non dimenticare la tua natura animale".

Il II eterno del presente, con il dono del teletrasporto, donò ai ge'th delle piccole biglie d'oro d'applicare su un supporto qualsiasi. Esse avrebbero riportato, chiunque lo avesse attivato, nel luogo del portale.

Si parlò a lungo dell'importanza di quel momento nella vita dei giovani e ogni reggente accettò di buon grado l'istituzione di quel particolare rito di passaggio. Gli Eterni avvertirono però l'assemblea che solo i migliori sarebbero tornati: chiunque avesse smarrito la biglia o fosse morto, sarebbe rimasto nella natura.

Qabl, Alan e Thuma ribadirono ulteriormente l'importanza di quella prova, i giovani avevano la necessità di scoprire nuovi punti di vista. Prospettive che, all'interno delle città e delle campagne, non avrebbero di certo potuto avere. La possibilità del fallimento dei giovani otzici non venne vista di buon occhio dai rappresentanti dei ge'th e la loro paura fu letta dagli Eterni come timore di non formare resh be'th all'altezza di resistere nella natura. Punti sull'orgoglio, tutti i reggenti decisero di mettere alla prova tale esperienza. La provvidenza volle che, da lì a quattro anni, si sarebbe compiuto un cospicuo maturamento; si sarebbero quindi riaggiornati nella nona assemblea.

Resoconto

I risultati raggiunti dall'areale esterno resero pienamente soddisfatti i governatori. Ogni ge'th aveva scommesso quindici giovani promesse che tornarono tutte sane e salve. Si decise quindi di adottare in pianta stabile quella tecnologia, accettando comunque l'eventualità del rischio.

Da quel momento, ogni generazione di resh be'th con otzi venne sottoposta a quella prova tramite un'attenta preparazione, ma il continuo peggiorare delle condizioni ambientali ridusse, nei secoli, il tasso di successo in maniera diversificata nei ge'th. D'altra parte, i giovani tornati nella società si dimostrarono in grado di fare grandi cose per la propria terra. Questi due fattori, opposti e paralleli allo stesso tempo, influirono ulteriormente nella separazione culturale delle varie regioni.

Nessuno denunciò mai il graduale decadimento nella percentuale di successo, ogni ge'th mantenne per sé quel fatto credendo di essere l'unico a fallire. Gli Eterni avevano trovato la giusta chiave di lettura per rendere docili e isolati dei territori che, senza di loro, non avrebbero avuto nessuna occasione di conoscersi.

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