I culti di Haksh (seconda parte)
Nascita del culto dei 6
Ghar e i suoi cinque discepoli Ba'haral, Kheras, M'eskar, Ahkoth e Akse'l - personaggi storici fondamentali per la nascita e la prima prosperità di Haksh - furono da sempre visti come modelli di vita ed esempi da seguire. La nomenclatura delle lune tramite le loro personalità fu lo strumento usato per facilitare l'innestarsi del culto dedicato ad essi. Il passato non venne quindi rinnegato ma reinterpretato per le nuove esigenze religiose.
Tutta la vecchia mitologia, legata agli otzi e al monte Haksh, venne convogliata e tradotta all'interno di nuove e riscoperte considerazioni morali ed etiche secondo cui la presenza di un otzi era la ricompensa per il bene compiuto dai propri antenati. Più la popolazione seguiva la via indicata dai 6, maggiori erano le probabilità che i loro figli, nipoti o pronipoti potessero nascere con questa benedizione. Chi invece possedeva un otzi aveva il dovere morale di mettersi concretamente al servizio del prossimo per far sì che la bontà e i comportamenti retti si diffondessero tra la popolazione. In questo modo era possibile far sbocciare nelle generazioni future il segno di Oth.
La nascita di un nuovo otzico non era quindi dettata esclusivamente dalla grazia divina, era lo sforzo congiunto di tutta la popolazione; era il raggiungimento di una nuova alleanza tra chi beneficiava del segno sacro e chi era in attesa. Seguire la via dei 6 rendeva in questo modo possibile convogliare in ogni membro di Haksh il benessere ambientale e sociale di tutto il ge'th.
Nonostante il grande entusiasmo con il quale venne accolto questo nuovo culto e nonostante la spontaneità con il quale venne proposto, era un modo con cui celare la presenza invisibile della bozanj.
Modelli morali
I sei fondatori vennero presi come dei veri e propri riferimenti morali da tutta la popolazione. Le loro doti e le loro caratteristiche, nonché personalità, vennero amplificate fino a renderli dei veri e propri santi intercessori.
Ghar divenne l'esemplificazione della lealtà e della speranza. Nonostante il lungo peregrinare non perse mai la fede in ciò che credeva. Vedeva un mondo migliore, una terra promessa e la trovò dando a tutta Haksh un posto in cui stare. Fu leale verso sé stesso e verso chi gli venne affidato. Non smise mai di incitare alla speranza e alla gioia di vivere. Grande importanza venne affidata anche al suo sogno di una valle pacifica oltre il mare che rappresentava il riposo oltre la vita al quale tutti avrebbero potuto accedere: il Mo'beh.
Ba'haral fu la personificazione dell'autosufficienza e dell'indipendenza. Il suo grande orgoglio non si richiuse mai all'interno di sé ma lo diffuse sempre agli altri. Così come le sue ali furono in grado di sollevarlo nonostante le difficoltà, anche tutto il popolo di Haksh non avrebbe dovuto arrendersi mai nelle avversità. Era necessario comprendere l'esistenza delle sconfitte durante la vita: la sua malformazione al braccio fu immaginata come lo stendardo in grado di risollevare gli afflitti e i perduti.
Kheras venne vista come il simbolo dell'essenzialità e dell'economicità. Non amò mai lo sfarzo e il lusso ma seppe costruirsi il suo benessere mostrando amore verso gli altri. Donò tutto il suo tempo e tutto ciò che riuscì ad ottenere con il duro lavoro nei campi. A lei venne affidata la benedizione delle case e di tutto ciò che avesse riguardato la famiglia come luogo privilegiato della disponibilità.
M'eskar fu la purezza fatta resh be'th. Il suo cuore e la sua mente non furono mai toccate da pensieri e azioni maligne. Vide sempre nell'altro un fratello da aiutare e cercò di essere il più corretto possibile evitando i vizi che avrebbero potuto anteporre i suoi interessi a quelli degli altri. Fu sempre pronto a correggere chi avesse sbagliato e a chiedere perdono per i propri errori.
Ahkoth venne considerata il baluardo della pace di Haksh anche prima del suo riconoscimento ufficiale. La sua triste storia rimase un grande esempio di virtù e di amore. Perse i suoi figli a causa di un assassino e, nonostante la disperazione della perdita, accolse il pentimento di quel resh be'th e non cercò vendetta. Mostrò a tutti un sentiero molto più arduo da seguire ma che avrebbe promesso una grande ricompensa. Venne invocata nei momenti di crisi tra le coppie e le famiglie. Fu il simbolo della relazione che lega le persone e invitò tutta Haksh a far sì che esse non si sfaldassero mai.
Akse'l fu invece l'emblema della sincerità. Non smise mai di credere nel valore della verità come scala verso il bene. Considerato come dispensatore di giustizia, fu anche colui che punì i malvagi mostrando la redenzione e non la vendetta. "Ciò che rende un resh be'th tale è il riconoscersi umile e ben disposto verso la verità." Essa non riguardò solo la testimonianza ma anche l'osservanza degli altri precetti e l'onestà verso sé stessi.
Il messaggio auspicato dai sei fondatori aveva la sua risoluzione in un costante lavoro di revisione su sé stessi da compiere per tutta la vita. Questo compito si adattò ai bambini, ai giovani, agli adulti e agli anziani; così come a chi possedette un otzi e a chi ne fu sprovvisto. Si manifestò nella cura verso il prossimo, verso gli animali con i quali si era legati ma soprattutto verso la terra ricevuta.
Il culto dei 6, nella sua semplicità, riuscì a convogliare i numerosi sforzi che nei secoli il primo popolo di Haksh avviò nel processo di definizione della propria identità. Senza i 6, Haksh non sarebbe quella che divenne al tempo di Ak'uira.
La morte
Pregare Aleph, il monte o i 6 non eliminò l'unico problema ineluttabile per i resh be'th: la morte. C'era la convinzione che al termine della vita ogni resh be'th venisse giudicato dalla terra stessa prima di giungere al Mo'beh. Questo giudizio era possibile solo tramite la sepoltura, in questo modo il defunto poteva essere avvolto dal terreno ed essere sottoposto alla sua verifica. Era un processo molto lungo che variava da resh be'th a resh be'th, si concludeva con la scomparsa totale del corpo per lasciare libera l'anima. Se in vita ci si era comportati degnamente, si veniva condotti nel Mo'beh, altrimenti ci si sarebbe reincarnati in un elemento o in un animale come forma di espiazione. Esisteva un solo caso in cui l'anima di un deceduto poteva reincarnarsi in un altro resh be'th: quando il monte aveva reputato lui e i suoi avi degni di trasmettere la propria benedizione.
Un diverso tipo di giudizio era riservato a chi possedeva già un otzi. Essendo manifesta in loro una benedizione divina pregressa, bisognava dimostrare di essere stati degni di tale dono. Il morto veniva così deposto in un sarcofago realizzato su misura. Su di esso venivano dipinte delle trame colorate che ricalcassero le sue caratteristiche e capacità. Numerosi occhi aperti venivano inoltre impressi su queste trame, erano come delle finestre dalle quali l'anima del defunto potesse guardare ed essere guardata dall'occhio del monte ed essere così giudicata.
Terminata la preparazione della bara, iniziava una processione che conduceva il morto dalla propria casa in cima al monte Haksh. Durante il tragitto si poteva pregare per la sua anima affinché raggiungesse subito il Mo'beh. Arrivati alla vetta veniva emesso il giudizio dell'occhio. La bara veniva lasciata cadere dal dirupo del monte in corrispondenza della cascata che faceva nascere il Mealk'eari.
Se si veniva abbracciati dalla cascata, significava che si era stati giudicati degni del dono ricevuto e che il viaggio del defunto si sarebbe concluso nella valle del Mo'beh oltre il mare. Se il sarcofago si fosse infranto tra le rocce o se avesse mancato la cascata, il defunto sarebbe stato costretto a vagare in un limbo eterno e indefinito.
Preghiere
Il culto dei 6 non ha mai avuto un corpus di formule religiose. Si è sempre basato sulla spontaneità e sulla parola dei sacerdoti. La preghiera individuale non aveva nessun tempo ritualizzato e ogni resh be'th poteva chiedere liberamente aiuto ad uno dei 6 considerati a pari livello. Solo durante la morte si è voluto istituire una formula ben riconoscibile così che potesse guidare il pensiero in quel momento difficile e lo salvaguardasse da immagini rabbiose.
Preghiera dell'occhio (riservata ai defunti otzici durante il cammino)
Per te che hai vissuto con coraggio, sappi questo:
l'occhio osserva e ti protegge nella valle del Mo'beh.
Per te che hai protetto i deboli, non dimenticare:
l'occhio osserva e ti protegge nella valle del Mo'beh.
Per te che hai sofferto con i fratelli, sorridi:
l'occhio osserva e ti protegge nella valle del Mo'beh.
Per te che hai abbracciato gli stranieri, gioisci:
l'occhio osserva e ti protegge nella valle del Mo'beh.
Per te che sei stato la nostra guida, ricorda:
l'occhio osserva e ti protegge nella valle del Mo'beh.
Sii anche tu l'occhio che veglia su di noi.
Preghiera ai sei (riservata a chi non aveva la benedizione del monte)
Proteggetelo nel lungo giudizio,
consolatelo nel lungo sonno,
non abbandonatelo alla paura.
Affidiamo a voi la sua anima così che possa rinascere
e seguire con spirito rinnovato i vostri insegnamenti.
Intercedete per lui, mostrate all'occhio la sua bontà.
Pregate per lui, mostrate all'occhio la sua purezza.
Pregate per noi, mostrate all'occhio il nostro dolore.
Fate che la nostra supplica non resti incompiuta.
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