Capitolo 7
21 Mo'hg Ghar 1842 - Piazza dell'albero; Haksh
Nel primo pomeriggio, l'aquila si diresse verso Piazza dell'Albero; era il principale luogo di ritrovo di Harsha e lì si sarebbe svolta la verifica per il maturamento. Un'imponente quercia vi era posta nel centro e un lastricato rustico, non serrato, le donava una bellezza eterna. Un muretto d'argilla, più volte restaurato, aveva dei piccoli ponti alla base per far passare indisturbate le radici che fuoriuscivano dal terreno.
Chiunque vivesse a Harsha era a conoscenza della storia di quell'albero. Era tra i più antichi del ge'th e il suo seme fu piantato durante l'edificazione della città. Come fosse una profezia, i primi abitanti dissero che la sua prosperità avrebbe simboleggiato la ricchezza del borgo che stava per sorgere.
Ak'uira contò una trentina tra ragazzi e ragazze, molti dei quali erano volti noti.
Saranno dei villaggi limitrofi. Possibile che tutti loro abbiano un otzi?
Un cobra, stranamente guardingo e solitario, attirò poi la sua attenzione.
Sul limitare della piazza si era già radunata una piccola folla di resh be'th, erano curiosi di vedere il maturatore a capo della città: per qualcuno sarebbe stata la prima volta. Dei bambini dissero ai loro genitori di voler diventare dei maturatori da grandi, così sarebbero stati ricchi e importanti. A loro però sfuggiva che quel ruolo non significava soltanto avere delle responsabilità politiche in una città, ma voleva dire anche essere scelti personalmente dal governatore Shoudhe, e dal sacerdote Lath, per educare le nuove generazioni di otzici e per apportare ulteriore benessere al ge'th.
Ak'uira cercò con lo sguardo i suoi amici, sembrava non fossero ancora arrivati. Si sentì toccare alle spalle: Hatsei e Saho're, un licaone e un elefante, lo sorpresero strattonandolo giocosamente.
"Ti ho visto con tuo padre questa mattina," si scusò Saho're "ma andavate troppo veloci e non ho fatto in tempo a salutarti."
Ak'uira sorrise e, dopo aver ricambiato una pacca sul braccio, gli disse che non c'era alcun problema.
Si conoscevano fin da piccoli, ma l'aquila non era ancora riuscita ad abituarsi alle due piccole zanne che spuntavano da sotto il mento del ragazzo. Le fissava ipnotizzato per dei brevi istanti cercando di non farsi notare. Divennero ottimi amici in un lampo, proprio sotto quella quercia: il loro gioco preferito era raccoglierne le foglie e disporle per realizzare in terra i propri otzi. Ed è lì che conobbero anche Hatsei il quale, nel primo incontro, pensò bene di arrampicarsi sul ramo più basso e di lanciarsi a terra sopra una piccola pozzanghera, insozzando gli altri due e i loro disegni di foglia.
"È così che si disegnano gli otzi!"
Prese del fango e lo utilizzò per tracciare sul tronco dell'albero quella che doveva essere la sua faccia: un viso furbo dai grandi occhi sognatori. I due risero per quel buffo ritratto e per come quel nuovo bambino si sporcò. Da quel giorno, come accade spesso tra bambini, si ritrovarono sempre lì per giocare.
Il loro spirito umile e spensierato non era cambiato con il tempo. Nonostante i corpi ormai adulti, avevano conservato qualcosa della propria infanzia; Hatsei, da quando gli spuntarono i primi peli maculati sul petto, aveva preso a lisciarseli e la cosa gli rimase aggrappata come un vizio: lo distendeva e distraeva. Saho're invece, contrariamente a quanto si potesse pensare, era cresciuto alto e snello con gli stessi capelli mossi a ciocche, bruni come la sua coda.
Una voce molto profonda risuonò tra il gruppo dei ragazzi radunatisi nella piazza.
"Buon pomeriggio, cittadini di Harsha."
Dietro di loro, un resh b'eth coccodrillo in groppa a un cavallo. La cappa rossa con lo stemma di Haksh, una montagna con tre picchi, parlava da sola: era il nobile Thoeri. Allisciò i suoi enormi baffi, mentre scrutava i giovani presenti sotto l'albero. Reputò subito quel posto troppo affollato.
"Come sapete, oggi mi trovo qui in veste di Maturatore di Haksh per verificare la vostra idoneità."
Non amava perdere tempo. I suoi occhi si fecero aggressivi e il verde intenso delle pupille fu così penetrante che a molti mancò il fiato. Un ragazzo muflone corse via.
"Lui è stato molto saggio" esordì con un sorrisetto. "Vi concedo qualche altro secondo per ragionare. So che la vostra generazione possiede – stranamente – molti otzi, ma so anche che molta feccia tra voi desidera arricchirsi mentendo sulle proprie capacità."
Guidava il suo cavallo avanti e indietro di fronte a quei resh be'th sparsi, poi si fermò al centro.
"Mettetevi tutti in riga." Non dovette ripeterlo due volte.
"Chi tra voi non possiede un otzi, alzi la mano. Ripeto, chi non possiede un otzi."
Circa una quindicina di giovani, delle specie più disparate di animali, alzarono la mano.
"Un po' pochi. Potete tornare a casa. La vostra sarà una vita pacifica, troverete un lavoro umile e onesto, vi sposerete e avrete dei figli. Se siete fortunati, saranno loro ad avere l'otzi che tanto sognate."
Con un gesto della mano, fece loro cenno di andarsene. Scese dal destriero e guardò uno a uno i restanti negli occhi. Le persone del paese iniziarono ad affacciarsi anche dalle finestre per assistere all'evento. Thoeri si portò le mani alla schiena e passeggiò alle spalle della fila.
"Tu, un passo avanti!" chiamò in questo modo altri otto giovani, che si guardarono l'un l'altro intimoriti. Sudarono freddo.
Il maturatore si diresse di nuovo al suo cavallo e impugnò quello che sembrava essere un frustino di cuoio, lo sferzò in aria un paio di volte come per prenderci confidenza.
"Fin dalla comparsa dei resh be'th, nessun otzi è mai apparso sulla schiena. Quindi a voi la scelta: ammettere di essere degli imbroglioni, in mezzo a tutte queste brave persone, e tornare a casa senza conseguenze oppure ricevere delle frustate dal mio gioiellino, finché non ammetterete di essere dei bugiardi. Almeno avranno qualcosa su cui valga la pena spettegolare."
Il tono della sua voce si fece più fermo e i curiosi aumentarono. Iniziò un conto alla rovescia che fu subito interrotto; chi aveva mentito lo pregò di lasciarlo andare e si scusò in mille modi. Con un veloce movimento di testa, che mostrava tutta la sua disapprovazione, li fece scappare verso le loro case.
Erano rimasti Ak'uira, Hatsei e Saho're; due ragazze, una bisonte, l'altra salamandra rossa a malapena notata dal maturatore; un ragazzo huski e un pallido ragazzo cobra dagli occhiali con i vestiti malconci.
"Mostratemi i vostri otzi."
Ak'uira mostrò agitato il suo e, mentre Thoeri si avvicinava, poté osservare meglio il maturatore. Sulla fronte, all'altezza delle prime squame verdi che riempivano la testa calva, presentava delle labili macchie simili a lentiggini; gli occhi, molto piccoli e penetranti, contrastavano con il mento molto pronunciato. Faceva numerose smorfie nell'esaminare gli otzi, era un vizio inconsapevole ma, per fortuna, i baffi castani riuscivano a nasconderlo.
Hatsei scostò, euforico, la maglia bianca per esibire un muso di licaone dalla tonalità verde sul suo pettorale, ne andava fiero; Saho're tenne su con entrambe le mani, cercando la stabilità, il ginocchio dove spiccavano dei rami germogliati, verdi anch'essi. La resh be'th bisonte, alta quanto Saho're ma più robusta, espose il dorso della mano: delle striature convogliavano verso una pietra incastonata di color smeraldo; la ragazza salamandra rossa volle nascondersi all'ombra della bisonte, ma fu afferrata senza troppi complimenti dal coccodrillo che aveva intravisto il suo l'otzi. Sulla spalla, in direzione del cuore, spiccava una nuvola di fumo giallo intenso.
Il cobra dagli occhiali rimase immobile, capì immediatamente di essere stato riconosciuto dal maturatore. Si vide dietro le sbarre di una cella, ma andò lo stesso fino in fondo. Scoprì la membrana del cappuccio da serpente stretta con un collare di cuoio nero: sul collo faceva capolino un anello rosso con il bordo esterno irregolare.
Thoeri lo guardò a lungo e si sentì intrappolato in una scelta impossibile: fu solo la fiducia nel governatore a fargli approvare quel ragazzo. Fu una decisione sofferta e un leggero senso di frustrazione iniziò a farsi strada dentro di lui, ma ebbe modo di sfogarsi immediatamente. Un reticolato viola era stato impresso sull'avambraccio del giovane huski; poter colpire quel bugiardo fu una liberazione. Ancora una volta, i suoi baffi gli salvarono la reputazione, celando l'immensa soddisfazione provata nello sferrare quel fendente. L'husky urlò di dolore, mentre il sangue usciva veloce a fiotti.
"Ti ho dato molte occasioni per aiutarti a capire che era un errore metterti contro di me" disse portando la faccia vicino a quella del ragazzo. "Lo sappiamo entrambi che non esistono otzi viola! E ora vattene, prima che l'odore del tuo sangue non mi faccia rispondere più di me."
Lo scagliò a terra come fosse un lebbroso; la sua voce riecheggiò per la piazza.
"Viola non esiste, il coccodrillo insiste" fu il nome di una nuova filastrocca inventata dai bambini che assistettero alla scena. Furono divertiti e spaventati al tempo stesso da quell'immagine feroce: da quel giorno non ebbero più incubi, i mostri dei loro sogni furono sconfitti dal coccodrillo eroe con il suo frustino.
Dopo aver ritrovato la calma, il maturatore segnò velocemente i nomi dei sei ragazzi su un frammento di papiro; si era già stufato dell'aria campagnola che respirava.
"Ci vedremo a Haksh al sorgere della luna nuova" disse, mentre montava sul cavallo. "Un carro autorizzato giungerà qui tra un ciclo e vi permetterà di arrivare in tempo. Starete via da casa per delle lune, ma non dovrete preparare nessun sacco. Penseremo a tutto noi dopo la salita."
Solo informazioni, nessun complimento o augurio: ripartì immediatamente prima di pentirsi delle sue scelte.
La folla accorsa iniziò a stringersi verso quei ragazzi in cerca di una gloria momentanea; adesso anche solo il poter stare vicino a loro era un evento straordinario. Furono riconosciuti dai vicini e furono invitati per un pasto, alcuni offrirono dei cesti di formaggio e verdure. Capirono subito di essere invadenti perciò, quando i dinieghi non furono più solo cortesia, si ritirarono e tornarono alle proprie vite. Nonostante volessero una storia degna da raccontare con quei resh be'th come protagonisti, avevano troppo rispetto per la sacralità che avevano appena acquisito.
"Finalmente se ne sono andati, eh?" ruppe il ghiaccio il licaone. I suoi grandi occhi neri, le lunghe basette maculate e il viso leggero gli donavano un carisma incredibile. "Piacere ragazze, come avete sentito, io sono Hatsei e loro sono Saho're e Ak'uira. Da dove venite? È strano non avervi mai viste in città."
Le due, Re'ema e Bhasra, dissero di provenire dalla collina dei mulini, un luogo poco più a sud del centro di Harsha. Legarono subito con i tre, in qualche modo era piacevole poter incontrare altri resh be'th con degli otzi. Cercarono di coinvolgere anche il giovane cobra, ma si sedette sul muretto della piazza in disparte.
"Ho un'idea!" esordì improvvisamente il licaone. "E se andassimo a Haksh a piedi? Partiamo domattina all'alba, saranno al massimo tre o quattro foreste di distanza. Cinque, dai. Andremo con calma e arriveremo in tempo: garantito. Poi ci divertiremo."
Re'ema fu subito d'accordo con Hatsei, nonostante l'altezza e i capelli mossi sotto le due corna le dessero un'aria più adulta, aveva ancora molta voglia di divertirsi. Bhasra, d'altro canto, era l'opposto della bisonte: insicura di sé, non faceva che mettersi in ombra rispetto alla sua amica. Le voleva un gran bene, ma non riusciva a non provare una leggera invidia per il suo seno, più voluminoso e sodo, e per la sua pelle più abbronzata.
Nonostante avesse dei lineamenti molto graziosi e degli occhi smeraldo unici, tendeva a coprirli con i suoi capelli fulvi, leggermente ricci. Re'ema era consapevole di ciò e per questo non perdeva occasione per supportarla e farla credere in sé. Molte volte scherzava sul fatto che, anche se lei non avesse avuto un otzi, avrebbe accompagnato comunque la salamandra al maturamento per incitarla.
"Io invece passo ragazzi, ho ancora delle cose da sbrigare a lavoro" mentì Ak'uira, guardando Zahirile immobile e solitario sul muretto.
"Ma se la mietitura si è appena conclusa!" si stupì Hatsei.
"Lascialo stare, sai che ha i suoi motivi" lo rassicurò Saho're.
"Tranquilli, sarò a Haksh in tempo. Prenderò il carro che ha consigliato il maturatore."
"Come vuoi" si rassegnò. "Vorrà dire che picchierò da solo Saho're quando russerà. Voi due non russate, vero?" scherzò, facendo piombare Re'ema e Bhasra nel più completo imbarazzo.
Con un altro sguardo tentò di convincere l'aquila un'ultima volta; sapeva non avrebbe accettato, ma in fondo ci sperava. Ak'uira non era ancora pronto per partire e rischiare di mettersi a nudo, voleva aspettare. Inoltre, qualcosa in Zahirile lo incuriosiva. Era riuscito a scorgere le cicatrici che il ragazzo cercava in tutti i modi di non far notare. Pensò che, quei vecchi tagli, fossero dei ricordi più dolorosi e gravosi dei suoi.
Appena gli altri se ne furono andati, si avvicinò a lui. Fu da questo incontro, apparentemente banale e innocuo, che ebbe inizio una storia parallela a quella già scritta dal destino.
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