Capitolo 46
22 Mo'gh M'eskar 1842 – Monte Haksh, Haksh
Non era nemmeno l'alba quando Shoudhe aprì gli occhi, aveva dormito pochissimo, ma era necessario far partire i gemelli in missione, per cui si apprestò a scrivere il messaggio per i diarchi di Harfnag. Baharas e i suricati erano fuori la grotta ad attenderlo.
Era una mattina secca e non molto fredda, tra qualche giorno le piogge avrebbero iniziato a bagnare la superficie di Haksh: il momento giusto per il periodo agricolo che stava iniziando. Per evitare imprevisti, fu deciso di spostare le precipitazioni a fine mese, precisamente all'inizio dell'Ilham: non avrebbe causato alcun danno all'economia del ge'th e i maturatori sarebbero stati più tranquilli.
Il falco prese il papiro appena prostrato dal governatore e guardò serio i due erpestidi:
"È una missione importante e pericolosa. Ne va della salvezza non solo di Haksh, ma anche di un altro ge'th. Il governatore vi sta affidando la responsabilità di milioni di vite: non deludetelo. Considerate questa missione come una seconda opportunità, non fatemi pentire di questa scelta".
Me'r e Katthe, sull'attenti, si inchinarono in segno di assenso. Shoudhe cercò di smorzare quei toni troppo ufficiali ringraziandoli invece per tutto ciò che già avevano fatto. Gli disse di stare attenti e di tornare sani e salvi.
"Io vi scorterò fino alla stazione sud, da lì in poi sarete soli" aggiunse infine il falco.
Erano pronti a partire quando furono raggiunti da un insospettabile Gharai mattiniero:
"Fate buon viaggio e ricordatevi di stare attenti, mancano pochi giorni all'ilham".
Nonostante quelle parole fossero un sincero augurio, Baharas non riuscì a non caricarsi di una strana sensazione di fastidio. Dentro di sé fece nuovamente i calcoli del viaggio di andata e ritorno: sarebbe tornato in tempo. Per quanto riguardava i gemelli era invece abbastanza tranquillo, il tempo all'esterno non era sincronizzato con la bozanj, ma, per scrupolo, aveva pensato anche a quello. Se tutto fosse andato come previsto, i gemelli sarebbero arrivati a Harfnag in un tempo ragionevole e avrebbero anche potuto chiedere ospitalità. Con due buoni cavalli al galoppo non ci sarebbero stati problemi.
Considerò questi presentimenti come eccessivo timore, per cui sorrise e salutò il giovane maturatore.
"Ora può affidare il messaggio a noi, signore" disse Katthe.
"È vero, tenete pure."
Fece loro mille raccomandazioni sul non aprire per nessun motivo il papiro dei corvi: il sigillo di cera impresso da Shoudhe sarebbe dovuto rimanere intatto.
Nessuno sospettava che i due diarchi avessero risposto di lì a poco con un'indicazione precisa:
"Hous dice di non passare per i sentieri di montagna".
Partirono senza perdere altro tempo.
La velocità dei due gemelli era mirabile, sfilavano tra le rocce e correvano per i sentieri ben tracciati stando al passo con il volo del loro ex maturatore. Erano così rilassati che, nella discesa, commentavano il freddo della brina sulle zampe.
Baharas, che li osservava dall'alto, non riusciva a capire tutta la loro spensieratezza, sembrava stessero partendo per una scampagnata anziché per una missione diplomatica estremamente importante.
Poco dopo l'alba, avevano superato la piazza della capitale, dedicando un breve saluto ai fondatori. I lavoratori di Haksh, che iniziavano all'ora a recarsi nei laboratori e nei campi, furono spaventati dalla velocità con cui quei tre otzici stavano percorrendo le vie cittadine: pensarono dovesse esserci qualcosa di cruciale in ballo.
Riuscirono a mantenere quell'andatura per gran parte della giornata e raggiunsero la stazione di confine a sud verso il tramonto; il velo della bozanj poteva quasi essere intravisto tra le onde del mare. Non essendo sicuro avventurarsi oltre il ge'th di notte, soggiornarono nella stazione assieme ai soldati di turno mangiando con loro.
Nonostante la fame, solo Baharas mantenne il decoro e la disciplina che un ufficiale dovrebbe avere. Il giorno seguente, mentre le guardie di stazione andarono a sellare dei cavalli per i suricati, il falco colse l'occasione per ribadire loro i comportamenti da tenere all'esterno.
"Mi raccomando, questa è la seconda volta che avete una missione oltre la bozanj, ma dovete stare lo stesso attenti. Evitate i boschi molto fitti e controllate spesso il cielo, la posizione del sole e delle stelle vi farà da guida; molti sentieri si saranno persi quindi sfruttate quelli tracciati dagli animali. Razionate il cibo e l'acqua, non vi avvicinate alle carcasse, non raccogliete l'acqua piovana e non provate a mangiare i frutti che incontrate se non c'è qualche insetto sopra. Se possibile, fermatevi al tramonto e cercate un riparo sicuro: il tempo là fuori è pazzo. Che l'Occhio e i Sei veglino su di voi."
I due gemelli lo abbracciarono di getto, erano ben consapevoli delle criticità e videro la preoccupazione oltre il discorso atono del falco. Baharas concesse pochi secondi a quel gesto affettuoso; l'imbarazzo per le altre guardie appena tornate fece arrestare la stretta.
I due cavalli scelti erano maestosi, giovani e prestanti, adatti ad affrontare l'ignoto al di là della bozanj. Il falco restò a guardare i suoi secondi allontanarsi verso ovest lungo la scogliera che caratterizzava quel luogo. Non riuscì a distogliere lo sguardo finché non divennero due puntini anche per i suoi occhi.
Quando svanirono, capì che era arrivato il momento di iniziare la sua indagine, così chiese alle guardie cosa fosse successo in quel periodo: voleva confrontare le loro affermazioni con i rapporti consegnati da Shoudhe.
A Haksh erano presenti quattro postazioni di confine, una per punto d'orientamento: una dietro al monte, una di fronte al monte oltre l'orizzonte e due ai lati della luna creata dalla catena montuosa. Baharas era arrivato con Me'r e Katthe in quella sud poiché è da lì che i due corvi furono entrati a Haksh.
Anche le guardie gli dissero ciò che aveva già sentito dai suricati: l'arrivo degli stranieri era stato comunicato ai gemelli che avrebbero poi avvisato lui. Continuarono commentando la loro gentilezza e simpatia oltre che l'accento strano, l'equipaggio restò sulla nave per tutto il giorno. Confessarono che, dopo aver bevuto qualche bicchiere con loro, i corvi avevano proposto loro di trasferirsi a Harfnag per diventare maturatori.
Questa notizia indispettì Baharas, non riuscì a prenderla come una battuta detta in un clima rilassato, fu interpretata come un ulteriore prova della possibile insubordinazione nei confronti dell'Eternità.
Passò la mattinata con loro, volle sapere di più sia sugli avvenimenti nella postazione sia di come stesse andando la loro vita: gli fece piacere rivedere un suo vecchio allievo e un mago impegnati in quel servizio.
Partì dopo aver pranzato e si diresse verso la stazione che guardava il monte Haksh, posta dove sorgeva il sole. Arrivò in serata e si fermò lì. Informò i due otzici di istanza in quel luogo e raccomandò la massima attenzione.
Spiccò il volo il giorno seguente per dirigersi verso Nord. Era la stazione con maggiori possibilità di attacco, ma sapeva che a difenderla c'erano i guerrieri migliori: Hoga'l e Rabe'th, con loro aveva condiviso bei momenti di cameratismo.
Baharas viaggiò per poco più di un giorno. Rallentò le sue spinte e si appoggiò sulle correnti, iniziava a essere stanco, ma poté concederselo: era in anticipo sulla tabella di marcia e la calma alla Stazione Est lo aveva in qualche modo tranquillizzato sulla situazione del ge'th. Decise di deviare per un momento al santuario Ta'ebhin, relativamente vicino alla stazione.
Atterrò in tarda mattinata all'inizio del breve sentiero fatto di gradoni che saliva sulla collina. Si riempì di orgoglio e nostalgia ripensando al pellegrinaggio che intraprese più di vent'anni prima.
Chiunque stesse per diventare maturatore intraprendeva un'importante cammino spirituale verso il Ta'ebhin, lì avrebbe pregato in solitudine i fondatori per benedire il proprio ritorno a casa e i ragazzi che gli sarebbero stati affidati.
Ammirò con gioia i giovani faggi che limitavano quella scalata, era sempre emozionante e il fatto di essere da solo lo fece approdare in uno stato di devota calma. Giunse davanti il tumulo di pietra con i sei lunghi bastoni ormai logori. Lo ricordava più imponente, ma la coperta di offerte era sempre la stessa e trasmetteva la viva fede dei resh be'th passati a adorare l'inizio di tutto.
Si inginocchiò davanti a quei testimoni della grande migrazione e pregò per i ragazzi che quell'anno stavano affrontando loro stessi all'interno del monte. Cercò tra le varie offerte ciò che aveva lasciato in voto: una piccola collana di perle azzurre che gli aveva regalato la sua compagna di allora per il pellegrinaggio. Era nascosta sotto altre decine di oggetti simili, ma la vide lo stesso.
Mi manchi, Ke'msh.
Al ritorno dal suo pellegrinaggio le chiese di sposarlo, fu un bellissimo momento che durò pochi anni: morì con il bambino che portava in grembo. Il falco non accettò mai del tutto questa sua perdita e si rifugiò completamente nell'addestrare soldati e nel fare il maturatore. Ma ora, davanti a quelle perle nascoste, i ricordi presero a riemergere.
Si asciugò una lacrima e il suo orgoglio cercò di distrarlo.
Cosa avrà portato Gharai?
Si appoggiò a quella sua unica stranezza: conoscere il voto degli altri maturatori; quello di Shoudhe lo conosceva già, era un piccolo modellino intagliato dal fratello.
Era pronto per rialzarsi e dirigersi nella vicina postazione, ma la strana inquietudine avuta alla partenza tornò a trattenerlo e decise di continuare a pregare. Immaginò Ke'msh al suo fianco.
Pregò per Haksh, per il suo amico Shoudhe, per i due gemelli in missione, per i maturatori e per tutto questo pazzo mondo.
Si alzò puntando lo sguardo verso il monte Haksh e sorrise nel vedere quello spettacolo con la sua compagna. Cercò di guardarla negli occhi e la salutò spiccando il volo per raggiungere la postazione a pochi minuti di distanza per lui.
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