Capitolo 44

21 Mo'gh M'eskar 1842 – Monte Haksh, Haksh

Quella mattina, il piccolo mulino del villaggio di Eshm'ar subì un incendio, per fortuna nessuno era al suo interno.

Non volete darmi un riparo per l'Ilham?!

Theha'l bruciò con le sue fiamme le pale e tornò a tormentare la vita di suo fratello, capo villaggio indaffarato. Ci fu un blocco totale dell'irrigazione dei campi e dell'erogazione di acqua nelle abitazioni, a nulla valsero le suppliche della donna ancora ostaggio del suo cobra addomesticato.

La popolazione maschile, coadiuvata da Ishm'ol e dal sacerdote Lath, era appena accorsa sul posto e, dopo aver domato il fuoco, cercò di sostituire le parti danneggiate in quel pomeriggio nuvoloso. Il gibbone sapeva cosa c'era dietro, ma fece intendere ai volontari di essere di fronte a una manomissione populista operata contro il capo villaggio. Theha'l riuscì a ottenere ciò che chiese e, in quello stesso momento, Shoum'e entrò nell'ufficio di Shoudhe.

Un sorriso sincero si disegnò sul volto del rinoceronte e, dopo aver fatto accomodare la zebra, gli offrì del pane e del tè.

"Allora, dimmi: come sta andando il maturamento?"

Shoum'e si era appena versato la bevanda e volle ricambiare la cortesia, ma il preside fece segno di essere a posto.

"Direi molto bene, governatore Shoudhe. Sto facendo progressi. Se chiudo gli occhi, riesco a percepire i colori."

"I colori?"

"Ah già, mi scusi. Ho scoperto di poter vedere l'energia degli otzi quando mi concentro e tengo gli occhi chiusi. Quest'energia assume una particolare gradazione di colore in base al tipo di otzi e di resh be'th che lo possiede. Ad esempio, la sua è di un verde acceso, senza sfumature." Sorrise e intinse il pane nel tè. "Il maturatore Loubra'l concorda con la maturatrice K'eirh nel dire che sarei perfetto per trovare gli otzici in giro per il ge'th assieme a Saho're."

"Mi fa molto piacere sentire queste cose e, per quanto mi riguarda, siete già assunti." Si rilassò con la sua battuta. "Ma toglimi una curiosità: il fatto che tu voglia frequentare più lezioni di conoscenza anziché di magia, dipende proprio dalla presenza di Saho're?" Cercò il pezzo di pane più secco, lo sgranocchiò e attese. La domanda sorprese piacevolmente la zebra.

"All'inizio sì, dipendeva molto dalla sua presenza. Era come se mi conoscesse meglio di me e volevo delle risposte. È strano da spiegare... è come se avessi già saputo che sarebbe stata la scelta giusta. Voglio dire, Saho're ha un otzi simile al mio, per certi versi. Ho solo pensato che se lui capiva chi fossi, avrei potuto farlo anch'io. Per fortuna ho iniziato ad acquisire una discreta consapevolezza del mio dono e ora stiamo diventando collaboratori."

"In che senso?" Era veramente curioso.

"Collaboratori forse è esagerato, tiene i suoi appunti segreti: è molto maniacale in questo. In pratica, mi chiede di verificare le informazioni che ottiene dagli altri. Da quando sono in grado di percepire i colori non faccio altro che elencarglieli e dirgli cosa sanno fare i nostri compagni – "qual è il tuo colore, Shoum'e?" – A volte penso che studi me anziché gli otzi!" Bevve un sorso di tè.

"Quindi, tu e Saho're sapete anche le capacità di noi maturatori?" chiese rilassato.

La zebra ingoiò di colpo per giustificarsi.

"No, no, non mi permetterei mai di conoscervi senza avere il vostro permesso."

Il rinoceronte rise per la reazione provocata e si poggiò allo schienale:

"Hai il mio, prego: cosa so fare?"

Shoum'e attese qualche attimo, il governatore era determinato, perciò posò la tazza e si concentrò. Vide un'energia smeraldo iniziare a vorticare su sé stessa condensandosi sempre di più finché, raggiunta la tensione massima, esplose in tutta la sua bellezza: era veramente affascinante e coinvolgente ciò che poteva fare il rinoceronte.

"Lei può parlare con gli animali."

Shoudhe annuì, battendo le mani soddisfatto. In quell'istante, riemerse il ricordo del perché aveva deciso di fare il maturatore, per vedere il potenziale e il futuro dei ragazzi. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere quel resh be'th e ciò che sapeva fare, ma era arrivato il momento di capire chi era realmente Shoum'e.

"Vorrei tanto che questa conversazione rimanesse spensierata come ora, ma purtroppo dovrei chiederti alcune cose molto importanti di cui non ho mai voluto discutere."

La zebra annuì.

"Cos'è il toro celeste che hai visto al risveglio?"

Solo lui era in grado di fare domande così brusche e distanti allo stesso tempo. Sentendo la domanda, a Shoum'e sembrò fuori luogo sorseggiare il tè e cercò di dare forma ai suoi pensieri.

"Non so cosa possa essere, ma so per certo che quello non è un Samath, se è questo che intende. Non so come spiegarlo, è una sensazione interna. Anche nei ricordi che ho, non percepisco niente, nessun colore; provo solo un forte disagio. Quando penso a qualcuno, a volte mi capita che si colori del proprio otzi. Il braccio del Samath, ad esempio, lo vedo come una luce. Se invece penso a quel toro, lo vedo celeste. Ma non ha niente a che fare con la magia, è solo celeste."

"Ho capito. Un'altra domanda," andò più nello specifico, "da dove vieni precisamente? Abiti a Bheloim e ci hai detto che sei stato adottato da una coppia di gufi. Ma quello che mi chiedo è: sai come sei arrivato da loro, non ricordi nulla?"

Shoum'e iniziò a preoccuparsi, forse voleva che confessasse le sue bugie.

"È successo qualcosa? Come mai mi sta ponendo queste domande ora? Devo andarmene dal maturamento?"

"No Shoum'e, non devi andartene, non ti preoccupare. Non hai fatto nulla di male, voglio solo capire alcune cose. Tutto qui" lo rassicurò.

"Sì, certo, mi scusi. I miei genitori hanno sempre detto di avermi trovato per strada durante una passeggiata. Hanno sentito il mio pianto e mi hanno raccolto." Fece una piccola pausa, come per pensare.

Resse lo sguardo del governatore e, alla fine, decise di confessare:

"So cosa comporta essere una zebra, preside Shoudhe; so perché non ci sono più e so come vengono viste. Per questo ho sempre fatto finta di niente e ho cercato di essere il più ordinato e il più obbediente possibile. Vi ho mentito. Non vengo da Bheloim, lì è solo dove ho incontrato il maturatore Gharai. Se il mio essere qui ha creato disonore al ge'th di Haksh e al maturamento le chiedo scusa e accetterò qualsiasi punizione. I corvi di ieri erano gli Eterni, vero? È stato richiamato a causa mia!"

"Shoum'e, tranquillo, non è niente di tutto questo; quei corvi non sono gli Eterni. Spiegami però perché ci hai mentito. Sei stato realmente adottato da una coppia di gufi? Se avessimo scoperto tutto, saresti stato nei guai. Perché non ti sei fidato di noi?" Il ragazzo non rispose. "Volevi difenderli perché hanno un otzi e non volevi succedesse loro qualcosa? Puoi dirci tutto, Shoum'e."

"I miei genitori non hanno un otzi. Vengo da un paesino vicino Him'edh e sì, sono dei gufi. Mi dispiace, ma preferirei non dire i loro nomi. Se per questo vorrà rispedirmi tra gli Harki', lo accetterò."

Shoudhe si portò le mani sulla testa, non sapeva minimamente come reagire.

Quel maledetto!

Quella parola, Harki', significava una sola cosa per lui e, in un secondo, intuì parte della storia di Shoum'e.

"Per caso i tuoi genitori sono Gibha e Jarahs?"

"Come fa a saperlo?"

Si tirò il pizzetto grigio mentre distese un sorriso nostalgico.

"Da ragazzo giocavo sempre con i tuoi genitori. Eravamo grandi amici, e ora so che ogni cosa ti abbiano detto gli è stata insegnata da una persona della quale non vorrei parlare." - Hak'obh -

L'ultima volta che vide suo fratello fu il giorno in cui venne esiliato. A volte si domandava se avesse dovuto difenderlo, anziché restare a guardare. Non ha mai avuto il coraggio di chiedergli scusa.

"Non è escluso che questa persona ti abbia fatto qualcosa." Si grattò le sopracciglia. "So che potrà sembrarti veramente bizzarro, ma dovrei sussurrarti una frase all'orecchio." Shoum'e guardò stranamente il rinoceronte alzarsi dalla sedia e avvicinarsi a lui. Entrambi erano pieni di imbarazzo.

Shoudhe maledisse il fratello, era certo sapesse che, un giorno o l'altro, lui e la zebra si sarebbero incontrati e avrebbero dovuto prestarsi a quella condizione ridicola. L'enorme faccia del governatore si avvicinò al ragazzo che istintivamente si tirò indietro. L'afferrò e gli sussurrò:

"Shoudhe è stupido."

- La vera nascita - il sorriso del padre - il corteo - il prescelto - l'attacco dell'avvoltoio - gli occhi sbarrati del padre -

Tutto riaffiorò nella mente di Shoum'e, non riuscì più a respirare.

- Il saluto della madre -

Fissando il vuoto, pianse in silenzio le lacrime che si erano congelate anni prima. Le lame di quei ricordi si incisero nuovamente sulle cicatrici della sua memoria.

- il volto del padre - le spalle della madre -

Voleva balbettare qualcosa, ma la sua voce si spezzò più volte. Shoudhe gli poggiò una mano sulla spalla, sembrò non accorgersene. Più sfogliava le immagini dei suoi genitori, più la rabbia saliva. Ogni cosa divenne chiara. Arrivò nel punto in cui lucidità e pazzia si uniscono.

"Devo trovare quel resh be'th, devo correre da mia madre."

Fece per alzarsi, ma Shoudhe lo riportò bruscamente sulla sedia e alla realtà.

"Purtroppo, ho bisogno che mi spieghi cosa hai ricordato, Shoum'e."

Il ragazzo tornò a immobilizzarsi, voleva dalla madre l'abbraccio che non aveva mai ricevuto. Si sentì spoglio e indifeso. Shoudhe ripeté la domanda e la giovane zebra vomitò tutto ciò che, fino a quel momento, non credeva di sapere. Si vide pronto a uscire fuori dal ge'th per una sua personale vendetta.

Il rinoceronte fu invaso da altri dubbi, non sapeva se fosse stato giusto parlare al ragazzo della profezia. Credeva che, dicendogli la verità, Shoum'e li avrebbe aiutati a trovare una soluzione, ma ora non poteva più dirgli nulla. Non dopo aver appreso quelle cose. Ripensò al risveglio del ragazzo, il toro celeste era solo il preludio del suo dolore. Aveva già vissuto un trauma immenso e si chiese, in un attimo di distrazione, se la realtà potesse sostituirsi a me.

Passarono il resto del pomeriggio a parlare amichevolmente. Prese molto di più a cuore la sua situazione, quasi come fosse un figlio acquisito. Lo fece sfogare e lo fece parlare ancora del suo otzi, lui gli parlò del suo. Conobbe le strane storie dei ragazzi con cui era entrato in contatto e si rese conto che Shoum'e aveva già gli strumenti per rialzarsi. Lo fece desistere dal cercare quel resh be'th, sarebbe stato inutile e sciocco per moltissimi motivi che non volle spiegargli. Non gli rivelò mai la sua identità.

Poco prima di cena si salutarono e gli chiese, per quanto possibile, di mantenere segreta la loro conversazione, ma nella zebra qualcosa era cambiato. Per la prima volta in vita sua, si percepì come un orfano e pagò il suo debito con la sofferenza. Si rifugiò nella sua stanza e non mangiò. Quando Saho're volle sincerarsi delle sue condizioni, fu scacciato bruscamente. Ribaltò il letto e pianse sul pavimento fino ad ansimare.

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