Capitolo 31
2 II 12 1842 (1 Mo'hg Ghar calendario Haksh) – Rahfgoer; Harfnag
Houghin e N'uhin tornarono al galoppo alla sede del maturamento, l'eredità nascosta fu il loro unico pensiero. Mentre percorrevano i campi di segale, dorati e sorvegliati da spaventapasseri a forma di lupo, si resero conto di non aver mai letto il contenuto di quella antica pergamena. In realtà non sapevano neanche se si fosse trattato di quello o di un altro tipo di artefatto. L'unica informazione ricevuta fu la sua ubicazione e l'imperativo di non prendere mai l'eredità a meno che non fosse stato veramente importante. Hous fu perentorio nell'affermarlo.
Che si stesse riferendo a questo momento?
Ogni governatore tramandava infatti questo cimelio al suo successore dicendo che solo un resh be'th fu consapevole del contenuto: Ghashar, il fondatore di Harfnag. Quel documento gli fu affidato direttamente dalle mani del profeta Houfer, 'salvatore dei resh be'th', durante la grande migrazione.
Tutto ciò avvenne dopo che fui diviso in tredici pezzi. Conobbi la migrazione durante il suo farsi, alcuni esuli subirono il risveglio e rinvenni con loro, ma le parole affidate a Ghashar, sigillate al mio fianco, mi rimasero sempre estranee.
I due corvi, per alleggerire i cavalli e aumentare la loro andatura, sbatterono le ali prendendo il ritmo con il galoppo; l'ombra proiettata al suolo mi ricordò alcuni dei miei fratelli più giovani e inesperti.
Giunsero a notte fonda a Rahfgoer. La città era deserta e lo scrosciare delle fontane accompagnava il sonno di ogni cittadino tramite una preziosa diramazione di acquedotti esposti. Gli zoccoli sul selciato davano corpo a quel fluire che si insinuava tra i vicoli di mattoni e archi. Un gatto interruppe la pace notturna e, giocherellando con un topo, sparì tra le ombre mentre i due resh be'th salirono le larghe scalinate verso la biblioteca.
Accolti da numerosi colossi pieni di parole e informazioni, i diarchi presero senza indugiare una torcia di fiamma fredda nel corridoio centrale. Si persero all'interno di quel labirinto fatto di scaffali e lettere fino a giungere davanti un'area riservata solo a chi possedeva un otsi. Salirono dei gradini di pietra, stanchi e affusolati da tutto il peso sopportato nelle ere e attraversarono un lungo corridoio sorvegliato da porte, rotoli ammassati e fiaccole spente.
Una pesante botola con una maniglia circolare in ferro battuto si palesò ai loro piedi. Nonostante fossero presenti solo loro due, allungarono la torcia per gettare uno sguardo verso il buio del corridoio, reso ancora più oscuro dall'assenza della luna. N'uhin si accorciò la tonaca e iniziò a tirare a sé la botola con entrambe le mani e sostenuto dallo sbattere delle ali. Houghin, dall'altro lato, spinse la pietra per aiutare il fratello. Entrambi pensarono che, all'inizio del maturamento, avrebbero dovuto sottoporre a quello sforzo qualcun altro, altrimenti avrebbero perso di credibilità e solennità.
Sudando per non fare rumore, poggiarono maldestramente la copertura al lato; l'olezzo di acido e pelo bagnato li schiaffeggiò improvvisamente. Planarono in una cripta modesta e spoglia caratterizzata da esili colonne porose che sembravano reggere a stento un soffitto di mattoni millenari. Al centro, un pilastro di granito giallo ospitava parte della mia coda di serpente blu con macchie nere.
Entrambi adagiarono le fiaccole su degli alloggi e misero le mani sul blocco di pietra. Furono molto attenti a non toccarmi e, al via concordato, spinsero il piedistallo in avanti. Lo sgretolio della pietra accompagnò il palesarsi di una piccola apertura nel terreno; un papiro arrotolato, consumato dalle ere, giaceva al suo interno. N'uhin lo prese delicatamente tra le mani e iniziò a srotolarlo.
"Avanti, leggilo, che aspetti? Questa cosa mi emoziona e mi turba al tempo stesso. Veloce prima che qualcuno venga a cercarci, nessuno deve sapere che siamo qui" insistette il gemello.
Aggiustando gli occhiali con il dito, l'altro biasimò quel corvo insicuro e sospettoso senza ragione:
"Con educazione e garbo, fratello. L'ho letto, ma non mi sembra rivelatore. A ogni modo, recita così. 'Multipli essenze ramificate segneranno l'inizio della via dello striato'".
Incuriosito, Houghin tese la mano:
"Che significa? Fammi vedere".
I due gemelli si passarono il segreto tra le mani. Houghin rilesse la frase più volte, ma non riusciva a capire il senso di quelle parole; tuttavia, avvertiva una sensazione familiare. Riconsegnò il rotolo al fratello e si guardò un'altra volta intorno, cercando un eventuale intruso creato dall'unione della sua paranoia con le ombre della cripta.
"N'uhin, l'ho imparato a memoria, fallo anche tu e rimettiamolo a posto. Rischiamo di rovinarlo esponendolo all'aria e toccandolo."
L'altro corvo lo rilesse varie volte senza troppo impegno e, una volta fissato nella mente, lo depositò con cura dove l'aveva trovato.
Passarono le decimane, ma quelle parole risultavano ancora incomprensibili. Fu durante la sua prima lezione che Houghin ebbe l'illuminazione e corse febbricitante dal fratello, dopo aver verificato alcuni dati.
"N'uhin!" urlò per i corridoi della biblioteca mentre degli sguardi adirati lo richiamarono al silenzio.
Aprì la porta del suo piccolo studio dove dipinti di corvi e di navi coloravano l'unica parete circolare. Il corvo fu preso da uno spasmo involontario per lo spavento e strappò un margine dell'estratto contabile sui nuovi attracchi commerciali al porto.
Se la sua interruzione non pareggerà in gravità questo imperdonabile incidente, darò le dimissioni e partirò alla ventura.
"Oh Celeste, perdonami" si scusò Houghin sull'uscio. Ancora non si era tolto la grande medaglia d'argento, con lo stemma del ge'th, indossata per l'accoglienza dei nuovi otsici.
Poggiando il documento sulla stretta scrivania e allargando le braccia in segno di resa, lo fece accomodare e gli chiese cosa volesse.
"Forse ho capito il senso dell'eredità. Ripetimi il censimento dei ragazzi presenti al maturamento."
"Realmente?" disse mentre cercava di ammorbidire le pieghe del papiro rovinato. "A ogni modo, la nostra rappresentanza giovanile consta di quindici elementi intuitivi, dieci dialogativi, otto membri teatrali, cinque di fattura artigianale, tre guerrieri e infine un resh be'th arcano."
"Eccolo qua il numero magico: quindici." Puntò il fratello con l'indice. "Quindici ragazzi intuitivi. E sai dirmi qual è il loro otsi?"
"Houghin non trattarmi come un infante che non conosce il mondo, parla chiaramente. In più starei sbrigando faccende da governatore."
Il corvo era troppo eccitato per essere scalfito da quel rimprovero.
"Hai ragione." Alzò le mani. "L'otsi di questi ragazzi è l'albero o meglio tutto ciò che riguarda l'albero: i rami, le radici. E sono proprio queste le ramificazioni di cui..." Abbassò il tono di voce nel dirlo, "di cui parla l'eredità: multipli essenze ramificate. Sta parlando di noi. Capisci?! Hous si sbagliava, non ci dà la soluzione per agire, ci sta informando del tempo che stiamo vivendo. Tutto il nostro ge'th è nato in funzione di questo momento. Ti rendi conto?! Stiamo facendo la Storia. Siamo nella Storia, N'uhin!"
La sua mente era diventata una girandola di euforia. Aveva passato la vita a leggere e comprendere gli avvenimenti del passato e a sognare di poter dare un piccolo contributo a quel grande tomo scritto da eventi e personaggi importanti. Quando fu proclamato diarca assieme al gemello credette di aver toccato la vetta della sua vita, ogni sua azione avrebbe avuto un impatto su quella sua personale divinità. Scoprire di avere un ruolo maggiore, con una portata estesa all'intero mondo, lo elevò ancora di più. Il gemello rimase scettico e lo tirò giù, verso la realtà.
"Teoria interessante, ma rimembro che l'eredità contenesse un'altra parte di dicitura."
"Non è una teoria. È evidente" rispose offeso. "Si sta palesando tutto in questi giorni. Il resto parla della via dello striato."
Anche Houghin, proprio perché esperto sacerdote della sua dea, era consapevole delle varie implicazioni di un singolo evento epocale. La sua frenesia non bloccò le sue preoccupazioni, anzi, le amplificò proprio perché si stavano spingendo verso un terreno inesplorato dove diversi attori potevano agire in contemporanea. Così continuò a spiegare:
"Credo sia necessario stare attenti ai segni. Non sappiamo che tipo di vicenda sia l'inizio di questa 'via'. Di sicuro, sarà la nascita di un particolare periodo storico nel quale siamo ovviamente coinvolti, e qui entra in gioco lo striato."
Il fratello lo fissava accondiscendente mentre pensò di ripassare mentalmente cosa dire alle sue lezioni comunicative che si sarebbero svolte nel pomeriggio.
"Ho riflettuto abbastanza velocemente su cosa potesse voler dire. Ho voluto negarlo a me stesso, ma ho controllato i registri storici e continuo a non crederci. L'unico resh be'th che venne chiamato in questo modo, prima della grande migrazione, era quello con l'affinità della zebra."
N'uhin venne smosso dalla stranezza di quell'affermazione e fece cenno al gemello di continuare, ora lo stava ascoltando.
"Sappiamo entrambi che, quando furono creati i dodici ge'th, si erano già formate altre due comunità indipendenti, quella delle zebre e quella degli Tsaile'dh. Non credo l'eredità si riferisca a questi: sono stati loro a far scoppiare la guerra. La dicitura 'via dello striato' mi lascia turbato proprio perché sono convinto riguardi un agire delle zebre. Quindi, la mia domanda è: cosa facciamo? Andiamo a parlare con le zebre o comunichiamo questa scoperta al Consiglio Eterno?"
La miscela di preoccupazioni e di entusiasmo, per avere un vantaggio conoscitivo su un'inedita vicenda storica, lo fece straparlare. Desiderava conquistare il cuore del suo otsi e controllare, come in un esperimento, ogni singolo movimento geopolitico da quel momento in avanti.
"Mi sembra altamente inverosimile la formulazione della questione da parte tua. È senza alcun dubbio necessario rendere immediatamente nota la suddetta vicenda al Consiglio Eterno. Tutti noi abbiamo giurato di porci sotto le sue ali protettrici in eventuali circostanze di pericolo, o di difficoltà, e codesta mi pare una situazione per certi versi ambigua, ma degna di riflessione da parte Loro. Non è alla nostra portata..." si corresse. "Non è di tua competenza contattare autonomamente un popolo che, oltre a essere irreperibile, è anche schivo e dubbioso nei confronti dei dodici ge'th."
"Ma non è troppo presto per informare il Consiglio Eterno? Voglio dire: non abbiamo nulla in mano se non questa mia intuizione, e lo sai che potrebbe essere presa come una preoccupazione infondata. Vorrei evitare di fare questa figuraccia. D'altra parte, non sappiamo se le zebre si riveleranno ostili, come dici tu. Vorrei solo vederci chiaro personalmente prima d'informare il Consiglio Eterno e abbiamo le capacità per farlo. Sai come parlare ai cuori della gente e sono sicuro che, con la tua diplomazia, saremo in grado di avere un incontro pacifico con la loro comunità."
Si era portato alle spalle del gemello e iniziò a scuoterlo delicatamente per portarlo dalla sua parte.
"Sei sempre il solito, avevi già pianificato tutto. Non mi hai chiesto un consiglio, mi hai chiesto un consenso. Ma è presente una falla nella tua orazione. Ti è ancora ignoto lo strumento per localizzare la comunità delle zebre. Come pensi di ricucire questo foro?"
Houghin, quando si parlava di Storia, sapeva scivolare tra due diversi atteggiamenti contraddittori e paradossali: il primo, ossequioso, insicuro e in cerca di risposte; l'altro, intelligente, furbo e calcolatore.
"Ho già pensato anche a questo: basta andare da Hous, lui saprà cosa fare. In più ho in mente anche un'altra idea."
N'uhin, al contrario, era molto più scrupoloso e coerente verso la vita. Mal sopportava il dover ricorrere ancora una volta a quel povero vecchio gufo. Sbuffò tutto il suo dissenso:
"Vorresti disturbare ulteriormente il riposo di un anziano? Sei detestabile".
Houghin accettò quel giudizio, ma era pronto a tutto. Si ritrovarono quindi, due giorni dopo, nuovamente nel salotto del loro predecessore.
"Per quanto ancora avrete bisogno di questo povero vecchio gufo? Possibile che ancora non sappiate volare con le vostre ali?" Si poggiò pesantemente sulla sua sedia a dondolo mentre espresse questo finto dubbio.
"Ci dispiace disturbarla nuovamente Hous, ma abbiamo letto l'eredità e siamo giunti a queste conclusioni. N'uhin, vuoi dirgliele tu?"
Il corvo, irritato per questo passaggio di responsabilità, descrisse al suo maestro in maniera precisa le scoperte del gemello sul significato del lascito; gli raccontò la discussione avuta su come agire e di come l'anziano fosse l'unico a poter sapere cosa fare.
"N'uhin, tu cosa ne pensi, veramente?" Il vecchio resh be'th sorrise al corvo per tranquillizzarlo.
"Sono stato persuaso che la soluzione abbia bisogno di maturare ulteriormente. Nonostante conosciamo come ci è stato indicato di agire, nel profondo non so quanto sia performante informare il Consiglio Eterno. Su questo do ragione a mio fratello, ma neanche dialogare con le zebre credo sia confacente. Desidererei ci prendessimo altro tempo per far nascere una nuova soluzione."
Hous si alzò e toccò entrambe le loro mani:
"Direi sia il caso che Houghin ci parli dell'idea che gli frulla in testa".
Un turbine d'imbarazzo e rassegnazione condì le parole del gemello mentre i panni dell'insicurezza e dell'intraprendenza gli calzarono il corpo come un singolo abito.
"So cosa comporta, perciò, N'uhin: non ti arrabbiare. Credo possa essere utile dialogare con il rinoceronte di Haksh." Dopo quest'affermazione, si affrettò a spiegare prima che il gemello potesse aggredirlo verbalmente. "I nostri ge'th all'inizio erano uno solo e potrebbero esserci buone probabilità che anche i loro governatori si siano tramandati un'eredità come noi. Penso sia un buon modo per vederci chiaro su tutta questa vicenda. È rischioso certo, ma secondo me vale la pena tentare."
N'uhin abbandonò quel salotto amareggiato, deluso e sconfitto.
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