Capitolo 30

2 Mo'hg Ba'haral 1842 – Sala spirale; Haksh

Gharai, il maturatore più giovane, aspettò che la sua classe uscisse dalle proprie stanze per condurli nella Sala Spirale. Salutò tutti sventolando i suoi capelli piumati bianchi e rossi pettinati in un'elegante cresta. Decise di fare subito le presentazioni lì, su quel corridoio scomodo e scosceso; gli sembrò più intimo e confidenziale. C'erano Hatsei; Thoulim, un geco di kotschy; Bhoeom, un falco collorosso; K'irh, un piccione; Ahitse un drago di komodo e l'unica ragazza: Go'se, una mangusta gialla.

Durante il tragitto per la sala, il cacatua mostrò sempre le sue piccole ali bianche ondeggiare a ogni suo passo. Continuò a parlare per un tempo che ai suoi maturanti parve infinito. Gesticolava e parlava senza mostrare il suo viso sorridente e sognatore, in quel modo non vide neanche le occasionali smorfie dei resh be'th per la sua logorrea: ne era comunque consapevole. Raccontò dell'infanzia felice e privilegiata e la cosa, dopo un po', non interessò più a nessuno.

Giunsero in un'alta nicchia senza capire la strada percorsa per arrivarci. Un singolo raggio perpendicolare diffondeva una fragile e potente luce da un foro nella roccia. Il fascio sembrava raccogliersi in una minuscola conca scavata dalle gocce che precipitavano durante le piogge. Gharai si fece tagliare dalla lama solare e si avvicinò a una porta di legno; era cesellata con lo stemma dei tre picchi. Si appoggiò sulla maniglia continuando a parlare, e fu in quel momento che si voltò verso i suoi ragazzi.

"E questa è la storia di come sono arrivato fin qui. So di avervi annoiato a morte, ma spero abbiate capito il perché io l'abbia fatto."

Nel dirlo, la sua bocca non si era minimamente mossa. I giovani resh be'th rimasero senza parole, non credevano possibile una cosa del genere. Ma in qualche modo riuscì a giustificare il teatrale modo di muovere le braccia come a disegnare ciò di cui stava parlando.

"La vostra reazione è comprensibile." Questa volta parlò per davvero. "Dovete sapere che il mio otzi... mi rende telepatico."

Decise di alternare suono e voce interiore:

"Quindi potete sentire tutti i miei pensieri, ma solo quelli che indirizzo a voi. Non saprete mai, per esempio, che a me piacciono molto le nuvole. Come non detto".

Divenne una macchietta e si prese in giro cercando una chiave di lettura per catturare il cuore di quei resh be'th. Forse c'era riuscito: sorrisero di gusto a quel suo siparietto. Quella strana situazione fu per loro molto piacevole ed riuscì a confortarli dall'inferno passato la sera prima.

"D'ora in poi parlerò solo utilizzando la mia telepatia." Sorrise orbitando i suoi indici sulla fronte.

Spalancò l'ingresso e avanzò di qualche passo all'interno della stanza facendo cenno ai ragazzi di seguirlo. Quella camera era molto inusuale, il nome spirale le si addiceva appieno. Era un ambiente circolare realizzato con tanti gradoni di roccia che formavano una passerella discendente fino a raggiungere il centro. Loro si trovavano nella parte più alta e Gharai li fece scendere fino alle gradinate più basso. 

"Mi raccomando: non saltate o volate giù. Potrebbe essere pericoloso" disse facendo lui stesso un grande balzo e planando verso il centro. Si stava divertendo e continuò a prolungare la "o" nella discesa. Per fortuna, i suoi allievi si rivelarono più disciplinati di lui e lo raggiunsero per la via prestabilita.

Ognuno di loro si posizionò su dei gradoni differenti e si fermarono ad ammirare la loro classe. Delle serpentine bioluminescenti, supportate da fiaccole strategiche, resero l'ambiente molto più grande e profondo di quanto non lo fosse in realtà. La pavimentazione di quella grotta, contornata da tante fiamme piatte a illuminarne il perimetro, era simile a un grande palco dove potersi esibire. Delle lunghe doghe sfalsate cigolavano sotto le zampe artigliate del maturatore che, con il suo passo, sembrò evidenziare la presenza di una grande carta geografica incisa e dipinta sulla superficie. I giovani non riconobbero la conformazione di Haksh, videro una landa sconfinata attaccata dalle acque in ogni direzione e le montagne rifugiarsi all'interno di numerose catene. Non c'era un mare a Est e non c'era una montagna a Ovest. Notarono un piccolo puntino, su una protuberanza di poco conto, che sembrava evidenziare il nome del loro ge'th. I resh be'th furono confusi e disorientati, così chiesero subito al maturatore qualche informazione al riguardo.

"Avevo intenzione di far venire un giorno il preside Shoudhe a parlarvene, ma, visto che insistete, vi anticipo lo stesso qualcosa. Come potete vedere – aspettate che mi sposto – questo è l'enorme continente che abitiamo. È l'unica distesa di terra emersa esistente oltre alle varie isole sparse. Questo punto in rilievo invece è il vostro ge'th, segnato e dotato di nome; degli altri non è consentito sapere dove siano posizionati. Ciò che dovete tenere a mente, ed ecco perché questa mappa si trova qui, è che per voi il pianeta intero è molto più vasto e variegato rispetto a quello di un resh be'th comune. Ho parlato con molti contadini e lavoratori nei villaggi, credono che Haksh sia il mondo intero. Non sospettano minimamente o sono scettici a credere che ci sia tutto ciò oltre la nostra Bozanj. A loro basta... questo." Indicò Haksh accovacciandosi come un piccolo resh be'th su un formicaio.

Le facce di Hatsei e degli altri erano stralunate e perplesse. Facevano volare i loro occhi su e giù per quella terra di legno e, a ogni passata, sembrò loro sempre più grande e imponente. Il cacatua si accorse dell'errore commesso schiaffeggiandosi la fronte; l'impatto creò un ciuffo di piume ribelli. 

"Ah. È vero, voi ancora non lo sapevate. Ecco perché doveva venire Shoudhe. Colpa mia. Però ragazzi" li interrogò spassionatamente, "non vi è mai sembrato strano che Haksh fosse il mondo intero? Guardate, è molto più grande e Haksh non è che una piccola parte."

Cercò di lavare via quell'ingenuità, ma non fece altro che alimentare le perplessità. Mille domande invasero i ragazzi e le vomitarono subito, rischiando di far perdere al cacatua il polso della situazione.

"Va bene, va bene, va bene. Organizzerò al più presto un incontro con Shoudhe e potremo discutere con lui di tutte queste questioni. Adesso però è più importante scoprire di cosa siete capaci, non trovate? Come avrete già notato, i vostri otzi rappresentano il vostro animale primordiale o una parte di esso." 

Si alzò in volo così che i suoi resh be'th non guardassero più il planisfero ma lui. Parlò a raffica attirando l'attenzione anche con le mani e spostandosi avanti e indietro con le sue ali. Riuscì a sovrastarli e poté tornare a terra, sistemandosi il vestito sgualcito.

"Ciò che ci contraddistingue è l'arrivare ai cuori degli altri e il sapere come smuoverli dialogandoci. Ma questo è un processo lungo e delicato, ogni resh be'th è unico e ognuno ha un proprio vissuto che lo condiziona positivamente o negativamente all'ascolto di determinate cose." 

Tirò un sospiro per calmarsi ulteriormente:

"Ora, K'irh, indico te perché sei il primo a cui ho notato l'otzi, puoi venire qui? Osserviamo tutti, così capiremo. Guardate il suo braccio, c'è chiaramente un piccione rappresentato ed è orientato verso destra. Cosa significa questo? Vuol dire che hai grande empatia nei confronti dei volatili, saprai farti loro portavoce e sarai una guida per loro".

I ragazzi sembravano non afferrare il concetto, non erano ancora abbastanza concentrati.

"Sono parole molto vaghe per il momento, lo so. Ma non vi preoccupate, durante il maturamento riusciremo a dargli concretezza. Se, per esempio, l'otzi di K'irh fosse stato orientato verso sinistra, avrebbe voluto dire che la sua empatia sarebbe stata rivolta alle altre forme resh be'th."

A quel punto, la classe iniziò a studiare il proprio otzi; Hatsei non capì nulla del suo e diresse l'attenzione verso altro. Notò una leggera somiglianza tra il simbolo del maturatore e quello di un altro membro della classe.

"Mi scusi, maturatore Gharai, potrebbe descriverci il suo otzi?" chiese il licaone fissando sornione la ragazza mangusta.

Go'se si rese conto della cosa e guardò corrucciata Hatsei che ricambiò lo sguardo con un occhiolino; in qualche modo le piaceva e voleva aprire una breccia. Tutto di lei era delicato, viso sincero, occhi sorridenti. Ma furono i suoi capelli, vellutati e biondo ramato come il suo manto, a fargli perdere la testa. A volte mi chiedo come sarebbe stato il percorso di Ak'uira senza questo occhiolino, anche se è una domanda sbagliata.

"Ma certo... Hatsei, giusto? Il mio otzi. Come potete vedere sul ginocchio, è la testa di un pappagallo orientata a sinistra e rivolta verso l'alto. È un marchio molto raro, per quel che ne so, e solo chi possiede il proprio animale in questa posizione, o a destra, può essere telepatico."

Go'se alzò la mano e, nel silenzio della sua voce, le parole giunsero a Gharai che si stupì, forse un po' troppo, di avere un elemento uguale a lui.

"Ragazzi, questa è una meravigliosa coincidenza. La vostra compagna qui è in grado di utilizzare la mia stessa capacità. Ma è strepitoso!"

Iniziò quindi un monologo sulla bellezza della telepatia che risultò, per chiunque, interminabile, ma non mancò di disseminare dei riferimenti anche per gli altri otzi. In quel modo i suoi allievi potevano capire di cosa fossero capaci: tutti tranne uno.

Hatsei non aveva ancora trovato indicazioni su ciò che era in grado di fare. Continuò a contorcere il volto per osservarsi il petto in cerca di dettagli, ma anche questo secondo tentativo andò a vuoto. Decise di farlo presente.

"Vediamolo da vicino." Si incuriosì Gharai.

Il resh be'th si avvicinò al cacatua e gli mostrò il proprio simbolo. Il maturatore constatò che l'otzi del ragazzo era diverso dagli altri, il muso del licaone era posto frontalmente anziché di profilo e, cosa più strana, non aveva le pupille.

Con la mano tra i capelli piumati, abbandonò la telepatia e si rivolse anche alla classe intera:

"È la prima volta che ne vedo uno, ma ne ho sentito parlare. Esiste una specie di leggenda – anche se è esagerato definirla così – tra gli otzici della comunicazione. Dice che il muso senza pupille vuol dire futuro. Gli occhi dell'animale guarderebbero infatti in una direzione che deve ancora palesarsi. Purtroppo, questo è tutto ciò che posso dirti sul tuo otzi. Sarai in grado di far affezionare quanti più resh be'th possibili al futuro, oppure sarai un visionario. Ora come ora hai e abbiamo pochi elementi, ma sta' tranquillo, in queste lune scoprirai chi sei".

Tornato a posto, Go'se gli si avvicinò e gli chiese telepaticamente e con malizia: 

"Quindi cosa farai, visionario?".

Le sorrise come se avesse appena ottenuto una vittoria.

"Credo che li unirò tutti" disse guardando il mondo ai suoi piedi.

Gharai iniziò la sua lezione e fu ascoltato con interesse dalla sua classe, a eccezione di quei due: non smisero di parlare tra loro scambiandosi anche dei sorrisi innocenti. L'intervento del maturatore finì senza che sapessero di cosa avesse discusso, ma poco importava, si era creata una particolare complicità. 

Prima di alzarsi dai gradoni per andare a pranzare, Go'se riassunse il discorso avuto con il licaone tramite una frase che le suonò come il desiderio di un megalomane.

"Quindi, ti chiami Hatsei e vieni da Harsha. Vorresti unire i resh be'th del mondo intero e il modo migliore, secondo te, è quello di creare un nuovo linguaggio che li contenga tutti."

"Esatto."

Quel linguaggio è quello che sto utilizzando per raccontarti la storia di Ak'uira.

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