Capitolo 26
26 She'th Ghar 1842 (calendario Haksh) – Khrimbethka, Bhimbetka
La Mano di Betka era una votazione molto rara e, nei decenni, iniziò a venire indetta dallo stesso gran teocrate per poter essere sostituito. Accadeva quando ci si sentiva troppo vecchi e troppo stanchi per reggere le decisioni dell'Equilibrio; più di trent'anni prima, Kabter la propose per far eleggere Dobry al suo posto.
Quel giorno, invece, la situazione fu molto più delicata e controversa: qualunque fosse stato il risultato, Bhimbetka sarebbe cambiata.
Il gran teocrate, mentre non riusciva a capacitarsi della sfrontatezza del toro, intuì qualcosa che lo fece seriamente spaventare. Nonostante vide i volti esterrefatti dell'intero Circo, credette fosse tutta una macchinazione architettata da Boldegan per eliminarlo. Ai suoi occhi cinici e maliziosi, il giaguaro era riuscito persino a coinvolgere e a far alleare i teocrati Efax e Praslen, appartenenti a due visioni politiche opposte. Si sentì in trappola e studiò il baratro e l'abisso che lo attendevano: se avesse dato ragione a Boldegan, avrebbe fatto il suo gioco; se fosse stato contrario, si sarebbe contraddetto.
Ma a che scopo l'Eternità si è messa in mezzo?
Questo proprio non riuscì a capirlo. Mentre ai teocrati fu dato del tempo per pensare al loro verdetto, il riccio volle parlare in privato con il giaguaro. Si ritrovarono tra le colonne della navata, Dobry era illuminato dai raggi del sole e la sua ombra andò a oscurare il giaguaro, preoccupato per come era stato strattonato.
"E così hai deciso di farmi fuori?"
"Mi scusi, di che sta parlando?" si sorprese Boldegan protetto dal piedritto.
"Ammettilo, sapevi che Efax ha sempre avuto influenza su di me e l'hai sfruttata per mandarmi via."
Il giaguaro era incredulo; la fontana continuava a reggere l'equilibrio della barra d'argento.
"No, le giuro che non è come crede. Io sto solo cercando di agire secondo il volere di Betka."
"Balle! Sei riuscito anche a coinvolgere l'Eternità non so come. Sappi che quando sarò fuori di qui, il mio scopo sarà unicamente quello di rovinarti la vita."
Solo una minaccia vestita da promessa. La sua bocca si aggrovigliò in un'espressione di disgusto e pena e non volle sentire altro. Rientrò nella sala furioso lasciando il giaguaro in crisi: adesso anche il destino del felide era in mano al risultato del Circolo. Avvertì una strana sensazione, l'equilibrio di colpo si era trasformato in bilico.
Accettare la decisione di ascoltare la proposta del teocrate Boldegan voleva dire confidare ancora nelle decisioni della massima carica del ge'th, rifiutare significava trovarne una nuova. Quella votazione prese più tempo del previsto, ma il riccio e il giaguaro credettero fossero passati secoli. Le loro palpitazioni ebbero un'intensità tale da farli sudare costantemente, nonostante quel tempio fosse il luogo più fresco dell'intera Bhimbetka. Il verdetto fu di sette voti in favore e cinque contrari: le vite e le carriere di Dobry e Boldegan erano salve.
Il sollievo riconsegnò a Dobry la fiducia e il sorriso, ringraziò i teocrati che continuarono a supportarlo ed esordì diplomaticamente:
"Bene, teocrate Praslen. L'assemblea ha espresso il suo volere. Una volta iniziata l'accademia, potrà presentare le sue dimissioni."
Il toro trattenne il respiro e sbuffò silenzioso. Nel cenno di sconfitta, le corna appuntite e levigate persero la fermezza e la rigidità, afflosciandosi su loro stesse.
"Teocrate Boldegan, ora può esprimere la sua proposta." L'astio del riccio non era ancora svanito, credette di aver schivato un colpo letale. Si mordicchiò l'indice in attesa del successivo.
Il giaguaro, secondo le formule di rito, ringraziò intimorito sia il governatore sia il Circolo e iniziò a spiegare all'assemblea come organizzare la cerimonia, l'aveva chiamata "del ristabilimento".
Tutta Bhimbetka avrebbe dovuto essere coinvolta. C'erano tante cose da preparare e alle quali pensare, sia dal punto di vista religioso sia dal punto di vista logistico. Ma, cosa più importante, bisognava essere d'accordo sui nuovi pilastri della fede: non doveva rimanere ombra di dubbio su nessuna questione.
Il Circolo iniziò a discutere sulle verità religiose vecchie e nuove, cercando di eliminare i possibili fraintendimenti teologici e le contraddizioni di significato. Quel consesso durò alcuni giorni e i teocrati lavorarono senza sosta per trovare una soluzione. Quando essa fu raggiunta, venne presa anche una decisione imprevedibile che facilitò l'evolversi degli eventi.
Passarono tre sestine da allora, questo fu il tempo necessario alla preparazione della Cerimonia del Ristabilimento; il barbagianni non apparve più durante quel periodo se non in piccoli frammenti di tempo per dare man forte, con il suo sguardo ipnotico e seducente, al giaguaro.
Il popolo di Bhimbetka si riunì nella piazza davanti al tempio della capitale; la grande statua del fondatore sovrastava, al centro, quel mare di anime fluttuanti su una scacchiera di travertino.
Il rosone della facciata, come un faro, rifletteva la luce intensa di quella mattina sull'intera platea regalandole una benedizione caleidoscopica di colori. Circa cinquecento mila resh be'th erano pronti ad ascoltare ciò che i teocrati avevano loro da dire; molti si erano radunati anche in cima ai tetti delle case per poter anche solo osservare quel momento. Il brusio, come un folata, si diffuse tra la gente e per le vie, arrivando a sorvolare tutta la città. Come attratti magneticamente, altri popolani continuavano a confluire verso il centro scattando e svoltando in quel dedalo di palazzi.
In prima fila, davanti agli ampi gradini che accompagnavano i fedeli al santuario, erano disposti i trentasei ragazzi che avrebbero portato alto il nome di Bhimbetka. Lo scroscio intermittente di applausi e le urla li stavano osannando come la nuova generazione di santi. In quel clima di festa e di riunione, il gran teocrate Dobry si mostrò alla folla esultante e pia con il suo abito talare oro e la stola bianca simboleggiante la purezza della sacra bilancia dell'equilibrio. Alzò la mano in segno di benedizione e degli stendardi con il suo volto si elevarono per controbilanciare quell'amore. Boldegan, vestito nello stesso modo, si portò al fianco del governatore e si salutarono con un sincero abbraccio.
Una maschera amplificante fu posta sulla bocca del riccio, così che tutti potessero udire bene ciò che stava per proclamare. Se l'aggiustò sul viso causando un breve stridio di risonanza e sibilò alcune sillabe per regolarne il volume. Prese un profondo respiro e cominciò:
"Popolo di Bhimbetka, grazie per essere giunto qui in un così grande numero. Prima di iniziare la cerimonia che vedrà coinvolte le nuove leve, luce scintillante del nostro futuro, devo fare una dichiarazione dettatami dal grande Betka".
Tutti applaudirono e lodarono Betka presente lì con loro sotto forma di pietra scolpita.
"Il mio servizio sotto l'ala del nostro Dio ha viaggiato per trent'anni e mi ha condotto fino a qui: abbiamo pregato e sperato insieme per tutto questo tempo. Ho sempre cercato di seguire la via che Betka mi indicava e ora capisco come siano le stagioni a mostrarci chiaramente i segni dell'equilibrio. La primavera porta i fiori dai quali nasceranno i frutti dell'estate, e l'autunno ci prepara all'inverno durante il quale la vita è ridotta al minimo. Ma io dico che un nuovo giorno è pronto a sorgere e che la primavera è tornata a colorare il mondo."
Allargò le braccia e sorrise serenamente assaporando la semplice magnificenza di quegli occhi su di lui.
"Non sarò io ad accompagnarvi lungo questo meraviglioso sentiero, sono ormai arrivato al mio inverno. La nuova primavera, la più vivida che Betka abbia mai generato, è subito pronta qui al mio fianco." Con la felicità nel cuore, tese la mano al giaguaro. "È con immenso piacere e orgoglio che nomino qui, davanti a tutti e davanti a Betka, il teocrate Boldegan come mio successore e come nuovo gran teocrate."
Un boato di gioia riempì la capitale con lodi continue a Betka e al nuovo rappresentante della divinità in terra. La maggioranza di quelle semplici persone non sapeva minimamente chi fosse e cosa avesse fatto, ma fu comunque estasiata di poter assistere a quell'evento storico: la nomina della massima carica del ge'th di Bhimbetka. Le urla di festa continuarono per interi minuti, accompagnate dai pianti di chi non credeva possibile l'abdicazione di Dobry. Quell'emozione improvvisa alterò lo stato dei resh be'th presenti in una florida euforia che non riusciva a esprimersi pienamente. I teocrati avevano previsto questo effetto ed erano pronti ad annunciare, al termine della giornata, le numerose manifestazioni e feste organizzate per i giorni a venire.
Il gran teocrate uscente si tolse la stola e le fece indossare con molta delicatezza al giaguaro, visibilmente emozionato. Ancora non riusciva a credere di essere arrivato a quella vetta e non poteva immaginare che un'altra, ancora più importante, si sarebbe realizzata tra alcune lune nel ventre di Nima.
Ringraziò impacciato ed emozionato il suo vecchio avversario rivelatosi, alla fine, un saggio amico; salutò e sorrise al popolo resh be'th per la calorosa accoglienza e, non appena ebbe l'attenzione su di sé, iniziò a parlare. Spiegò le ragioni del culto di Betka, del grande compito che Lui aveva affidato loro e di come per secoli avessero sbagliato in buona fede.
"Ma ora sono qui a chiedervi perdono per ogni errore che abbiamo commesso. Ed è quindi con somma commozione e fede che annuncio a tutti voi la Verità per la Cerimonia del Ristabilimento."
Il barbagianni comparve all'improvviso mentre si librava alto sopra di lui; dopo aver volteggiato attorno al colosso, atterrò al fianco del giaguaro e gli sorrise. Non gli tolse mai gli occhi di dosso e Boldegan riconobbe la trasformazione del suo viso macchiato da una perfida soddisfazione; in mano reggeva un piccolo ordigno con un pulsante.
"Il seme del resh be'th è nato da un peccato contro natura perpetrato da Samath maligni verso Rourok innocenti e noi tutti, gli hosici in special modo, siamo la testimonianza vivente di quell'atroce atto. Siamo una creatura malevola che non sarebbe mai dovuta esistere, ma Betka ci ha mostrato la via, solo con la verità e con l'aiuto reciproco possiamo superare questa condizione e guardare a un futuro migliore. Abbracciamoci come fratelli che soffrono con un cuore solo, lo stupro originario non sarà più un peso per noi."
La tremenda verità era stata diffusa.
Il volatile, che fino a quel momento aveva sorriso e annuito a quel discorso, osservò l'immensità della piazza e commentò con un tono viscido e confidenziale:
"Sai, in realtà ho sempre pensato che l'equilibrio fosse una noiosa landa desolata dove tutto va a esaurirsi. Però adesso sono curioso di vedere come ne esci" rise divertito. "Sta attento alla folla, io cerco il segreto. Spero veramente di rincontrarti. Ciao, Boldegan".
Con una pacca sulla spalla, volò via lasciando il giaguaro incredulo; non riuscì a comprendere l'inganno nel quale era incappato.
Mi ha toccato?
Un immenso fragore devastò la piazza, le gambe di Betka cedettero con un'esplosione. Il corpo di marmo rovinò a terra sommergendo i molti fedeli ai suoi piedi: iniziò il caos. I morti furono subito a centinaia e i feriti li superarono di gran lunga. In un panico generale, il popolo prese ad ammassarsi l'uno sull'altro in cerca di una via di fuga. Con il suo crollo, Betka aveva parlato e la massa maturò la convinzione che quelle morti fossero colpa di qualcuno, i vecchi rancori stavano agendo come maledizioni che dovevano essere debellate: stava accadendo ciò che era stato evitato per quasi due millenni.
In quel mare di sangue e polvere, i superstiti cominciarono a gridare dalla rabbia, nessuno aveva idea di come affrontare la situazione e, come bestie, si azzannarono l'un l'altro. Il vecchio gran teocrate era esterrefatto e rosso di rabbia. Si sentì impotente davanti a quella devastazione.
"Boldegan, brutto figlio di... Chi era quel tipo? Cos'era quell'esplosione? Hai distrutto la statua di Betka! È questo il valore della sofferenza che ci accomuna?!" Lo prese per la collottola e gli sputò addosso.
I vecchi risentimenti e il sospetto di cospirazione tornarono a farsi strada in lui, ma, mentre continuava a urlargli, un masso gli fu scagliato contro e lo colpì sulla nuca uccidendolo all'istante.
Era il disfacimento di secoli di cultura e tradizione. Il popolo era caduto in una furia omicida piena di rabbia repressa e panico, centinaia di anni di menzogne furono rovesciati su di loro e quella deflagrazione fu il pretesto per una rivolta generale dettata dall'odio e dalla paura. Sconosciuti contro sconosciuti, vecchi contro giovani, ricchi contro poveri, famiglie contro famiglie e contro sé stesse iniziarono una carneficina dalla quale nemmeno la città poté salvarsi.
I bellissimi giardini botanici di Khrimbetka furono presi d'assalto e gli edifici vennero depredati; alcuni, tra i più vandali, distrussero anche le varie statue presenti lungo le vie, come se fosse stata colpa loro e di chi rappresentavano. Qualche povero disgraziato cercò di nascondersi e fuggire: non ci riuscì. Solo delle ali nere si salvarono.
Il tempio della capitale fu invaso da ex fedeli intenti in una cruenta caccia alle streghe uccidendo, come potevano, i teocrati. Questi riuscirono a difendersi, ma, vedere il potere della mia forza in loro, non fece che aumentare la furia del popolo.
Boldegan era rimasto immobile a guardare quell'inferno e si rivolse alla statua di Betka caduta, insignificante, sommersa dai lamenti e dal disgusto. Era disperato e, per la prima volta, quegli occhi di marmo erano spenti per lui.
"Che cosa mi hai fatto fare? Perché non mi hai fermato? Perché non hai avuto pietà almeno di loro? Non hanno fatto nulla di male, siamo noi che..."
Non lo vide arrivare, cadde a terra pugnalato al cuore da un resh be'th qualsiasi. La fontana nel tempio cessò di reggere l'equilibrio.
Con la sua morte, ebbe inizio la fine di Bhimbetka e io compresi che il momento si stava avvicinando.
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