Capitolo 20

2 Mo'hg Ba'haral 1842 – Arena del Monte; Haksh

"Forza. È ora di alzarsi."

All'alba, delle bussate energiche sulla porta rimbombarono per il corridoio cavernoso.

"Avete un'ora di tempo per lavarvi e fare colazione. Le uniformi sono nell'armadio. Vi aspetto nell'arena."

Il maturatore Baharas fu molto sintetico nelle istruzioni e Ak'uira capì che non tollerava ritardi o distrazioni.

Ma dov'è l'arena?

Il risveglio fu molto diverso rispetto a quello a cui era abituato. Non aveva dormito male, ma sarebbe rimasto volentieri in quel giaciglio ancora un po'. Il desiderio di scoprire l'uniforme fu lo stimolo giusto per farlo balzare fuori e riassettare le piume spiegazzate delle ali intorpidite. Immaginava avrebbe indossato delle placche lucenti circondate da anelli finissimi: un'armatura simile a quella del falco.

La sua mania di grandezza fu presto delusa da una schiera fitta di casacche rinforzate. I colori sbiaditi e anonimi avrebbero confuso tutti i giovani resh be'th tra loro, conformandoli in un'amalgama priva d'identità. Nonostante questi pensieri, dovette riconoscerne la comodità e la leggerezza.

Uscito dalla sua stanza, si raggruppò con i suoi nuovi compagni e commentò il vestiario per intavolare una conversazione che animò la colazione.

Dopo ricerche infruttuose e momenti d'imbarazzo, Ak'uira e gli altri furono reindirizzati da un toro inserviente verso l'esterno della grotta. Non mancava molto al termine del tempo a disposizione, per cui superarono l'albero disteso e si inerpicarono su un sentiero evidenziato da alcuni massi finché non notarono una sagoma alata vestita come loro.

L'arena si rivelò essere una grande piana tra le alture della montagna. Il terreno era pieno di rocce sporgenti e il vento fischiava impetuoso. Baharas guardò dall'alto i sei appena giunti e, senza dire una parola, si mise a svolgere degli esercizi di riscaldamento. A qualche lancia da lui, un telo di canapa fissato a terra si contorceva per le folate mentre copriva quello che sembrava essere uno scaffale.

I ragazzi capirono di dover eseguire le azioni del falco, così si allargarono grossolanamente e iniziarono a ripeterle. Erano movimenti molto semplici ed elementari: le gambe erano in posa e le braccia coreografavano gesti fluidi ora da un lato, ora dall'altro. La differenza di stile fu evidente, avevano bisogno di molta pratica.

Ak'uira non poté non notare la perfetta muscolatura del maturatore. Sebbene avesse una cinquantina d'anni e le sue piume iniziassero a perdere la brillantezza, il suo corpo manteneva intatta la forza e la giovinezza che pretendeva. Invidiò le sue ali eleganti ed esperte.

Sarà merito dell'otzi?

"Bene, ora basta. Spero abbiate memorizzato la sequenza perché dovrete ripeterla ogni giorno per mezz'ora." Baharas stava urlando per farsi capire. "Qui il vento è sempre molto forte e freddo. Quando non sarà più in grado di influenzarvi, potrete considerarvi dei guerrieri. I vostri movimenti ora sono tremanti e rigidi, dovrete faticare tanto per renderli naturali."

Si avvicinò al telo e lo scoprì arrotolandolo. Un'armeria variegata si esibì davanti ai giovani; nonostante la fattura priva di decorazioni, nessuno mise in dubbio l'efficacia di ogni strumento.

Baharas roteò il polso che indossava un bracciale di ferro dozzinale; se si fosse fatto attenzione, si sarebbe udito uno scatto. Il vento cessò di soffiare.

"Lo faremo riprendere tra poco, ora dobbiamo pensare ad altro. La vedete quest'armeria? Qui troverete l'arma più adatta a voi e alla vostra natura."

Tutti allungarono il collo per dare un'occhiata, avvicinarsi sembrò una mancanza di rispetto.

"Potete avvicinarvi senza problemi, ragazzi. Anzi no, uno alla volta. Iniziamo da te, vieni avanti: qual è il tuo nome?"

Una ragazza impala fece un passo dopo essere inciampata sui suoi esili zoccoli d'antilope e disse di chiamarsi Sak'i. I grandi occhi neri non riuscirono a celare l'imbarazzo.

"Osserva queste le armi, Sak'i."

La resh be'th avanzò fino all'armeria, Baharas e gli altri la seguirono con lo sguardo.

"Ora prenditi il tempo necessario. Una tra queste ti sembrerà familiare, come se nella tua vita finora non avessi fatto altro che impugnarla. Non appena l'avrai trovata, ferisciti il palmo della mano."

La coda di Sak'i scodinzolò brevemente per la sorpresa, ma il falco non mostrò alcuna emozione. Così la giovane si concentrò su ognuna delle armi presenti: spade, lance, martelli; ne osservò le forme e la lucentezza, ma niente sembrava attirarla finché, con la coda dell'occhio, la notò. Era come se una forte attrazione la portasse a guardare in quella direzione. Venne chiamata dalla sua arma e, con tutta sé stessa, rispose all'appello. Fu incredibile scoprire di sapere già ogni segreto di ciò che stava guardando per la prima volta.

"Quello è un nunchaku a tre sezioni, ragazza. È un'arma che trova padrone molto raramente, sono ormai secoli che è qui e nessuno l'ha mai reclamata. A quanto pare è tua. Ora impugnala e colpisci la tua mano."

Sak'i afferrò la catena di collegamento, bloccò saldamente due parti e creò delle coreografie vorticose. Pose davanti a sé la mano sinistra, che pulsava pietà nelle vene, e assestò il colpo.

Nessuno dei ragazzi e Sak'i riuscì a capire l'accaduto: l'impala non aveva provato alcun dolore.

"È del tutto normale" la rassicurò il falco. "Questo dimostra semplicemente che hai trovato la tua arma. Qualsiasi attacco inferto da essa, non avrà effetto su di te."

Ak'uira e gli altri fecero partire un applauso spontaneo e Sak'i ringraziò sorridente e visibilmente emozionata.

"Mi piace questo spirito, ragazzi. Bene, Sak'i, puoi tornare a posto. Ora tocca a voi, prego."

A turno, si avvicinarono all'armeria per trovare la propria compagna sotto forma di arma. Jamgha'l, la tigre siberiana, iniziò a condividere la vita con un tirapugni dotato di lama; Bahm'i, una ragazza dromedario, si commosse nell'impugnare la sciabola; un'alabarda aspettò che fosse il turno di Arath, il ragazzo tartaruga alligatore, per avere uno scopo; mancavano solo Oerath, un ragazzo volpe rossa che senza esitazioni ritrovò la sua ascia, e Ak'uira.

L'aquila era convinta che la scelta si rivelasse semplice come lo era stata per i suoi compagni, ma si ritrovò davanti a un bivio che lo spiazzò. Due armi pretendevano la sua attenzione, una lama appuntita molto sottile e un arco lungo.

Lo sguardo faceva avanti e indietro tra l'una e l'altra in un dubbio esistenziale sempre più soverchiante e soffocante. Le allontanò dalle restanti e le mise davanti a sé. Baharas, lievemente stupito, si portò dietro di lui alimentando il tiro alla fune interiore del ragazzo.

"Un arco lungo, creato con i migliori materiali mai esistiti. Il suo legno, derivato dal tasso, è uno dei migliori nel ge'th. Raggiunge distanze inimmaginabili e la precisione è formidabile. I più grandi arcieri di Haksh sono sempre stati volatili, ragazzo." Sembrava volesse ricordargli il suo destino. "Dall'altra, invece, un'esile lama appuntita. Il fabbro che l'ha costruita, ormai settanta anni fa, voleva fosse l'anima di una spada eccellente, ma non si legò alla lama. Decise di renderla autonoma e corresse la guardia. Il nome che gli diede fu..."

"Stocco" disse Ak'uira anticipando il falco.

Perché so come si chiama?

"Vedo che hai scelto la tua arma, ragazzo. Sarà veramente la tua?"

Il maturatore sapeva, o meglio, sperava che Ak'uira si fosse sbagliato. Ciò che diceva era vero, fin dalla sua fondazione, Haksh aveva avuto tra i suoi arcieri soltanto resh be'th alati.

Gli occhi dei compagni erano fissi su Ak'uira che, senza esitazione, trafisse la sua mano. La punta micidiale non intaccò la carne e anche per lui seguì un fragoroso applauso. Baharas rimase impassibile e sfogò la curiosità con un breve sospiro; fece tornare Ak'uira al suo posto.

"Bene, ragazzi. Ora che avete la vostra arma, immagino stiate notando una sensazione piacevole scorrervi dentro. Questo è il risultato del rituale di ieri. Tutto il vostro corpo ha ottenuto una serie di benefici: la circolazione è migliorata, i riflessi sono aumentati, i sensi si sono affinati, i muscoli sono più tonici e, soprattutto, avete delle nozioni innate di combattimento. Quello che faremo qui sarà allenare il vostro corpo per renderlo un'armatura naturale e studiare le varie tattiche di guerra in cui vi sentite esperti. Abbiamo tanto da lavorare e dobbiamo ringraziare il Monte e i fondatori se i conflitti sono solo un lontanissimo ricordo. Siete dei guerrieri, dei combattenti, dei baluardi di difesa per chi non può difendersi. La vostra abilità è senza pari e dovete metterla a servizio di chi avrà bisogno d'aiuto. Molti di noi sono spesso capi delle guardie cittadine o scorte per gli esploratori. Vi verrà quindi affidata la vita delle persone ed è per questo che dovrete essere preparati per ogni evenienza. Ma come ci prepariamo? Cominciamo con cinquanta giri di corsa. Ak'uira, corri anche tu e non sfruttare le ali. Volerai in un altro momento."

L'aquila annuì sapendo di aver schivato un grande imbarazzo e corse con gli altri.

Alcune rocce dell'arena erano tinte di rosso e, seguendole tutte, si otteneva un circuito lungo circa cento lance. Quando i giovani guerrieri iniziarono il settimo giro, Baharas si avvicinò all'armeria e prese l'arco scartato da Ak'uira. Saggiò l'elasticità della corda in budello e pescò una freccia dalla faretra abbinata.

È bello poterti tendere di nuovo.

"Concentratevi su tutto ciò che vi circonda e state attenti." Scoccò rapido in direzione del gruppo che correva. L'arresto sordo della corda tesa rilassò il resh be'th in un sorriso nostalgico.

Il colpo fu millimetrico e Arath, bersaglio mobile, dovette arrestarsi per schivarlo. Venne superato dagli altri che riuscirono a stento a non investirlo.

"Non dovete fermarvi per nessun motivo. Schivate correndo, correte e schivate" rimproverò tutti.

Il falco iniziò la sua raffica casuale e i ragazzi, in pochissimo tempo, ne compresero il ritmo. Il tempo impiegato per prendere una freccia, tendere l'arco e scoccare era di circa due secondi. Bastava concentrarsi sul sibilo della punta per capire la direzione e, quando si avvicinava loro, raddoppiare il passo per eluderla senza problemi.

Il maturatore bofonchiò all'ingenuità degli allievi, caricò tre frecce e le scagliò contemporaneamente mettendo l'arco in orizzontale. I diversi suoni disorientarono i resh be'th che, pur di evitare di ferirsi, si lanciarono a terra.

"Vi ho detto di non fermarvi! Correte. E mai sottovalutare un pericolo, anche se lo avete compreso... Soprattutto se lo avete compreso" si corresse.

I giri aumentarono e i sensi dei ragazzi si affinarono sempre di più: intuirono, individuarono, si adattarono. Le loro schivate furono comunque goffe e imprecise, molto spesso inciampavano o cadevano, ma il maturatore poté dirsi soddisfatto per quella prima giornata. Non aveva però mai scoccato una freccia verso Ak'uira e ne fu sorpreso.

Come ha fatto a scegliere uno stocco?!

Preparò un tiro per lui.

La freccia raggiunse l'aquila come una saetta, ma c'era qualcosa di strano: non si stava preparando a schivare il colpo. Baharas iniziò a preoccuparsi, sapeva che se il ragazzo non si fosse preparato, in pochissimi istanti quella freccia gli avrebbe trapassato la tempia e lo avrebbe ucciso.

Ak'uira voltò la testa verso la freccia quando ormai lo aveva raggiunto, il falco stava per urlare.

Il giovane cadde a terra e il tempo si fermò per tutti. La freccia rimbalzò via lasciandogli un piccolo taglio sulla fronte.

"Stai bene, ragazzo?" Baharas volò da lui terrorizzato. "Perché non hai schivato il colpo?"

"Non l'ho sentito arrivare." Si tastò la ferita. "Mi sono accorto della freccia solo quando mi ha colpito."

Chi è questo resh be'th?

Doveva capire cosa era successo. Trasse comunque un sospiro di sollievo e si risistemò i capelli piumati.

"Forse è il caso che parliamo un attimo. Voi continuate a correre, questa volta a coppie. Uno di voi salga sulle spalle dell'altro. Fra dieci giri fate cambio. Chi è senza compagno prenda un masso."

Mentre si apprestava a ripristinare il vento sull'arena, Baharas si sedette accanto ad Ak'uira che tamponava, senza troppa importanza, la piccola lesione con la mano.

"Chi sei, ragazzo?"

Ak'uira lo guardò brancolando nel buio.

"Mi riferisco a prima: eri in crisi nello scegliere l'arma e alla fine hai scelto quella piccola lama. È lei, non lo metto in dubbio... Ma la freccia che ti ha colpito, è inspiegabile; avresti dovuto avvertirla e avrebbe dovuto colpirti a morte. Non fraintendermi, sono contento non sia successo, ma sono convinto che non ci sia nessun intervento della fortuna dietro. Nemmeno io mi ero accorto di non averti mai scagliato una freccia ed è stato strano. Ti viene in mente qualcosa di particolare che possa spiegare ciò che è successo?"

"Qualcosa del tipo?" Ak'uira era confuso o forse stava negando la verità a sé stesso.

Baharas distolse lo sguardo dal ragazzo e osservò gli altri correre prima di rispondere; le nuvole erano così belle.

"La vita che abbiamo, le scelte che facciamo, persino le persone che incontriamo, ci segnano indissolubilmente. Ci sono eventi che si imprimono più di altri e ci formano nello spirito e nel corpo. Quando avete scelto l'arma, o meglio, quando avete toccato il Samath, tutte le vostre esperienze si sono come cristallizzate per rendervi veramente unici. Le abilità di ognuno di voi sono uniche perché la vita che avete vissuto è unica, non esistono due individui completamente uguali." Si fermò passandosi la lingua tra i denti. "Quello che voglio dire è che se quella freccia ti ha ferito a malapena, deriva da qualcosa che ti è successa in passato. Riesci a capirmi?"

Era arrivato il momento di confessare, non poteva più nascondersi.

"Lei ha detto che i più grandi arcieri di Haksh sono volatili." Era difficile parlare.

"Continua, ragazzo."

Ak'uira fissò Baharas e si liberò.

"Come non sai volare?" Il falco fu visibilmente scosso. "Bisogna assolutamente rimediare. Non si è mai vista un'aquila che non vola."

Ak'uira vide gli altri correre e lui rimanere indietro: si sentì morire.

"Faremo degli esercizi particolari per le tue ali. Volare è una questione di libertà e orgoglio per noi resh be'th alati. Trova il tuo momento, ma fallo in fretta. Adesso impugna questo arco e dimmi cosa senti."

Un lieve battito, impercettibile come il movimento di una farfalla, provenne dal legno tirato.

"Sentito qualcosa?"

"Un leggerissimo battito lontano."

"Quello è il battito del tuo cuore. Se lo senti c'è un legame. Con lo stocco è più intenso o è uguale?"

"È più intenso."

Con quella risposta credette di aver deluso il popolo di Haksh, la sua famiglia e suo padre. Baharas gli sorrise annuendo. Una mano sulla spalla rinsaldò l'umore del ragazzo.

"Sei un resh be'th promettente, Ak'uira. Quando volerai, come il tuo spirito reclama, torna da me e impugna l'arco: sarai un guerriero formidabile. Ora va dagli altri e termina l'esercizio."

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