Capitolo 2

6 Mo'hg Ghar 1842 - villaggio Eshm'ar; Haksh

"Trovatelo immediatamente" gridò il cobra dagli occhiali agli altri abitanti del villaggio. 

Era quasi il tramonto e del povero disgraziato non c'era traccia, ormai era lontano da ciò che fino a quella mattina aveva chiamato casa.

"Ishm'ol, abbiamo cercato per tutto il paese, ma non c'è da nessuna parte. Non sarebbe il caso di chiamare il sacerdote Lath?" chiese una pecora di mezz'età.

"Ho mandato un messaggero appena ho visto mio padre morto in quella stalla. Possibile che nessuno abbia scovato quel bastardo?" Si guardò intorno frenetico, come se il suo sguardo fosse superiore a quello di tutto un villaggio.

In realtà c'era poco da osservare. Le poche case sparse, collegate da semplici stradine di terra, non avrebbero fornito numerosi nascondigli. Inoltre, una parte di sé era consapevole che l'assassino non sarebbe rimasto tra quelle pietre e quelle travi. 

La sua lunga coda marrone si muoveva scattosa sul terreno, quasi a ferirsi. Si passò una mano sui capelli brizzolati sudici di sudore, agitazione e veleno e ripensò ai giorni, alle lune e agli anni precedenti. Erano pieni di rimpianti e paura. Non era mai riuscito ad amare quel figlio maledetto così simile a lui e così uguale a suo fratello. Detestava quella somiglianza, ma ancora non sapeva quale, se il mento pronunciato e le orecchie piccole riprese da lui o se gli occhi verdi, penetranti e il simbolo sul collo identico al fratello. 

Un cavallo al trotto, regale e sicuro, si fece strada nitrendo tra i vari resh be'th radunatisi e un gibbone molto rispettabile salutò con la mano, sorridendo con sufficienza. Tutto di lui era fuori luogo in quel contesto. Nobile e proveniente dalla città, non gradiva essere costretto a visitare degli umili villaggi di periferia. Ma, nonostante questo, era pronto a svolgere il suo lavoro come sacerdote. Osservò neutro il cobra orfano e si grattò con un anello la barba ben curata e definita da due lunghe basette nere. Assaporò disgustato l'atmosfera con il naso schiacciato, ereditato dalla sua affinità animale, e attese.

"Finalmente siete arrivato, Sacro Lath, cosa dobbiamo fare?" domandò il cobra impaziente e frustrato ma arrendevole. 

Tra le mani stritolava quella che sembrava essere una fascia di cuoio. Aveva ancora addosso i vestiti sporchi del sangue paterno. Suo figlio doveva pagare per ciò che aveva fatto. 

Il nobile gibbone scese elegantemente da cavallo e si sistemò il gilet rosso e la sua lunga sciarpa dorata con il simbolo del monte Haksh cucito sopra. Pose una mano sulla spalla del rettile e la strinse in un finto cordoglio. 

"Per prima cosa è necessario eleggere un nuovo capo villaggio, la struttura di Haksh non può in nessun modo vacillare."

Gli volse le spalle e, sollevando la mano per richiamare l'attenzione dei presenti, predicò a gran voce: 

"Secondo voi, chi è il più saggio e il più retto per poter supervisionare questo villaggio? Durante la cavalcata ho potuto confrontarmi a lungo con i fondatori, interrogando incessantemente la loro provvidenza. La risposta è stata chiara e la scelta suggeritami è la seguente: nominare Ishm'ol, figlio di Thairil, come suo degno successore. Siete d'accordo con la decisione dei Sei?" suggerì la risposta. 

Era un abile oratore e convincere quei semplici resh be'th non era molto difficile, inoltre mostrare l'otzi sul palmo faceva automaticamente reprimere ogni possibile ritrosia. Il fascino che questo simbolo trasmetteva era infatti complesso e diversificato, per i resh be'th comuni era sia un simbolo di bontà divina sia di potenza e ricchezza. Sentimenti di riverenza si accavallavano e mescolavano, in alcuni casi, a quelli di invidia e di adorazione, colorando ancor di più l'aura di mistero attorno a essi.

I tre rami verdi, serpeggianti come un tridente immerso tra le onde, fecero sciogliere il tenue arrivismo di un piccione presente. Sarebbe stato un bel colpo per la sua famiglia diventare capo villaggio, ma, vista la decisione già presa di Lath, tornò ai suoi piani originali: aspettare qualche luna e sfruttare economicamente l'otzi del proprio figlio una volta che avesse terminato il maturamento.

I popolani, devoti e ignoranti, acconsentirono sicuri e fiduciosi per la scelta sussurrata al sacerdote dai fondatori: Ishm'ol si era sempre dimostrato un resh be'th disponibile e si faceva ben volere. Mentre Lath disse di non doversi più preoccupare dell'omicida, poiché si sarebbe interessato lui personalmente, chiese a tutti di iniziare i preparativi per la cerimonia ufficiale di elezione. Con la folla che si disperdeva e si organizzava autonomamente, il gibbone accompagnò di fretta il cobra verso casa sua cercando di mantenere il decoro; il cavallo seguiva il loro passo, docile.

Un lieve olezzo di fiele, vagamente familiare, aleggiava per l'umile dimora del cobra. Dietro, una baracca malconcia, dall'aspetto tetro e putrido, contribuì ad amplificare il tanfo. A Lath non era mai piaciuta quella sensazione; ogni volta che doveva parlare con il vecchio Thairil, preferiva restare all'aperto. Entrò per la prima volta ed ebbe un vivo disgusto per la povertà di quella casa. Era un unico e lungo locale separato con un muretto d'argilla dalla zona letto.

Il gibbone guardò le pareti di terra ruvida  in cerca di ragnatele o insetti vari per giustificare il suo ribrezzo: non ne trovò. Solo una resh be'th, cobra anch'essa, lo squadrò interrogativa poggiando una mano su un piano da massaia mentre con un soffio sollevò un ciuffo ramato.

"Chi è questa donna?" chiese Lath studiandola dall'alto in basso e alzando le dita dei suoi piedi per toccare meno superficie possibile.

"Mia moglie, non si preoccupi" lo rassicurò il cobra, allungandosi verso la sua compagna rettile, stizzita per l'indelicatezza; l'istinto disse a Ishm'ol di proteggerla.

Lath tentò d'accomodarsi avvicinando una sedia dal tavolo presente, ma esitò.

"È pulito" disse la donna, quasi leggendogli il pensiero. 

Per lui fu solo un brusio lontano, era determinato a sfogarsi:

"Tuo padre ha commesso un grave errore! Io l'avevo avvertito: doveva smettere di martoriare tuo figlio solo perché aveva un otzi". 

Divenne improvvisamente rosso in volto dalla rabbia per come si erano evolute le cose. Le vene gli pulsarono più sangue del solito.

"Adesso sono costretto ad avvisare Shoudhe e lui, di sicuro, lo accoglierà al maturamento, quel..." 

Si bloccò, voleva sminuire il governatore, ma era sempre di fronte a due resh be'th comuni.

A quel punto, una malsana intuizione gli sfrecciò davanti. Si morse il labbro, distolse lo sguardo e fece qualche passo per la stanza, dozzinalmente arredata, nel tentativo di recuperare quel pensiero; i due cobra non esistevano più.

Però potrei sfruttare la cosa a mio vantaggio. Conoscendo Shoudhe, darà una seconda occasione al ragazzo e gli farà frequentare il maturamento. Tralasciando quella che sarà la sua capacità, io devo solo informare ogni cittadino di Haksh della presenza di un assassino in libertà e dire che il governatore se ne sta occupando con grande preoccupazione. Sono sicuro che le cose precipiteranno molto di più che con suo zio.

"Sacerdote Lath, è tutto a posto?" si preoccupò il nuovo capo villaggio, ma fu subito zittito con una smorfia infastidita.

Farò finta, come al solito, di appoggiare il lavoro di quel demente e aspetterò che il ragazzo venga cacciato o finisca il maturamento. In entrambi i casi, mi mostrerò tradito e convincerò Haksh intera a sentirsi così. Se procederà come immagino, avrò la mia occasione per dimostrare al ge'th che Shoudhe non è adatto a governarlo e prenderò il suo posto.

Tornò a parlare con la coppia mantenendo un'espressione neutra, a tratti seria. Dentro voleva sorridere e far sapere loro che non aveva il minimo interesse per ciò che era successo: erano solo pedine e gli disse come muoversi.

"Ishm'ol, e tu, donna – non so il tuo nome, ma non mi importa –, d'ora in poi farete come dico. Predisponete il funerale per il vecchio Thairil e comunicate al villaggio che, tramite i sei fondatori, avete intrapreso un percorso di perdono verso vostro figlio. Adesso vi saluto, vado a riposare in una bettola che chiamate locanda."

"Mi scusi l'irriverenza" lo fermò Ishmo'l con tutto il coraggio che aveva. Vedere il gibbone voltarsi contrariato lo fece esitare, sua moglie gli strinse il braccio per dargli la spinta che serviva.

"Sì, Ishm'ol?" chiese il sacerdote con falsa cortesia.

Un sincero germoglio di disperazione iniziò a nascere nel cobra che, seppur consapevole di non essere immacolato, aveva timore di scherzare in quel modo con i fondatori di Haksh e con il Monte; per non parlare del grande segreto che aveva l'obbligo di custodire.

"Non è peccato mentire e ingiuriare in questo modo i Sei?"

Lath si poggiò sulla maniglia della porta e sorrise per l'ingenuità di quel cobra così devoto, così ingenuo.

"Non è una menzogna, voi lo farete davvero. Vi ordino di perdonare vostro figlio."

Ishm'ol sentì la rabbia ribollire e giocò la sua ultima carta.

"Le chiedo scusa, ma non lo farò e lei non potrà obbligarmi. Altrimenti..." esitò nuovamente, mentre il sacerdote aspettava con aria di sfida. "Rivelerò al villaggio la verità sui Samath!"

I deprimenti ricordi del padre, distrutto nell'intimo da ciò che aveva saputo su di me, lo invasero come un'onda. Giustificò tutte le frustate che diede a suo nipote. Non assistette mai a quei momenti, ricordava solo il dolore soffocato e gli schiocchi del cuoio sulle squame. Non si affezionò mai a quel figlio maledetto. 

Lath provò il serio istinto di mettere le mani al collo di quello sporco fabbro, ma si limitò a dire: 

"Non oserai. Sai benissimo cosa rischi. Vuoi fare il duro, ora? Non ne sei in grado, ti si legge in faccia: tira su la schiena. Questi giochetti poi lasciali a tua moglie".

Nominarla non fu una buona idea, vide delle piccole gocce di veleno scivolare lungo il fianco rettileo della donna, lo stava fissando inespressiva. Lath giurò di aver intravisto una lingua biforcuta muoversi.

"Voglio comunque concedere a voi due qualche giorno in più per maturare la cosa. Siete sconvolti e non vorrei che diceste cose di cui potreste pentirvi." Aveva già dato loro troppo tempo. "Organizzate il funerale. Che l'Occhio vi protegga!"

Uscì sbattendo la porta. 

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