Capitolo 19

1 Mo'hg Ba'haral 1842 - sala comune del Monte; Haksh

Un salone dall'aspetto soverchiante si aprì alla vista dei giovani otzici e dei loro maturatori, ma quella sera non riuscirono ad ammirare i lampadari ricavati dalle strutture calcaree dell'ambiente e i giochi di luce creati da un anello d'acqua che caratterizzava il perimetro. L'aria consumata, per mancanza di aperture, e pregna dei miei vari odori si aggiunse al disagio che lì frastornava senza però sconvolgerli; ben presto si sarebbero abituati anche a quello.

Furono divisi per classe nonostante le numerose tavolate rotonde, ma fu una scelta pessima: nessuno parlò; a malapena si guardava chi si fosse trovato di fronte. Rimasero tutti con la testa china sul loro piatto di pollo, cotto alla brace, non toccandone un granché. 

"Gharai, dì qual... Dov'è Gharai?" chiese Shoudhe agli altri maturatori.

"Dev'essere andato in bagno" rispose Thoeri freddo, i due ebbero una piccola discussione prima della cena.

"Non sarebbe il caso di alleggerire la tensione tra i ragazzi?" propose il rinoceronte, dispiaciuto per come li aveva trattati poco prima.

"Lascia che questa serata e questa notte la passino con loro stessi, domani mattina sarà tutto dimenticato. È sempre così" intervenne il falco, mentre roteava un'ala molto abbrustolita nella sua mano.

"Ha ragione Baharas, anche noi rimanemmo in silenzio la nostra prima notte" condivise K'eirh, ricordando il passato e accarezzando i maturanti con lo sguardo.

"Come preferite." Alzò le mani. "A ogni modo, non riesco a levarmi dalla testa il pensiero che questo maturamento sarà veramente particolare: 36 ragazzi. Ho il presentimento che succederà qualcosa" confessò Shoudhe.

"Di positivo o dobbiamo preoccuparci?" sollecitò Loubra'l, sporgendosi per guardare il suo governatore.

"Non lo so, è tutto molto confuso al momento. Il ragazzo zebra, Shoum'e; per non parlare del cobra. Se non stiamo attenti, rischiamo che ci crolli tutto addosso." Lasciò partire un soffio sconsolato.

"Ma perché una zebra è qui e, soprattutto, come ha fatto a entrare nel ge'th?" incalzò il coccodrillo leggermente alterato.

"Domani proverò a chiedergli qualcosa, se volete."

"No no, non è necessario, K'eirh. Potrebbe sentirsi attaccato e non dirci più nulla in futuro, diamogli il tempo di aprirsi. Appena torna Gharai domanderemo a lui" decise Shoudhe, passandosi una mano tra i due corni.

"Non pensi sia il caso avvisare l'Eternità o, per lo meno, il sacerdote Lath?" Thoeri agì da coscienza politica.

"Ci sto ancora pensando, anche se preferirei non coinvolgere Lath. È una mina vagante e ho paura possa causarci dei problemi, forse non aspetta altro che una scusa per prendere il mio posto."

"Se vuoi, domani mi farò consegnare dai gemelli i rapporti delle stazioni di guardia, magari può esserci qualche indizio su..."

"Tranquillo, Baharas, non è necessario. Vediamo come procede, restiamo vigili e osserviamolo. Sembra essere un valido elemento, magari può essere utile a tutta Haksh." Volle dare fiducia al suo pensiero.

"Sarà fatto" acconsentì un po' dubbioso il falco.

"Sarà fatto cosa?" Gharai era appena tornato.

"Perché non mi hai avvisato sulla presenza di una zebra al maturamento? Poi come l'hai trovata?" Shoudhe lo tempestò di sussurri che mantennero intatti la loro bonaria ferocia.

"Il ragazzo era lì, si è presentato prima che esaminassi gli altri e... mi è sembrato giusto accettarlo" spiegò il cacatua come se non ci fosse nulla di male.

Il rinoceronte aveva sempre apprezzato lo spirito innovatore di Gharai fin da quando era suo allievo, per questo lo aveva reso vicegovernatore. Appena trentenne, aveva le capacità e il coraggio di fare scelte che lui non avrebbe fatto.

Ma non sarà un po' troppo questa volta?

"Shoudhe, cosa facciamo con il cobra? Ha ucciso il suo capo villaggio, potrebbe essere pericoloso." Thoeri era molto preoccupato, ma non dimenticò di mostrare il suo dissenso verso il giovane maturatore.

"A lui ci penserò io" disse Loubra'l, "so come trattare con lui."

"Nonostante ciò che è successo in passato?" lo stoppò il rinoceronte.

"Soprattutto per ciò che è successo in passato" esclamò serio.

"Possiamo fidarci?"

"Voglio credere che ci siano delle buone probabilità" affermò osservando da lontano Zahirile, a disagio e taciturno come chiunque altro.

"Spero tu sappia cosa stai facendo. A ogni modo, vorrei mi aggiornassi spesso su di lui. Lath non vede l'ora di cacciarlo dal ge'th." Però se ciò dovesse calmarlo, magari potrei far sì che non venga a ficcanasare sul monte e non scopra il ragazzo zebra. No, non possiamo risolverla così.

"Shoudhe, tutto a posto? Non ti convince la mia idea?" La calma del camaleonte era pronta a far valere le sue convinzioni.

"No no, tranquillo. Va benissimo. Allora!" introdusse il rinoceronte guardando gli altri per cambiare discorso. "Domani inizia il lavoro duro, mi raccomando: fateli sudare. Dovranno essere i migliori di sempre così che Haksh non sarà più considerata insipida dagli altri ge'th. Particolare o no, questo maturamento sarà la svolta per la nostra terra."

Dhooema continuò tranquilla il suo pasto senza dire una parola, apparendo estranea alla discussione; ma, come sempre, sorrise ai suoi colleghi e ciò bastava per rinfrancarli. Tra loro, era quella che più si affidava al volere dei 6 e alla loro provvidenza. Inoltre, era la più abile a leggere le situazioni. La sua serenità era uno specchio più che affidabile.

Finito di cenare, i ragazzi furono istruiti su come raggiungere le loro stanze in autonomia, ogni classe aveva la sua area suddivisa in una zona maschile e in una femminile. Su ogni controtelaio era inciso il nome di ognuno, tranne che su quelli dei ragazzi esaminati da Gharai, ma l'inconveniente fu subito risolto da un inserviente alpaca molto morigerato.

Quella che sembrava una semplice grotta, si rivelò essere un'immensa fortezza all'interno della montagna. I corridoi, che collegavano i vari ambienti, erano stati modellati seguendo l'andamento naturale delle cavità; pochi erano ampi e lineari come delle stanze, mentre molti erano ripidi e più stretti: si diceva che in alcuni si potesse addirittura scivolare. 

Re'ema aveva accompagnato Saho're nel suo alloggio, legarono molto durante il viaggio attraverso il ge'th; inoltre, la ragazza ne approfittò per esplorare il monte.

"Saho're, secondo te come mai ci sono così tante stanze e corridoi se, negli anni passati, chi aveva un otzi era al massimo una manciata di resh be'th? Guarda le porte: hanno tutte un ripiano e una griglia. È abbastanza inquietante" disse la bisonte; per un momento assunsero i tratti di una prigione.

"Forse avranno ristrutturato dopo l'ultimo maturamento" cercò di rispondere Saho're.

"Sarà, ma mi sembra strano."

"Eccomi arrivato. Grazie, Re'ema." Sorrise osservando quel corridoio. "Sono veramente contento di essere qui, nonostante quello che abbiamo scoperto. Sembra il posto giusto al momento giusto, capisci?"

"Non sei sconvolto neanche un po'?! Io ancora devo riprendermi... da tutto" disse guardandosi in giro.

"Sì, ma vorrei cercare di andare oltre; come ha detto il governatore. Finalmente scopriremo cosa vuol dire avere questo simbolo e magari daremo un senso a quello che abbiamo visto."

Re'ema annuì perplessa.

"Domani cerchiamo di trovare un momento per stare tutti insieme, sono curioso di sapere com'è stato il nostro incontro con il Samath, magari troveremo qualche indizio."

"Per Haksh, Saho're! Ma come fai?" E se ne andò.

"Cos'ho detto?!" L'elefante non riuscì a capire il dolore che le feci provare. "Buona fortuna per il maturamento" cercò di raggiungerla con le parole.

Anche a te, si rispose.

Ak'uira, raggiunta in solitaria la sua camera, elencò distratto la mobilia: un letto, un armadio, un comodino. La sua immaginazione gli fece compiere quel gesto di curiosa indiscrezione di cui non ne aveva voglia: le ante e i cassetti erano vuoti. Si lasciò crollare sul giaciglio – è più morbido di quello a casa – e fissò il soffitto.

Nonostante la stanchezza e l'insofferenza, prima di addormentarsi avrebbe dovuto compiere il suo piccolo rituale. Prese un coltello che aveva nella sua piccola sacca personale e si mise in piedi sul materasso di lana e paglia.

Raggiunse a stento la roccia  calcarea e iniziò a inciderla; dopo una mezz'ora di lavoro, terminò il bersaglio. Tirò fuori la pallina del nonno e prese a lanciarla verso il centro, voleva svuotare la mente da ogni pensiero su di me; la sfera di cuoio scivolò dalla sua mano ormai addormentata.

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