Capitolo 15

1 Mo'hg Ba'haral 1842 - Cripta Samath; Haksh

Il silenzio che si creava ogni volta che veniva pronunciata quella frase, mi uccideva. Era come una continua pugnalata al cuore, invisibile e devastante al tempo stesso. Ormai ne ho perso il conto.

Una ragazza tra tutti, Go'se, massaggiava la sua coda di mangusta gialla; lo faceva sempre quando era agitata o ansiosa. Raccolse l'incredulità degli altri.

"Come figli di una violenza? Che vuol dire?"

I maturatori abbassarono la testa, fu straziante anche per loro.

"È molto difficile dirlo anche per noi, ma purtroppo è così" intervenne Loubra'l, poggiando la sua mano sulla spalla di Shoudhe. "Tutta la nostra specie porta in sé questo marchio. Siamo il frutto di uno stupro avvenuto migliaia di anni fa."

Anche per quella generazione, l'incredulità dell'innocenza si trasformò in negazione e odio profondo. Non riuscivano a concepire la possibilità di una notizia così assurda. Odiarono quel braccio, causa primordiale; odiarono i maturatori, che gli avevano rivelato quella verità, e odiarono tutti i resh be'th, per aver partecipato a quella farsa. Qualcosa in loro stessi si frantumò senza collassare, avevano paura di proseguire un ragionamento che li avrebbe portati alla logica conclusione di essere il frutto di un abominio. Capirono che la bugia più grande era proprio il loro otzi. Non era un privilegio, un dono del Monte – come gli era stato insegnato a credere – ma la manifestazione incarnata di un errore. Si sentirono persi e soli.

"No, non è vero, dev'esserci qualcosa sotto."

Qualcuno sembrò non accettarlo.

"È solo uno stupido scherzo che fate ogni volta, volete solo spaventarci" affermò un orango. "Mio nonno. Anche lui possiede un otzi e non mi ha mai detto nulla. È solo una bugia di pessimo gusto."

Ak'uira, disperato, non sapeva cosa pensare, si girò verso i suoi amici: anche loro erano a pezzi; Zahirile rimase impassibile. Il chiasso di protesta divenne sempre più forte e invasivo. Il loro vociare era il rombo di una tempesta che non accennava a placarsi.

"Ora basta! State zitti" ruggì Dhooema e tutto si placò.

L'orsa si mise le mani sul volto e si accovacciò tremante, non era in grado di reggere lo sguardo dei presenti addosso; un piccolo diapason continuava a tintinnare tra le sue dita.

"Grazie, Dhooema. È tutto a posto ora." La tranquillizzò il rinoceronte che riprese le redini. "Avete ragione: sì, siamo stati dei mostri a darvi questa notizia in un modo così diretto, ma purtroppo non esiste una formula o una maniera corretta per dire una cosa del genere. Ci dispiace! Dal profondo del cuore. È un dolore anche per noi doverlo rivivere."

Cercò di guardare uno a uno i ragazzi.

"Nessuno vi ha mai detto nulla al riguardo perché all'interno di questo luogo sacro si fa una promessa che trascende i valori dei fondatori stessi. Sappiamo come vi sentite, ma è necessario non far trapelare mai – e dico mai – per nessuna ragione, questa notizia al di fuori del maturamento."

Fu molto serio, i ragazzi dovevano capire quanto cruciale fosse quella promessa.

"Nessuno, all'infuori di chi possiede un otzi, ne è a conoscenza. I fondatori lo sapevano bene e hanno chiesto a ogni generazione di otzici di portare con sé questo fardello. Ragazzi, questa verità è atroce e insopportabile. Provate a pensare cosa succederebbe se tutti lo venissero a sapere. Le conseguenze sarebbero inimmaginabili: il caos prenderebbe il sopravvento e il mondo non avrebbe più lo stesso sapore, forse anche la vita stessa non avrebbe più valore, dignità o senso. La nostra società crollerebbe con questa bugia su cui è stata fondata. Noi siamo gli unici ad avere la forza necessaria per affrontare questa notizia e abbiamo il dovere morale di proteggere le altre persone. I precetti dei Sei sono pur sempre validi, affidatevi a loro se vi è d'aiuto. Avrete anche tutto il supporto necessario da parte nostra, se ne aveste bisogno."

Parlava con il cuore in mano e si sforzava di essere il più accomodante possibile.

"L'orrore e il caos non vi prenderanno, perché adesso iniziamo a essere una famiglia. Siamo accomunati da questo peccato, da questa verità in una maniera indissolubile; ciò ci rende fratelli e sorelle e, come tali, dobbiamo darci man forte. Fidatevi di noi."

"Ma questa verità accomuna noi tanto quanto gli altri. Perché noi saremmo in grado di farcela e loro no? Io non mi sento molto diverso da mio padre o dai resh be'th che incontro." Hatsei trovò il coraggio di parlare e interruppe il rinoceronte.

"Qual è il tuo nome, ragazzo?"

"Mi chiamo Hatsei, preside Shoudhe."

Il governatore sorrise.

"Pensa a queste parole, e lo stesso vale per tutti quanti. Un gruppo di cento resh be'th e una folla di cento resh be'th non sono per niente simili. Il gruppo ha qualcosa che lo unisce, matura insieme, fa blocco comune contro un nemico o un'avversità: si protegge. La folla non ha niente di tutto ciò, è fatta solo di tante unità. Quando la situazione diventa critica il loro numero si sgretola, diventando il più tremendo dei punti deboli. Chi si trova al tuo fianco, sarà il primo a tradirti. Penserà a sé stesso. Se tutti i resh be'th apprendessero la verità sulla propria identità, andrebbero in preda al panico, scapperebbero, si isolerebbero, calpesterebbero i loro valori e chi si metterebbe contro i propri obiettivi. Anche voi vi state sentendo così, sembra che qualcosa si sia rotto dentro, lo so perché anche io e i vostri maturatori abbiamo provato questo senso di perdita. Ora amplificatelo: sarebbe la fine per quelle povere persone, non avrebbero più niente a cui credere, a cui aggrapparsi, i Sei e il Monte perderebbero di significato, la vita di tutti sarebbe vuota. Mantenere il segreto significa proteggere l'anima del nostro mondo: questo è il primo e più importante compito che dovete assolvere."

Ak'uira alzò la mano nel gruppo.

"Parla pure, ragazzo."

Nella sua mente si affollarono un turbinio di domande e immagini confuse. Pensò a sua nonna e al nuovo significato che avevano acquisito i suoi sorrisi nel raccontare Hama e Keidho. Stava esorcizzando il suo dolore solitario narrandogli quelle storie. Sentiva le urla di sofferenza, vedeva il sangue sparso, i corpi morti riversi a terra e una zampa aggressiva che li pestava. Dei ruggiti. Riuscì solo a chiedere: 

"Perché?"

"Non c'è un perché, ragazzo. È successo. La nostra è una delle storie più tristi in assoluto. So che è una magra consolazione, ma con il tempo, il vuoto e lo sconforto che provi, che provate, scivolerà via lasciando solo una piccola cicatrice." Si fermò per riorganizzare i pensieri. 

"Questa guerra tra Rourok e Samath a quanto pare c'è stata davvero e terminò con la nostra comparsa. Se siete interessati a sapere come avvenne, in biblioteca c'è un rotolo che riporta tutto ciò che sappiamo su questa guerra."

Nemmeno Shoudhe, i maturatori e i resh be'th prima di loro hanno mai conosciuto la vera storia, la mia storia. Sanno solo ciò che Aleph ha voluto raccontare ai miei figli. L'unico a non aver creduto alle sue parole è stato Waarheid, il mio primogenito. Era in grado di vedere la verità, ma giurò di compiere la volontà di Aleph e di guidare i suoi fratelli e i loro discendenti.

L'agitazione iniziale si acquietò solo esternamente; Ak'uira e tutti gli altri erano concentrati su loro stessi. Ricordo di essere stato molto preoccupato per Zahirile, i suoi pensieri non facevano che mostrargli il nonno intento a picchiarlo. Le ferite sulla schiena iniziavano a dare prurito.

"Tu non dovevi nascere. Non sei veramente il figlio di mio figlio."

Quelle frasi iniziarono ad assumere un altro significato, per un momento si pentì veramente di essere vivo.

Shoudhe continuò a parlare, ma nessuno riuscì a concentrarsi su ciò che stava dicendo; parlava di un risveglio come l'adempimento della promessa.

"Ciò che dovrete fare è semplice ma estremamente importante. Se toccherete la mano del Samath garantirete con tutto il vostro essere di rispettare la volontà dei fondatori e di salvaguardare Haksh da questa verità. L'accettazione di questa promessa è essenziale per risvegliare la vostra potenzialità. Vi prego di riflettere con attenzione: pensate al vostro futuro come al bene dell'intero ge'th."

Jamgha'l, un ragazzo tigre molto sicuro di sé e di buon cuore, pose l'unica domanda alla quale il rinoceronte avrebbe preferito non rispondere.

"Sono venuto fin qui perché non vedevo l'ora di fare qualcosa per il ge'th e, nonostante questa notizia mi lasci ancora abbastanza perplesso, sono deciso a mantenere questo segreto, se serve a proteggere la mia famiglia e tutti gli altri." 

Il rinoceronte e i maturatori furono sollevati nel sentire quelle parole, avrebbero sbloccato la situazione. 

"Ma cosa succederebbe se uno di noi non volesse mantenere il silenzio?"

Il governatore fu freddo e duro, non lasciò uno spiraglio di emozione:

"Verrà esiliato." I suoi occhi e quelli di Zahirile si incrociarono.

Sebbene percepirono di non avere scelta, per i giovani resh be'th non fu facile decidere, dovevano stabilire quale fosse il male minore per loro: sopportare il silenzio di una verità insopportabile o essere espulsi definitivamente dal ge'th. Tutti scelsero il silenzio, seppur non pienamente convinti. 

Il momento era arrivato, la tigre prese un bel respiro e fece un passo avanti. Quelle mani, così diverse, entrarono in contatto. Non fu pronto all'incontro con me, nessuno lo fu mai.

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